Sentenza n. 6 del 1956

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SENTENZA N. 6

ANNO 1956

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI                     

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni  CASSANDRO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

sul ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Provincia di Bolzano sulla disciplina dell'artigianato e della formazione professionale artigiana, approvata dal Consiglio provinciale di Bolzano nella seduta del 29 luglio 1952 e riapprovata nella seduta del 30 ottobre 1952:

Visto l'atto di costituzione in data 23 febbraio 1956 della Provincia di Bolzano in persona del Vice Presidente della Giunta provinciale, rappresentato dall'avv. Giorgio Balladore Pallieri e dallo avv. Raffaele Resta;

Udita all'udienza pubblica del 7 maggio 1956 la relazione del Giudice dott. Ernesto Battaglini;

Udito il sostituto avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il ricorrente e gli avvocati Giorgio Balladore Pallieri e Raffaele Resta nell'interesse della Provincia di Bolzano.

 

Ritenuto in fatto

 

 

In data 29 luglio 1952 il Consiglio provinciale di Bolzano approvava un disegno di legge, formato di 22 articoli, e diviso in 5 capi, sulla disciplina dell'artigianato e della formazione professionale artigiana.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 2 settembre 1952, comunicava al Commissario del Governo della Regione del Trentino-Alto Adige che il Governo intendeva rinviare la legge stessa al Consiglio provinciale in base a rilievi che venivano specificati in relazione ad alcuni articoli di detto disegno di legge.

Il Commissario del Governo dava di ciò comunicazione al Presidente della Giunta provinciale di Bolzano.

In data 30 ottobre 1952 il Consiglio provinciale di Bolzano procedeva alla riapprovazione, nelle forme volute, dello stesso disegno di legge con testo invariato.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con nota del 6 dicembre 1952, invitava il Commissario del Governo di Trento a comunicare al Presidente del Consiglio provinciale che il Governo intendeva impugnare davanti alla Corte costituzionale la suddetta legge riapprovata. Con nota del 9 dicembre 1952 il Commissario del Governo faceva la suddetta comunicazione, indicando sommariamente i motivi della impugnazione.

In seguito alla costituzione e all'inizio di funzionamento della Corte costituzionale, il Consiglio dei Ministri, nella tornata del 1 febbraio 1956, deliberava di proporre ricorso per la dichiarazione di illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge in questione e ne dava autorizzazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.

In data 13 febbraio 1956 veniva depositato nella cancelleria di questa Corte il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri in conformità alla deliberazione sopra menzionata. Di tale deposito veniva dato avviso, per ordine del Presidente di questa Corte, nel Bollettino ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige del 20 marzo 1956, n. 6.

Nel ricorso si specificava che si intendevano impugnare le disposizioni contenute negli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7 del capo I (relativo all'esercizio delle attività artigiane); 8, 9, 10 del capo II (relativo al maestro artigiano); 11, 12, 13, 14, 16 del capo III (relativo alla formazione professionale artigiana); 19 del capo VI (relativo alle sanzioni).

A sostegno del ricorso venivano dedotti sei motivi:

1) Violazione dei limiti della potestà legislativa della Provincia di Bolzano (artt. 4 e 11 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige) in relazione all'art. 117 della Costituzione, per contrasto delle norme impugnate con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni.

2) Violazione dei limiti della potestà legislativa della Provincia di Bolzano in relazione all'art. 120 della Costituzione, in quanto con le norme impugnate si viene a limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego e lavoro.

3) Violazione dei limiti della potestà legislativa della Provincia di Bolzano per essere le norme impugnate in contrasto con i principii fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato per quanto riflette il principio della piena libertà dell'esercizio dell'artigianato senza l'iscrizione obbligatoria in albi e registri; e nello stesso tempo violazione dell'art. 33 della Costituzione.

4) Violazione dei limiti della potestà legislativa della Provincia di Bolzano in quanto l'art. 4 dello Statuto regionale esclude che la Regione o la Provincia possano emanare norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

5) Violazione dell'art. 54 dello Statuto regionale in relazione all'art. 5 della legge impugnata per quanto concerne la formazione della Commissione provinciale dello artigianato.

6) Violazione dei limiti della suddetta potestà legislativa in quanto l'art. 19 della legge impugnata contiene una norma penale, mentre lo stabilire norme penali é compito esclusivo dello Stato.

In data 23 febbraio 1956 il Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, rappresentato dall'avv. Giorgio Balladore Pallieri, si costituiva in giudizio presentando le proprie deduzioni.

In tali deduzioni la Provincia di Bolzano oltre a contrastare la pretesa illegittimità costituzionale delle norme impugnate eccepiva pregiudizialmente la irricevibilità del ricorso in quanto la comunicazione fatta dal Presidente del Consiglio dei Ministri al Presidente del Consiglio provinciale di intendere di proporre impugnazione contro la legge provinciale più volte menzionata, non era stata preceduta da deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art. 4 del decreto presidenziale 30 giugno 1951 n. 574, contenente norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

A tali deduzioni replicava l'Avvocatura generale dello Stato con memoria del 24 aprile 1956 sostenendo l'infondatezza dell'eccezione pregiudiziale e insistendo nel chiedere l'accoglimento del ricorso, con la dichiarazione della illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

 

Considerato in diritto

 

 

Destituita di ogni fondamento é la eccezione pregiudiziale di irricevibilità del ricorso, proposta dalla resistente Provincia di Bolzano. Questa sostiene la carenza di legittimazione processuale del ricorrente Presidente del Consiglio dei Ministri perché la comunicazione fatta al Presidente del Consiglio provinciale di Bolzano, della riserva di impugnativa ai sensi dell'art. 4 del decreto presidenziale 30 giugno 1951, n. 574 avrebbe dovuto essere preceduta da deliberazione del Consiglio dei Ministri, facendo riferimento lo stesso art. 4, a intendimento del Governo, ed essendo la comunicazione stessa intimamente legata alla successiva impugnazione, di guisa che la mancanza di detta deliberazione costituisce mancanza di un presupposto essenziale alla validità della impugnazione.

In ordine a questa argomentazione va rilevato anzitutto che, quando negli statuti speciali regionali e nelle relative norme di attuazione si richiede come requisito della manifestazione della volontà governativa la deliberazione del Consiglio dei Ministri, tale requisito é enunciato sempre in modo espresso, ed anzi nel decreto del Presidente della Repubblica del 19 maggio 1950, n. 327 (norme di attuazione per lo Statuto speciale della Regione Sarda) é contenuta una norma transitoria analoga a quella in esame, con cui per la riserva di impugnativa é prescritta una comunicazione del Presidente del Consiglio dei Ministri al Presidente della Giunta regionale sarda, senza alcun richiamo ad un intendimento sia pur generico del Governo. D'altra parte devesi tener presente che la riserva di cui trattasi non é una riserva processuale nella quale la manifestazione della volontà del soggetto, per gli effetti che vi si riconnettono, debba avere gli stessi requisiti dell'atto successivo a cui la riserva si riferisce; e tanto meno essa può considerarsi, come pretende la difesa della Provincia resistente, una impugnazione preventiva. Si tratta invece di una riserva extra processuale che inerisce a una fase anteriore all'impugnazione. Essa consiste in una semplice comunicazione dell'intendimento o proposito di proporre impugnativa contro la legge regionale o provinciale, quando tale impugnativa sarà possibile col funzionamento della Corte costituzionale ed ha soltanto lo scopo di arrestare l'iter formativo della legge, impedendone la promulgazione. Tale scopo nella specie fu pienamente raggiunto senza che la Provincia interessata muovesse qualsiasi obiezione.

Successivamente, con l'inizio del funzionamento della Corte costituzionale, l'impugnativa fu regolarmente proposta, previa regolare e tempestiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, cosicché la legittimazione del Presidente del Consiglio dei Ministri a proporre la detta impugnazione e a stare in giudizio non può essere posta in dubbio e la eccezione deve essere respinta.

Venendo al merito del ricorso sembra opportuno seguire, nell'esame dei dedotti motivi di impugnazione, un ordine logico secondo che si riferiscano genericamente a tutte le norme impugnate o a singoli gruppi di esse o a singole norme specificamente individuate.

Sembra perciò opportuno prendere le mosse dal motivo con cui si denuncia la violazione dei limiti della potestà legislativa della Provincia di Bolzano in relazione all'art. 120 della Costituzione. Più propriamente questo motivo riflette il contrasto tra alcune norme impugnate e la norma costituzionale che fa divieto alle Regioni "di limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualsiasi parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro". Evidente é la fondatezza di questo motivo: basta riflettere che la legge impugnata della Provincia di Bolzano, nel disciplinare l'esercizio dell'attività artigiana, non si limita a porre una serie di regole sull'apprendistato, sul funzionamento delle botteghe-scuola, sui maestri artigiani, sugli esperimenti della capacità tecnica degli apprendisti, ma pone nell'art. 1 il principio che l'esercizio professionale di una impresa artigiana é subordinato all'iscrizione in apposito registro. E poiché le condizioni e le limitazioni, prevedute nella legge in esame per la iscrizione nel registro delle imprese artigiane, non hanno riscontro nella legislazione vigente nel resto del territorio dello Stato, il lavoratore che da altra Provincia si volesse trasferire in quella di Bolzano per esercitarvi l'impresa artigiana, troverebbe nella disposizione ricordata un ostacolo insuperabile contrastante con il principio sancito nell'articolo 120 della Costituzione. Né il contrasto é attenuato da quanto dispone il 4 comma dell'art. 3 della legge stessa secondo cui "per coloro che avendo raggiunto il 21 anno di età, trasferiscono la propria residenza in un Comune della Provincia di Bolzano, la dimostrazione dei requisiti di cui al comma precedente (per la iscrizione nel registro), può essere sostituita dalla documentazione della iscrizione nell'albo delle imprese artigiane della provincia di provenienza".

Questa norma non può trovare applicazione, allo stato attuale della legislazione, dal momento che nel resto d'Italia non sono preveduti e funzionanti albi d'imprese artigiane. L'inconveniente non é eliminato neppure dalla disposizione transitoria della legge in esame, in virtù della quale (art. 21) "fino a quando nelle altre province della Repubblica non sarà istituito l'albo delle imprese artigiane, coloro che avendo raggiunto il 21 anno di età trasferiscono la propria residenza in uno dei Comuni della Provincia di Bolzano, possono essere iscritti nel Registro delle imprese artigiane della Provincia, anche se non siano in possesso dell'attestato di idoneità, purché esibiscano l'attestato di tirocinio e dimostrino l'effettivo esercizio per tre anni dell'attività artigiana di cui si tratta, oppure lo esercizio effettivo per cinque anni della attività medesima".

É evidente che le condizioni richieste in questa disposizione transitoria costituiscono un vincolo per il libero esercizio dell’ attività artigiana, contrastante con il principio di libertà sancito dall'art. 120 della Costituzione, sia per quanto riguarda l'attestato di tirocinio nell'apprendistato (che, anche secondo la recente legge statale 19 gennaio 1955, n. 25 sulla disciplina dell'apprendistato, non ha mai carattere obbligatorio), sia per quanto riguarda il requisito di un periodo di precedente esercizio effettivo di attività artigiana.

Anche le norme transitorie contenute nell'art, 20 della legge pongono in una condizione di inferiorità i lavoratori che si trasferiscono nella Provincia di Bolzano per esercitarvi l'artigianato, in confronto di coloro che già vi risiedono.

Questo inconciliabile contrasto tra le ricordate norme della legge impugnata relative ai lavoratori che intendano trasferirsi nella Provincia di Bolzano da altre Province e il principio costituzionale che vieta alle Regioni ogni provvedimento che porti un limite o un vincolo al libero esercizio della loro professione, impiego o lavoro, conduce necessariamente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale delle ricordate disposizioni contenute nell'art. 3 penultimo comma, in relazione agli artt. 1 e 21 della legge in esame, in quanto le norme stesse riflettono l'obbligo della iscrizione in apposito albo per l'esercizio dell'attività della impresa artigiana o, in sostituzione della iscrizione, richiedono altre condizioni per l'esercizio stesso, poiché da quelle norme derivano limiti anticostituzionali posti alla libera esplicazione dell'attività lavorativa di cui si é fatto cenno.

Ma la illegittimità costituzionale della norma contenuta nello art. 1 non può non essere considerata anche sotto altro profilo in relazione ad altro dei motivi dedotti dal ricorrente, in quanto la norma stessa esorbita dai limiti posti dallo Statuto regionale alla potestà legislativa della Provincia di Bolzano, la quale potestà é subordinata alla condizione che essa sia in armonia con i principii dell'ordinamento giuridico dello Stato (artt. 4 e 11 dello Statuto regionale). Fa d'uopo rilevare che si debbono considerare come principii dell'ordinamento giuridico quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima razionalità delle norme che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto dell'ordinamento giuridico vigente.

I principii generali che scaturiscono da questa coerente e vivente unità logica e sostanziale del diritto positivo possono riflettere anche determinati settori per convergere poi in sempre più elevate direttive generali coerenti allo spirito informatore di tutto l'ordinamento.

Ora non v'ha dubbio che l'attività lavorativa manuale, quale é regolata attualmente nel nostro diritto positivo, anche nei riguardi dell'apprendistato e della formazione di lavoratori forniti di speciali attitudini tecniche o comunque qualificati, non é vincolata da pastoie, limitazioni o controlli derivanti da obblighi di iscrizione in registri o albi o comunque subordinata ad altre condizioni cogenti; la regolamentazione del lavoro é, sotto questo rispetto, permeata da un indirizzo fondamentale di libera concorrenza che può ben essere ritenuto uno dei principii del nostro ordinamento giuridico. Verso questo indirizzo é nettamente orientata anche la recente legge sopra ricordata del 19 gennaio 1955, n. 25 sulla disciplina dell'apprendistato. Anche per questo rispetto perciò la norma contenuta nell'art. 1 della legge in esame non può non essere considerata costituzionalmente illegittima.

É appena necessario accennare che ben diversi dallo scopo e dal valore dell'obbligo della iscrizione nell'albo per l'esercizio della attività artigiana sono lo scopo e il valore della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2188 Cod. civ., richiamato dalla difesa della Provincia di Bolzano. D'altra parte l'obbligo della iscrizione nell'albo delle imprese artigiane più che a promuovere una maggiore capacità professionale é ispirato a una concezione della ingerenza dei pubblici poteri nella esplicazione dell'attività lavorativa che é in aperto contrasto con la concezione liberale del nostro ordinamento.

Non altrettanto può dirsi delle altre norme di cui pur si chiede la dichiarazione di illegittimità costituzionale e che riguardano la disciplina dell'apprendistato, il modo di controllare la capacità tecnica degli apprendisti e in generale la formazione professionale artigiana. Eliminata la norma relativa alla obbligatorietà della iscrizione nell'albo, le altre disposizioni (di ciascuna delle quali é inutile indugiarsi ad analizzare criticamente il contenuto) perdono il carattere cogente vincolistico, rilevato nella norma dell'art. 1 e sono in perfetta armonia con i principii ispiratori della vigente legislazione italiana, quali si possono desumere anche dalla menzionata legge 19 gennaio 1955, n. 25, sia in ordine all'apprendistato in genere, sia in ordine, più specialmente, all'apprendistato artigiano, quale é regolato dal titolo ottavo di detta legge. Così pure le norme che riguardano i maestri artigiani e le botteghe-scuola rientrano nel programma di incrementare la preparazione professionale artigiana senza instaurare quel regime vincolistico che si é già rilevato contrario ai principii del nostro ordinamento giuridico. Né ha maggior fondamento l'invocato contrasto con l'art. 33 della Costituzione perché la disciplina delle botteghe-scuola e delle scuole professionali integra ma non ostacola l'attuazione del nostro ordinamento scolastico e rientra fra le materie nelle quali le province del Trentino-Alto Adige hanno potestà di legiferare (art. 11 n. 2 dello Statuto regionale).

Per sostenere l'illegittimità costituzionale delle norme di cui trattasi é stato fatto riferimento anche agli artt. 4 e 11 dello Statuto regionale che subordinano la potestà legislativa delle Province della Regione Trentino-Alto Adige al rispetto degli interessi nazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Per quanto riguarda il rispetto degli interessi nazionali si é già rilevato che le norme stesse sono conformi all'orientamento del nostro ordinamento e non possono perciò essere in contrasto con l'interesse nazionale o di altre Regioni.

Per quanto riguarda il divieto di porsi in contrasto con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, anche se la disciplina dell'artigianato si volesse considerare di tale importanza da potere essere inclusa tra le riforme economico-sociali, non vi sarebbe nelle norme di cui trattasi la infrazione del detto divieto per quanto già é stato osservato. Non v'ha dubbio che la eliminazione dell'art. 1 della legge renderà necessari alcuni ritocchi e renderà opportuno un coordinamento delle altre norme, ma senza che si possa giungere alla dichiarazione della loro incostituzionalità.

Debbono poi essere presi partitamente in esame i motivi V e VI che riguardano in modo specifico le disposizioni contenute negli artt. 5 e 19 della legge impugnata.

In relazione all'art. 5 viene dedotta la violazione dell'art. 54 dello Statuto regionale, perché nella formazione della Commissione provinciale dell'artigianato (che, secondo la legge stessa ha molti e importanti compiti consultivi e deliberativi) non si é tenuto conto dell'obbligo di assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici della Provincia.

Il contrasto tra la norma dello Statuto e la norma della legge non può dar luogo a dubbi e la stessa Provincia di Bolzano lo riconosce espressamente nelle sue deduzioni difensive, soggiungendo che la norma stessa sarà in tal senso quanto prima riformata. Ma questo proposito non esime naturalmente la Corte dal doverne dichiarare intanto la illegittimità costituzionale.

In relazione all'art. 19 della legge, la illegittimità costituzionale viene dedotta come conseguenza della violazione del principio che riserva esclusivamente allo Stato la emanazione di norme di carattere penale.

La Provincia di Bolzano riconosce come ineccepibile il principio per cui é riservata soltanto allo Stato la emanazione di norme relative all'esercizio del magistero punitivo come una delle espressioni più alte della sovranità statale unitaria.

Sostiene tuttavia la detta Provincia che, nella specie, l'art. 19 non contiene una norma penale; trattandosi invece di una norma che stabilisce una sanzione meramente amministrativa, in quanto fondata su potestà amministrativa. Ma l'assunto non può essere accolto. La distinzione fra norme penali e norme contenenti sanzioni amministrative va riportata non tanto al carattere della materia a cui la norma si riferisce nel comminare una determinata sanzione, ma va piuttosto riferita al carattere intrinseco della sanzione stessa, all'organo che é chiamato ad applicarla, al procedimento da seguirsi nell'applicazione, alle conseguenze giuridiche di essa. Ora nella specie non solo é comminata come sanzione l'ammenda, che é compresa fra le pene previste nel Codice penale, ma viene nettamente distinta la fase della contestazione e della eventuale definizione in via amministrativa dalla fase giudiziaria in cui la sanzione viene applicata e che é devoluta al giudice ordinario, con la conseguente convertibilità della pena pecuniaria in pena detentiva in caso di insolvibilità del condannato.

Nessun dubbio pertanto che si tratta di una sanzione di carattere penale che rientra nel magistero punitivo la cui regolamentazione é riservata esclusivamente allo Stato.

Ne consegue che anche questa norma deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) Respinge l'eccezione pregiudiziale di irricevibilità del ricorso;

2) In parziale accoglimento del ricorso stesso specificato in epigrafe, proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti della Provincia di Bolzano, dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3 comma quarto, 5, 19 e 21 della legge 30 ottobre 1952 della Provincia di Bolzano, relativa alla disciplina dello artigianato e alla formazione professionale artigiana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1956.

 

 Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO.

 

Depositata in cancelleria il 26 giugno 1956.