Sentenza n. 150 del 2018

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SENTENZA N. 150

ANNO 2018

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                        Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                             Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                               ”

-      Mario Rosario            MORELLI                                                  ”

-      Giancarlo                   CORAGGIO                                               ”

-      Giuliano                     AMATO                                                     ”

-      Silvana                       SCIARRA                                                  ”

-      Daria                          de PRETIS                                                 ”

-      Nicolò                        ZANON                                                     ”

-      Franco                        MODUGNO                                               ”

-      Augusto Antonio        BARBERA                                                 ”

-      Giulio                         PROSPERETTI                                          ”

-      Giovanni                    AMOROSO                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 19 febbraio 2016, n. 8 (Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, nel procedimento vertente tra Maio Guglielmo srl e la Regione Calabria, con ordinanza del 7 ottobre 2016, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di costituzione della Maio Guglielmo srl e della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 22 maggio 2018 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi gli avvocati Bice Annalisa Pasqualone per Maio Guglielmo srl e Massimiliano Manna per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 7 ottobre 2016, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 19 febbraio 2016, n. 8 (Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti).

Tale disposizione ha stabilito che nelle more dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, di cui all’art. 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), restino sospesi per la durata di un anno i procedimenti volti al rilascio di autorizzazioni al deposito di rifiuti (comma 1) ed i sub-procedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA) ad essi connessi (comma 2); e ciò allo scopo di garantire la tutela giuridica dell’ambiente ed in considerazione della situazione particolare del territorio calabrese, caratterizzata da una elevata concentrazione di siti di smaltimento.

1.1.– Il giudizio principale è stato promosso dalla società Maio Guglielmo srl per l’annullamento dell’atto con cui la Regione Calabria, nel procedimento volto alla realizzazione di una discarica da collocarsi nel territorio del Comune di Crotone, aveva disposto la sospensione della procedura di valutazione di impatto ambientale e di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, in applicazione della norma oggi censurata.

1.2.– Il rimettente osserva preliminarmente che – nell’attribuire all’amministrazione «il potere/dovere di sospendere provvisoriamente i procedimenti qualora all’entrata in vigore della legge essi siano ancora in corso, in attesa dell’adozione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti e, in ogni caso, per la durata massima di un anno» – la norma denunciata conferisce un potere «privo di spazi decisionali, sia quanto all’an che al quando, essendo rimessa all’amministrazione regionale unicamente una valutazione interpretativa della sussumibilità della fattispecie concreta in quella astratta delineata dal legislatore regionale, poiché in caso di soluzione positiva l’adozione dell’atto di sospensione risulta doverosa sotto ogni profilo»; da ciò fa derivare la rilevanza della questione, poiché l’atto amministrativo impugnato costituisce mera applicazione della norma che ne è posta a fondamento.

1.3.– Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che l’intervento del legislatore regionale avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato, attenendo alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

In particolare, pur osservando che detta ultima materia possiede una naturale vocazione ad impattare ambiti diversi di tutela, oggetto anche di competenza regionale, sottolinea che allo Stato spetta comunque il monopolio del potere legislativo, da attuarsi mediante la fissazione di standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale; e che alle Regioni è consentito apportare deroghe migliorative a tali standard, sempreché l’intervento riguardi materie attribuite alla loro competenza legislativa e si giustifichi per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali.

Poste tali coordinate, il rimettente rileva che:

- secondo costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei rifiuti è pienamente riconducibile alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema»;

- la disposizione censurata, nell’introdurre una sospensione dei procedimenti di autorizzazione al deposito di rifiuti e dei sub-procedimenti connessi, interviene direttamente su tale disciplina, prorogando i termini fissati dalla normativa statale;

- con tale intervento la Regione avrebbe dunque perseguito lo scopo di salvaguardare gli effetti del piano di gestione dei rifiuti di imminente adozione non già accelerandone i tempi di approvazione, ma mediante una sospensione ex lege dei procedimenti autorizzativi in corso;

- la disposizione censurata ha così comportato una deroga, quantunque transitoria, agli standard di tutela uniformi fissati dalla legislazione statale; si è verificato, in particolare, un contrasto fra il comma 1 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 8 del 2016 e gli artt. 11, 13 e 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, che stabiliscono termini certi per l’istruttoria e la definizione dei procedimenti autorizzativi, nonché fra il comma 2 dello stesso art. 1 e gli artt. 11, 19, 25, 26, 29-bis, 29-ter e 29-quater del medesimo decreto, ove, analogamente, è stabilita la durata massima dei termini di istruttoria e definizione dei sub-procedimenti.

2.– Con atto depositato il 16 febbraio 2017 si è costituita la Maio Guglielmo srl, ricorrente nel giudizio a quo, aderendo alle argomentazioni spese dal rimettente a sostegno del prospettato dubbio di illegittimità costituzionale ed assumendo altresì che la disposizione censurata era stata adottata, durante la pendenza del procedimento amministrativo che la riguardava, «al chiaro e non celato intento di non rilasciare il decreto di VIA/AIA, ancorché il progetto da lei proposto non fosse in contrasto con il piano regionale attualmente vigente», e fosse perciò affetta da eccesso di potere, in quanto manifestamente contrastante con il canone di ragionevolezza ed obiettivamente significativa di un uso distorto della discrezionalità.

3.– Con atto depositato il 28 febbraio 2017 si è costituita anche la Regione Calabria, eccependo l’inammissibilità o comunque la non fondatezza della questione.

3.1.– Sotto il primo profilo, ha rilevato che nelle more del giudizio era intervenuta l’approvazione, da parte del Consiglio regionale, del nuovo piano di gestione dei rifiuti e che, pertanto, era venuto meno l’effetto proprio di sospensione del procedimento di cui al ricorso principale, e con esso l’interesse ad agire in capo alla società ricorrente, anche in relazione ad una possibile pretesa risarcitoria, preclusa dall’insussistenza di responsabilità in capo all’amministrazione per l’esercizio di un potere vincolato.

3.2.– Quanto alla non fondatezza della questione, la Regione ha poi richiamato l’evoluzione normativa in tema di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», donde ha desunto la non configurabilità di una materia in senso tecnico così qualificabile, risultando in realtà approntato uno schema di tutele (articolato attraverso i diversi profili materiali con cui si interseca il bene «ambiente», tra i quali il profilo attinente alla gestione dei rifiuti nel territorio) che appare proprio di un sistema trasversale, ove convivono competenze legislative diverse.

Al riguardo ha evidenziato che la stessa giurisprudenza costituzionale riconosce la possibilità per le Regioni di approntare livelli di tutela più elevati di quelli fissati dalla normativa statale; e che nella fattispecie l’intervento normativo era finalizzato alla protezione della salubrità dell’ambiente nel territorio calabrese, da attuarsi mediante la sospensione – in via provvisoria e cautelare – dei procedimenti autorizzativi di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti in una situazione caratterizzata da un’elevata concentrazione di siti di smaltimento.

4.– In vista dell’udienza pubblica, la difesa della ricorrente nel giudizio principale ha depositato memoria, ribadendo le ragioni già prospettate a sostegno della fondatezza della censura.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 19 febbraio 2016, n. 8 (Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti).

Secondo il rimettente, tale disposizione, prevedendo la sospensione, per il termine massimo di un anno, dei procedimenti autorizzativi (e dei sub-procedimenti) riferiti alla valutazione di impatto ambientale (VIA) e all’autorizzazione integrata ambientale (AIA) relativi a nuovi impianti di smaltimento o trattamento dei rifiuti nelle more dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione di cui all’art. 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto la disciplina dei rifiuti rientra nell’ambito della materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La disposizione, in particolare, si porrebbe in rapporto di violazione diretta rispetto alla disciplina statale dell’ambiente, comportando una dilazione dei termini per la definizione dei procedimenti autorizzativi relativi agli impianti di trattamento dei rifiuti e dei sub-procedimenti a questi connessi – come determinati dal d.lgs. n. 152 del 2006 – e perciò una deroga in pejus ai livelli di tutela fissati in modo uniforme sull’intero territorio dello Stato.

2.– La Regione Calabria, costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, assumendo che l’interesse della ricorrente nel giudizio principale sarebbe venuto meno in seguito all’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti e della conseguente sopravvenuta carenza della fattispecie che funge da presupposto alla disposizione.

2.1.– L’eccezione non è fondata.

Per costante orientamento di questa Corte, infatti, una volta iniziato in seguito ad ordinanza di rinvio del giudice rimettente, il giudizio di legittimità costituzionale non è suscettibile di essere influenzato dalle eventuali successive vicende di fatto che concernono il rapporto dedotto nel processo che lo ha occasionato, come previsto dall’art. 18 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo approvato il 7 ottobre 2008 (fra le altre, sentenze n. 264 del 2017, n. 242 e n. 162 del 2014, n. 120 del 2013, n. 274 del 2011 e n. 227 del 2010).

La rilevanza della questione va infatti valutata alla luce delle circostanze di fatto sussistenti al momento dell’ordinanza di rimessione e non a quelle sopravvenute, anche ove tali ultime siano tali da incidere sulla persistente attualità dell’interesse ad agire nel giudizio principale (sentenza n. 42 del 2011), permanendo la necessità di sottoporre allo scrutinio di costituzionalità una norma che, come nel caso di specie, abbia comunque prodotto effetti sulle posizioni soggettive dei destinatari.

3.– Nel merito, la questione non è fondata.

3.1.– È ben vero che, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dei rifiuti attiene alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», riservata, in base all’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato (in tal senso, fra le altre, le sentenze n. 244, n. 154 e n. 101 del 2016, n. 58 del 2015, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011).

E tuttavia, la stessa giurisprudenza ha da tempo negato la possibilità di identificare «una “materia” in senso tecnico qualificabile come “tutela dell’ambiente”, dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze» (sentenza n. 407 del 2002).

Pertanto la tutela dell’ambiente dà luogo a una competenza trasversale, che può incidere su materie diverse, le quali ben possono essere regionali o concorrenti.

Più in particolare, spettano alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 77 del 2017, n. 249 del 2009 e n. 407 del 2002). Tale disciplina, poi, costituisce un limite per gli interventi normativi delle Regioni e delle Province autonome che, pur attenendo a materie di loro competenza, presentano tuttavia profili di interferenza con dette esigenze di tutela dell’ambiente (sentenze n. 180 e n. 58 del 2015, n. 67 del 2014 e n. 314 del 2009).

3.2.– Poste tali premesse, va osservato che il legislatore statale ha disciplinato il settore dei rifiuti nella Parte quarta (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinanti), Titolo I (Gestione dei rifiuti), del d.lgs. n. 152 del 2006.

Detto decreto attribuisce alle Regioni specifiche funzioni che esse devono esercitare nel rispetto di criteri e procedure stabiliti a livello statale.

Rientrano nel novero di tali funzioni, fra le altre, l’individuazione dei luoghi o degli impianti idonei allo smaltimento dei rifiuti, l’indicazione dei criteri per la determinazione delle aree non idonee a tale localizzazione e, soprattutto, l’adozione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui agli artt. 199 e 200 del d.lgs. n. 152 del 2006, nel quale è ricompresa la delimitazione sul territorio regionale, su richiesta dei Comuni, di “ambiti ottimali” per la gestione integrata dei rifiuti; attribuzione, quest’ultima, che si collega strettamente alle competenze regionali in materia di «governo del territorio».

4.– La disposizione impugnata si collega alla distribuzione nel territorio degli impianti di trattamento dei rifiuti, nella prospettiva dell’imminente approvazione, da parte della Regione Calabria, del nuovo piano di gestione.

È infatti con esplicito riferimento a tale circostanza che la sospensione delle nuove autorizzazioni nelle more dell’adozione del nuovo piano rifiuti viene giustificata «in considerazione della situazione particolare del territorio calabrese, caratterizzata da una elevata concentrazione di siti di smaltimento»; ed al di là di tale riferimento letterale, è evidente l’intento del legislatore regionale di regolamentare l’uso del territorio mediante la previsione di un’adeguata allocazione degli impianti nella prospettiva del rinnovato strumento di pianificazione.

4.1.– A tale riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che la localizzazione degli impianti di smaltimento, quantunque adottata in conformità ai criteri tecnici fondamentali stabiliti dagli organi statali, costituisce esercizio, da parte delle Regioni, di una competenza legislativa loro propria, sia pure concorrente con quella statale, attenendo al «governo del territorio» (sentenza n. 314 del 2009).

D’altro canto, perseguendo finalità di cura del territorio in relazione alle esigenze di contrasto all’emergenza dei rifiuti, la norma impugnata risponde ad interessi funzionalmente collegati con la tutela ambientale; e del resto, di tale necessaria intersezione fra i due profili di intervento può trarsi conferma dal fatto che la stessa normativa statale riconosce che «Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati» (art. 199, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006).

5.– Ciò posto, non è condivisibile l’opinione del rimettente, secondo cui andrebbe ravvisata una deroga in pejus nella dilazione dei termini massimi stabiliti per la durata dei procedimenti autorizzativi prodotta per effetto della sospensione.

5.1.– Il rimettente non considera, infatti, che la sospensione è unicamente finalizzata a mantenere la situazione esistente, impedendo che prima dell’adozione del nuovo piano di gestione dei rifiuti, necessariamente ispirato a criteri che preservano l’integrità dell’ambiente, siano adottati provvedimenti che possano invece nuocervi, pur essendo formalmente rispettosi delle regole sul procedimento di autorizzazione.

La tutela dell’ambiente così perseguita dalla disposizione censurata, pertanto, non solo è immune da effetti peggiorativi, ma appare al contrario rafforzata, essendo volta a consentire la definitiva approvazione del piano previsto dalla citata legislazione nazionale.

5.2.– A tale proposito, peraltro, va osservato che la disposizione censurata presenta – come risulta espressamente dal titolo stesso dell’intero corpo normativo che la contiene – il contenuto tipico di una “misura di salvaguardia”; essa, pertanto, non viola la legislazione nazionale, ma introduce – piuttosto – una misura di carattere eccezionale e temporaneo, coessenziale alla propria natura cautelare.

In relazione alla legittimità delle misure di salvaguardia, la giurisprudenza formatasi nel settore urbanistico – ove il ricorso a tali forme di intervento normativo è tipizzato dal legislatore – ha ritenuto necessario soprattutto che il loro effetto tipico sia contenuto entro un termine ragionevole, così da evitarne una incontrollata protrazione.

Tale requisito sussiste nella specie, poiché la sospensione è prevista per il limite massimo di un anno; termine che appare ragionevole in relazione alla futura adozione del nuovo piano rifiuti.

6.– In conclusione, la questione di legittimità costituzionale non è fondata, perché la disposizione adottata dalla Regione Calabria persegue finalità attinenti a competenze regionali, funzionalmente collegate alla tutela ambientale, e non attenua il livello di protezione dell’ambiente garantito dalla legge statale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 19 febbraio 2016, n. 8 (Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2018.