Sentenza n. 91 del 1982
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SENTENZA N. 91

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 8 marzo 1976, n. 10 (vincoli di inedificabilità) promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1976 dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sui ricorsi proposti da Saccani Anna in Lenzi contro la Regione Emilia-Romagna, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 22 giugno 1977 e nel Bollettino ufficiale della Regione Emilia- Romagna n. 84 dell'8 giugno 1977.

Visti gli atti di costituzione della Regione Emilia- Romagna e di Saccani Anna;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1982 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi gli avvocati Alberto Predieri per la Regione Emilia-Romagna ed Emilio Sivieri per Saccani Anna.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 3 maggio l975, Saccani Anna in Lenzi impugnava davanti al Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia- Romagna il regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione, adottato dal Comune di Poviglio con atto consiliare del 20 febbraio 1970, limitatamente alla classificazione a verde pubblico ed a parcheggio di un'area di sua proprietà.

La ricorrente lamentava che il vincolo di inedificabilità era stato disposto con programma di fabbricazione anziché con piano regolatore; che, per esso, non era stato disposto alcun indennizzo, né era previsto alcun termine di efficacia; che l'atto impugnato era viziato da eccesso di potere.

Costituitisi la Regione e il Comune di Poviglio, il Tribunale, con ordinanza del 10 giugno 1976, sospendeva la pronunzia e sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 8 marzo 1976 n. 10, nella parte in cui esso, attribuendo ai programmi di fabbricazione la possibilità di disporre vincoli urbanistici, ometteva di prevedere un'idonea pubblicità la facoltà di presentare osservazioni e l'obbligo del loro esame, nonché nella parte in cui esso attribuiva efficacia ai vincoli suddetti con effetto retroattivo.

Il Tribunale premette, nella sua ordinanza, di considerare legittima, alla stregua dell'ordinamento regionale, l'imposizione di vincoli di inedificabilità per mezzo del programma di fabbricazione, oltre che per mezzo del piano regolatore. Legittimo é, pertanto, che il terzo comma dell'art. 51. reg. n. 10 del 1976 assegni ai vincoli previsti nei programmi di fabbricazione la stessa efficacia temporale prevista nelle leggi statali, in conformità dei principi espressi nella sentenza della Corte costituzionale 29 maggio 1968 n. 55.

Il Tribunale, peraltro, dubita della legittimità costituzionale del citato art. 5, a causa della mancata previsione della facoltà dei privati - prevista, nell'ordinamento statale, dall'art. 9 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 per i piani regolatori e dall'art. 6 della legge 18 aprile 1962 n. 167 per i piani delle zone da destinare alla costruzione di alloggi di tipo economico e popolare - di proporre osservazioni durante il procedimento di redazione del programma di fabbricazione, sia nel proprio interesse sia, a titolo di collaborazione, nell'interesse pubblico. Di qui il contrasto con gli artt. 117 Cost. e 59 Stat. reg., quest'ultimo prescrivente il contraddittorio nella formazione dei provvedimenti amministrativi.

Altro profilo di incostituzionalità é ravvisato dal Tribunale nella statuizione, contenuta nel secondo comma del citato art. 5, secondo cui i vincoli urbanistici sono efficaci, anche se disposti in programmi di fabbricazione e loro varianti, approvati precedentemente all'entrata in vigore della stessa legge regionale n. 10 del 1976. Infatti, l'irretroattività della legge corrisponde ad un principio costituzionale solo quanto alle leggi penali, ma corrisponde altresì ad un principio fondamentale della legislazione ordinaria statale, vincolante per il legislatore regionale.

L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella G.U. n. 169 del 22 giugno 1977.

La parte privata si é costituita, chiedendo dichiararsi l'illegittimità costituzionale della norma denunciata e rifacendosi sostanzialmente alle argomentazioni contenute nell'ordinanza del Tribunale.

E intervenuta la Regione Emilia-Romagna, sostenendo l'infondatezza delle questioni.

Infatti, l'insufficiente tutela del contraddittorio nella formazione degli strumenti urbanistici deve essere imputata non già alla legislazione dell'Emilia - Romagna, bensì alla legislazione statale, che non esprime alcuna norma in favore di quella tutela, mentre é da escludere il carattere retroattivo della norma denunciata, che ha soltanto efficacia dichiarativa e di sanatoria.

2. - La Regione ha depositato, in data 11 febbraio 1982, una memoria secondo cui il principio del giusto procedimento" né può ritenersi costituzionalizzato né risulta dalla legislazione urbanistica statale, come già deciso da questa Corte con la sent. n. 23 del 1978.

La detta omissione di previsione non contrasta neppure con l'art. 59 dello Statuto regionale, che non impone al legislatore regionale di modificare subito tutti i procedimenti amministrativi già previsti, ma impone, tutt'al più, di garantire il contraddittorio nella previsione di nuovi procedimenti: nel caso di specie, l'art. 5 l. reg. n. 10 del 1976 non ha innovato alcunché nella materia procedimentale, ma ha soltanto confermato l'assetto conferito ai programmi di fabbricazione dal legislatore statale, essendosi limitato a dichiarare (legittimamente, secondo la citata sentenza della Corte n. 23 del 1978) il potere dei comuni di imporre vincoli urbanistici attraverso i detti programmi.

Quanto alla pretesa retroattività della norma denunciata, la Regione osserva che la questione si presenta irrilevante nel giudizio a quo giacché, come risulta dalla più volte citata sentenza n. 23 del 1978, già alla stregua della legislazione statale erano legittimi i programmi di fabbricazione impositivi di vincoli urbanistici. Su questa situazione non influirebbe l'eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma regionale denunciata, d'onde l'irrilevanza della questione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna dubita della legittimità della legge regionale 8 marzo 1976 n. 10, art. 5, che consente nei programmi di fabbricazione la previsione dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo (primo comma), e dispone altresì che sono validi gli strumenti urbanistici suddetti approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge (secondo comma).

Il giudice a quo ha dedotto che la norma in esame, nel suo secondo comma (applicabile alla fattispecie, nella quale si tratta di programma di fabbricazione approvato anteriormente all'entrata in vigore della legge), sarebbe in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione perché violerebbe un principio fondamentale della legislazione statale e cioè quello della irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 delle Preleggi; si aggiunge inoltre che non mancano dubbi anche sul primo comma, per inosservanza del principio del c.d. "giusto procedimento".

2. - La Regione Emilia-Romagna ha eccepito che la proposta questione non sarebbe rilevante perché, anche se venisse pronunciata l'illegittimità costituzionale della norma denunciata, nessuna conseguenza concreta si verificherebbe rispetto al giudizio a quo, giacché si dovrebbe applicare la legislazione statale, la quale sul punto dispone analogamente alla normativa regionale.

L'eccezione non può essere condivisa.

Infatti, per stabilire la rilevanza di una questione di costituzionalità, occorre fare esclusivo riferimento alla legge denunciata e accertare se essa debba trovare applicazione nel giudizio a quo. A tal fine nulla importa se, come si deduce nella specie dalla difesa della Regione, in caso di pronuncia di illegittimità costituzionale della norma impugnata, sia applicabile altra norma di identico contenuto: infatti, il giudice a quo deve in tal caso fare capo ad una fonte normativa diversa da quella che avrebbe dovuto applicare se non vi fosse stata la pronuncia di illegittimità e ciò é sufficiente per considerare rilevante la sollevata questione di costituzionalità. Il che, non solo vale sul piano concettuale, ma può non essere privo, nella multiforme varietà dei casi, anche di rilievo concreto, dovendo il giudice tenere conto di tutte le vicende relative alla legge effettivamente applicata (come modificazioni, abrogazioni, ecc.); vicende le quali ben possono non corrispondere a quelle della legge dichiarata costituzionalmente illegittima.

3. - Passando al merito, osserva la Corte che, per il suo carattere assorbente, va esaminata preliminarmente la denunzia relativa al secondo comma della disposizione impugnata, ritenuta dal giudice a quo in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto violerebbe il principio fondamentale della legislazione statale relativa alla irretroattività delle norme giuridiche (art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale).

Nessun dubbio può esservi sul fatto che la norma denunciata, disponendo che sono validi anche i vincoli urbanistici previsti in programmi di fabbricazione approvati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, prenda in considerazione e disciplini situazioni giuridiche verificatesi anteriormente alla data suddetta.

Ciò riconosce la stessa difesa della Regione, la quale tuttavia sostiene che non possa parlarsi di retroattività in senso tecnico perché la norma ripete una regola della legislazione statale e risulta quindi inutile: infatti, anche se essa non vi fosse, sarebbero pur sempre validi - in base a tale ultima legislazione - i vincoli urbanistici contenuti in programmi di fabbricazione approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge in esame.

Del problema questa Corte si é occupata in un caso del tutto analogo a quello in questione e cioé a proposito del l'art. 48 della legge della Regione Lombardia 15 aprile 1975 n. 51, ritenendo che la disposizione fosse costituzionalmente illegittima (cfr. sent. n. 23 del 1978), e tale indirizzo merita di essere confermato e seguito.

Osservò allora la Corte che una norma dal contenuto di quella considerata non ha valore puramente ricognitivo perché, quanto meno, "ha voluto fissare con riguardo ai rapporti pendenti nel momento dell'entrata in vigore della legge regionale, l'interpretazione delle leggi statali vigenti..." e ciò all'intuitivo "scopo di impedire... l'eventuale annullamento dei programmi che avessero configurato vincoli considerati illegittimi dalla prevalente giurisprudenza amministrativa". La Corte aggiunse che l'art. 117, primo comma, Cost. risultava altresì violato anche sotto diverso profilo, in quanto una norma siffatta "si propone di risolvere autenticamente questioni interessanti la disciplina di principio della materia urbanistica come quelle relative alla funzione e ai contenuti del programma di fabbricazione".

Questi rilievi valgono anche per l'ipotesi qui considerata, del tutto analoga, ripetesi, a quella in precedenza considerata dalla Corte.

Ciò posto, non é il caso di soffermarsi sui profili di costituzionalità relativi al primo comma della disposizione impugnata, giacché tale indagine é assorbita dalla pronuncia di illegittimità costituzionale del secondo comma della disposizione medesima, con la conseguenza che, comunque, viene meno la norma da cui i vincoli urbanistici, oggetto del giudizio a quo, ripetevano la loro validità, trattandosi di programma di fabbricazione approvato anteriormente all'entrata in vigore della legge suddetta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, secondo comma, legge della Regione Emilia-Romagna 8 marzo 1976 n. 10.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 12 maggio 1982.