SENTENZA N. 185
ANNO 2018
Commenti alla decisione di
I. Sandro De Gotzen, Inconvenienti
del sistema centralizzato, parte pubblicistico e parte privatistico, di
vigilanza indirizzo e promozione del terzo settore, per g. c. del Forum di Quaderni Costituzionali
II. Luca Gori, Terzo
settore, fra misure di promozione e autonomia regionale, per g. c. del Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Gudice
- Marta CARTABIA ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giovanni
AMOROSO ”
- Francesco
VIGANÒ ”
- Francesco,
Luca ANTONINI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo
anche in relazione all’art. 73, del decreto
legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma
dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106»,
promossi con ricorsi della Regione Veneto e della Regione Lombardia, notificati
il 29 settembre - 5 ottobre 2017, depositati in cancelleria il 9 ottobre 2017,
iscritti rispettivamente ai nn. 79
e 80
del registro ricorsi 2017 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2017.
Visti gli
atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25
settembre 2018 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Ezio Zanon per la
Regione Veneto, Andrea Manzi per la Regione Veneto e per la Regione Lombardia,
Piera Pujatti per la Regione Lombardia e l’avvocato
dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con due ricorsi, di
contenuto sostanzialmente identico, spediti per la notificazione il 29 settembre
2017 e depositati il 9 ottobre 2017, la Regione Veneto (reg. ric. n. 79 del
2017) e la Regione Lombardia (reg. ric. n. 80 del 2017) hanno promosso, in
riferimento agli artt.
3, 76, 97, 114, 117, terzo e quarto
comma, 118, 119 e 120 della Costituzione
e al principio di
leale collaborazione, questioni di legittimità costituzionale degli artt.
61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in relazione all’art.
73, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo
settore, a norma dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106».
2.– Premettono le parti
ricorrenti che l’art. l della legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo
per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del
servizio civile universale) ha delegato il Governo al riordino e alla revisione
organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative
al "Terzo settore”, mediante la redazione di un apposito codice, secondo i
principi e i criteri direttivi di cui all’art. 20, commi 3 e 4, della legge 15
marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e
per la semplificazione amministrativa, e successive modificazioni).
In attuazione della delega, il
Governo ha circoscritto l’ambito dell’intervento normativo, individuando le
attività d’interesse generale che devono essere esercitate per il
perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di
utilità sociale. Il vasto orizzonte di tali attività determinerebbe un
rilevante impatto su numerosi ambiti materiali affidati alle cure delle
Regioni, oltre a testimoniare la stretta correlazione esistente tra le stesse
attività e il territorio, con la conseguente necessità di conformare i servizi
d’interesse generale in ragione delle specifiche e particolari esigenze
territoriali. Ciò, a sua volta, comporterebbe il riconoscimento in capo alle
Regioni di un ruolo centrale, anche e soprattutto nella definizione delle
priorità d’intervento e della politica sociale da attuare per il
soddisfacimento dei bisogni delle popolazioni locali.
In via preliminare, dunque, sarebbe
necessario valutare: da un lato, per quali aspetti la disciplina di cui al
d.lgs. n. 117 del 2017 afferisca alle competenze esclusive dello Stato in
materia di «ordinamento civile», «tutela della concorrenza», «sistema
tributario» e «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale»; dall’altro lato, invece, per quali profili essa competa
all’autonomia legislativa e amministrativa, oltreché politica, delle Regioni.
In particolare, la disciplina regolatoria che definisce la natura, il funzionamento e la
strutturazione degli enti facenti parte del Terzo settore, quali soggetti di
diritto privato, sembrerebbe senza dubbio ricadere nell’ambito dell’«ordinamento
civile». Allo stesso modo, la disciplina tributaria, pur ove determini in via
indiretta indirizzi di politica sociale in grado di limitare l’autonomia
regionale, potrebbe ritenersi afferente al sistema tributario. Parimenti, le
varie disposizioni dirette a evitare che il regime di favore per i soggetti del
Terzo settore possa alterare la libera concorrenza sarebbero annoverabili
nell’ambito della «tutela della concorrenza». E analoghe considerazioni
potrebbero farsi per la definizione dei livelli minimi ed essenziali dei
servizi sociali da assicurare sull’intero territorio nazionale.
Diversamente, le disposizioni
che configurano un modello di amministrazione articolata sarebbero estranee
agli ambiti materiali di competenza esclusiva dello Stato. Tali disposizioni,
infatti, inciderebbero sull’autonomia delle Regioni nelle scelte di politica
sanitaria, turistica, sociale, culturale, che alle stesse competono. E ciò
varrebbe soprattutto nei casi in cui non sia previsto un adeguato
coinvolgimento delle autonomie territoriali, che subirebbero così un
pregiudizio senza alcuna forma di compensazione.
2.1.– Ciò premesso, in primo luogo
sarebbero illegittimi gli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, e 64 del d.lgs. n.
117 del 2017, per violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e
118 Cost., oltreché del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120
Cost.
L’art. 64 del d.lgs. n. 117
del 2017 disciplina l’Organismo nazionale di controllo (da qui: ONC), definito
quale fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il compito di
esercitare, per finalità di interesse generale, funzioni d’indirizzo e di
controllo sui Centri di servizio per il volontariato (da qui: CSV), enti
associativi di secondo grado preposti allo svolgimento di attività di supporto
tecnico, formativo e informativo del Terzo settore. Tra le funzioni dell’ONC
rientrano, in particolare: l’amministrazione del Fondo unico nazionale (da qui:
FUN), costituito per il finanziamento dei CSV (art. 62 del d.lgs. n. 117 del
2017); l’individuazione del numero di enti accreditabili come CSV nel
territorio nazionale; la definizione degli indirizzi strategici generali da
perseguirsi attraverso le risorse del FUN; la determinazione dell’ammontare del
finanziamento stabile triennale dei CSV, con la relativa ripartizione annuale e
territoriale, su base regionale.
2.1.1.– A detta delle
ricorrenti, l’ONC, pur qualificato alla stregua di una fondazione con personalità
giuridica di diritto privato, rivestirebbe un ruolo decisorio nel sistema del
Terzo settore, sia sotto il profilo gestorio e
finanziario, sia per quanto riguarda la definizione degli indirizzi strategici
generali da perseguire attraverso le risorse del FUN. Il che, unito alla sua
costituzione mediante atto amministrativo, alla sua compagine rigorosamente
predeterminata ex lege e ai rilevanti poteri
sanzionatori attribuitigli e giustiziabili avanti al giudice amministrativo
(art. 66 del d.lgs. n. 117 del 2017), renderebbe la natura di tale soggetto
sostanzialmente pubblicistica.
Di tale natura sarebbero
indice, altresì, quelle attribuzioni idonee a incidere significativamente sulla
strutturazione dell’intero sistema del Terzo settore, influenzando in modo
rilevante ambiti materiali di competenza regionale.
Verrebbe in rilievo, in
particolare, la previsione dell’art. 61, comma 2, che attribuisce all’ONC la
determinazione del numero di enti accreditabili come CSV nel territorio
nazionale, secondo criteri quantitativi eccezionalmente derogabili solo in
ragione di specifiche esigenze territoriali. Il sistema dei CSV, infatti,
costituirebbe la chiave di volta dell’intera disciplina del Terzo settore e,
pertanto, la potestà attribuita all’ONC di determinarne la distribuzione
territoriale avrebbe un’assoluta rilevanza in ordine al concreto svolgimento
delle politiche pubbliche a esso afferenti. Il che renderebbe indispensabile
riconoscere in capo alle Regioni uno specifico ruolo partecipativo, istruttorio
e codecisorio, concorrendo le stesse al funzionamento
del sistema.
La rappresentanza delle
Regioni nell’ONC, invece, sarebbe del tutto marginale e irrilevante, poiché
l’art. 64, comma 2, lettera e), del d.lgs. n. 117 del 2017 prevede un solo
membro di derivazione regionale, designato dalla Conferenza Stato-Regioni.
Nessun rilievo assumerebbe, inoltre, la previsione degli organismi territoriali
di controllo (da qui: OTC) di cui all’art. 65 del d.lgs. n. 117 del 2017; tali
organismi, infatti, non solo sarebbero privi di autonoma soggettività
giuridica, ma svolgerebbero compiti meramente esecutivi e istruttori, senza
rilevanza decisoria.
La denunciata illegittimità
costituzionale si manifesterebbe, per tali ragioni, sia riguardo all’art. 64,
nella parte in cui non prevede un’adeguata partecipazione degli enti
territoriali, sia con riferimento all’art. 61, comma 2, nella parte in cui non
è stabilito che la determinazione dell’ONC sia assunta previo parere o intesa
in sede di «conferenze intergovernative».
Analoghe considerazioni si
potrebbero prospettare riguardo all’art. 62, comma 7, del d.lgs. n. 117 del
2017, che affida all’ONC la determinazione dell’ammontare del finanziamento
stabile triennale dei CSV, nonché il compito di stabilirne la ripartizione
annuale e territoriale, su base regionale. Infatti, determinazioni
amministrative dell’ONC, aventi un rilevante impatto sulle politiche regionali
nei vari ambiti del Terzo settore, verrebbero assunte senza un adeguato
coinvolgimento delle Regioni.
Da tali considerazioni si
dovrebbe concludere per l’illegittimità costituzionale dell’intero art. 64,
nella parte in cui non prevede un’adeguata partecipazione regionale all’organo
di amministrazione dell’ONC ovvero non impone che l’esercizio delle funzioni di
cui al comma 5 avvenga previo parere o intesa con le Regioni, quanto meno
mediante il sistema delle conferenze.
2.1.2.– Non varrebbe a sanare
il deficit di costituzionalità delle disposizioni impugnate il riferimento al
principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, quarto comma,
Cost., in quanto il riconoscimento di un ruolo attivo del cittadino nello
svolgimento di attività d’interesse generale non potrebbe assumere un carattere
tale da espropriare o confliggere con la naturale cura dell’interesse pubblico
affidato alle Regioni e agli enti pubblici in generale.
Il fatto che le attività
d’interesse generale possano essere svolte anche da privati, non implicherebbe,
infatti, una sostituzione da parte di questi ai pubblici poteri. Invece,
proprio il riconoscimento di una rilevanza pubblica dell’attività privata
imporrebbe una regolamentazione, anche autoritativa, che assicuri il
coordinamento degli sforzi pubblici e privati nel soddisfacimento del superiore
interesse generale.
Un organismo quale l’ONC, apparentemente
privato ma sostanzialmente pubblico, proprio al fine di garantire tale
coordinamento e un adeguato sistema di esercizio dei compiti di controllo,
dovrebbe avere una composizione in cui siano rappresentati gli enti
territoriali, che vedono coinvolte numerose competenze proprie nell’ambito del
Terzo settore. Ragion per cui sarebbe lo stesso art. 118, quarto comma, Cost. a
comprovare come la scarsa rappresentatività delle Regioni nell’ONC costituisca
motivo d’illegittimità costituzionale dell’art. 64 del d.lgs. n. 117 del 2017.
2.1.3.– Tale carenza strutturale
dell’ONC sarebbe idonea, inoltre, a determinare una violazione del principio di
eguaglianza ex art. 3 Cost., nonché del principio di buon andamento di cui
all’art. 97 Cost. Infatti, il riconoscimento in capo alle Regioni di un ruolo
attivo nel sistema amministrativo del Terzo settore costituirebbe un requisito
essenziale per il proficuo e sostanziale soddisfacimento degli interessi
generali sottesi alle attività in parola, garantendo prestazioni sociali che
assicurino l’eguaglianza dei cittadini, in termini di materiale soddisfacimento
dei loro bisogni, nonché l’efficiente coordinamento tra l’esercizio dei
pubblici poteri e l’iniziativa privata.
2.2.– In secondo luogo, sarebbero
altresì illegittimi gli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del 2017, in quanto
lesivi degli artt. 3, 76, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., nonché
del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
2.2.1.– La disciplina
contenuta nell’art. 64, relativo all’ONC, e nell’art. 65, concernente gli OTC,
in particolare, violerebbe l’art. 76 Cost., con una compromissione delle
attribuzioni regionali costituzionalmente riconosciute (a tal proposito si
richiama la sentenza
n. 236 del 2013).
L’art. 5, comma l, lettera f),
della legge n. 106 del 2016, infatti, ha previsto, quali principi e criteri
direttivi, la revisione del sistema di programmazione e di controllo delle
attività e della gestione dei CSV, svolta mediante organismi regionali o
sovraregionali, tra loro coordinati sul piano nazionale. Dunque, il legislatore
delegante avrebbe indicato l’attribuzione di poteri decisori in capo a
organismi regionali o sovraregionali, affidando al livello centrale statale
unicamente un ruolo di coordinamento.
Il tradimento dei principi e
dei criteri direttivi della legge di delegazione sarebbe evidente e si
riverbererebbe in una lesione delle competenze legislative e amministrative
delle Regioni, di cui agli artt. 114, 117 e 118 Cost.,
oltreché in una violazione del principio di leale collaborazione di cui
all’art. 120 Cost. Infatti, come già evidenziato, gli artt. 64 e 65 del d.lgs. n.
117 del 2017 avrebbero attribuito i sopra enunciati poteri in capo all’ONC,
lasciando agli organismi regionali un ruolo meramente esecutivo e privo di ogni
autonomo rilievo decisorio. Tra l’altro, la stessa distribuzione territoriale
degli OTC sarebbe irragionevole, se si tiene conto che la Regione Veneto, con
riferimento a un’area demografica di oltre sei milioni di abitanti,
parteciperebbe a un organismo che accorpa Veneto e Friuli-Venezia Giulia,
mentre la Liguria e la Calabria, con popolazioni notevolmente inferiori,
avrebbero un organismo territorialmente dedicato.
2.2.2.– Tale accentramento a livello
statale, non previsto e non voluto dal legislatore delegante e in grado di
sacrificare e marginalizzare i bisogni specifici e peculiari dei diversi territori,
si porrebbe irragionevolmente in contraddizione anche con gli artt. 3 e 97
Cost. Il che, anche in questo caso, si tradurrebbe in una menomazione delle
competenze regionali.
2.3.– Da ultimo, sarebbe
illegittimo l’art. 72 (secondo la Regione Veneto anche in relazione all’art.
73) del d.lgs. n. 117 del 2017, per violazione degli artt. 97, 117, terzo e
quarto comma, e 118 Cost., nonché del principio di leale collaborazione di cui
all’art. 120 Cost.
2.3.1.– L’art. 72 disciplina
le modalità di funzionamento e di utilizzo delle risorse del «Fondo per il
finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore»,
istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di
sostenere lo svolgimento di attività d’interesse generale rientranti
nell’ambito del Terzo settore, attraverso il finanziamento d’iniziative e di
progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione
sociale e fondazioni comprese tra i soggetti del Terzo settore.
Siffatto fondo, finanziando
con rilevanti risorse lo svolgimento di attività di interesse generale di cui
all’art. 5 del d.lgs. n. 117 del 2017, sotto forma di puntuali iniziative e
progetti, inciderebbe significativamente su numerosi settori di competenza
regionale, alterando la capacità e comprimendo l’autonomia degli enti
territoriali nell’amministrare i correlati interessi pubblici.
Come sottolineato dalla
giurisprudenza costituzionale in materia di fondi statali, «[l]’esigenza di
rispettare il riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e
Regioni comporta altresì che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di
competenza delle Regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di
programmazione e di riparto dei fondi all’interno del proprio territorio» (sentenza n. 16 del
2004; nello stesso senso è richiamata la sentenza n. 189 del
2015). Ove ciò non avvenga, il ricorso a finanziamenti ad hoc potrebbe
divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, d’ingerenza dello Stato
nell’esercizio delle funzioni degli enti territoriali, nonché di
sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli
legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria
competenza.
Nel caso di specie, invece,
sarebbe il solo Ministero del lavoro e delle politiche sociali a determinare
gli obiettivi generali, le aree prioritarie d’intervento e le linee di attività
finanziabili, nonché quali debbano essere i soggetti attuatori, senza alcuna
forma d’intervento, né istruttorio, né decisorio, né programmatorio, da parte
delle Regioni. Le concrete modalità di funzionamento del fondo, quindi, si
porrebbero in aperto contrasto con l’autonomia amministrativa e legislativa
delle Regioni, laddove si vengano a finanziare interventi o progetti afferenti
a materie di competenza regionale. La mancata previsione di ogni apporto
partecipativo da parte delle Regioni determinerebbe, inoltre, una lesione del
principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
Quanto sin qui affermato
troverebbe conferma nell’art. 73 del d.lgs. n. 117 del 2017, ove il
legislatore, nel destinare altre risorse finanziarie al sostegno del Terzo
settore, ha fatto espresso riferimento al finanziamento di «interventi in
materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali». Il che consentirebbe, nel caso specifico, di giustificare
la previsione di un potere decisorio unilaterale in capo allo stesso Ministero,
non afferendo né interferendo il vincolo di destinazione delle risorse
finanziarie del fondo nazionale per le politiche sociali rispetto ad ambiti
materiali attribuiti alla competenza delle Regioni.
2.3.2.– La denunziata alterazione del
riparto di competenze, peraltro, sarebbe idonea a ledere il principio di buon
andamento dell’agire pubblico di cui all’art. 97 Cost. – a detrimento
dell’interesse dei cittadini e del proficuo svolgimento delle attività sociali
d’interesse generale afferenti al Terzo settore – e il principio di
ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., poiché vi sarebbero severi rischi di
sovrapposizioni, se non contrapposizioni, nell’ambito delle politiche sociali
da perseguire a soddisfacimento dei bisogni emersi nei vari territori.
3.– Con due atti d’identico
contenuto, depositati il 13 novembre 2017, si è costituito in entrambi i
giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni promosse dalle
Regioni ricorrenti siano dichiarate infondate.
3.1.– In via preliminare la difesa
statale asserisce che, com’è noto, il complesso delle materie di competenza
esclusiva dello Stato è definito dall’art. 117 Cost. e si caratterizzerebbe per
la presenza di elementi dinamici, che manterrebbero in capo allo Stato stesso
un ruolo di rilievo, in forza del loro carattere trasversale. È il caso, ad
esempio, della competenza a determinare i livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale, anche in ragione della forte connotazione sociale che
ispira tutte le norme costituzionali.
La materia del Terzo settore –
più di ogni altra – ricomprenderebbe in sé una pluralità di competenze, che
investono anche altri settori, con i quali s’intersecherebbero strettamente. Al
pari dell’ambiente e della concorrenza, dunque, il Terzo settore costituirebbe
una di quelle materie per le quali la giurisprudenza costituzionale riconosce
allo Stato il potere di fissare standard di tutela uniformi sull’intero
territorio nazionale, potendo così interessare molte delle materie di
competenza concorrente o primaria regionale. Secondo la giurisprudenza costituzionale,
infatti, non tutti gli ambiti indicati nel secondo comma dell’art. 117 Cost.
sarebbero configurabili come materie in senso stretto, poiché «in alcuni casi
si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee a
investire una pluralità di materie» (sentenza n. 407 del
2002).
Alla competenza esclusiva
statale è assegnata, tra l’altro, anche la tutela della libera concorrenza del
mercato, settore su cui inciderebbe la disciplina regolatoria
del Terzo settore, nella parte in cui definisce il regime fiscale e di favore
dei relativi soggetti. Proprio con particolare riferimento al tema della tutela
della concorrenza, con la sentenza n. 14 del
2004 questa Corte ha sottolineato l’intendimento del legislatore
costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica
economica che attengono allo sviluppo dell’intero Paese, «strumenti che, in
definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo
degli altri, risultano tutti finalizzati a equilibrare il volume di risorse
finanziarie inserite nel circuito economico».
3.2.– Venendo alle censure
relative agli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, e 64 del d.lgs. n. 117 del 2017,
secondo l’Avvocatura generale dello Stato, con riferimento all’asserita lesione
dell’autonomia regionale nelle materie di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.,
la sovrapposizione dei due piani di riparto delle competenze andrebbe
considerata alla luce, da un lato, del principio di salvaguardia della
centralità dell’intervento programmatorio statale, dall’altro, del
riconoscimento della possibilità d’integrazione delle disposizioni statali da
parte delle Regioni (è richiamata la sentenza n. 282 del
2002).
Riguardo all’asserita lesione
dell’art. 117, quarto comma, Cost., invece, la
giurisprudenza costituzionale sarebbe costante nel ritenere che non si possa
ricondurre una disciplina legislativa alla potestà residuale regionale per il
solo fatto che il suo oggetto non sia immediatamente riferibile a una delle
materie elencate nei commi secondo e terzo dell’art. 117 Cost. (sono richiamate
le sentenze n.
370 e n. 303
del 2003).
Proprio in tale ottica,
pertanto, le disposizioni censurate dalle Regioni troverebbero giustificazione,
con conseguente superamento delle doglianze attinenti a tutti i parametri
costituzionali invocati.
3.3.– Quanto alla violazione
dell’art. 76 Cost., asseritamente
prodotta dalla disciplina contenuta negli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del
2017, la difesa statale osserva che la rappresentanza delle Regioni all’interno
dell’ONC risponderebbe pienamente ai criteri di cui all’art. 5, comma l,
lettera f), della legge n. 106 del 2016, atteso che la necessità di garantire
l’uniformità della qualità dei servizi erogati dai soggetti del Terzo settore
su tutto il territorio nazionale non consentirebbe di frazionare in maniera
netta le attribuzioni dello Stato e delle Regioni.
Il nuovo codice del Terzo
settore, infatti, offrirebbe, per la prima volta, una disciplina organica della
materia, a beneficio di tutte le realtà territoriali.
3.4.– Da ultimo, riguardo
all’art. 72 del d.lgs. n. 117 del 2017 varrebbero le osservazioni sopra
articolate in merito alla necessità d’interpretare la sovrapposizione dei piani
di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, da un lato, con la
salvaguardia della centralità dell’intervento programmatorio statale,
dall’altro, con il riconoscimento alle Regioni della possibilità d’integrazione
delle disposizioni statali.
4.– Entrambe le parti
ricorrenti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza, confermando e
integrando le conclusioni rassegnate nei ricorsi.
4.1.– In particolare, in relazione
al primo e al secondo gruppo di censure, secondo la Regione Veneto le ragioni
d’illegittimità costituzionale del d.lgs. n. 117 del 2017 non sarebbero state
superate dall’adozione da parte del Consiglio dei ministri del decreto
legislativo, intitolato «Disposizioni integrative e correttive al decreto
legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante "Codice del Terzo settore, a norma
dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”». Non
avrebbero trovato accoglimento, infatti, i rilevi della Commissione affari
costituzionali del Senato, che aveva chiesto la soppressione degli artt. 61,
comma 2, e 62, comma 7, del d.lgs. n. 117 del 2017, sottolineando altresì che,
nel regolare l’ONC e gli OTC, la disciplina legislativa non avrebbe valorizzato
adeguatamente il ruolo delle strutture di controllo territoriali, alle quali
verrebbero affidate funzioni meramente esecutive o istruttorie, in contrasto
con quanto previsto dalla delega.
Riguardo all’art. 72 del
d.lgs. n. 117 del 2017, invece, la Regione Veneto sottolinea che il decreto
correttivo avrebbe sì previsto l’introduzione della previa intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni sull’atto d’indirizzo relativo al «Fondo per il
finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore».
Tuttavia, allo stato non vi sarebbero elementi per escludere che si sia
provveduto, senza il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni,
all’adozione di tale atto d’indirizzo. Il che renderebbe tuttora sussistente
l’interesse a ricorrere.
Considerato in diritto
1.– La Regione Veneto (reg.
ric. n. 79 del 2017) e la Regione Lombardia (reg. ric. n. 80 del 2017) hanno
promosso, in riferimento agli artt. 3, 76, 97, 114, 117, terzo e quarto comma,
118, 119 e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione,
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 61, comma 2, 62, comma 7,
64, 65 e 72, quest’ultimo anche in relazione all’art. 73, del decreto
legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma
dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
2.– In considerazione
dell’identità delle norme denunciate e delle censure proposte i due giudizi
devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica
pronuncia.
3.– Un primo gruppo di censure
riguarda gli artt. 61, comma 2, 62, comma 7 e 64 del d.lgs. n. 117 del 2017,
che disciplinano l’Organismo nazionale di controllo (da qui: ONC), attribuendo
allo stesso funzioni di governo del sistema del "Terzo settore”, tra cui, in
particolare, l’individuazione del numero di enti accreditabili come Centri di
servizio per il volontariato (da qui: CSV) nel territorio nazionale, nonché la
determinazione dell’ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV, con
la relativa ripartizione annuale e territoriale, su base regionale.
3.1.– Secondo le ricorrenti tali
disposizioni violerebbero gli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118
Cost., oltreché il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.,
nella parte in cui non prevedono un’adeguata partecipazione regionale all’organo
di amministrazione dell’ONC, ovvero non impongono che l’esercizio delle
funzioni svolte dallo stesso avvenga previo parere o intesa con le Regioni,
quanto meno attraverso le «conferenze intergovernative».
4.– Un secondo gruppo di censure
concerne, invece, gli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del 2017, che
disciplinano l’ONC e gli organismi territoriali di controllo (da qui: OTC).
4.1– Asseriscono le Regioni
ricorrenti che tali disposizioni sarebbero lesive degli artt. 3, 76, 97, 117,
terzo e quarto comma, e 118 Cost., nonché del principio di leale collaborazione
di cui all’art. 120 Cost., in quanto il legislatore delegato avrebbe accentrato
in capo all’ONC tutte le funzioni di governo del sistema del Terzo settore, in
contrasto con i principi di cui alla legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al
Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la
disciplina del servizio civile universale), che prevederebbe,
invece, l’attribuzione di poteri decisori in capo a organismi regionali o sovraregionali,
con conseguente lesione delle competenze costituzionali delle Regioni di cui
agli artt. 114, 117 e 118 Cost.
5.– Infine, è impugnato l’art.
72 del d.lgs. n. 117 del 2017 (secondo la Regione Veneto anche in relazione
all’art. 73), che disciplina le modalità di funzionamento e di utilizzo delle
risorse del «Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse
generale nel terzo settore», istituito presso il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, al fine di sostenere lo svolgimento di attività di interesse
generale rientranti nell’ambito del Terzo settore, attraverso il finanziamento
d’iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato,
associazioni di promozione sociale e fondazioni.
5.1.– Tale disciplina violerebbe
gli artt. 97, 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., nonché il principio di
leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., poiché inciderebbe
significativamente su numerosi settori di competenza regionale, comprimendo
l’autonomia degli enti territoriali nell’amministrare i correlati interessi
pubblici, senza che siano previste modalità di coinvolgimento delle Regioni
riguardo alla determinazione dei criteri di ripartizione del fondo sui
rispettivi territori e di distribuzione delle relative risorse.
6.– In via preliminare, va
evidenziato che le Regioni, nell’epigrafe e nelle conclusioni dei rispettivi
ricorsi, censurano tutte le disposizioni impugnate anche in relazione all’art.
119 Cost. Tale parametro, tuttavia, non è poi richiamato espressamente in
relazione alle specifiche questioni, né le parti ricorrenti svolgono alcuna
puntuale argomentazione riguardo alle ragioni per le quali le disposizioni
impugnate violerebbero lo stesso parametro. Siffatta carenza di motivazione,
pertanto, rende le questioni promosse in riferimento all’art. 119 Cost.
inammissibili (ex plurimis,
sentenze n. 245
e n. 105 del
2017, n. 251
e n. 153 del
2015).
7.– Devono quindi essere
esaminate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 61, comma 2,
62, comma 7, 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del 2017, promosse in riferimento agli
artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost. e al principio di
leale collaborazione.
7.1.– In via preliminare, va
precisato che l’art. 18 del decreto legislativo 3 agosto 2018, n. 105,
intitolato «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3
luglio 2017, n. 117, recante: "Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo
1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”» ha parzialmente
modificato l’art. 65, comma 2, del d.lgs. n. 117 del 2017, rideterminando il
numero degli OTC. Per quanto qui d’interesse, in particolare con riferimento al
ricorso della Regione Veneto, l’attuale formulazione della disposizione non
prevede più un unico OTC per Veneto e Friuli-Venezia Giulia, ma un organismo
per ciascuna Regione.
Tale modifica non rileva ai
fini dello scrutinio delle disposizioni impugnate, tenuto conto che oggetto di
censura è il complessivo assetto organizzativo del sistema degli OTC e dell’ONC
disciplinato dagli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del 2017, di cui la
disposizione modificata costituisce soltanto un limitato aspetto (richiamato
dalle ricorrenti più che altro a scopo esemplificativo).
Si tratta di modifiche
marginali e prive di carattere satisfattivo, tra l’altro limitate a profili
d’interesse di una sola delle ricorrenti, che non mutano i termini delle
questioni, le quali, pertanto, possono trasferirsi sul testo dell’art. 65 del
d.lgs. n. 117 del 2017 oggi in vigore (tra le tante, sentenze n. 219 del 2013
e n. 193 del
2012).
7.2.– Nel merito le questioni
non sono fondate.
7.2.1.– La legge n. 106 del 2016 e il
d.lgs. n. 117 del 2017 delineano il Terzo settore come il complesso dei
soggetti di diritto privato che esercitano, in via esclusiva o principale, una
o più attività d’interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro,
di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, mediante forme di
azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e
servizi, in attuazione del principio di sussidiarietà.
Siffatte attività, con
specifico riferimento al volontariato – prima ancora che venisse enunciato
nella Costituzione il principio di sussidiarietà, ora inscritto nell’art. 118
Cost. – erano state già ricondotte da questa Corte all’ambito delle libertà
sociali garantite dall’art. 2 Cost., in quanto poste in essere da soggetti
privati che operano per scopi di utilità collettiva e di solidarietà sociale
(sentenze n. 500
del 1993, n.
355, n. 202
e n. 75 del 1992).
Si tratta di attività assai eterogenee e, pertanto, risulta evidente che il
Terzo settore, come già il volontariato, non possa essere configurato quale
"materia” in senso stretto. La relativa disciplina, quindi, sfugge a una rigida
classificazione, poiché le attività in questione sono destinate a svolgersi nei
più diversi ambiti materiali, sia di competenza dello Stato, sia di competenza
regionale.
Se questo vale per le
attività, è tuttavia innegabile che i soggetti del Terzo settore, in quanto
soggetti di diritto privato, per quanto attiene alla loro conformazione specifica,
alla loro organizzazione e alle regole essenziali di correlazione con le
autorità pubbliche, ricadono tipicamente nell’«ordinamento
civile». L’«ordinamento civile», com’è noto, comprende tali discipline, allo
scopo di garantire l’uniformità di trattamento sull’intero territorio
nazionale, in ossequio al principio costituzionale di eguaglianza (ex plurimis,
sentenze n. 287
del 2016, n.
97 del 2014, n.
290 del 2013, n.
123 del 2010 e n. 401 del 2007),
oltreché di assicurare l’«essenziale e irrinunciabile autonomia» che deve
caratterizzare i soggetti del Terzo settore (sentenza n. 75 del
1992), nel rispetto dell’art. 118, quarto comma, Cost. (sentenze n. 301 e n. 300 del 2003).
7.2.2.– Ciò premesso, nel
sistema disegnato dal d.lgs. n. 117 del 2017 un ruolo peculiare è attribuito ai
CSV (artt. 61 e 63), enti costituiti in forma di associazione riconosciuta da
organizzazioni di volontariato e da altri soggetti del Terzo settore. A tali
soggetti spetta la funzione di organizzare, gestire ed erogare servizi di
supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare la
presenza e il ruolo dei volontari, con particolare riferimento alle
organizzazioni di volontariato. Per lo svolgimento di tali attività i soggetti
che vogliono essere riconosciuti quali CSV sono accreditati presso le pubbliche
amministrazioni, sulla base di specifici requisiti e caratteristiche. Le
attività dei CSV, infine, sono finanziate attraverso un fondo (il FUN),
alimentato da contributi annuali delle fondazioni di origine bancaria (art.
62).
L’art. 64 del d.lgs. n. 117
del 2017 ha previsto l’istituzione di un apposito organismo, l’ONC, al fine di
svolgere le funzioni d’indirizzo, controllo e vigilanza sui CSV. Si tratta di
una fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a cui spettano, in
particolare l’amministrazione del FUN, la fissazione degli indirizzi strategici
generali da perseguirsi attraverso le relative risorse, il riparto su base
regionale del finanziamento dei CSV, nonché l’accreditamento degli stessi.
La natura di organismo di
controllo e di supporto dell’attività di soggetti di diritto privato si riverbera
sulla struttura dello stesso ONC. I suoi componenti, infatti, sono designati
principalmente dai vari attori sociali del Terzo settore, con particolare
rilievo per le fondazioni di origine bancaria (sette membri su un totale di
tredici). Solo due membri sono designati dalle amministrazioni pubbliche, nello
specifico uno dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e uno dalla
Conferenza Stato-Regioni.
Le funzioni dell’ONC, inoltre,
sono esercitate in raccordo con gli OTC (art. 65). Tali organismi, sebbene
privi di autonoma personalità giuridica, svolgono rilevanti funzioni di
controllo sui CSV del territorio di riferimento. Essi sono disciplinati dando
rappresentanza maggioritaria anche in questo caso ai soggetti del Terzo settore
(sempre con una predominanza delle designazioni da parte delle fondazioni di
origine bancaria, lasciando alle Regioni e alle Province autonome la scelta di
due componenti degli organismi). Gli OTC effettuano attività di tipo
istruttorio per l’accreditamento dei CSV e hanno poteri rilevanti nel controllo
sugli stessi, vigilando sulla permanenza dei requisiti di accreditamento e più
in generale sulla legittimità e sulla correttezza dell’attività di tali
soggetti in relazione all’uso delle risorse del FUN. Inoltre, spettano agli OTC
anche il riparto tra i CSV collocati in ciascuna Regione del finanziamento
deliberato dall’ONC, nonché l’ammissione al finanziamento della relativa
programmazione.
La natura dei CSV quali
soggetti di diritto privato che interagiscono con tutta la rete del Terzo
settore, al fine di promuoverne e facilitarne le attività, porta la disciplina
del loro regime giuridico entro la potestà esclusiva statale in materia di
«ordinamento civile».
Tali conclusioni devono essere
estese anche alla disciplina dell’ONC. Il legislatore statale, infatti, ha
attribuito a una fondazione di diritto privato funzioni d’indirizzo, controllo
e vigilanza su soggetti che agiscono nell’ambito dei rapporti privatistici.
Ancorché la fondazione sia costituita con atto ministeriale, non si tratta di
una forma di governo pubblico del Terzo settore, bensì della regolamentazione
di assetti che concernono i rapporti tra soggetti di diritto privato, in
attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, quarto comma, Cost.; principio che si realizza anche attraverso la
collocazione di funzioni di vigilanza e di controllo entro la trama dei
rapporti interprivati.
Non c’è dubbio che la scelta
del legislatore statale, nell’attuazione della delega di cui all’art. 5, comma
1, lettera f), della legge n. 106 del 2016, sia stata caratterizzata da una
impostazione più accentrata di altre parimenti possibili. La qual cosa può aver
generato la pur erronea opinione che ci si trovi innanzi a un organismo
pubblico. Ma così non è, poiché rimane pur sempre la disciplina di organismi
privati, secondo un modello organizzativo che si riconduce alla tematica del
Libro primo, Titolo II, del codice civile.
7.2.3.– Quanto rilevato palesa
l’infondatezza delle doglianze regionali, in primo luogo riguardo alla
composizione dell’ONC. All’interno di tale organismo, infatti, vi è un’elevata
prevalenza di rappresentanti privati, con una minima, ma paritaria,
rappresentanza di Stato e Regioni. Una maggiore rappresentanza delle autonomie
territoriali contrasterebbe con la natura dell’organismo, che non appartiene
all’amministrazione pubblica.
7.2.4.– In secondo luogo, per quanto
concerne le funzioni dell’ONC, queste si risolvono essenzialmente nella
regolamentazione del sistema dei CSV, attraverso la vigilanza e il controllo
sugli stessi e l’amministrazione del FUN. Pertanto, esse non ineriscono agli
ambiti materiali in cui si realizzano le attività del Terzo settore, che
possono anche rientrare – e in più casi rientrano – nelle competenze regionali.
Ciò vale sia per il complesso
delle funzioni di cui all’art. 64, comma 5, del d.lgs. n. 117 del 2017,
genericamente richiamate dalle Regioni ricorrenti, sia per le specifiche
funzioni oggetto di censura.
Riguardo alla determinazione
del numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale – affidata
all’ONC dall’art. 61, comma 2, del d.lgs. n. 117 del 2017 – essa risulta
vincolata da criteri legislativi rigidi, nell’applicazione dei quali non può
che esservi uniformità (e sulla base comunque di un’istruttoria compiuta dagli
OTC). Un margine di apprezzamento, invece, sussiste per le eventuali deroghe ai
predetti criteri, previste dal comma 3 del medesimo art. 61, ma tale
disposizione non è stata impugnata.
Analoghe considerazioni
possono effettuarsi in riferimento all’art. 62, comma 7, del d.lgs. n. 117 del
2017, che affida all’ONC la determinazione dell’ammontare del finanziamento
stabile triennale dei CSV, nonché il compito di stabilirne la ripartizione annuale
e territoriale, su base regionale (lasciando agli OTC, tra l’altro, la
ripartizione del finanziamento tra i CSV del territorio). Il FUN, infatti, è
teso a finanziare non le attività propriamente inerenti al Terzo settore, ma il
funzionamento del sistema dei CSV, tanto che lo stesso è alimentato dai
contributi delle fondazioni di origine bancaria. Ne consegue, pertanto, che la
relativa disciplina spetta allo Stato, afferendo anch’essa all’«ordinamento
civile».
7.2.5.– Non si comprende, infine, per
quali ragioni le disposizioni censurate sarebbero idonee a determinare una
violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nonché del
principio di buon andamento ex art. 97 Cost. Tali disposizioni, anzi, sono
espressione proprio di quell’esigenza di uniformità che questa Corte ha
ritenuto imprescindibile in tale settore, senza che ciò comporti, tuttavia, un
irragionevole sacrificio delle specificità territoriali. Il che consente di
ritenere infondate le doglianze regionali anche sotto tale profilo.
8.– Non sono fondate le questioni
relative agli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 117 del 2017 promosse in riferimento
all’art. 76 Cost., per violazione dei principi e criteri direttivi di cui
all’art. 5, comma l, lettera f), della legge n. 106 del 2016, in virtù
dell’eccessiva "centralizzazione” delle funzioni di controllo nell’ONC, con un
ruolo del tutto secondario degli OTC.
8.1.– L’art. 5, comma l,
lettera f), della legge n. 106 del 2016 ha previsto la revisione del sistema di
programmazione e di controllo delle attività e della gestione dei CSV, da
realizzare mediante organismi regionali o sovraregionali, tra loro coordinati
sul piano nazionale. Tali organismi, da costituirsi con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, provvedono «alla programmazione del
numero e della collocazione dei centri di servizio, al loro accreditamento e
alla verifica periodica del mantenimento dei requisiti, anche sotto il profilo
della qualità dei servizi dagli stessi erogati, nonché all’attribuzione delle
risorse finanziarie anche in applicazione di elementi di perequazione
territoriale».
La legge di delegazione,
dunque, delinea una rete tra organismi regionali, sovraregionali e nazionale da
costituirsi con decreto ministeriale, così come poi previsto dagli artt. 64 e
65 del d.lgs. n. 117 del 2017. La composizione dei vari organismi tiene conto
principalmente dei soggetti del Terzo settore, nel rispetto, nel caso degli
OTC, delle esigenze territoriali.
Agli OTC è attribuita
l’attività propedeutica all’accreditamento dei CSV, la verifica sul
mantenimento dei relativi requisiti, il riparto delle risorse assegnate agli
stessi, nonché la generica vigilanza sulle attività dei CSV. All’ONC, invece,
oltre allo stesso accreditamento, spettano le già ricordate funzioni
d’indirizzo sui soggetti accreditabili, sugli obiettivi strategici da
perseguirsi tramite le risorse del FUN e più in generale sull’attività dei CSV.
Funzioni d’indirizzo e di pianificazione strategica appunto, che sono
espressione di quel «coordinamento» nazionale previsto dalla disposizione di
delega.
È bensì vero che, come già
osservato, si tratta di una forma accentuata di coordinamento dal centro. Ciò,
tuttavia, attiene ad aspetti di merito, che rientrano nella discrezionalità del
legislatore delegato, non a profili di legittimità costituzionale. E si tenga
sempre presente, d’altronde, che il ruolo svolto al centro non è attribuito a
un ente pubblico, ma a un organismo di diritto privato con funzioni di
vigilanza su soggetti privati.
9.– Da ultimo, devono essere
esaminate le questioni relative all’art. 72 del d.lgs. n. 117 del 2017,
impugnato dalla Regione Veneto anche in relazione all’art. 73.
9.1.– In via preliminare va
rilevato che l’art. 19 del d.lgs. n. 105 del 2018 ha parzialmente modificato la
disposizione impugnata. In particolare, è ora previsto che l’atto d’indirizzo
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui all’art. 72, comma 3,
del d.lgs. n. 117 del 2017 sia adottato previa intesa con la Conferenza
Stato-Regioni, intesa assente nell’originaria formulazione.
Tale modifica appare di per sé
satisfattiva delle ragioni delle ricorrenti, ma non è idonea a determinare la
cessazione della materia del contendere. Infatti, con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali 13 novembre 2017, è stato adottato l’atto
d’indirizzo per l’anno 2017, tra l’altro attuato dal decreto del Direttore
generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese 14
novembre 2017 (recante l’avviso per il finanziamento di iniziative e progetti
di rilevanza nazionale). La disposizione impugnata, quindi, ha avuto
applicazione per l’anno 2017.
Pertanto, sebbene lo ius superveniens abbia carattere
satisfattivo delle doglianze mosse con il ricorso, non vi è l’ulteriore
presupposto per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere,
ovvero la mancata applicazione medio tempore della disposizione censurata (ex plurimis,
sentenze n. 44
e n. 5 del 2018,
n. 191, n. 170, n. 59 e n. 8 del 2017).
Ne deriva che la disposizione impugnata deve essere scrutinata nella
formulazione antecedente alle modifiche di cui al d.lgs. n. 105 del 2018.
9.2.– Nel merito le questioni
sono fondate.
9.2.1.– L’art. 72 del d.lgs.
n. 117 del 2017 disciplina il «Fondo per il finanziamento di progetti e
attività di interesse generale nel terzo settore». Tale fondo, istituito presso
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è previsto allo scopo di
sostenere lo svolgimento di attività d’interesse generale rientranti
nell’ambito del Terzo settore, attraverso il finanziamento d’iniziative e di
progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione
sociale e fondazioni comprese tra i soggetti del Terzo settore. A tal fine, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, adotta
annualmente un atto d’indirizzo con cui sono determinati gli obiettivi generali,
le aree prioritarie di intervento e le linee di attività finanziabili nei
limiti delle risorse disponibili sul fondo medesimo. Sulla base di tale atto
d’indirizzo sono quindi individuati dal Ministero del lavoro e delle politiche
sociali i soggetti attuatori degli interventi finanziabili attraverso le
risorse del fondo.
Il fondo interviene a
finanziare le attività d’interesse generale svolte dai soggetti del Terzo
settore, inerenti a diversi ambiti materiali, che possono spettare anche alla
competenza regionale, concorrente o residuale (si pensi alle politiche sociali,
allo sport, alla sanità o al turismo).
Com’è noto, questa Corte ha
più volte sottolineato che la disciplina con legge statale di finanziamenti in
materie spettanti alla potestà legislativa regionale risulta compatibile con
l’assetto costituzionale delle competenze solo ove siano previste, in ossequio
al principio di leale collaborazione, forme di coinvolgimento delle Regioni
nella gestione dei relativi fondi (ex plurimis, sentenze n. 189 del 2015,
n. 168 e n. 50 del 2008,
n. 222 del 2005,
n. 424 e n. 16 del 2004).
La sede di tale coinvolgimento regionale, per costante giurisprudenza
costituzionale, va individuata nella Conferenza Stato-Regioni, attraverso lo
strumento dell’intesa sulle modalità di utilizzo e di gestione del fondo in
questione (ex plurimis,
sentenze n. 211
del 2016 e n.
273 del 2013).
Nel caso di specie, invece, le
disposizioni impugnate attribuiscono allo Stato la disciplina del ricordato
fondo, in particolare attraverso la selezione delle aree prioritarie
d’intervento e delle linee di attività finanziabili con le risorse dello
stesso. L’incidenza sulle competenze delle Regioni, in assenza di una qualsiasi
forma di coinvolgimento delle stesse, pertanto, determina una lesione del
principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., con assorbimento
delle censure riferite agli altri parametri evocati.
9.2.2.– La declaratoria
d’illegittimità costituzionale può essere limitata al solo comma 3 dell’art. 72
del d.lgs. n. 117 del 2017, nella parte in cui non prevede la previa intesa con
la Conferenza Stato-Regioni sull’atto d’indirizzo con cui sono determinati gli
obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività
finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul «Fondo per il
finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 3, del
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a
norma dell’articolo l, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106»,
nel testo antecedente alle modifiche di cui all’art. 19 del decreto legislativo
3 agosto 2018, n. 105, intitolato «Disposizioni integrative e correttive al
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante: "Codice del Terzo settore,
a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n.
106”», nella parte in cui non prevede che l’atto d’indirizzo con cui il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina annualmente «gli
obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività
finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo» sia
adottato previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64, 65 e 72, quest’ultimo anche in
relazione all’art. 73, del d.lgs. n. 117 del 2017, promosse dalla Regione
Veneto e dalla Regione Lombardia, in riferimento all’art. 119 della
Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 61, comma 2, 62, comma 7, 64 e 65 – quest’ultimo nel testo
introdotto dall’art. 18 del d.lgs. n. 105 del 2018 – del d.lgs. n. 117 del
2017, promosse dalla Regione Veneto e dalla Regione Lombardia, in riferimento
agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost. e al
principio di leale collaborazione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 64 e 65 – quest’ultimo nel testo introdotto dall’art. 18 del d.lgs.
n. 105 del 2018 – del d.lgs. n. 117 del 2017, promosse dalla Regione Veneto e
dalla Regione Lombardia, in riferimento all’art. 76 Cost., con i ricorsi
indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il
12 ottobre 2018.