SENTENZA N. 427
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale di vari articoli della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese) promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano, della Regione Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, notificati l'8 novembre 1991, depositati in cancelleria il primo il 13 gli altri due il 16 novembre 1991 ed iscritti ai nn.49,50 e 51 del registro ricorsi 1991.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri ;
udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
uditi gli avv.ti Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e Valerio Onida per la Regione Lombardia e la Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con distinti ricorsi le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Lombardia hanno impugnato molte norme della legge 5 ottobre 1991 n.317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), lamentando la violazione di diversi parametri statutari e costituzionali.
2.1.- La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia chiedono entrambe la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 2 e 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, comma 1, lett.a, 41 e 43, comma 1, in riferimento, la prima ricorrente, all'art. 8, nn.9, 18 e 20, all'art. 9, nn. 3 e 8, all'art. 15, all'art.16 e al titolo VI dello Statuto (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), all'art. 5 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. 31 luglio 1978 n.1017, e all'art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989 n. 386, e, la seconda ricorrente, agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione e in relazione agli artt. 56,63,65,84,109,110 e 126 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e all'art. 3 della legge 14 giugno 1990 n.158.
2.2.- La Provincia autonoma di Bolzano censura norme in parte coincidenti e in parte diverse rispetto a quelle oggetto dei due altri ricorsi indicati in precedenza (e precisamente gli "artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e 43" della stessa legge), ritenendole in contrasto con l'art. 8, nn.9 e 20, con l'art. 9, nn. 3 e 8, con l'art. 15, con l'art. 16, comma 1, dello Statuto, nonchè con le norme di attuazione recate dai decreti del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974 n. 278, 31 luglio 1978 n. 1017, 24 marzo 1981 n. 228 e 19 novembre 1987 n. 526, in relazione anche all'art.65 del d.P.R. n. 616 del 1977, ed infine con i principi dell'autonomia finanziaria provinciale stabiliti dal titolo VI dello Statuto (oltrechè dall'art. 15) e dall'art. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989 n. 386.
3.- In particolare la Provincia di Trento nel suo ricorso sostiene che tutti i tipi di contributi previsti dalle norme impugnate configurano interventi finanziari diretti dello Stato che, nella parte in cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane nonchè piccole imprese operanti nei settori di competenza provinciale (industria, commercio, turismo, trasporti),consorzi e società consortili tra piccole imprese e consorzi di garanzia collettiva fidi, interferiscono con le competenze della Provincia e ne ledono l'autonomia, dal momento che si tratta di interventi capillari concessi in via ordinaria, senza alcun riferimento a programmi straordinari o a specifiche esigenze unitarie, e per di più di interventi che non sono aggiuntivi (nella maggioranza dei casi) e la cui gestione è riservata allo Stato, mentre alla Provincia sarebbe riconosciuto un ruolo meramente istruttorio e sarebbe altresì previsto un potere sostitutivo dello Stato, in caso di ritardo negli adempimenti devoluti agli organi provinciali, non conforme ai criteri sanciti dalla giurisprudenza costituzionale.
Le norme violerebbero altresì i principi statutari (art. 15 dello Statuto e art. 5 del D.P.R. n. 1017 del 1978) ai sensi dei quali sono assegnate alle province, sentite le stesse quanto al loro ammontare, quote degli stanziamenti statali per l'attuazione di leggi che prevedono interventi per l'incremento della produzione industriale, e le somme così assegnate sono utilizzate d'intesa tra lo Stato e le province. Nella specie, viceversa, lo Stato eroga direttamente i fondi ovvero li assegna controllandone l'erogazione, senza alcuna intesa con la Provincia autonoma.
Nè può sostenersi che si versi in ipotesi di interventi riconducibili a "norme generali sulla programmazione" (art.15 dello Statuto) - che legittimerebbero un "diverso sistema di finanziamento" - perchè le misure previste dalle norme impugnate si esauriscono in una serie di agevolazioni, con procedure che non coinvolgono gli organi di programmazione ma restano "nell'esclusivo dominio del Ministero dell'industria e, talvolta, del Ministero del tesoro", operando una sottrazione di competenze provinciali in tema di incremento della produzione industriale.
Per quanto attiene alla materia dell'artigianato, poi, l'art.41 della legge, che autorizza la Cassa per il credito alle imprese artigiane (e cioé un soggetto pubblico facente capo allo Stato) ad effettuare una serie di interventi, ulteriori rispetto agli attuali scopi statutari (D.M. 31 agosto 1966 e successive modificazioni), di carattere agevolativo a favore delle singole imprese, violerebbe l'autonomia della Provincia cui spetta provvedere in tema di agevolazioni nello specifico settore.
L'art. 36, inoltre, dettando norme in materia di "distretti industriali" - da individuarsi (sulla base di indirizzi e parametri di riferimento stabiliti dal Ministro dell'industria) dalle regioni e provincie autonome, quali aree per le quali è consentito il finanziamento in sede locale di progetti innovativi concernenti più imprese - sarebbe lesivo delle competenze provinciali, posto che si verte in tema di programmazione territoriale e di sviluppo delle piccole imprese e dell'artigianato e cioé in materie spettanti alla Provincia autonoma che vedrebbe la sua competenza condizionata a determinazioni discrezionali del Ministro.
La previsione contenuta nell'art. 39, relativa alla istituzione presso il Ministero dell'industria, di un "servizio centrale per la piccola industria e l'artigianato", sarebbe anch'essa illegittima in quanto rivelatrice di un intento accentratore volto a riassorbire nell'ambito delle competenze governative settori riservati alla Provincia autonoma, ed inoltre la stessa norma, rappresentando ostacolo e limite all'esplicarsi delle attribuzioni provinciali in materia, porrebbe le premesse per illegittimi interventi diretti del lo Stato in settori che non gli competono.
L'art. 43, infine, disponendo che gli oneri derivanti dalle previste agevolazioni gravano sul fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, sarebbe lesivo dell'autonomia finanziaria della Provincia, dal momento che gli artt. 15 dello Statuto e 5 delle norme di attuazione (d.P.R. n. 1017 del 1978) impongono l'assegnazione alle province autonome di quote di finanziamenti secondo una determinata procedura (intesa) nella specie non rispettata, e l'art.5, comma 2, della legge n. 386 del 1989 ribadisce che i finanziamenti recati da qualunque legge statale in cui sia previ sto il riparto in favore delle regioni (come nei casi previsti dagli artt. 21, comma 4, e 27, comma 9, della legge impugnata) sono assegnati alle province autonome per essere utilizzati secondo normative provinciali nell'ambito del corrispondente settore, senza nessun altro specifico vincolo di destinazione e certamente senza i controlli dell'autorità centrale, che sono invece nella specie previsti.
4.- Considerazioni in parte analoghe sono svolte nel ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, la quale in primo luogo censura la disciplina di dettaglio stabilita da alcune disposizioni ("spec. artt. 1-10,12,14-24,27,29- 31,33-34,36") che non lascerebbero spazio alcuno alla ricorrente per valutare autonomamente le effettive esigenze economico-sociali del proprio territorio, in modo quindi non compatibile con la titolarità di competenze esclusive (piccole imprese artigianali, turistiche e alberghiere) e concorrenti (piccole imprese commerciali e industriali, e consorzi di sviluppo industriale di cui all'art. 36 della legge, attribuiti alla Provincia sulla base dell'art. 65 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e senza considerare altresì che specifiche normative provinciali hanno già disciplinato la medesima materia prevedendo la erogazione di agevolazioni che diverrebbero ora incompatibili con le nuove misure recate dalla legge impugnata ovvero ne sarebbe limitata la cumulabilità con i nuovi incentivi.
Oltre a lamentare la riserva allo Stato di tutta l'attività istruttoria e di verifica nella gestione degli interventi, la ricorrente censura la previsione di regolamenti ministeriali attuativi della nuova disciplina in materie di competenza provinciale, in difformità dal divieto espressamente previsto nell'art. 17, comma 1, lett.b), della legge n.400 del 1988, e osserva che la previsione delle agevolazioni sotto forma di credito di imposta incide negativamente sui flussi tributari assegnatile dallo Statuto per il finanziamento delle attività di propria competenza, così violando i principi di autonomia finanziaria che garantiscono alla Provincia una quota percentuale del gettito di talune imposte riscosse sul territorio provinciale.
Quanto all'art. 43, la ricorrente, oltre a ripetere la censura relativa alla violazione dell'art. 15 dello Statuto e delle procedure ivi contemplate, lamenta che l'omessa previsione dell'assegnazione di una quota a proprio favore sarebbe altresì in contrasto con l'art. 5, comma 1, della legge n.386 del 1989, a tenore del quale le province "partecipano alla ripartizione di fondi speciali istituti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale".
5.- La Regione Lombardia, a sua volta, denuncia la violazione e l'invasione delle proprie competenze nelle materie del turismo, dei trasporti e dell'artigianato, con riferimento a parametri necessariamente diversi da quelli indicati negli altri due ricorsi.
Rilevato che tutti i tipi di investimenti, di retti a modificare o modernizzare il processo produttivo o la gestione dell'impresa, sono suscettibili di dare titolo alle agevolazioni contemplate nella legge, non per l'attuazione di programmi straordinari, ma in via ordinaria per tutte le piccole imprese, la ricorrente, formulando sul punto una censura identica a quella proposta dalla Provincia di Trento, sostiene che il meccanismo agevolativo del credito di imposta, lungi dal delineare uno strumento fiscale, di pacifica competenza sta tale, in realtà maschera un sistema di finanziamento pubblico, e ciò perchè il predetto meccanismo, invece che spettare di diritto a tutti coloro che versino nelle condizioni previste dalla legge, è concesso "singulatim" dal Ministero dell'industria entro i limiti dello stanziamento previsto ed eventualmente, in caso di insufficienza dei fondi, in misura percentuale ridotta.
Ribadisce, quindi, che il carattere ordinario dei finanziamenti non legati a programmi straordinari o a specifiche esigenze unitarie, il fatto che non si tratti di interventi aggiuntivi, la riserva di tutti i compiti gestionali allo Stato e l'attribuzione di un ruolo meramente istruttorio alle regioni, la previsione di un potere sostitutivo dello Stato non conforme ai criteri indicati dalla Corte costituzionale, sono tutti elementi che configurano la lesione di competenze regionali.
In più, le nuove funzioni attribuite alla Cassa per il credito alle imprese artigiane (art. 41) non sarebbero rispettose delle attribuzioni regionali riconosciute dall'art. 109 del d.P.R. n.616 del 1977 in materia creditizia; e la previsione dei distretti industriali (art. 36) si porrebbe in contrasto con l'art. 65 dello stesso d.P.R. n. 616 del 1977 sui consorzi industriali, illegittimamente re stringendo l'autonomia regionale in tema di programmazione territoriale.
Così pure sarebbero lesivi la previsione di nuovi uffici o servizi statali per attività di competenza regionale (art.39), nonchè il sistema di finanziamento con l'utilizzazione di un fondo di rotazione (art. 43), quando l'art. 110 del d.P.R. n. 616 del 1977 ha soppresso i fondi nazionali di rotazione operanti in materie di competenza regionale, trasferendone le disponibilità alle regioni.
A quest'ultimo riguardo, la Regione Lombardia osserva che, anche per la parte in cui i fondi sono ripartiti tra le regioni (artt.21, comma 4, e 27, comma 9), la relativa disciplina non è conforme all'art. 3 della legge 14 giugno 1990 n. 158, ai sensi del quale gli stanziamenti annuali previsti dalle leggi di settore sono accorpati nella "quota variabile" del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, per essere destinati e spesi dalle regioni nell'ambito di "comparti funzionali" e sulla base di programmi regionali in armonia con gli indici e gli standards stabiliti dal CIPE, e "ulteriori leggi che dispongano interventi da affidare alle regioni debbono prevedere la confluenza degli stanziamenti" nella predetta quota variabile del fondo.
6. - Si è costituito in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, rilevando in primo luogo che le disposizioni impugnate prevedono un intervento destinato alla riqualificazione delle piccole imprese, in qualsiasi settore operanti, nonchè delle imprese artigiane, dei consorzi e delle società consortili costituiti fra i detti operatori economici, e dei consorzi di garanzia collettiva fidi, e che detto intervento, proprio per la portata generale che lo caratterizza, va inserito nell'ambito di quelli interessanti "settori dell'economia di rilevanza nazionale" per i quali è stato previsto, dall'art.14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, un fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, ora integrato da nuove risorse per il triennio 1991-1993.
La legge impugnata si propone, difatti, l'individuazione e l'attuazione di un generale indirizzo di politica e programmazione economica per favorire il processo di modernizzazione delle imprese di più ridotte dimensione e la rilevanza nazionale dell'interesse sotteso all'iniziativa giustifica l'emanazione di una normativa statale non condizionata da limiti territoriali e, in quanto rispondente al carattere di norma generale sulla programmazione economica, compatibile con le sfere di autonomia regionale e provinciale, anche sotto il profilo finanziario.
La difesa dello Stato, poi, contesta taluni profili delle censure sollevate dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia, che indiscriminatamente accomunano, nella denuncia di indebito intervento finanziario diretto dello Stato, le due forme di concessione dell'aiuto previste in via alternativa (credito d'imposta o contributo in conto capitale), nell'indimostrato presupposto che la prima forma "mascheri" comunque un aiuto e non possa quindi ricondursi ad una legittima manovra fiscale di indubbia competenza statale. In proposito, infatti, non si può invocare l'"alternatività" degli strumenti tecnici previsti per negare che quello del credito d'imposta rappresenti un classico modo di atteggiarsi della politica fiscale, cui normalmente si fa ricorso per incrementare lo sviluppo di determinati settori economici. Sotto questo profilo, pertanto, le norme impugnate, in quanto attinenti alla materia tributaria, si pongono al di fuori della portata delle censure delle ricorrenti.
Sempre in via generale, la difesa dello Stato osserva poi che nemmeno le norme che prevedono la concessione di contributi configurano un'indebita invasione delle competenze regionali o provinciali, proprio per il carattere di norma generale sulla programmazione economica che deve essere riconosciuto alla legge in esame.
Rilevata quindi l'infondatezza di tutte le censure sollevate con i tre ricorsi, l'Avvocatura generale dello Stato osserva, con riferimento alle rivendicate competenze nella concessione dei contributi alle imprese artigiane, che le attribuzioni primarie invocate dalle province autonome sono pur sempre salvaguardate, riconoscendosi (art. 1) ai soggetti dotati di speciale autonomia - in virtù del richiamo alla legge quadro sull'artigianato (legge n. 443 del 1985), che fa salve le specifiche competenze delle dette province autonome - il potere di identificare le imprese locali aventi titolo per accedere ai nuovi benefici; diversamente, invece, la Regione Lombardia, titolare di competenza concorrente nella materia è tenuta a conformarsi ai principi della ricordata legge quadro e le norme regionali eventualmente difformi non possono costituire parametro per l'invocato sindacato sulle disposizioni ora impugnate.
Quanto poi al ruolo meramente istruttorio che le ricorrenti lamentano sarebbe stato loro riconosciuto in tema di contributi a favore dei consorzi e delle società consortili, la difesa dello Stato rileva che, al contrario, concessione ed erogazione dei contributi sono demandati alle "regioni" (ivi dovendosi ricomprendere anche le province autonome) (art. 20, comma 2), e che alle stesse spetta di approntare un progetto-programma di iniziative consortili nel territorio (art. 21, comma 3), di avanzare le richieste di finanziamento (art.21, comma 4) con un motivato parere circa la compatibilità delle singole iniziative con il progetto-programma di cui sopra, di ricevere le somme in sede di riparto (art. 21, comma 4), di gestire dette somme e di controllarne l'utilizzazione: tutti compiti che vanno ben oltre la mera istruttoria delle domande degli interessati.
Circa poi l'intervento sostitutivo dello Stato in caso di ritardo negli adempimenti regionali o provinciali (censurato nei ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia), l'Avvocatura osserva che è del tutto ragionevole la previsione, avuto riguardo all'ambito nazionale delle agevolazioni recate dalla legge.
Quanto alla denuncia (ricorso della Provincia di Bolzano) delle disposizioni (artt. 10, comma 10, 21, comma 7, 22, coma 5, 27, comma 11, 33, comma 4) che demandano a regolamenti ministeriali la disciplina di dettaglio e di attuazione di alcune norme, la difesa dello Stato ne sostiene l'inammissibilità per carenza di un interesse attuale.
Sulla censura (ricorso della Provincia autonoma di Bolzano) secondo cui gli artt. da 5 a 11, prevedendo agevolazioni sotto forma di crediti d'imposta, inciderebbero negativamente sui flussi tributari assegnati dallo Statuto alla provincia autonoma, con violazione della autonomia finanzia ria della stessa, la difesa dello Stato obietta che gli artt. 75 e 78 dello Statuto, novellati dalla legge n. 386 del 1989, mentre assicurano alle province autonome l'assegnazione di una quota del gettito di talune imposte, non ne garantiscono certamente l'entità in concreto spettante, che è in funzione appunto dell'ammontare effettivo di quel gettito.
Infondata è pure la censura (ricorso della Regione Lombardia) sull'art. 43 della legge, secondo cui sarebbero violati i principi dell'autonomia finanziaria regionale posti dall'art. 3 della legge 14 giugno 1990, n.158, perchè non ricorre nella specie "l'affidamento" dell'intervento alla regione che giustificherebbe la confluenza degli stanzia menti nella quota variabile del fondo dei programmi regionali di sviluppo.
Ancora e con riferimento alle questioni (ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione Lombardia) concernenti le norme che prevedono la parziale reintegrazione dei fondi di garanzia collettiva costituiti da consorzi, società con sortili e cooperative per favorire l'accesso al credito dei soggetti associati, nonchè le norme che dispongono la concessione di contributi per la costituzione di fondi interconsortili di secondo grado a carattere nazionale, la difesa dello Stato obietta che i previsti interventi realizzano una sorta di riassicurazione dei rischi connessi ad attività finanziarie e mirano allo sviluppo di forme mutualistiche di garanzia collettiva del credito, costituendo pertanto espressione di un indirizzo di politica economica generale attinente al governo del credito.
Quanto poi alla norma (art. 36) che attribuisce al Ministero dell'industria di fissare indirizzi e parametri di riferimento cui devono uniformarsi gli enti di autonomia nell'individuare i distretti industriali, la stessa Avvocatura osserva che la previsione, da un canto, risponde ad ovvie esigenze d'indirizzo e coordinamento e, dall'altro, non limita la possibilità di intervento finanziario regionale o provinciale in favore delle piccole imprese e di quelle artigiane, tendendo piuttosto promuovere la costituzione di consorzi tra imprese del medesimo distretto, in maniera da consentire una programmazione più razionale e interventi più efficaci.
Nessuna competenza invece possono rivendicare le ricorrenti (Provincia autonoma di Trento e Regione Lombardia) di fronte alla riorganizzazione funzionale del Ministero dell'industria con la prevista istituzione di un servizio centrale (art.39), mentre la denunciata interferenza statale, nella gestione dei fondi di agevolazione attribuita alla Cassa per il credito alle imprese artigiane (art. 41), appare quanto meno inattuale, posto che "forme e condizioni" degli interventi che la Cassa è abilitata a compiere sono ancora da disciplinare attraverso apposite modifiche statutarie.
7.1. - Tutte le ricorrenti, in prossimità della prima udienza di discussione (3 marzo 1992), hanno presentato memorie nelle quali contestano le tesi difensive contenute negli atti di costituzione dell'Avvocatura generale dello Stato.
7.2. - Considerazioni in sostanza analoghe, pur nel rilievo della diversa forma di autonomia, sono svolte dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia.
In primo luogo si ribadisce che quello delineato dalla legge non è un intervento straordinario o aggiuntivo in vista di specifici interessi nazionali, suscettibile come tale di interferire legittimamente con le competenze provinciali o regionali, bensì un intervento esaustivo ed organico, non cumulabile talvolta con quelli previsti da normative provinciali o regionali, che copre per di più l'intero arco delle possibili agevolazioni di investimento per le imprese ed ha carattere pluriennale e ripetitivo, così vanificando del tutto le competenze dei soggetti di autonomia.
Dopo aver richiamato taluni interventi svoltisi nel corso della discussione parlamentare, diretti a evidenziare il ruolo regionale e provinciale almeno in alcune fasi del procedimento di concessione delle agevolazioni alle imprese, specie quelle artigiane, le ricorrenti ribadiscono le motivazioni già svolte a sostegno delle censure relative ai consorzi (artt. 17-28), ai nuovi compiti attribuiti alla Cassa per il credito alle imprese artigiane (art. 41), ai distretti industriali (art. 36), all'istituzione del nuovo servizio centrale presso il Ministero dell'industria (art. 39), al sistema di finanzia mento della spesa (art. 43).
In particolare la Provincia autonoma di Trento, rilevato che ad essa spetta (a differenza delle regioni a statuto ordinario) la competenza in tema di "incremento della produzione industriale (art. 9 n. 8 dello Statuto), contesta la tesi secondo cui l'art.15 dello Statuto consentirebbe interventi finanziari diretti dello Stato anche nel territorio provinciale, perchè da un canto tale possibilità è legata ad un procedimento di "intesa" con la Provincia, nella specie non previsto, e, dall'altro, la deroga contenuta nell'inciso iniziale della norma statutaria ("salvo che le norme generali sulla programmazione economica dispongano un diverso sistema di finanziamento") deve essere intesa, se non si vuole vanificare del tutto la competenza provinciale nella materia, nel senso che diversi meccanismi di finanziamento devo no riguardare interventi straordinari e aggiuntivi, legati a specifici obiettivi programmatici.
7.3. - La Provincia autonoma di Bolzano, quanto alla lesione della propria autonomia finanziaria, osserva che se è vero che le norme statutarie non assicurano l'esatto ammontare della quota del gettito di determinate imposte, è pur vero però che lo Stato non può, al di fuori delle procedure di modifica dello Statuto, alterare il gettito dell'imposizione spettante alla Provincia, ricorrendo a finanziamenti sotto forma di crediti di imposta, perchè in tal modo somme spettanti alla Provincia stessa verrebbero illegittimamente stornate a favore dei soggetti beneficiari delle agevolazioni statali, senza alcuna consultazione o coinvolgimento della ricorrente nella decisione statale.
Per il resto ribadisce l'invasione di competenze provinciali.
8. - Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria nella quale, con riferimento a tutti e tre i ricorsi, sottolinea ulteriormente che lo scopo delle provvidenze disposte dalla legge impugnata è quello di favorire la competitività delle piccole imprese in vista dell'imminente attuazione del mercato unico europeo, agevolando i processi di ammodernamento e riconversione. Non sarebbero quindi fondate le censure in ordine alla mancanza di qualsiasi riferimento a programmi straordinari dello Stato e a specifiche esigenze unitarie, che sono invece insite nelle stesse previsioni normative.
Quanto, in particolare, alla lamentata interferenza con il settore dell'artigianato, la difesa dello Stato osserva che le speciali provvidenze recate dalla legge si riferiscono alle imprese artigiane di produzione di beni, limitando nel contempo l'accesso alle agevolazioni per le rimanenti imprese artigiane che già fruiscono di altre provvidenze statali o regionali, di guisa che i soggetti beneficiari sono principalmente quelli interessati dall'innovazione tecnologica che la legge intende favorire in vista della formazione di nuove forme di professionalità.
Per quel che attiene poi alle censure relative ai distretti industriali (art. 36), la difesa dello Stato ribadisce la necessità di assicurare sull'intero territorio nazionale una uniformità di criteri per l'individuazione delle aree destinatarie degli interventi sia statali che regionali, e la previsione che le regioni e le province autonome partecipano a tale processo di individuazione esalta il ruolo programmatorio degli enti di autonomia, in coerenza con gli obiettivi della programmazione nazionale.
Infine, in relazione alle doglianze sull'art.41 e le funzioni attribuite alla Cassa per il credito alle imprese artigiane, l'Avvocatura generale dello Stato sottolinea che la materia attiene alla disciplina del credito, di competenza statale, anche per gli innegabili riflessi sulla reale concorrenza delle nostre imprese nel mercato unico europeo.
9. - In occasione della nuova udienza di discussione (fissata a seguito del rinvio disposto il 3 marzo 1992), la Provincia autonoma di Bolzano ha presentato una seconda memoria nella quale, richiamate tutte le deduzioni contenute nei precedenti scritti difensivi, precisa che le nuove norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvate con i decreti legislativi nn. 266, 267 e 268 del 1992, lungi dal determinare una cessazione della materia del contendere o il venir meno dell'interesse della Provincia a coltivare il ricorso, recano ulteriori argomenti a sostegno delle censure. Nè può aver rilievo la considerazione che tali norme sono successive alla legge impugnata, così da far dubitare della loro influenza nel presente giudizio, perchè esse, in quanto dirette a dare attuazione allo Statuto, non introducono norme nuove, bensì disciplinano con disposizioni di maggiore dettaglio istituti o principi già ricavabili dallo Statuto medesimo.
Proprio la previsione contenuta nell'art. 4, terzo comma, del decreto legislativo n. 266 del 1992 - secondo cui, nelle materie di competenza propria della regione o della provincia autonoma, le amministrazioni statali non possono disporre spese, nè concedere direttamente o indirettamente finanzia menti o contributi - conferma l'illegittimità delle norme impugnate.
La stessa ricorrente ricorda, poi, che già nel corso dei lavori parlamentari l'impianto centralistico della disciplina impugnata era stato criticato ed era stata auspicata una modifica che riconoscesse alle regioni il ruolo di effettiva individuazione e gestione degli interventi e limitasse le funzioni del Ministero dell'industria a quelle generali di indirizzo.
In riferimento alle specifiche censure relative alle disposizioni (artt. da 6 a 11) che attribuiscono agevolazioni alle piccole imprese sotto forma di "crediti d'imposta", nella memoria si ribadisce che una siffatta normativa altera l'entità della quota di gettito erariale spettante alla Provincia, senza rispettare la procedura prevista per la modifica delle norme statutarie e del le rispettive norme di attuazione (artt. 104 e 107 dello Statuto) e senza alcuna intesa con la Provincia medesima.
Considerato in diritto
1. - Con i tre ricorsi in esame sono impugnati vari articoli della legge 5 ottobre 1991, n. 317, recante "Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese". In particolare i ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia riguardano gli artt.1, commi 2 e 3, da 5 a 8, 10, 12, da 17 a 24, 27, da 29 a 33, 36, 39, comma 1, lett. a), 41 e 43, comma 1; e il ricorso della Provincia autonoma di Bolzano gli artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e 43 della legge stessa.
2. - Poichè le questioni di legittimità costituzionale che vengono prospettate con i suddetti ricorsi sono o identiche o analoghe o comunque fra di loro connesse, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
3. - Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità formulata dall'Avvocatura generale dello Stato per genericità del ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano.
In proposito si deve osservare che, nonostante che talune censure riguardino cumulativamente più norme, rendendo difficile l'individuazione dei profili riguardanti ciascuna di esse, è tuttavia possibile rendersi conto dei loro specifici riferimenti, ai fini del sindacato di questa Corte in ordine alle singole questioni prospettate.
4.1. - Ai fini dell'inquadramento di dette questioni è opportuno premettere che, come risulta anche dalla relazione illustrativa del disegno di legge governativo e dai lavori parlamentari, la legge, nel "promuovere lo sviluppo, l'innovazione e la competitività delle piccole imprese" (art. 1), si propone l'intento di ridurre il divario esistente tra le imprese di diverse dimensioni, nel presupposto che, mentre le grandi imprese hanno potuto conseguire un consistente recupero di efficienza per effetto di misure pubbliche di politica industriale e del lavoro, le piccole e medie imprese continuano ad incontrare notevoli difficoltà nell'introdurre le innovazioni tecnologiche e manageriali necessarie per lo sviluppo produttivo. Questo richiede l'impiego di macchinari e tecnologie che comportano un più elevato livello di investimenti, anche per spese di ricerca, spesso non compatibile con la struttura finanziaria delle imprese minori e con le loro possibilità di accesso al credito.
La legge si prefigge altresì obbiettivi di politica economica che, inquadrando gli specifici interventi in una cornice complessivamente unitaria, garantiscano l'eguaglianza delle condizioni a tutte le piccole imprese, con una manovra di sostegno mirata ad uno sviluppo equilibrato del sistema produttivo nazionale, per assicurargli competitività in vista della realizzazione del mercato unico europeo.
Per conseguire tali obiettivi la legge detta un'articolata normativa che prevede la concessione di una serie di agevolazioni (per lo più crediti d'imposta, o, in alcuni casi, contributi in conto capitale o prestiti agevolati), destinate ad un considerevole numero di soggetti e per molteplici iniziative.
In favore delle piccole imprese, come definite nell'art.1 della legge, sono in particolare previsti benefici di sostegno:
a) per investimenti innovativi (apparecchiature elettroniche, mezzi robotizzati, ed altro) in grado di realizzare programmi più moderni ed efficienti delle varie fasi del ciclo produttivo e gestionale delle imprese (artt. 5-6);
b) per l'acquisizione di servizi reali destinati all'aumento della produttività, al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati, allo sviluppo dei sistemi di qualità (art.7);
c) per spese di ricerca (art. 8);
d) per la diffusione commerciale, mediante il finanziamento parziale della quota di capitale di rischio conferita nelle società e imprese miste all'estero (art. 14);
e) per la partecipazione ad azioni comunitarie dirette a promuovere lo sviluppo o a favorire la ripresa di zone colpite da fenomeni di declino industriale (art. 15).
Sono poi previste agevolazioni: 1) in favore delle società finanziarie anche regionali, per l'innovazione e lo sviluppo, che assumano partecipazioni temporanee al capitale di rischio di piccole imprese costituite in forma di società di capitali e che siano iscritte in un albo (artt.2 e 9);
2) in favore di consorzi tra piccole imprese aventi lo scopo di fornire servizi diretti a promuovere lo sviluppo e la razionalizzazione della produzione, della commercializzazione e della gestione delle imprese consorziate (artt. 17-24);
3) in favore di società consortili miste a capitale pubblico e privato che prestino analoghi servizi per l'innovazione tecnologica (art. 27);
4) in favore di "consorzi di garanzia collettiva fidi" per il reintegro delle perdite subite a seguito degli interventi di garanzia a favore delle piccole imprese consociate (artt. 29- 32);
5) in favore di organismi di secondo grado dei "consorzi di garanzia collettiva fidi" che costituiscano fondi interconsortili di garanzia (art.33);
6) in favore di centri di innovazione imprenditoriale promossi dalla CEE o costituiti da società di promozione industriale anche a capitale misto (art. 34).
Ai fini della concessione dei crediti d'imposta (disciplinati dagli artt. da 6 a 11), per le cui modalità di attuazione la legge rinvia ad un decreto interministeriale da adottarsi entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore (art. 10), è previsto che i beneficiari rendano al Ministero dell'industria una dichiarazione circa i costi sostenuti in relazione a ogni tipo d'investimento o partecipazione, corredata da idonea documentazione.
É poi previsto che il Ministero formi un elenco cronologico e che, verificate le disponibilità finanziarie relative ai singoli interventi, comunichi al richiedente la concessione del credito d'imposta; che, inoltre, qualora gli stanziamenti a disposizione non permettano di venire incontro al complesso delle richieste per ciascuna categoria di interventi, il Ministero dell'industria disponga la temporanea riduzione percentuale del beneficio in eguale misura, salva l'integrazione con i fondi stanziati per gli anni successivi.
É infine stabilito che l'elenco dei beneficiari dei crediti d'imposta, ed il relativo ammontare di questi, venga trasmesso dal Ministero dell'industria a quello delle finanze.
In alternativa ai crediti d'imposta, disposti ai sensi degli artt. 6 e 7 in favore delle piccole imprese, è prevista (art. 12) la concessione di contributi in conto capitale in misura equivalente, la cui erogazione è parimenti rimessa al Ministero dell'industria con le stesse procedure dettate per i predetti crediti d'imposta.
Per gli altri contributi in conto capitale, disposti in favore di consorzi e società consortili tra piccole imprese aventi lo scopo di fornire servizi per l'innovazione tecnologica di queste (artt. 17-22, 27-28), la gestione è affidata quasi per intero alle regioni (artt.21,27, 34); queste infatti: provvedono alla istruttoria delle domande; predispongono un progetto-programma di sviluppo di iniziative nel proprio territorio e valutano la conformità ad esso della domanda del soggetto interessato; trasmettono al Ministero dell'industria la domanda corredata dal proprio motivato parere e, una volta ricevuta la quota di finanziamento di loro spettanza a seguito del riparto operato dal Ministero medesimo, erogano il contributo e ne controllano l'effettivo utilizzo.
La domanda di contributo, prima del riparto delle somme alle regioni, è approvata dal Ministero che può sostituirsi nelle attività istruttorie e di erogazione alle regioni che non provvedono e ciò allo scopo di assicurare che i finanziamenti giungano comunque in tutte le zone del Paese interessate da processi di ammodernamento tecnologico delle piccole imprese.
Il complesso delle agevolazioni (crediti di imposta, contributi in conto capitale, crediti agevolati, contributi sulle quote di apporto ai fondi di garanzia) è posto a carico del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica previsto dall'art. 14 della legge n. 46 del 1982, all'uopo integrato con nuove risorse per il triennio 1991-93.
4.2. - Dalla esposizione che precede risulta che la legge impugnata si presenta come sviluppo ulteriore della legge n.46 del 1982 cit. e di quella n. 696 del 1983 - che hanno entrambe superato il vaglio di questa Corte (sent. n. 796 del 1988) - in quanto persegue la comune finalità di favorire il processo di ammodernamento tecnologico delle piccole imprese ed ha natura di normativa generale sulla programmazione economica, per realizzare l'interesse nazionale di porre in grado le piccole imprese di concorrere con quelle degli altri paesi della Comunità, in vista delle scadenze connesse al completamento del mercato unico europeo. É quindi palese il comune "contesto unitario" (sent. n. 796 del 1988 cit.) con le altre leggi in tema di innovazione tecnologica per il settore del le piccole imprese, che la legge ora impugnata tende a disciplinare in modo ancor più organico avvalendosi delle precedenti esperienze.
Le nuove misure agevolative si rivolgono, come si è visto, innanzitutto alle piccole imprese "industriali" (art. 1, commi 2, lett. a e 3, lett.a), "commerciali e di servizi, anche del terziario avanzato" (art. 1, commi 2, lett. b e 3 lett. a), nonchè alle "imprese artigiane di produzione di cui alla legge 8 agosto 1985 n.443" (art. 1, comma 3, lett. b). Per imprese di servizi l'art.1, comma 3, lett. a), precisa che "si intendono quelle che operano nei settori dei servizi tecnici di studio, progettazione e coordinamento di infrastutture e impianti, dei servizi di informatica, di raccolta ed elaborazione dati".
I settori di intervento sono quindi quelli dell'industria, dell'artigianato, del commercio e dei servizi. Il primo attiene a materia di competenza statale, non compresa nell'elenco dell'art.117 Cost. e comunque diversa, come si vedrà in prosieguo, dalle attività di "incremento della produzione industriale" affidate alla competenza concorrente delle province autonome di Trento e di Bolzano dallo statuto speciale di autonomia (art. 9 n. 8 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670).
Il secondo settore attiene a materia (artigianato) di competenza esclusiva delle province autonome (art. 8 n. 9 dello Statuto) e concorrente delle regioni a statuto ordinario, (art. 117 Cost.); il terzo settore riguarda una materia (commercio) di competenza concorrente delle province autonome (art. 9 n. 3 dello Statuto), non compresa invece nell'art. 117 Cost., onde per tale materia le competenze delle regioni di diritto comune vanno individuate fra le attribuzioni che le leggi dello Stato hanno loro delegato di volta in volta (v.legge 426 del 1971; d.P.R. n.616 del 1977, art. 52; ed altre). Quanto al settore delle imprese di "servizi anche del terziario avanzato", esso, comprendendo una serie di attività estrema mente diversificate (cfr. l'allegato 5 al decreto ministeriale 3 marzo 1992 n. 247, recante il regolamento per la concessione alle piccole imprese di agevolazioni per investimenti innovativi, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 30 marzo 1992), può essere considerato strumentale rispetto a più materie.
Tale puntualizzazione, in ordine alle materie coinvolte nella legge impugnata ed al conseguente riparto di competenze tra lo Stato e le regioni e le province autonome secondo le norme costituzionali e statutarie, consente di cogliere la complessità della disciplina impugnata, che pur se interferisce con attribuzioni proprie degli enti di autonomia, ha come finalità precipua di soddisfare un interesse nazionale di carattere generale, non suscettibile di frazionamento a livello locale per i riflessi nei rapporti con l'estero e nell'economia nazionale; ciò giustifica, anche per l'urgenza di pervenire a soluzioni idonee ad assi curare l'equilibrio dello sviluppo economico del paese, l'intervento del legislatore statale in una visione unitaria dei diversi aspetti e settori interessati (sent. 483 e 482 del 1991, 139 del 1990, 459, 399 e 324 del 1989, 217 e 177 del 1988).
É alla luce di tali premesse che può ora essere affrontato l'esame delle varie questioni.
5. - La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia (i cui ricorsi sono in gran parte coincidenti perchè sollevano questioni comuni, pur diversificate in riferimento ai rispettivi parametri statutari o costituzionali o a norme interposte) impugnano, in primo luogo, l'art. 1, commi 2 e 3, della legge, che, nel dare la definizione di piccola impresa, ricomprende nell'area dei destinatari delle agevolazioni (contenute nei successivi articoli) imprese operanti in settori di competenza provinciale o regionale, assumendone il contrasto: con l'art.8 nn. 9 (artigianato), 18 (trasporti) e 20 (turismo e industria alberghiera), con l'art. 9 nn. 3 (commercio) e 8 (incremento della produzione industriale) e con l'art. 16 (correlative funzioni amministrative) dello Statuto speciale di autonomia approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (per la Provincia di Trento), nonchè con l'art. 117 della Costituzione per le materie dell'artigianato, del turismo e dei trasporti ed in relazione quindi agli artt. 56, 63 e 84 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616 (per la Regione Lombardia).
Le questioni non sono fondate perchè, tenuto conto dell'interesse nazionale perseguito dalla legge in esame, appare naturale che i suoi destinatari siano da essa stessa individuati per evidenti ragioni di uniformità imposte dall'unità della disciplina.
In proposito non può condividersi l'osservazione dell'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui le "imprese artigiane" beneficiarie delle provvidenze - essendo dalla legge indicate in quelle "di produzione di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443" (Legge quadro per l'artigianato), la quale fa espressamente salve (artt. 1 e 13, ultimo comma) le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome - risulteranno in concreto definite dalla normativa provinciale. É da ritenersi invece che, ai fini della legge in esame, destinatarie dell'intervento sono quelle che il legislatore statale si è riservato di definire, sia pure con riferimento ad alcune norme di legge, senza che per questo debba ritenersi operato un rinvio anche alle altre norme della legge richiamata. Nè in ciò può ravvisarsi una lesione delle competenze provinciali apparendo legittimo che lo Stato, nell'ambito di una manovra di programmazione rispondente all'interesse nazionale, individui, relativamente alle provincie autonome ed a maggior ragione per le regioni a statuto ordinario, sia quando l'intervento statale interferisca in materia di competenza legislativa esclusiva sia quando interferisca in materie di legislazione concorrente, le imprese che possono anche non coincidere con quelle che, non rispondendo ai requisiti richiesti dalla legge statale, risultino destinatarie di altre provvidenze disposte in sede locale.
6. - La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia impugnano un gruppo di disposizioni (artt. 5, 6, 7, 8, 10 e 12) del capo secondo della legge ("interventi per la diffusione dell'innovazione") che prevedono - in alcuni casi in via alternativa - agevolazioni a favore delle piccole imprese consistenti in crediti d'imposta ed in con tributi in conto capitale. Ad avviso delle ricorrenti le norme, configurando interventi finanziari diretti dello Stato a favore delle imprese artigiane nonchè delle piccole imprese operanti in settori di competenza provinciale o regionale, interferirebbero con le loro attribuzioni e lederebbero la loro autonomia finanziaria.
Si tratterrebbe infatti per le ricorrenti di interventi finanziari, intera mente gestiti dallo Stato, capillarmente distribuiti a favore di tutte le piccole imprese, concessi in via ordinaria, senza alcun riferimento a pro grammi straordinari nè rispondenti a specifiche esigenze unitarie; non si sarebbe in presenza nemmeno di interventi aggiuntivi, stante, talvolta, la espressa previsione della loro non cumulabilità con altre agevolazioni previste in sede locale.
Inoltre, si soggiunge, il meccanismo del credito d'imposta, lungi dal configurare una manovra tributaria di competenza statale, per il regime e la disciplina per esso previsti, nonchè per il suo carattere alternativo, in alcuni casi, rispetto al contributo in conto capitale, sarebbe soltanto uno strumento tecnico per assegnare alle imprese un beneficio finanziario e ciò confermerebbe la lesione delle competenze provinciali e regionali.
Le censure in tal modo articolate non sono fondate.
Per superare l'assunto che non si tratti di interventi straordinari ed aggiuntivi, tali da legittimare le competenze statali, oltre a richiamare le premesse (v. punto 4.2.), è sufficiente ricordare che la Corte, nel tracciare i limiti dell'interesse nazionale (sent. n. 177 del 1988), ne ha comunque riconosciuto il carattere elastico e relativo, non definibile in termini generali.
Nella specie, si è in presenza di un intervento di programmazione economica che può ben considerarsi "straordinario" in vista della necessità di sovvenire ad esigenze urgenti, quale quella di garantire la competitività delle piccole imprese in vista dell'entrata in funzione del mercato unico europeo. Esso, per di più, è limitato ad un triennio e, quindi, anche sotto tale profilo, ha il carattere di misura eccezionale finalizzata al perseguimento dell'interesse nazionale connesso a tale immediata esigenza e perciò non invasiva di competenze provinciali o regionali.
Va altresì ribadito che i settori disciplinati dalle norme impugnate non coincidono tutti con quelli in cui le ricorrenti possono vantare proprie competenze. In proposito, oltre a quanto già precisato (v.
punto 4.2.), la materia "incremento della produzione industriale", di competenza concorrente delle province autonome, non può ritenersi interamente sovrapponibile agli interventi recati dalla legge impugnata a favore delle imprese industriali, in primo luogo perchè la locuzione usata nello Statuto è piuttosto da riferirsi ad un concetto di minori dimensioni rispetto a quello di "industria", che, come materia a sè stante, non è contemplata in nessuno statuto delle regioni ad autonomia speciale e, a maggior ragione, nemmeno nell'art.117 Cost. per le regioni di diritto comune, essendo essa pacificamente riservata alla competenza dello Stato.
Inoltre, trattandosi nel caso di specie di un intervento di così ampie dimensioni rispondente ad un preciso interesse nazionale, quello previsto dalla legge impugnata è tale da limitare in ogni caso le competenze delle province autonome con conseguente infondatezza della doglianza di indebita invasione.
Quanto al profilo della censura nel quale si lamenta che la gestione degli interventi sarebbe accentrata interamente allo Stato, va osservato che, per quanto riguarda gli artt. 5,6,7,8 e 10, in essi si prevedono agevolazioni sotto forma di crediti d'imposta.
Questi, diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti, costituiscono un mezzo di "politica fiscale" tipicamente statale, cui si fa ricorso per incrementare lo sviluppo di determinati settori ed iniziative; trattasi perciò di uno strumento tributario che non muta nè in ragione degli obiettivi di politica economica perseguiti, nè per il fatto di risolversi in un alleggerimento degli oneri fiscali che consente al beneficiario di investire nella impresa le risorse finanziarie resesi disponibili.
Quanto poi ai contributi in conto capitale concessi in luogo dei crediti d'imposta (art. 12), per essi la necessità di verifica della rispondenza delle iniziative di rinnovamento tecnologico delle singole imprese alle linee direttrici, ai criteri e agli obiettivi indicati dalla legge giustifica la gestione accentrata dei finanziamenti presso il Ministero dell'industria, per esigenze di uniformità nell'attuazione degli interventi e per assicurare la distribuzione degli incentivi e quindi il potenziamento del settore.
7.1. - La Provincia autonoma di Bolzano, rivendicate le proprie competenze legislative ed amministrative di rango esclusivo in materia di "artigianato" e di "turismo e industria alberghiera" (art. 8 nn. 9 e 20, e art. 16 dello Statuto), nonchè quelle concorrenti in materia di "commercio" e di "incremento della produzione industriale" (art. 9, nn. 3 e 8 e artt. 15 e 16 dello Statuto), garantite anche dalle norme di attuazione delle disposizioni statutarie (d.P.R. nn. 278 del 1974, 1017 del 1978, 228 del 1981 e 526 del 1987), ed altresì quelle in materia di consorzi di sviluppo industriale che si fondano sull'art. 65 del d.P.R. n. 616 del 1977, impugna cumulativamente molte disposizioni della legge (artt.1-10, 12, 14- 24, 27, 29-31, 33, 34, 36) assumendo che esse, disciplinando nel dettaglio i requisiti di ammissibilità delle piccole imprese alle agevolazioni ed i settori di attività finanziabili, non le lascerebbero spazio alcuno per valutare le effettive esigenze economico-sociali del proprio territorio.
Verrebbero così lese le competenze provinciali, anche per il fatto che in vari casi la disciplina legislativa statale impugnata stabilisce la incompatibilità fra le agevolazioni ivi previste e quelle stabilite dalla normativa provinciale, ovvero ne limita in vario modo la cumulabilità (cfr.artt.6, comma 3, 15, comma 3, 22, comma 3, 27, comma 13, 31, comma 3). Inoltre le norme impugnate, riservando "ad autorità centrali di Governo ogni potestà concernente gli interventi" disposti dalla legge, affiderebbero allo Stato tutte le attività istruttorie e di verifica sulle domande di concessione, la adozione dei provvedimenti di autorizzazione e concessione dei benefici, il potere di revoca dagli stessi (cfr. artt. 1, comma 6, 7, comma 2, 8 commi 2 e 5, 10, 12, 13, 14, 15, 21, 22, 24, 27, 28, 31, 32).
La ricorrente riferisce di aver già emanato proprie leggi dirette ad incentivare le attività delle imprese ricadenti nelle materie di competenza, proprio per favorirne l'innovazione tecnologica e l'aumento della produttività.
7.2.- Relativamente alla parte in cui la complessa censura della Provincia di Bolzano coincide con quelle contenute nei ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia, si possono richiamare le considerazioni al riguardo già svolte (v.punto 6) circa la legittimità delle previste competenze statali.
Per il resto, diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, è necessario osservare che le norme impugnate - tranne che per quanto riguarda i crediti d'imposta a favore delle piccole imprese e le agevolazioni alternative, la cui gestione, secondo quanto si è già rilevato non può che essere riservata allo Stato - lasciano ampi spazi d'intervento alle regioni e province autonome per quel che concerne i contributi in conto capitale in favore dei consorzi e delle società consortili di servizi. La loro erogazione è difatti dall'art. 20, secondo comma, affidata alle regioni ed ovviamente alle province autonome; esse sono altresì tenute ad approntare un progetto-programma di iniziative con sortili nel proprio territorio che deve accompagna re le richieste di contributo ed a presentare al Ministero la domanda di finanziamento corredata di un proprio motivato parere (art. 21).
La competenza del ministero è invece limitata alla approvazione delle richieste regionali o provinciali di finanziamento, allo scopo di controllare che queste rispondano alle finalità della legge, nonchè alle ripartizioni di fondi tra le regioni e le province autonome e non tra i destinatari delle provvidenze, onde appaiono rispettate le prerogative degli enti di autonomia.
7.3. - Quanto al rilievo secondo cui la legge si sovrapporrebbe alla disciplina provinciale già intervenuta, va osservato che ciò è inevitabile in presenza di norme di programmazione economica nazionale, che non possono incontrare limiti territoriali, una volta che mirano a garantire pari condizioni di accesso ai benefici a tutte le piccole imprese.
7.4.- Relativamente poi alla prevista non cumulabilità dei benefici statali con quelli provinciali, denunciata come lesiva di competenze provinciali, si deve osservare che la previsione dell'art. 6 attiene a materia tributaria e quindi statale; quella dell'art. 15 concerne le iniziative cofinanziate dalla CEE, per cui la legge è attenta ai divieti comunitari tendenti ad evitare l'alterazione delle regole di concorrenza che si verificherebbe ove si consentisse che una stessa impresa goda di un triplice finanziamento (Comunità, Stato e Provincie autonome); quella dell'art. 22, comma 3, non è una vera incumulabilità, ma una limitazione posta alle provvidenze in sede locale nel rispetto sia di condizioni di uniformità, sia della normativa comunitaria; quella dell'art. 27, comma 13 (che non è essa pure una vera incumulabilità) si preoccupa di chiarire che il cumulo delle provvidenze non deve superare i limiti massimi di intervento nelle spese di investimento previsti proprio dalle leggi provinciali; quella dell'art.31, comma 3, appare rispettosa di un corretto criterio di gestione, dal momento che la provvidenza attiene al parziale reintegro del fondo di garanzia dei "consorzi di garanzia collettiva fidi", per cui una misura che prevedesse l'integrale reintegro di detto fondo annullerebbe del tutto il rischio dell'impresa.
7.5. - Sempre in relazione alla stessa censura, poi, relativamente al profilo secondo cui alcune disposizioni della legge in esame conterrebbero una disciplina di dettaglio che vanificherebbe del tutto le prerogative provinciali, va osservato, che:
- per quel che riguarda l'art. 1, comma 6, la definizione di piccola impresa industriale o commerciale o di servizi, anche in relazione al capitale investito, è di competenza statale;
- quanto all'art. 7, comma 2, la disciplina dei crediti d'imposta è di esclusiva competenza statale;
- relativamente all'art. 8, commi 2 e 5, le competenze del CIPI, in quanto strumentali alla programmazione nazionale, non possono essere contestate;
- per l'art. 10, trattasi di materia tributaria di competenza statale, cui sono connesse, per quanto innanzi detto (v.punto 6, alla fine), anche le funzioni di cui all'art. 12 in ordine ai contributi previsti in via alternativa ai crediti d'imposta e all'art.13 che disciplina la revoca di dette agevolazioni - per quel che concerne l'art. 15, spetta allo Stato dettare la disciplina concernente la partecipazione delle piccole imprese nazionali ad "azioni comunitarie cofinanziate", opportunamente prevedendosi che sia il CIPE a determinare le modalità di intervento "in conformità dei programmi comunitari";
- per l'art. 14, trattasi di disposizioni attinenti ad "agevolazioni per la diffusione commerciale" all'estero delle piccole imprese e alla loro ammissione alla garanzia assicurativa della Sezione speciale per l'assicurazione del credito all'esportazione (SACE), rispetto alle quali gli enti di autonomia non possono vantare competenze statutarie;
- quanto agli artt. 21, 22, 24, 27 e 28, che riguardano i contributi ai consorzi di servizi e alle società consortili miste, la cui gestione è affidata alle regioni e alle province autonome, le relative previsioni non sono invasive delle competenze di quest'ultime, limitandosi a dettare norme in ordine a detto affidamento, nonchè ad indicare i limiti massimi delle agevolazioni e ad esplicitare i soggetti beneficiari degli interventi stessi, il tutto per ragioni di uniformità rispondenti all'interesse nazionale sotteso all'intera legge;
- per gli artt. 31 e 32, è giustificato che la gestione degli interventi statali di reintegro dei fondi di garanzia dei "consorzi di garanzia collettiva fidi" sia affidata a organismi statali, perchè la materia attiene alla disciplina generale del credito sotto l'aspetto della parziale riduzione del rischio d'impresa e non riguarda gli interventi creditizi a favore degli operatori economici.
7.6. - Le considerazioni che precedono valgono anche per le questioni riferite agli artt. 10, comma 10, 21, comma 7, 22, comma 5, 27, comma 11, 33, comma 4, che, ad avviso della ricorrente, riservando ad emanandi regolamenti ministeriali la normativa di attuazione in materie di competenza provinciale, violerebbero il riparto delle competenze normative tra Stato e Provincia autonoma come precisato nell'art. 17, comma 1, lett. b) della legge n. 400 del 1988. Va, infatti, in proposito osservato che non si tratta, nella specie, di normativa di attuazione in materia regionale, ma di normativa di attuazione di interventi statali di interesse nazionale, per cui proprio la natura del la legge impugnata e l'interesse nazionale che vi è connesso giustificano la previsione di regolamenti da emanarsi da autorità centrali di Governo.
Non è quindi conferente il richiamo operato dalla ricorrente, nella seconda memoria di udienza, a precedenti decisioni della Corte (sentt. n.391 e n. 204 del 1991) ove si è affermato il principio secondo cui "un regolamento ministeriale di esecuzione o di attuazione di una legge statale ... non può porre norme dirette a limitare la sfera delle competenze delle regioni in materie ad esse attribuite". Difatti, diversamente dalle fattispecie legislative - oggetto delle richiamate sentenze - disciplinanti specifici settori di competenza regionale o provinciale (formazione professionale e agricoltura), si è ora in presenza di una legge di programmazione economica, concernente più materie, non tutte e non interamente di competenza provinciale, e che risponde ad un interesse nazionale non frazionabile, tale da richiedere condizioni uniformi e modalità di generale applicazione degli interventi previsti per il suo perseguimento.
7.7.- La Provincia autonoma di Bolzano sostiene, poi, la illegittimità costituzionale degli articoli da 6 a 11 sotto un ulteriore profilo: le norme, prevedendo le agevolazioni con la forma dei "crediti d'imposta", rilevanti ai fini IRPEF, IRPEG, ILOR e IVA, inciderebbero negativamente sui flussi tributari assegnati alla Provincia autonoma e violerebbero gli artt. 75 e 78 dello Statuto, come novellati dalla legge n. 386 del 1989.
Le questioni non sono fondate, perchè, come più volte la Corte ha affermato (sentt. nn. 381 del 1990, 1145 e 633 del 1988, 433 del 1987, 356 del 1985 e ord. n. 165 del 1988), nessuna norma statutaria garantisce alla Provincia un flusso finanziario quantitativamente determinato, mentre "la concessione ovvero l'eliminazione o la riduzione di determinati finanziamenti rivolti a scopi specifici rientrano nella discrezionalità del legislatore statale ove, considerate nel loro insieme, non determinino quella grave alterazione" del rapporto tra bisogni regionali o provinciali e mezzi finanziari per farvi fronte nei limiti della compatibilità con le "preminenti esigenze della finanza pubblica" (sentt. n. 381 del 1990 cit. e n.307 del 1983).
7.8.- Nella seconda memoria di udienza la ricorrente insiste sulle "sopravvenute" norme di attuazione dello Statuto (decreti legislativi n.266 del 1992, art. 4, comma 3, e n. 268 del 1992, art. 7) che vietano i finanziamenti diretti dello Stato nelle materie di competenza propria delle province autonome e dettano più articolate procedure per la determinazione della quota dei tributi spettante alle province stesse.
Osserva la Corte che, pur in presenza di tale sopravvenienza normativa, le conclusioni cui si è pervenuti non possono mutare, essendo le invocate norme successive rispetto all'entrata in vigore della legge impugnata e perciò non producono effetti rispetto ad essa.
8. - La Provincia autonoma di Trento denuncia la violazione dell'art.15 dello Statuto e dell'art. 5 del d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 da parte di quelle norme che prevedono benefici a favore delle piccole imprese e dispongono che lo Stato eroghi direttamente i fondi ovvero li assegni alla Provincia controllandone l'erogazione, senza alcuna intesa con la provincia stessa. I parametri invocati imporrebbero, nell'assegnazione delle quote degli stanziamenti destinati all'incremento della produzione industriale, una procedura particolare che nella specie non sarebbe rispettata.
La questione non è fondata perchè il carattere di norma generale sulla programmazione economica, propria della legge impugnata, rende operante la deroga al meccanismo ordinario di finanziamento, prevista dalla prima parte dell'art. 15 dello Statuto (sent. n. 796 del 1988). Quanto al secondo parametro invocato (art.5, d.P.R. n. 1017 del 1978), esso non è conferente trattandosi di una norma procedurale la quale prevede che le quote dei finanziamenti statali sono indicate "nel contesto della determinazione della quota variabile di cui all'art. 78" dello Statuto.
9. - La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia impugnano gli artt. da 17 a 24 e 27, in materia di contributi ai consorzi e alle società consortili di servizi tra piccole imprese, sotto l'ulteriore profilo della violazione delle loro competenze, per avere le norme riservato un ruolo meramente istruttorio alle regioni e alle province autonome e, in alcuni casi (artt. 21, comma 5, e 27, comma 9), previsto un potere sostitutivo del Ministro non conforme ai criteri indicati dalla giurisprudenza costituzionale.
La censura è fondata solo in parte.
Mentre, come si è in precedenza (v. punto 7.2) osservato, le norme impugnate prevedono una sostanziale partecipazione degli enti di autonomia nel procedimento di concessione dei benefici in questione, sì che non può condividersi la doglianza che muove dal carattere marginale del ruolo ad essi assegnato, effettivamente talune previsioni legislative (artt. 21, comma 5, e 27, comma 9, cit.), nel conferire al Ministro dell'industria il potere sostitutivo in caso di inerzia delle province auto nome o delle regioni, non contemplano quella garanzia procedurale, consistente nella previa diffida ad adempiere entro un determinato termine, che la Corte (sentt. nn. 483 e 49 e 37 del 1991, 85 del 1990, 830 del 1988,304 del 1987) ha sempre ritenuto necessaria "nelle materie di competenza regionale o provinciale", quando tali materie siano disciplina te in modo uniforme da una legge dello Stato.
In questi limiti, e cioè con riferimento alle sole materie proprie delle regioni e delle province autonome, deve pertanto essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.21, comma 5, essendo la seconda disposizione impugnata (art.27, comma 9) una norma di mero rinvio alla prima (ord. n. 304 del 1992).
10. - Sono poi oggetto delle impugnative della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia gli artt. da 29 a 33 in tema di agevolazioni ai consorzi e cooperative di "garanzia collettiva fidi", nella parte in cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane e piccole imprese operanti nei settori di competenza provinciale o regionale.
Le norme, prevedendo interventi finanziari dello Stato capillarmente distribuiti e concessi in via ordinaria, senza riferimento a programmi straordinari, interferirebbero con le già ricordate attribuzioni delle ricorrenti.
La censura non è fondata.
Le norme impugnate prevedono la parziale reintegrazione dei fondi dei detti consorzi o la concessione di contributi alla costituzione dei fondi interconsortili di secondo grado, realizzando una sorta di riassicurazione dei rischi connessi ad attività finanziarie: esse mirano allo sviluppo di forme mutualistiche di garanzia collettiva e costituiscono un indirizzo di politica economica genera le attinente al governo del credito, di competenza statale.
Inoltre la legge non esclude, anzi espressa mente prevede che le regioni possano erogare agli stessi soggetti propri contributi (art. 32, comma 2), nel rispetto quindi delle loro competenze.
11.- L'art. 36 (già impugnato dalla Provincia autonoma di Bolzano insieme ad altre norme - v.punto 7.1) è oggetto di censura anche da parte del la Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia. Ad avviso delle ricorrenti la norma, prevedendo l'individuazione da parte delle regioni (e delle province autonome) dei "distretti industriali" sulla base degli indirizzi e dei criteri dettati dal Ministro dell'industria, violerebbe le competenze provinciali e regionali, perchè condizionerebbe la programmazione territoriale e di sviluppo delle piccole imprese (per la Regione Lombardia: le imprese artigiane ex art. 117 della Costituzione, e i consorzi industriali ex art. 65 d.P.R.616 del 1977) a determinazioni ministeriali, dal momento che solo per tali aree è consentito il finanziamento da parte delle regioni e delle province autonome di progetti innovativi concernenti più imprese, sulla base di un contratto di programma stipulato con il consorzio interessato.
La questione è infondata.
La previsione che affida ad un'autorità di Governo di fissare indirizzi e parametri di riferimento per le regioni, nell'individuazione dei distretti industriali, risponde ad una esigenza di coordinamento che postula, nella specie, non atti vità politico-decisionali (rimesse agli enti di autonomia),bensì soltanto attività tecniche (v.art.36, comma 1) di rilevazione (concentrazione di imprese insistenti nell'area territoriale, rapporto con la popolazione residente, specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese), per cui, do vendo l'emanando decreto del Ministro dell'industria attenersi a tali ristretti ambiti, non può ritenersi violata la competenza delle ricorrenti. La norma, difatti, pur nella sua imprecisa formulazione, appare diretta ad incentivare la costituzione di consorzi tra imprese per conseguire razionalità ed efficacia degli interventi, per cui non restringe l'autonomia regionale in ordine ad ulteriori possibilità di intervento finanziario delle regioni stesse in favore delle piccole imprese localizzate in quelle zone.
12. - La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia assumono, poi, l'illegittimità costituzionale dell'art.39, che, prevedendo l'istituzione presso il Ministero dell'industria di un "servizio centrale per la piccola industria e l'artigianato", violerebbe le loro attribuzioni essendo la norma rivelatrice dell'intento di riassorbire nell'ambito delle competenze centrali set tori non appartenenti alla titolarità dello Stato e ponendo così le premesse per illegittimi interventi statali di gestione in settori di competenza provinciale o regionale.
La questione non è fondata.
Il servizio centrale per la piccola industria e l'artigianato, costituito presso il Ministero dell'industria, è stato previsto per lo svolgimento di attività di rilevazione ed analisi dello sviluppo economico, finanziario e produttivo delle piccole imprese, anche in collegamento con gli osservatori economici regionali e comunitari (v.art. 4, comma 3) o con le società finanziarie regionali (v. art.4, comma 4). Non si tratta quindi, come sostenuto, di attività di "gestione" in settori di competenza regionale.
Al riguardo la Corte ha escluso che tali attività possano ritenersi invasive di competenze regionali e provinciali, affermando viceversa che simili ipotesi di rilevazioni e collegamenti assicurano il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche (sent. n. 139 del 1992).
É poi evidente che il decreto del Presidente della Repubblica (art.39), che dovrà provvedere alla riorganizzazione della Direzione generale, nell'ambito della quale è previsto il suddetto servizio centrale, non potrà discostarsi dalle linee tracciate nella legge e dal rispetto delle competenze regionali, e qualunque invasione da parte dell'emananda normativa regolamentare potrà essere censurata in sede di conflitto.
13. - Anche l'art. 41 è oggetto dei ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia, le quali sostengono che la norma - autorizzando la Cassa per il credito alle imprese artigiane ad effettuare una serie di attività estranee ai suoi compiti statutari e trasformandola da organismo incaricato di provvedere al finanziamento degli istituti e delle aziende di credito in organismo che gestisce direttamente le agevolazioni alle imprese - invaderebbe la competenza provinciale o regionale, cui spettano tali forme di interventi (la Regione Lombardia invoca, in proposito, quale parametro, l'art. 109 del d.P.R. 616 del 1977).
In proposito è sufficiente osservare che la norma autorizza modifiche statutarie di un istituto di credito, da approvarsi dal Ministero del tesoro.
In tal senso essa attiene all'ordinamento generale del credito e degli istituti che lo esercitano (v. art. 109 cit.).
14.1.- Tutte le ricorrenti sollevano, infine, questioni di legittimità costituzionale dell'art.43, che pone gli oneri derivanti dall'attuazione della legge a carico del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, istituito dall'art.14 della legge n. 46 del 1982.
Le due province autonome denunciano la violazione del titolo VI dello Statuto e dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989, ma, mentre la Provincia di Bolzano fa riferimento al primo comma di tale ultima disposizione, la Provincia di Trento ne richiama invece il secondo comma. Entrambe, poi, lamentano la violazione dell'art. 15 dello Statuto che dispone in ordine ai finanziamenti destinati all'incremento delle attività industriali. La sola Provincia di Trento richiama, altresì, l'art. 5 del d.P.R. n. 1017 del 1978.
Tutte le questioni, che si sostanziano nella denuncia della lesione dell'autonomia finanziaria delle province autonome per l'inosservanza della procedura partecipativa delle stesse al sistema di erogazione dei finanziamenti, non sono fondate.
Ed invero, premesso che non è ravvisabile nessuna lesione del sistema finanziario provinciale, quale previsto nello Statuto (c.d. quota variabile), da parte di una legge che dispone un intervento straordinario di carattere nazionale, dovendosi ogni pretesa avanzare in sede di determinazione della predetta quota di spettanza delle province autonome, non è neppure da ritenersi violato l'art. 15 dello Statuto, perchè proprio es so consente, da parte delle "norme generali sulla programmazione economica" (quale quelle in esame), deroghe al sistema di finanziamento degli interventi relativi all'"incremento delle attività industriali".
Al riguardo va altresì ribadito che l'ampio ventaglio di interventi ipotizzati dalla legge impugnata e la complessa tipologia dei beneficiari non possono considerarsi tutti ricompresi nelle materie attribuite alla competenza provinciale.
Nemmeno è violato l'art. 5, comma 1, della legge n.386 del 1989, giacchè la norma invocata si riferisce ai fondi speciali "istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme" (quale, ad esempio, il fondo sanitario nazionale).
Tale non è, invece, il fondo rotativo per l'innovazione tecnologica, che non risponde al soddisfacimento di primarie esigenze (quali il diritto fondamentale alla salute), ma allo sviluppo di un settore economico (sent. n. 116 del 1991).
Quanto all'art. 5, comma 2, della legge n. 386 del 1989, che riguarderebbe tutti gli altri fondi statali, si rileva che tale norma va collegata con l'art. 15 dello Statuto, che è la norma "speciale" relativa "all'incremento della produzione industriale" e che prevede, come già detto, deroghe al sistema ordinario di finanziamento della Provincia autonoma da parte di norme statali generali di programmazione economica.
Infine, relativamente al riferimento all'art.5 delle norme di attuazione (d.P.R. n. 1017 del 1978), vale quanto già osservato in precedenza (v. punto 8), potendosi soltanto aggiungere che il sistema delle fonti non consente che si attribuisca ad una norma di attuazione significati che possano annullare o disattendere le previsioni contenute nello statuto e cioè in un atto legislativo di rango superiore.
14.2.- L'art. 43 è impugnato, infine, dalla Regione Lombardia che lamenta la lesione di norme interposte rispetto ai parametri costituzionali attributivi di competenze regionali, quali l'art. 110 del d.P.R. n. 616 del 1977, che ha soppresso i fondi di rotazione, trasferendone le disponibilità alle regioni, l'art.126 dello stesso decreto presidenziale che "non consente di impiegare uno strumento di spesa statale", quale è il fondo di rotazione, nell'ambito delle competenze regionali, e l'art. 3 della legge 14 giugno 1990 n.158, il quale dispone che gli stanziamenti statali delle leggi di settore, da ripartire tra le regioni, devono con fluire nella quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo (art. 9 della legge n. 281 del 1970).
Le censure sono infondate, perchè il fondo di rotazione in esame è stato istituito con la legge n. 46 del 1982, già sottoposta come si è detto al vaglio di questa Corte (sent. n. 796 del 1988 cit.) in epoca successiva rispetto al trasferimento delle funzioni alle regioni, ed ha caratteri del tutto peculiari, essendo rivolto a programmi straordinari di imprese destinati a introdurre innovazioni tecnologiche in relazione ad "esigenze generali dell'economia nazionale" (cfr. art. 14 della legge n. 46 cit.). e l'art. 3 della legge n. 158 del 1990 non è idoneo, nel giudizio di costituzionalità, a fungere da parametro di riferimento soprattutto in considerazione del carattere transitorio della disciplina ivi prevista, transitorietà che, se pur esplicitata ("in attesa delle disposizioni di riforma della finanza regionale") nell'art. 2 della stessa legge n. 158 cit. relativamente al "fondo comune" (art. 8 legge n. 281 del 1970), deve essere riferita per ragioni logiche anche all'art. 3 invocato, relativo al fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo (art. 9 legge n.281 del 1970).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 21, comma 5, della legge 5 ottobre 1991 n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), nella parte in cui non contempla che il potere sostitutivo del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sia esercitato, in caso di loro inerzia, previa diffida alle stesse;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 2 e 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, comma 1, lett.a), 41 e 43, comma 1, della legge n. 317 del 1991, sollevate, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento agli artt. 8, nn. 9, 18 e 20, 9, nn. 3 e 8, 15, 16 e titolo VI dello statuto speciale di autonomia, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, 5 del d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 e 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386, e dalla Regione Lombardia in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione ed in relazione agli artt. 56, 63, 65, 84, 109, 110 e 126 del d.P.R.24 luglio 1977, n. 616, e 3 della legge 14 giugno 1990, n.158;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e 43 della legge n. 317 del 1991, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt.8, nn. 9 e 20, 9, nn. 3 e 8, 15, 16 e titolo VI dello statuto speciale di autonomia, ai d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278, 31 luglio 1978, n. 1017, 24 marzo 1981, n. 228, 19 novembre 1987, n. 526, all'art. 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989, n. 386 ed in relazione all'art.65 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/10/92.
Giuseppe BORZELLINO, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Depositata in cancelleria il 10/11/92.