Sentenza n. 75 del 1992

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SENTENZA N. 75

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lettere c, d, e e g, e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento, notificati il 21 settembre 1991, depositati in cancelleria, rispettivamente, il 26 e il 30 successivi ed iscritti ai nn. 36 e 37 del registro ricorsi 1991.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 gennaio 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi gli Avvocati Roland Riz e Salvatore Romano per la Provincia di Bolzano, Valerio Onida per la Provincia di Trento e l'Avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con un ricorso regolarmente depositato e notificato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lettere d), e) e g), e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), per violazione dell'art. 8, nn. 1, 4, 25 e 29, dell'art.9, n. 10, e dell'art. 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione.

Premesso che il volontariato costituisce una sorta di "materia mista" che riguarda vari settori, alcuni assegnati alla competenza esclusiva (ordinamento degli uffici, assistenza e beneficenza pubblica, attività artistiche e culturali locali, addestramento e formazione professionale) e altri a quella concorrente (sanità e assistenza sanitaria), e premesso che la stessa Provincia, oltre a leggi settoriali, ha adottato una legge generale sul volontariato che tocca i predetti settori, assegnati alla sua competenza, la ricorrente osserva in via preliminare che, se la clausola di salvezza delle attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, contenuta nell'art. 16 della legge n. 266 del 1991, comportasse l'inapplicabilità alla ricorrente delle disposizioni impugnate, la controversia non avrebbe motivo di essere. Questa ipotesi, tuttavia, sembra contraddetta dall'art. 1, secondo comma, il quale contiene, in contrasto con lo Statuto, la seguente disposizione: "La presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato (...)". Se, dunque, tutta la disciplina contenuta nella legge n. 266 del 1991 si risolve, secondo l'espresso volere del legislatore statale, in principi cui anche la ricorrente deve integralmente conformarsi, le disposizioni impugnate appaiono lesive delle attribuzioni, prima menzionate, assegnate alla competenza esclusiva della Provincia di Bolzano, non essendo queste ultime soggette ai "principi fondamentali" ex art. 117 della Costituzione e non contenendo quelle disposizioni alcuna norma fondamentale di riforma economico-sociale. Nè, continua la ricorrente, potrebbe ritenersi salva la competenza concorrente in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, poichè le statuizioni impugnate non contengono norme di principio, ma consistono essenzialmente in prescrizioni analitiche e dettagliate.

Per gli stessi motivi, a meno che la disciplina statale non possa essere considerata suppletiva rispetto a quella provinciale, la ricorrente ipotizza la contrarietà ai parametri costituzionali indicati all'inizio degli artt.3 (requisiti delle organizzazioni di volontariato), 6 (registri regionali e provinciali delle medesime organizzazioni), 10 (contenuti delle norme regionali e provinciali sul volontariato), 12, primo comma, lettere d), e) e g) (compiti dell'Osservatorio nazionale per il volontariato).

Una censura più particolare è, invece, sollevata dalla ricorrente nei confronti dell'art. 15 della legge n. 266 del 1991, il quale prevede l'istituzione anche presso la Provincia di Bolzano di un fondo speciale, diretto al fine di formare centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato e costituito da una quota dei proventi degli istituti di credito di diritto pubblico e delle casse di risparmio, fondo la cui disciplina è del tutto sottratta alla Provincia e demandata a un regolamento ministeriale. Secondo la ricorrente, i primi due commi di tale articolo, i quali prevedono il suddetto fondo, violano le norme statutarie attributive delle competenze provinciali indicate all'inizio, poichè lo stesso fondo, oltre a concernere attività rientranti nelle predette competenze, è sottoposto all'organizzazione e alla gestione della Provincia, senza,tuttavia, che quest'ultima possa disciplinarne con proprie leggi gli impieghi. Il terzo comma del medesimo art. 15 sarebbe, poi, incostituzionale, poichè, in contrasto con l'art. 17, primo comma, lettera b), della legge n. 400 del 1988, prevede che materie di competenza provinciale siano disciplinate da un regolamento ministeriale.

2.- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere che il ricorso della Provincia autonoma di Bolzano sia dichiarato infondato.

L'Avvocatura dello Stato osserva, innanzitutto, che la ricorrente presuppone erroneamente che il volontariato possa essere regolato solo in modo frammentato, in corrispondenza con le singole competenze provinciali.

In tal modo essa sembra ignorare che il volontariato è "una attività autonoma che, se pure può entrare a contatto nel momento fattuale con talune funzioni amministrative, non le condiziona e non è da esse condizionato". Sulla base di tale concezione, per la quale le materie provinciali sono soltanto il recipiente nel quale opera autonomamente tale attività, la legge impugnata tende a garantire l'autonomia del volontariato dalle singole materie, stabilendo una disciplina omogenea, la quale non può non riguardare l'intero territorio nazionale, tanto più che non è data alla ricorrente alcuna competenza sul volontariato come tale e inconsistente appare lo sforzo della Provincia stessa di configurare quest'ultimo come materia "mista".

Riguardo alle singole censure l'Avvocatura dello Stato rileva che la legge n. 266 del 1991, lungi dal porre norme specifiche e dettagliate, contiene, invece, principi molto generali, di natura essenzialmente organizzativa, che non incidono sulle materie assegnate alle competenze della Provincia di Bolzano. L'art. 7, ad esempio, prevede la semplice facoltà che le regioni o le province autonome stipulino convenzioni con le organizzazioni di volontariato. Gli artt. 3 e 10, poi, stabiliscono alcuni principi di validità generale per la disciplina futura delle stesse attività, ma non predeterminano le materie sulle quali quella disciplina è chiamata ad operare. Del pari, l'art. 12, in relazione all'"Osservatorio nazionale per il volontariato", stabilisce iniziative di organizzazione e di potenziamento di carattere generale, che non incidono in alcun modo sulle competenze provinciali. E, infine, anche l'art.15 non può ritenersi incostituzionale, poichè nulla impedisce che lo Stato detti, con leggi e decreti ministeriali, disposizioni in materia di credito e di risparmio, considerato che le province autonome, non avendo competenze in materia di credito, non possono certo vantare poteri sull'erogazione di fondi da parte di istituti di credito e di casse di risparmio per qualsivolgia finalità di utilità sociale.

Da ultimo, l'Avvocatura dello Stato osserva che la priorità temporale della legge provinciale sul volontariato (legge che ha, peraltro, un raggio di azione alquanto limitato) non legittima la ricorrente a conservare nel proprio territorio una disciplina differenziata. Poichè la Provincia non possiede tra le proprie competenze la materia del volontariato in quanto tale, spetta allo Stato, secondo l'Avvocatura, disciplinare quest'ultima con un potere prevalente. Sicchè sarà necessaria un'armonizzazione della legislazione provinciale con quella statale, che solo in tal senso può esser considerata come "suppletiva".

3.- Anche la Provincia autonoma di Trento ha regolarmente depositato e notificato un ricorso, con il quale ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 10, secondo comma, dell'art.12, primo comma, lettere c), d), e) e g), dell'art. 15 e, in quanto occorra, dell'art. 6 della legge n. 266 del 1991, per violazione degli stessi parametri costituzionali indicati nel ricorso precedentemente illustrato e, in aggiunta, dell'autonomia finanziaria garantita alla Provincia dal titolo VI dello Statuto speciale e dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in connessione con l'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n.468, e dell'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n.158.

Secondo la ricorrente, pur se la legge impugnata si autoqualifica come legge-quadro, il volontariato non costituisce, in effetti, una "materia" oggetto di disciplina legislativa, della quale si possa affermare la competenza statale ovvero quella regionale o provinciale, ma è, piuttosto, un fenomeno che si presenta (ed è suscettibile di disciplina) nell'ambito di una pluralità di materie e che costituisce un "aspetto" delle materie di spettanza provinciale nella misura in cui si riferisce ad oggetti attribuiti alle competenze delle province autonome. Riguardo a tali ultimi "aspetti" la legge impugnata, per non essere incostituzionale, deve restare nei limiti propri dei poteri dello Stato quando questi incidono in materie di competenza delle regioni o delle province autonome. E, poichè la maggior parte delle materie toccate sono attribuite alla competenza esclusiva della Provincia ricorrente (v. art. 8, nn. 1, 4, 25 e 29 dello Statuto speciale), l'essere la legge impugnata, secondo la propria autoqualificazione, una legge di principi non basta a salvarla dalle censure d'incostituzionalità, non potendosi considerare quei principi come norme fondamentali di riforme economico-sociali o come principi generali dell'ordinamento.

In particolare, ad avviso della Provincia di Trento, appare costituzionalmente illegittimo l'art. 10, il quale fissa alcuni contenuti necessari della disciplina regionale o provinciale che incidono, con norme penetranti e dettagliate, sugli ambiti materiali di competenza della ricorrente. Così, quando prevede la determinazione delle modalità attraverso cui le organizzazioni di volontariato dovranno svolgere le loro prestazioni all'interno delle strutture pubbliche e di quelle "convenzionate" (lettera a), sembra trasformare in obbligo quella che l'art.7, primo comma, ha previsto come facoltà. Allo stesso modo, quando impone la partecipazione consultiva delle predette organizzazioni nella programmazione degli interventi di settore (lettera b), incide illegittimamente sulla autonomia organizzatoria relativa ai procedimenti di programmazione provinciale. Analoga incisione, insieme alla supposta configurazione come obbligo della facoltà di stipulare convenzioni, si ha nella lettera c), dove si richiede che la Provincia stabilisca la disciplina dei requisiti e dei criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni di volontariato con le quali stipulare le convenzioni.

Ancora, si ha lesione dell'autonomia finanziaria della Provincia ricorrente, laddove, nell'imporre una disciplina delle condizioni e delle forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato (lettera e), si rendono obbligatorie le erogazioni finanziarie e i relativi interventi in un certo settore. Eguale obbligatorietà di intervento discende dalla lettera f), che impone la partecipazione dei volontari a corsi di formazione e di addestramento professionale.

Secondo la ricorrente, tali disposizioni, ove non dovessero essere considerate non vincolanti nei confronti della Provincia grazie alla clausola di salvaguardia delle proprie competenze contenuta nell'art.16,sono lesive delle norme statutarie sulle attribuzioni provi delle disposizioni previste nell'art. 12. Queste ultime, infatti, sotto la cauta denominazione di "Osservatorio nazionale per il volontariato", prevedono una struttura, incardinata nel governo centrale e senza alcun raccordo con le autonomie regionali o provinciali, avente competenze operative, gestionali e di spesa, che incidono in modo puntuale in ambiti di competenza provinciale attraverso la previsione - specialmente alle lettere c), d), e) e g) - di interventi e di micro- progetti localizzati, ancorchè presentati sotto l'etichetta della "sperimentalità" (ma, per la ricorrente, tutto è sperimentale in questo campo) o delle metodologie "particolarmente avanzate".

Infine, la Provincia di Trento ritiene che sia contrastante con l'autonomia finanziaria e contabile costituzionalmente garantita alla ricorrente l'art.15, il quale prevede, ai suoi primi due commi, che gli istituti di credito e le casse di risparmio ivi menzionati debbano destinare determinate quote delle somme da loro utilizzabili a fini di utilità sociale in direzione della costituzione di fondi speciali presso le regioni, diretti a costituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio e di sostegno per le organizzazioni di volontariato, gestiti da queste ultime.

Oltre a stabilire una destinazione vincolata di fondi verso settori di competenza provinciale, di per sè costituzionalmente illegittima, le disposizioni impugnate prevedono in modo del tutto incongruente che le regioni e le province autonome avrebbero l'obbligo di costituire il fondo, nonchè di istituire (tramite gli enti locali) e di finanziare con quest'ultimo i centri di servizio, senza poter, peraltro, intervenire in alcun modo sulla gestione e sull'utilizzazione dei predetti centri: verrebbe, dunque, addossato alla Provincia un obbligo contabile e organizzativo senza che vi corrisponda, al livello delle competenze della stessa, alcun potere di disciplina, di determinazione e di gestione.

Un'ulteriore illegittimità costituzionale è poi contenuta nel terzo comma dell'art. 15, che esclude la Provincia dalla più specifica disciplina dei fondi, poichè demanda interamente ed esclusivamente a un decreto ministeriale la disciplina della formazione e dell'impiego dei fondi stessi.

Per i medesimi motivi, l'art. 10, lettera e (che impone alle regioni e alle province autonome di prevedere forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato), lettera c (che prevede la stipulazione di convenzioni con le organizzazioni di volontari), e lettera d, in collegamento con l'art. 6 (che stabilisce di istituire e tenere il registro generale delle predette organizzazioni), lederebbe l'autonomia finanziaria garantita alla Provincia dal Titolo VI dello Statuto speciale e il precetto di cui all'art. 81, quarto comma, della Costituzione per il quale le leggi statali che comportino nuove funzioni o ulteriori compiti per le regioni o le province autonome devono indicare le risorse occorrenti per la loro adeguata copertura. E a tal fine, conclude la ricorrente, non serve certo l'art. 14, il quale non contiene affatto alcun accenno ai suddetti nuovi oneri posti a carico delle regioni e delle province autonome.

4.- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che il ricorso della Provincia autonoma di Trento sia rigettato.

L'Avvocatura dello Stato osserva, innanzitutto, che se il volontariato, in quanto tale, non è una materia riservata alle competenze provinciali, come riconosce la stessa ricorrente, è necessario ammettere che esso non può che rientrare nelle potestà dello Stato, pur dovendosi riconoscere che ha molteplici punti di contatto con le competenze regionali o provinciali. La legge impugnata è, dunque, espressione di un'autolimitazione del potere statale ed è diretta semplicemente a porre principi su un'attività svolgentesi ad ampissimo raggio, qual è il volontariato, al fine di garantire un minimo di omogeneità alla disciplina sostanziale che è affidata alle regioni e alle province autonome.

L'art. 10, secondo comma, riflette in modo particolare tale carattere dell'intera legge, sicchè nessuna delle sue disposizioni può dirsi lesiva delle competenze provinciali. In particolare, non fondata è la supposizione che la lettera a) converta in obbligo la facoltà di stipulare convenzioni fra le regioni o le province autonome e le organizzazioni di volontariato, prevista dall'art. 7, poichè le "strutture convenzionate" contemplate nella disposizione considerata sono organismi diversi dalla regione o dalla provincia, ma convenzionati con queste ultime al fine di svolgere attività o prestare servizi, ai quali si prevede che le organizzazioni di volontariato diano il loro apporto. Allo stesso modo, nessuna violazione delle norme statutarie sulle competenze provinciali può derivare dalla lettera b) dello stesso art. 10, poichè non si può individuare alcun vincolo al potere di programmazione provinciale nella previsione, del tutto ragionevole, che le organizzazioni di volontariato siano consultate nel procedimento di formazione dei programmi di settore.

Così pure non è incostituzionale la lettera c), che non prevede alcuna direttiva verso le autonomie regionali o provinciali, nè la lettera e), che non impone oneri di sorta, nè la lettera f), che, nello stabilire che i volontari siano ammessi ai corsi di formazione professionale, non sconvolge affatto le relative competenze provinciali.

Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, anche l'interpretazione dell'art. 12 compiuta dalla ricorrente appare forzata, poichè all'"Osservatorio" sono assegnati, non già compiti operativi, gestionali e di spesa in conflitto con le competenze provinciali, ma piuttosto attività promozionali (lettere c e d), l'approvazione di progetti di interesse generale (lettera d), il sostegno a progetti di informatizzazione di utilità per tutto il territorio nazionale (lettera e) e generiche attività di formazione (lettera g), diverse da quelle di competenza regionale o provinciale, regolate dal ricordato art. 10, lettera f).

Sulle censure rivolte all'art. 15, l'Avvocatura dello Stato, oltre a riprendere gli argomenti addotti in replica all'altro ricorso, precisa che l'estraneità della materia alle competenze provinciali fa sì che i poteri affidati a queste ultime dall'articolo impugnato, come il fungere da centro di raccolta e di distribuzione delle disponibilità del fondo (con il conseguenziale potere deliberativo), sono frutto di scelte operate dalla legge impugnata al di là della ripartizione costituzionale delle attribuzioni.

Da ultimo, con riferimento alla pretesa violazione dell'autonomia finanziaria provinciale da parte dell'art.10, lettere c), d) ed e) e dell'art. 6, l'Avvocatura dello Stato rileva che tutte le disposizioni ora citate, salvo quelle contenute nell'art. 6, non ledono l'a provinciale poichè prevedono nuovi oneri a carico del bilancio provinciale soltanto a seguito di libere scelte della Provincia stessa. Per quanto riguarda l'art.6, l'Avvocatura osserva che l'istituzione e la tenuta del registro e la relativa revisione comportano oneri minimi, non quantificabili, che rientrano sicuramente nel generale dovere di collaborazione fra Stato e regioni (o province autonome) e corrispondono a un potere conferito alla Provincia stessa a proposito delle iscrizioni e delle cancellazioni nel registro medesimo.

5.- In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie le due ricorrenti.

Quella della Provincia autonoma di Trento è stata tuttavia depositata fuori termine.

La Provincia autonoma di Bolzano osserva che l'Avvocatura dello Stato, nel definire il volontariato come materia di competenza statale, si rifà al criterio letterale e storico (c.d. pietrificazione) di definizione delle attribuzioni provinciali, criterio che è stato respinto dalla giurisprudenza costituzionale. Il fenomeno dell'assistenza volontaria si è manifestato nelle forme e nelle dimensioni che oggi conosciamo soltanto in tempi recenti, sicchè esso può essere definito in relazione alle competenze provinciali soltanto se di queste ultime si colgono le relazioni organiche e funzionali che le legano reciprocamente, dando vita ad aree, sconosciute all'atto dell'emanazione dello Statuto speciale, riservate all'intervento regionale o provinciale. Del resto, continua la ricorrente, ciò è implicitamente ammesso dalla stessa Avvocatura dello Stato, quando afferma che "le materie di competenza provinciale sono soltanto i recipienti nei quali il volontariato autonomamente opera", dimenticando, peraltro, che quelle materie non sono scatole vuote.

Dopo aver ricordato che la natura dettagliata della disciplina contenuta nella legge impugnata e il carattere locale del fenomeno del volontariato escludono che si possa parlare di funzione d'indirizzo e coordinamento o di interesse nazionale, non suscettibile di frazionamento territoriale, la Provincia di Bolzano rileva, da ultimo, che le difese svolte dall'Avvocatura dello Stato sono meramente assertive e, quando riconoscono il valore "suppletivo" della legge n. 266 del 1991, sembrano dar ragione alle censure proposte dalla provincia stessa.

Considerato in diritto

1.- La Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lettere d), e) e g), e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato), per violazione dell'art. 8, nn. 1 (ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto), 4 (usi e costumi locali e istituzioni culturali aventi carattere provinciale, attività educative locali), 25 (assistenza e beneficenza pubblica) e 29 (addestramento e formazione professionale), nonchè dell'art. 9, n.10 (assistenza sanitaria e ospedaliera), e dell'art. 16 (potestà amministrative provinciali) dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione.

Con un distinto ricorso, indicato in epigrafe, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 10, secondo comma, lettere a), b), e) ed f), 12, primo comma, e 15 per violazione degli stessi parametri costituzionali invocati nel ricorso precedentemente menzionato, nonchè nei confronti dell'art. 10, secondo comma, lettere c), d) e) e g) e dell'art. 6 per violazione dell'autonomia finanziaria garantita alla Provincia dal titolo VI dello Statuto speciale e dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, come attuato dall'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e dall'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158.

Poichè i predetti ricorsi prospettano questioni di legittimità costituzionale identiche o connesse, i relativi giudizi vanno decisi con un'unica sentenza.

2.- La Provincia autonoma di Bolzano prospetta un dubbio di legittimità costituzionale, di carattere generale e preliminare,nei confronti dell'art.1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991, il quale dispone che "la presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonchè i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti". Secondo la ricorrente, questa disposizione, comportando l'applicazione dei principi stabiliti dalla legge n. 266 del 1991 nelle varie materie in cui possono operare le organizzazioni di volontariato, oltre ad essere incoerente con la clausola di salvezza delle competenze provinciali contenuta nell'art. 16 della stessa legge, si porrebbe in contrasto con le norme dello Statuto speciale precedentemente indicate, che assicurano alle province autonome competenze di tipo esclusivo in materia di ordinamento degli uffici, assistenza e beneficenza pubblica, attività artistiche e culturali locali, addestramento e formazione professionale. La medesima disposizione, sempre ad avviso della Provincia di Bolzano, violerebbe altresì le norme statutarie sulla competenza concorrente in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, dal momento che i principi, cui fa riferimento l'art. 1, secondo comma, sarebbero in realtà prescrizioni analitiche e dettagliate.

La questione non è fondata.

La premessa interpretativa da cui muove la Provincia di Bolzano nello svolgere la censura generale ora considerata - ripresa, peraltro, nella illustrazione delle questioni più particolari e presupposta, altresì, dalle censure prospettate dalla Provincia di Trento - consiste nel ritenere che il volontariato costituisca una materia, seppure formata dalla confluenza di segmenti o di profili riconducibili a più settori di attività. Questa premessa non può esser considerata corretta, poichè il volontariato costituisce un modo di essere della persona nell'ambito dei rapporti sociali o, detto altrimenti, un paradigma dell'azione sociale riferibile a singoli individui o ad associazioni di più individui.

In quanto tale, esso sfugge a qualsiasi rigida classificazione di competenza, nel senso che può trovare spazio e si può realizzare all'interno di qualsiasi campo materiale della vita comunitaria, tanto se riservato ai poteri di regolazione e di disposizione dello Stato, quanto se assegnato alle attribuzioni delle regioni o delle province autonome (o degli enti locali).

Quale modello fondamentale dell'azione positiva e responsabiledell'individuo che effettua spontaneamente e gratuitamente presta personali a favore di altri individui ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità, il volontariato rappresenta l'espressione più immediata della primigenia vocazione sociale dell'uomo, derivante dall'originaria identificazione del singolo con le formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità e dal conseguente vincolo di appartenenza attiva che lega l'individuo alla comunità degli uomini. Esso è, in altre parole, la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un'autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa. Si tratta di un principio che, comportando l'originaria connotazione dell'uomo uti socius, è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell'uomo, dall'art. 2 della Carta costituzionale come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente.

Della natura di tali diritti fondamentali il volontariato partecipa: e vi partecipa come istanza dialettica volta al superamento del limite atomistico della libertà individuale, nel senso che di tale libertà è una manifestazione che conduce il singolo sulla via della costruzione dei rapporti sociali e dei legami tra gli uomini, al di là di vincoli derivanti da doveri pubblici o da comandi dell'autorità.

Come schema generale di azione nella vita di relazione, basato sui valori costituzionali primari della libertà individuale e della solidarietà sociale, il volontariato esige che siano stabilite, da parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinchè sia garantito uno svolgimento dello stesso il più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale (v.spec. sentt. nn. 49 del 1987, 217 del 1988 e 49 del 1991). E ciò è richiesto - quantomeno in relazione alla connotazione essenziale delle attività e delle organizzazioni operanti in tal campo, nonchè in ordine alla definizione del tipo di rapporti che devono intercorrere tra le varie istanze del potere pubblico e le organizzazioni dei volontari e in ordine alla determinazione delle relative modalità dell'azione amministrativa - al fine specifico di garantire l'essenziale e irrinunciabile autonomia che deve caratterizzare le stesse organizzazioni di volontariato e le loro attività istituzionali.

A tale scopo la legge n. 266 del 1991, accanto a disposizioni che stabiliscono compiti o discipline d'interesse nazionale o che pongono criteri di azione per le amministrazioni statali o per gli enti locali, fissa principi cui le regioni e le province autonome dovranno attenersi nel regolare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato. Questi ultimi, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, vanno indubbiamente qualificati come principi generali dell'ordinamento giuridico, in ragione della concorrente circostanza che attengono strettamente a valori costituzionali supremi (v. sentt. nn. 6 del 1956, 231 del 1984 e 1107 del 1988) e, soprattutto, che contengono criteri direttivi così generali da abbracciare svariati e molteplici campi di attività materiali (v. sentt. nn. 6 del 1956, 68 del 1961, 87 del 1963, 28 del 1964, 23 del 1978, 91 del 1982, 1107 del 1988, 465 del 1991).

Sulla base di tale qualificazione deve essere respinto il dubbio di legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha prospettato nei confronti dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991, dovendosi riconoscere che le disposizioni della predetta legge che contengono principi generali dell'ordinamento non possono non vincolare l'esercizio delle attribuzioni statutariamente affidate alla ricorrente, tanto a titolo di competenza esclusiva, quanto a quello di competenza concorrente.

3.- Per motivi in gran parte identici a quelli appena esposti vanno respinti i dubbi di legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato nei confronti dell'art. 3.

Questo articolo fissa, in relazione all'intero territorio nazionale, i principi generali concernenti i caratteri che devono connotare le organizzazioni di volontariato come tali (natura e requisiti delle attività volontarie, forma giuridica a salvaguardia degli scopi solidaristici, struttura interna democratica, determinazione dell'atto costitutivo e dello statuto, obbligo di formazione del bilancio e struttura dello stesso) e i rapporti intercorrenti tra le organizzazioni e i propri aderenti, nonchè tra quelle stesse e i soggetti terzi. Si tratta, più precisamente, della previsione dei requisiti essenziali attinenti ai caratteri strutturali, all'autonomia interna e alla trasparenza delle organizzazioni di volontariato, la cui ricorrenza è configurata come condizione necessaria perchè tali organizzazioni possano beneficiare delle agevolazioni e delle strutture di servizio o di sostegno previste dalla legge medesima: requisiti che, comunque, concernono, essenzialmente, rapporti di diritto privato, i quali, come questa Corte ha di recente ribadito (v. sent. n. 35 del 1992),esigono che in relazione ad essi sia assicurata dalla legge statale una sostanziale uniformità di disciplina e di trattamento su tutto il territorio nazionale.

Motivi diversi giustificano la dichiarazione di non fondatezza in relazione all'ultima parte dell'art. 3, quinto comma, laddove si prevede che le organizzazioni svolgono le attività di volontariato anche nell'ambito di strutture pubbliche o di strutture convenzionate con queste ultime "nelle forme e nei modi previsti dalla legge". Siffatta disposizione, infatti, pur se non regola rapporti intercorrenti tra soggetti privati, si limita a riconoscere che il raggio di azione delle attività di volontariato può concernere anche il settore pubblico o quello "convenzionato" e a ribadire il principio costituzionale (art. 97 della Costituzione) che le modalità e le forme del rapporto tra tale attività e l'azione amministrativa dovranno esser regolate dalla "legge", intendendo riferirsi a quest'ultima nella sua complessiva varietà di tipi (legge statale, regionale o provinciale) in dipendenza del settore pubblico interessato.

4.- Prive di qualsiasi fondamento sono altresì le censure che la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto nei confronti dell'art.7, primo e terzo comma.

In questo articolo è innanzitutto previsto che tutti gli enti pubblici (Stato, regioni, province autonome, enti locali, etc.), i quali si gioveranno delle attività dei volontari, hanno la facoltà di stipulare convenzioni con le relative organizzazioni, purchè queste siano iscritte nei registri specificamente previsti dall'art. 6 e dimostri capacità operativa.

Tale disposizione, infatti, per un verso, contiene un'indicazione di massima, non certo lesiva delle competenze provinciali, che è del resto conforme ai comuni rapporti tra enti pubblici e organizzazioni private, e, per altro verso, svolge un principio generale diretto a garantire il rispetto del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione).

Per quanto, poi, riguarda il terzo comma, il quale prevede che l'obbligo di assicurazione obbligatoria a favore dei volontari costituisca un elemento essenziale della convenzione sopra indicata e rappresenti un onere posto a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima, è sufficiente osservare che la disciplina delle assicurazioni sociali è riservata allo Stato (v. sent. n. 314 del 1990).

5.- Del pari non fondate sono le varie censure che tanto la Provincia autonoma di Bolzano quanto quella di Trento hanno sollevato nei confronti dell'art. 10.

Nei suoi due commi, quest'articolo non contiene alcuna violazione delle norme costituzionali sulle competenze legislative delle ricorrenti, poichè, dopo aver posto, al primo comma, il principio generale in base al quale la legislazione regionale e provinciale deve essere orientata nel senso di salvaguardare l'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e di favorirne lo sviluppo, fissa, nel comma successivo, gli oggetti che le leggi regionali e provinciali dovranno disciplinare.

Nel determinare tali oggetti, l'articolo impugnato non limita in alcun modo la discrezionalità del legislatore regionale o provinciale, dal momento che non stabilisce principi o criteri volti a restringere i possibili contenuti della legislazione futura, ma richiede, più semplicemente, che quest'ultima abbia cura di disciplinare, nel modo che riterrà più opportuno, gli oggetti elencati nello stesso comma. Pertanto, lungi dall'invadere campi riservati al legislatore regionale o provinciale con norme di dettaglio, come pretende la Provincia autonoma di Bolzano, le disposizioni ora considerate contengono norme strettamente strumentali al principio generale espresso nel primo comma del medesimo art. 10.

Delle varie disposizioni contenute nel secondo comma dell'art.10, le Province ricorrenti danno, peraltro, un'interpretazione che non può essere condivisa. Quando la lettera a) stabilisce che le leggi regionali e provinciali disciplineranno le modalità attinenti allo svolgimento delle attività di volontariato all'interno delle strutture pubbliche e all'interno delle strutture convenzionate con le regioni e le province autonome, tale disposizione, contrariamente a quanto suppone la Provincia autonoma di Trento, non trasforma in un obbligo quella che il già ricordato art. 7 prevede come facoltà di stipulare convenzioni.

Nel riferirsi alle "strutture convenzionate" la disposizione impugnata intende denotare, non certo presunti apparati o strutture derivanti da accordi convenzionali stipulati fra le province autonome (o le regioni) e le organizzazioni di volontariato, ma piuttosto strutture private (ad esempio, le case di cura private) operanti in aree di servizio pubblico sulla base di convenzioni stipulate con le predette province (o regioni), all'interno delle quali potranno svolgere la loro attività le organizzazioni di volontariato.

Analogamente, con riferimento alla lettera c), impugnata dalla Provincia autonoma di Trento, non v'è alcun elemento che possa indurre a ritenere trasformato in obbligo la facoltà di stipulare convenzioni, limitandosi la disposizione censurata a stabilire che la legge provinciale (o regionale) determinerà i requisiti e i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni di volontariato con cui stipulare le predette convenzioni. Allo stesso modo, la lettera b) si limita a prevedere che, ove la Provincia autonoma (o la regione) predisponga un procedimento di programmazione comportante la consultazione di soggetti sociali, sarà sua cura considerare fra questi ultimi anche le organizzazioni di volontariato interessate.

Infine, quanto alle lettere e) ed f) - che, ad avviso della Provincia autonoma di Trento, renderebbero obbligatorie, rispettivamente, le erogazioni finanziarie e gli interventi di sostegno indicati (lett.e) e la partecipazione dei volontari, iscritti alle organizzazioni registrate, ai corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle province autonome o dalle regioni (lett. f) -, occorre rilevare che le disposizioni contestate si limitano a delineare, quali oggetti della legislazione provinciale o regionale, alcuni aspetti indefettibili e necessari di una qualsivoglia disciplina pubblica del volontariato. Tali sono, senza dubbio alcuno, le forme di finanziamento e gli interventi di sostegno da prevedere a favore delle organizzazioni di volontariato, poichè, in loro mancanza, risulterebbero frustrati, non soltanto le finalità giustificative della legge stessa, ma anche quei valori costituzionali sottesi al riconoscimento e allo sviluppo del volontariato, che sono stati ricordati nel corso dell'esame delle censure mosse all'art. 1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991. Lo stesso carattere di indefettibilità e di necessarietà deve, poi, riconoscersi anche all'oggetto costituito dalla previsione e dalla disciplina da parte delle leggi provinciali (o regionali) dei corsi di formazione, di qualificazione e di aggiornamento dei volontari. Infatti, pur se non consistono in attività di tipo professionale, le prestazioni di volontariato devono essere svolte, nei vari settori di operatività, con una preparazione particolare e con una perizia specifica, che richiedono un'apposita didattica e un'accurata opera di affinamento delle attitudini naturali del volontario e che, ove fossero carenti, condannerebbero il volontariato all'inefficienza e, quindi, al deperimento.

6.- Non fondate sono, inoltre, le questioni di legittimità costituzionale che le Province autonome di Bolzano e di Trento hanno sollevato nei confronti dell'art. 12, sul presupposto che tale articolo, nell'istituire l'Osservatorio nazionale per il volontariato, affida a quest'ultimo compiti che le ricorrenti ritengono lesivi delle competenze ad esse costituzionalmente assegnate.

Sulla base dell'art. 12, il predetto Osservatorio è chiamato ad adempiere compiti di carattere generale a beneficio dello sviluppo del volontariato in quanto tale. Più precisamente, i compiti di tale istituto sono rivolti al perseguimento di un duplice ordine di finalità: primo, provvedere al censimento, all'acquisizione e alla diffusione delle informazioni e delle conoscenze relative alle organizzazioni di volontariato, anche allo scopo di formulare proposte; secondo, sostenere la promozione e lo sviluppo del volontariato, soprattutto sotto il profilo della qualità tecnologica e sperimentale degli interventi pr sotto quello della formazione e dell'aggiornamento degli operatori volontari (che è cosa diversa, ovviamente, dalle attività di formazione professionale affidate alla competenza regionale e provinciale dall'art.10, secondo comma, lett. f). Le censure prospettate dalle ricorrenti riguardano compiti ascrivibili al secondo ordine di finalità. Più precisamente, ambedue le ricorrenti contestano: la lettera d), la quale prevede l'approvazione di progetti sperimentali elaborati dalle organizzazioni di volontariato registrate al fine di far fronte ad emergenze sociali e di favorire l'applicazione di metodologie d'intervento particolarmente avanzate; la lettera e), che prevede il sostegno e la consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori nei quali operano le organizzazioni di volontari; la lettera g), la quale prevede il sostegno, anche con la collaborazione delle regioni, delle iniziative di formazione e di aggiornamento per la prestazione dei servizi.

La sola Provincia autonoma di Trento impugna, infine, la lettera c), che assegna all'Osservatorio il compito di "fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato".

In particolare, le disposizioni contenute nelle lettere d) ed e) si iscrivono in un quadro legislativo sulla ripartizione delle competenze fra Stato e regioni (o province autonome), all'interno del quale la sperimentazione delle tecniche di intervento e l'innovazione delle metodologie e delle tecnologie concernenti le attività da svolgere rientrano fra gli oggetti riservati alla competenza dello Stato (v., ad esempio, gli artt. 71 e 102 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; l'art. 6 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; nonchè l'art. 30 della legge 18 maggio 1989, n. 183). E ciò si spiega con il fatto che il carattere avanzato dei compiti ora indicati colora di un'indubbio interesse nazionale competenze il cui esercizio ricade immediatamente a beneficio delle attività che ne sono oggetto, considerate nel loro complesso e, quindi, spazialmente, sull'intero piano nazionale.

Indubbia è anche l'attribuzione allo Stato delle competenze relative ai compiti affidati all'Osservatorio nazionale per il volontariato dalle disposizioni contenute nelle lettere c) e g). Poichè le disposizioni impugnate vanno interpretate in correlazione con l'art. 1, che affida la promozione e lo sviluppo del volontariato allo Stato, alle regioni, alle province autonome e agli enti locali nel rispetto delle relative competenze costituzionali, nonchè, per quel che concerne i presenti giudizi, in correlazione con l'art. 16, che fa salve le competenze delle province autonome, si deve supporre che, nell'uno e nell'altro caso, le attività di promozione e di informazione previste nelle disposizioni considerate si riferiscano ad iniziative che, nel riparto di competenze prima accennato, rientrano nella sfera di competenza dello Stato.

7.- Non fondate sono, altresì, le questioni di legittimità costituzionale che le ricorrenti hanno sollevato nei confronti dell'art. 15 della legge esaminata.

Secondo le Province autonome, i primi due commi dell'articolo citato - nel prevedere che siano costituiti, mediante l'accantonamento, da parte degli istituti di credito e delle casse di risparmio, di quote dei proventi destinate a fini non istituzionali, fondi speciali presso le regioni, allo scopo di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, gestiti da queste stesse in vista del sostegno e della qualificazione della propria attività - violerebbero le norme statutarie sulle competenze provinciali e, secondo la Provincia autonoma di Trento, anche le norme costituzionali sull'autonomia finanziaria: le prime risulterebbero lese, poichè le disposizioni impugnate precluderebbero ogni possibilità di intervento delle ricorrenti sulla istituzione e sulla gestione dei predetti centri di servizio pur trattandosi di materia assegnata alle loro competenze; l'altra sarebbe violata, dal momento che dalle disposizioni impugnate discenderebbe la sottrazione di risorse a settori di competenza provinciale e l'imposizione ai fondi stessi di un vincolo di destinazione.

I dubbi di legittimità costituzionale ora esaminati sono basati sull'erronea premessa che le disposizioni impugnate attengano a una materia di competenza regionale o provinciale, l'assistenza e la beneficenza pubblica. In realtà, poichè loro oggetto è l'accantonamento di quote degli utili realizzati da istituti di credito e da casse di risparmio affinchè queste siano destinate in direzione della promozione e dello sviluppo del volontariato, le disposizioni contenute nei primi due commi dell'art. 15 riguardano la materia, di spettanza statale, concernente l'ordinamento degli istituti di credito. Più precisamente, le disposizioni esaminate addossano su detti istituti un onere destinato alla costituzione di fondi speciali diretti a finanziare centri di servizio gestiti dalle stesse organizzazioni di volontariato al fine di sostenere e di qualificare l'attività degli operatori volontari. É evidente che con tali previsioni il legislatore ha voluto prefigurare una soluzione organizzativa che, tendendo a salvaguardare, per quanto possibile, l'autonomia delle attività di volontariato e, quindi, a porle al riparo anche da condizionamenti derivanti dalla gestione pubblica dei servizi di sostegno a favore delle stesse attività, individua nella costituzione dei fondi speciali presso le regioni o le province autonome, non già una funzione conferita o demandata a tali enti autonomi, ma, più semplicemente, la collocazione e la operatività spaziale dei fondi medesimi: le regioni e le province autonome, in altri termini, denotano nelle disposizioni impugnate l'ambito territoriale in relazione al quale quei fondi vanno costituiti e resi operanti.

Per le stesse ragioni ora illustrate va dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge n. 266 del 1991, il quale dispone che il Ministro del tesoro, con un proprio decreto adottato di concerto con il Ministro degli affari sociali, determina le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nei primi due commi dello stesso articolo. Dal complesso dell'art.15 risulta chiaro, infatti, che, poichè le modalità da adottare concernono essenzialmente la materia dell'ordinamento degli istituti di credito, la relativa competenza è necessariamente imputata al Ministro del tesoro, cui si aggiunge il concerto con il Ministro degli affari sociali, essendo diretti i contributi degli istituti di credito indicati nei commi precedenti alla costituzione di fondi destinati a finanziare centri di servizio a sostegno delle organizzazioni di volontariato.

8.- Non fondate sono, infine, le questioni di legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Trento ha prospettato nei confronti dell'art. 10, lettere c), d) ed e), in collegamento con l'art. 6, per violazione dell'art.81, quarto comma, della Costituzione e del principio statutario sull'autonomia finanziaria della Provincia stessa, sotto il profilo che le disposizioni impugnate affiderebbero nuove funzioni alle regioni e alle province autonome senza attribuire alle stesse le risorse occorrenti per il loro esercizio.

Premesso che, come si è chiarito nel precedente punto n. 5 della motivazione, i compiti previsti nelle lettere citate dell'art. 10 non sono stati assegnati alle Province autonome (o alle regioni) e premesso che a queste ultime è effettivamente demandata la disciplina dell'istituzione e la tenuta dei registri generali di tutte le organizzazioni di volontariato costituite nel proprio territorio, si deve comunque escludere, anche per quest'ultima parte, la lesione del ricordato principio costituzionale.

 

L'art. 6, infatti, nel disciplinare attività di competenza dello Stato, demanda alle regioni e alle province autonome un compito (disciplina e tenuta dei registri generali delle organizzazioni di volontariato) il cui onere non è affatto quantificabile in via preventiva, tanto che non si può nemmeno escludere che possano essere adottate, in sede regionale o provinciale, soluzioni organizzative che non comportino oneri aggiuntivi rispetto a quelli previsti per l'espletamento delle competenze già possedute. In tale situazione, come questa Corte ha già avuto modo di dire, se pure sotto altro profilo (v. sentt. nn. 478 del 1987, 320 del 1989 e 294 del 1991), non si può richiedere al legislatore una copertura contestuale di oneri meramente eventuali e, comunque, non quantificabili, nè può configurarsi alcuna violazione dell'autonomia finanziaria garantita alle Province autonome dal titolo VI dello Statuto speciale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lett. d), e) e g), e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge- quadro sul volontariato), sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, della Provincia autonoma di Bolzano, per violazione agli artt. 8, nn. 1, 4, 25 e 29, 9 n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per la Regione Trentino- Alto Adige) e relative norme di attuazione;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.10, secondo comma, lett. a), b), e) ed f), 12, primo comma, e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento, per violazione degli artt. 8, nn. 1, 4, 25 e 29, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e relative norme di attuazione;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.10, secondo comma, lett. c), d), e) e g), e 6 della legge 11 agosto 1991, n.266, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento, per violazione dell'autonomia finanziaria riconosciuta alla Provincia dal titolo VI dello Statuto speciale e dell'art. 81 della Costituzione, come attuato dall'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e dall'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/02/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 febbraio del 1992.