Sentenza n. 116 del 1991

 

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SENTENZA N. 116

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8 della legge 9 aprile 1990, n. 87 (Interventi urgenti per la zootecnia), promosso con i ricorsi delle Province di Trento e Bolzano e della Regione Emilia-Romagna notificati il 26 e 25 maggio 1990, depositati in cancelleria il 31 maggio ed il primo giugno 1990 ed iscritti ai nn. 39, 40 e 41 del registro ricorsi 1990;

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 29 gennaio 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Uditi gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia di Trento e di Bolzano, Roland Riz per la Provincia di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato Sergio La Porta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con due ricorsi di identico contenuto, notificati il 26 maggio 1990, le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 8 della legge 9 aprile 1990, n. 87 (Interventi urgenti per la zootecnia) per violazione degli artt. 8, n. 21; 9, n. 3 e n. 8; 16; 69 ss. e 104, primo comma, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di attuazione.

Ad avviso delle ricorrenti le disposizioni impugnate risulterebbero lesive della competenza provinciale esclusiva in materia di agricoltura e zootecnia (di cui all'art. 8, n. 21, ed all'art. 16, primo comma, dello Statuto) nonché della competenza provinciale concorrente in materia di commercio e di incremento della produzione industriale (di cui all'art. 9, n. 3 e n. 8, dello stesso Statuto), avendo disposto interventi statali di programmazione, direzione, incentivazione e sostegno finanziario nel settore zootecnico che si verrebbero a sovrapporre a quelli già attuati dalla legislazione provinciale, emanata nell'esercizio delle competenze sopra richiamate. A fronte di tali competenze residuerebbe, infatti, allo Stato - sempre a giudizio delle ricorrenti - il solo potere di dettare principî e criteri generali nell'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, restando invece preclusa l'emanazione di disposizioni puntuali e di dettaglio quali sarebbero quelle espresse dalle impugnate disposizioni.

Le censure investono, in particolare: l'art. 1, che dispone l'istituzione di un "Comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico" nonché la costituzione, presso il Ministero dell'agricoltura e foreste, di un "Fondo per la ristrutturazione e il risanamento del settore zootecnico", per la cui dotazione viene stabilito (all'art. 8) lo stanziamento di lire 340 miliardi; l'art. 2, che impegna il Comitato a redigere un programma nazionale di intervento nel settore zootecnico da rimettere alla approvazione del C.I.P.E.; l'art. 3, dove, nel disciplinare la composizione del Comitato, si prevede che solo tre dei suoi sette membri siano nominati dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome, in rappresentanza di tutti gli enti presenti nella Conferenza stessa; l'art. 4, che definisce i compiti del Comitato, attribuendo ad esso, tra l'altro, l'approvazione dei progetti di ristrutturazione e sviluppo delle imprese del settore zootecnico e la concessione dei relativi finanziamenti nonché la concessione di contributi per la capitalizzazione delle società cooperative e loro consorzi; infine, l'art. 5, dove si dispone la costituzione di una società per azioni, con capitale di maggioranza sottoscritto dal Ministero dell'agricoltura, per l'attuazione degli interventi decisi dal Comitato e per lo svolgimento di altri compiti di incentivazione e sostegno finanziario a favore delle imprese operanti nel settore.

Il complesso delle suddette disposizioni, secondo le ricorrenti, sarebbe tale da superare i confini del legittimo esercizio della funzione statale di indirizzo e coordinamento, determinando, con la previsione di provvedimenti puntuali di approvazione di progetti e di concessione di incentivi e finanziamenti, una invasione delle competenze riservate alle Province autonome: e questo tanto più ove si consideri che, in questa materia, la funzione di indirizzo e coordinamento risulterebbe già esercitata mediante la predisposizione ed approvazione da parte del C.I.P.E. del piano agricolo nazionale e di quello forestale, di cui all'art. 2 della legge 8 novembre 1986, n. 752. Né sarebbe giustificato, nel caso di specie, un intervento statale che, al di fuori della funzione di indirizzo e coordinamento, si ponesse a tutela di un preteso interesse nazionale, posto che un siffatto intervento potrebbe legittimamente esplicarsi solo a fronte di una esigenza unitaria, insuscettibile di frazionamento, in ordine alla quale sia urgente provvedere e sempre che l'intervento stesso si sostanzi in misure strettamente necessarie ed essenziali al perseguimento del fine: condizioni queste non ricorrenti, secondo le due Province autonome, nel caso in questione.

Infine, la legge impugnata risulterebbe lesiva della autonomia finanziaria delle due Province, di cui agli artt. 69 e seguenti dello Statuto, per aver stabilito che gli interventi finanziari in un settore di competenza provinciale esclusiva siano erogati da un organismo governativo quale il Comitato previsto dalla stessa legge, anziché attribuiti pro quota alle Province medesime. Tale previsione risulterebbe, in particolare, lesiva del principio di cui all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano con la riforma tributaria), approvata ai sensi dell'art. 104 dello Statuto, in base al quale le Province avrebbero dovuto partecipare alla ripartizione del Fondo istituito dalla legge impugnata, così come di ogni altro fondo speciale istituito "per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale".

2. - Con ricorso notificato il 25 maggio la Regione Emilia-Romagna ha impugnato gli artt. 1, primo e secondo comma, 3, 4, 5, 6 e 8 della stessa legge 9 aprile 1990, n. 87, per violazione degli artt. 117, primo comma, 118, primo comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione.

La Regione espone che in materia di zootecnia gli artt. 66 e 67 del d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616, hanno affermato la piena competenza regionale, ammettendo interventi dello Stato unicamente in relazione agli impianti di interesse nazionale e in attuazione di indirizzi fissati in sede di programmazione nazionale. Successivamente, la legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione degli interventi programmati in agricoltura) ha previsto una speciale disciplina per interventi statali a carattere "orizzontale". Tale assetto normativo, conforme al dettato costituzionale, risulterebbe irrazionalmente sconvolto, ad avviso della Regione, dalla legge impugnata che riattribuirebbe stabilmente ed organicamente allo Stato funzioni e finanziamenti già assegnati alle Regioni, senza alcun riferimento ad oggetti o interessi di carattere ultraregionale o ad interventi di natura straordinaria in grado di giustificare tali disposizioni.

In particolare, la Regione ritiene costituzionalmente illegittimi l'art. 1, primo comma, l'art. 4, primo comma, e l'art. 3 della legge n. 87 del 1990, in quanto attribuiscono alla competenza di organi statali compiti di programmazione, finanziamento e incentivazione che costituiscono parte integrante e fondamentale della materia "zootecnia", costituzionalmente spettante alla stessa Regione; l'art. 5, primo e secondo comma, e l'art. 6, in quanto prevedono l'affidamento di compiti di natura finanziaria nel settore zootecnico, di competenza regionale, ad una società di diritto privato controllata dal Ministero dell'agricoltura; l'art. 3, secondo comma, in quanto attribuisce al Comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico - del quale, peraltro, la Regione non contesta l'istituzione e l'esistenza - la titolarità di compiti di amministrazione attiva propri della Regione; l'art. 1, secondo comma, e 8, primo comma, lett. a), in quanto determinano lo stanziamento di fondi statali per gli interventi sopra detti anche attraverso il ritrasferimento al Ministero dell'agricoltura di fondi già assegnati alle Regioni dalla citata legge n. 752 del 1986. Osserva inoltre la Regione che non può essere riconosciuto allo Stato un potere di spesa nelle materie di competenza regionale non collegato all'esercizio di compiti statali non trasferiti.

3. - Si è costituito in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la infondatezza delle questioni sollevate.

In merito ai ricorsi proposti dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, l'Avvocatura dello Stato riferisce alla legge impugnata le caratteristiche di un intervento straordinario e temporaneo dello Stato, volto al risanamento ed alla ristrutturazione del settore zootecnico e delle imprese in esso operanti, per adeguarne la produzione e la commercializzazione alle esigenze del mercato. Tale intervento deve armonizzarsi (art. 2, primo comma, lett. b, n. 1) con il piano agricolo nazionale e con il piano di settore previsto dalla legge n. 752 del 1986 e si sostanzia in un programma che, ai fini dell'approvazione da parte del C.I.P.E., viene predisposto da un Comitato nel quale le Regioni e le Province autonome sono presenti con propri rappresentanti. Sarebbe pertanto assicurato il concorso delle Regioni e delle Province autonome alla elaborazione delle linee d'intervento così come allo svolgimento della fase attuativa, essendo previsto che le Regioni territorialmente interessate siano sentite per gli interventi attuati direttamente dal Comitato. Per quanto concerne poi gli interventi attuati tramite la società finanziaria di cui all'art. 5, essi non potrebbero essere realizzati che sulla base di direttive impartite dallo stesso Comitato, il quale, pur nel silenzio della legge, dovrebbe in ogni caso richiedere il parere delle Regioni e delle Province autonome in ordine a tali determinazioni.

Ad avviso dell'Avvocatura non sussisterebbe, infine, la pretesa violazione dell'autonomia finanziaria delle Province autonome, dal momento che la stessa viene riferita a norme, quali quelle contenute nella legge 30 novembre 1989, n. 386, che non hanno rango costituzionale e che si limitano a rinviare alle singole leggi istitutive per quanto concerne i criteri e le modalità della partecipazione delle Province alla ripartizione dei fondi speciali.

4. - Considerazioni del tutto analoghe sono svolte dalla difesa dello Stato anche in ordine al ricorso della Regione Emilia-Romagna.

Con riferimento a tale ricorso, l'Avvocatura riafferma che gli interventi previsti dalla legge, in quanto finalizzati alla regolazione del mercato, andrebbero inquadrati nell'ambito delle azioni richiedenti un livello nazionale unitario di gestione e, come tali, non inquadrabili nelle competenze trasferite alle Regioni dal d.P.R. n. 616 del 1977. Per quanto concerne poi la lamentata riappropriazione di fondi già assegnati alle Regioni, l'Avvocatura rileva che la legge impugnata, per il reperimento della copertura della spesa, in parte ha ridotto fondi già assegnati allo Stato dall'art. 4 della legge n. 752 del 1986 e in parte ha inciso, ma in termini trascurabili, sulla quota di riparto da assegnare a ciascuna Regione in base all'art. 3 della stessa legge.

5. - In prossimità dell'udienza le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Emilia-Romagna hanno presentato memorie per sviluppare i motivi del ricorso e controdedurre alle osservazioni dell'Avvocatura dello Stato.

Le Province autonome contestano, in particolare, che la legge impugnata possa legittimarsi come intervento di carattere straordinario e temporaneo, in quanto, al di là dei termini utilizzati, il contenuto effettivo delle sue disposizioni risulterebbe finalizzato ad un riassetto strutturale del settore e, quindi, alla realizzazione di una nuova disciplina permanente della materia. Né, d'altro canto, la disciplina impugnata potrebbe ritenersi riservata allo Stato in quanto inerente alla "regolazione del mercato agricolo" (art. 8, lett. f), d.P.R. n. 279 del 1974), dal momento che tale riserva riguarda soltanto gli interventi che hanno influenza diretta sui termini costitutivi del mercato, quali la domanda, l'offerta, i prezzi, i costi di produzione etc. (secondo quanto affermato nella sent. n. 994 del 1988).

Si ribadisce, inoltre, che la sottoposizione al C.I.P.E. del programma di cui all'art. 2 della legge impugnata, intervenendo solo in una fase successiva alla redazione del programma in questione, non risolverebbe l'illegittima esclusione delle Province autonome dalla partecipazione alle scelte programmatiche di settore così come, nella fase attuativa, le Province risulterebbero escluse da tutti gli interventi di cui all'art. 5 della legge.

Per quanto concerne, infine, le norme della legge n. 386 del 1989, si afferma che esse, pur prive di rango costituzionale, hanno carattere "rinforzato", per essere state approvate con la speciale procedura di cui all'art. 104 dello Statuto e pertanto non potrebbero essere abrogate o derogate da norme successive che non siano state adottate con la medesima speciale procedura.

6. La Regione Emilia-Romagna, nella propria memoria, contesta che l'impugnata disciplina possa essere ricondotta alla competenza statale di regolazione del mercato, essendo rivolta alla promozione della ristrutturazione delle imprese zootecniche e, quindi, proprio a quegli interventi sulle strutture agricole che l'art. 66, lettere d) e e), del d.P.R. n. 616 del 1977 attribuisce alla competenza regionale.

Le stesse caratteristiche degli interventi previsti sarebbero in contrasto con la pretesa temporaneità e straordinarietà degli stessi, mirando a realizzare compiti permanenti dell'azione pubblica nel settore agricolo.

Gli interventi stessi non avrebbero, infine, carattere aggiuntivo rispetto a quelli ordinariamente disciplinati dalla legge n. 752 del 1986, ma si porrebbero come sostitutivi rispetto ad essi ed alle relative competenze regionali.

 

Considerato in diritto

 

1. - I tre ricorsi investono numerose disposizioni della legge 9 aprile 1990, n. 87, recante "Interventi urgenti per la zootecnia". In particolare, i ricorsi promossi dalle Province autonome di Trento e di Bolzano impugnano di tale legge gli artt. da 1 a 5; il ricorso promosso dalla Regione Emilia-Romagna gli artt. 1, primo comma, in connessione con gli artt. 3, 4 e 5; 1, secondo comma, in connessione con l'art. 8; 3, secondo comma; 4, primo e terzo comma; 5, primo e secondo comma, in connessione con l'art. 6.

Poiché le questioni che vengono prospettate si presentano o identiche o analoghe o connesse, i ricorsi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia.

2. - La legge 9 aprile 1990, n. 87 assume come obbiettivo fondamentale "il risanamento e la ristrutturazione della produzione e della commercializzazione nel settore zootecnico", così da garantire l'adeguamento di tale settore, secondo criteri di economicità, alle esigenze del mercato.

A tal fine nella legge viene prevista la costituzione, presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, di un Comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico, affiancato da un Fondo speciale, di durata quinquennale, cui è attribuita la dotazione complessiva di 340 miliardi (art. 1). Il Comitato è presieduto dal Ministro dell'agricoltura ed è composto da tre rappresentanti dell'amministrazione statale e da tre rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome. L'organo dura in carica cinque anni ed attua gli interventi previsti dalla legge sia direttamente che tramite una società per azioni, con capitale sottoscritto per almeno il 51% dal Ministero dell'agricoltura e per la quota restante da istituti di credito di diritto pubblico, privati o cooperativi, da enti pubblici, anche territoriali, o da società il cui capitale sia per la maggioranza detenuta da imprenditori agricoli o loro organismi associativi (artt. 3 e 5).

Con riferimento alle funzioni, la legge conferisce al Comitato poteri sia di programmazione (art. 2) che gestionali (art. 4).

Sul piano della programmazione spetta al Comitato provvedere, previa verifica della situazione del settore, alla redazione di un programma di intervento diretto a formulare le linee generali di ristrutturazione del settore zootecnico nonché i criteri per la più efficace gestione delle risorse finanziarie destinate allo stesso settore. Il programma viene sottoposto dal Ministro all'approvazione del C.I.P.E. con il rispetto delle procedure di cui all'art. 2 della legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura).

Sul piano gestionale la legge attribuisce al Comitato il compito di approvare i progetti di ristrutturazione e sviluppo presentati dalle imprese operanti nel settore zootecnico; di disporre finanziamenti anche in conto capitale a favore di società ed imprese ritenute essenziali per le finalità della legge; di concedere contributi finalizzati alla capitalizzazione di società o loro consorzi; di concedere contributi sui mutui di cui all'art. 15, sedicesimo comma, della legge 4 marzo 1988, n. 67. Per questo complesso di interventi la legge prevede (art. 4, terzo comma) il parere, obbligatorio ma non vincolante, delle Regioni territorialmente interessate.

La società per azioni promossa dal Comitato, oltre a svolgere i compiti che lo stesso Comitato può affidarle, è autorizzata dalla legge ad accordare fideiussioni su operazioni creditizie; ad effettuare operazioni di provvista mediante ricorso al mercato; a concedere finanziamenti per interventi relativi ad azioni di risanamento e liquidazione di società; ad acquisire quote di partecipazione in altre società (art. 5).

La legge prevede, infine, alcune norme in tema di organizzazione di detta società (artt. 6 e 7) e di copertura degli oneri finanziari connessi all'attuazione dei vari interventi (art. 8).

3. - Questa disciplina viene impugnata nella sua quasi totalità dai ricorsi in esame.

In particolare, le Province autonome di Trento e di Bolzano - nell'ipotesi che la legge dovesse ritenersi applicabile anche ai loro territori - contestano: a) l'uso illegittimo della funzione di indirizzo e coordinamento statale in una materia (patrimonio zootecnico) riservata alla competenza esclusiva provinciale; b) l'assenza o l'insufficiente presenza delle Regioni e delle Province autonome negli organi e nelle procedure previste dalla legge; c) la lesione dell'autonomia finanziaria garantita alle Province dallo Statuto speciale, per avere la legge escluso le stesse - in violazione dell'art. 5, primo comma, della legge 30 novembre 1989, n. 386 - dalla ripartizione del Fondo speciale affidato al Comitato.

A sua volta la Regione Emilia-Romagna censura: a) la violazione delle competenze regionali nella materia della zootecnia, così come delineate negli artt. 66 e 67 del d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616 e nella legge 8 novembre 1986, n. 752; b) la lesione delle stesse competenze regionali attuata attraverso l'affidamento ad una società di diritto privato delle funzioni amministrative spettanti alla Regione; c) la lesione dell'autonomia finanziaria regionale per avere la legge impugnata ritrasferito all'amministrazione statale fondi già assegnati alle Regioni per interventi in agricoltura.

A tali censure la difesa dello Stato replica sottolineando in particolare: a) il carattere "straordinario e temporaneo" degli interventi previsti dalla legge nonché la loro connessione con l'"interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo"; b) l'adeguatezza della partecipazione regionale e provinciale ai vari strumenti, di programmazione e gestionali, previsti dalla legge; c) l'assenza di una lesione dell'autonomia finanziaria, sia con riferimento alla disciplina speciale posta dallo Statuto per le Province autonome che alla disciplina generale formulata dalla Costituzione per le Regioni ordinarie.

4. - Le questioni sollevate con i ricorsi in esame sono, in parte, fondate.

Va innanzitutto disattesa la tesi avanzata della difesa statale secondo cui la legge in contestazione verrebbe a realizzare un intervento di carattere "straordinario e temporaneo" e pertanto tale da giustificare - secondo principi ripetutamente affermati da questa Corte (cfr. sentt. n. 217 del 1988 e nn. 324, 399 e 459 del 1989) - una limitata compressione da parte dello Stato della sfera delle competenze costituzionalmente spettanti alle Regioni ed alle Province autonome. E invero è lo stesso impianto della legge n. 87, quale si viene a delineare attraverso le finalità ed i contenuti dalla stessa espressi, che non consente di riferire alla disciplina in esame - nonostante il titolo adottato dalla legge (dove si parla di "interventi urgenti") e la durata quinquennale prevista per l'operatività del Fondo e per l'azione del Comitato (art. 1, terzo comma, e art. 3, secondo comma) - le caratteristiche dell'intervento "straordinario e temporaneo". Basti solo considerare che la legge - destinata a operare per l'intero territorio nazionale - pone a proprio obbiettivo fondamentale una finalità, quale il riassetto del settore zootecnico, che non appare limitata nel tempo, tanto più che la stessa viene perseguita attraverso un "programma di intervento" collegato e coordinato agli ordinari strumenti di programmazione in materia di politica agricola disciplinati dalla legge 8 novembre 1986, n. 752.

Si aggiunga che gli interventi previsti dalla disciplina in esame a favore delle imprese operanti nel settore (finanziamenti in conto capitale; contributi per capitalizzazioni o per mutui; fideiussioni etc.) si vengono tutti a inquadrare nell'ordinaria azione di sostegno pubblico a favore di attività economiche socialmente rilevanti, senza alcun collegamento con fattori di carattere straordinario riconducibili al quadro di una particolare emergenza. In questa ottica, lo stesso assetto organizzativo previsto dalla legge con la costituzione del Comitato e del Fondo (di cui all'art. 1) tende ad assumere, nonostante il termine quinquennale apposto, una connotazione di stabilità, anche in relazione al fatto che lo strumento operativo attuato mediante la costituzione della società per azioni di cui all'art. 5 non risulta sottoposto ad alcun limite temporale.

Parimenti non può trovare accoglimento la tesi, sempre avanzata dall'Avvocatura dello Stato, che porterebbe ad individuare il fondamento della legge n. 87 in un "interesse di evidente carattere nazionale", quale quello inerente al "miglioramento delle condizioni del mercato" e, di conseguenza, ad applicare alla materia regolata da tale legge la riserva di competenza statale in tema di "regolazione del mercato" prevista dall'art. 71, primo comma, lett. b) del d.P.R. n. 616 del 1977 (e per le Province di Trento e Bolzano dall'art. 8, lett. f, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279). Se è vero, infatti, che la legge n. 87, nell'art. 1, richiama le "esigenze del mercato", è anche vero che il fine primario della disciplina in contestazione va comunque individuato non nella "regolazione del mercato", bensì nel "risanamento" e nella "ristrutturazione" delle imprese operanti nel settore zootecnico. La legge in questione non svolge, pertanto, quella "diretta influenza o incidenza sui termini costitutivi del mercato, quali la domanda e l'offerta, i prezzi, i costi di produzione, e così via", che questa Corte ha ritenuto di dover indicare come il presupposto fondamentale per la presenza di un intervento di "regolazione del mercato" di competenza statale (cfr. sentt. n.994 del 1988 e n. 433 del 1987), mentre non risulta, d'altro canto, sufficiente, a questo fine, il mero nesso strumentale che di volta in volta potrebbe essere individuato tra l'oggetto dell'intervento e la politica del mercato agricolo (cfr. sent. n. 304 del 1987).

Esclusa, dunque, la possibilità di riferire alla disciplina in esame sia la natura di intervento di carattere "straordinario e temporaneo" sia il carattere di normazione indirizzata alla "regolazione del mercato agricolo", la legge n. 87 del 1990 dovrà essere correttamente collocata nel quadro degli ordinari interventi attinenti alla programmazione di settore relativa alla materia agricola e forestale. Questo quadro, com'è noto, trova oggi la sua base normativa nella legge 8 novembre 1986, n. 752 (Legge pluriennale per l'attuazione di interventi programmati in agricoltura), dove si prevede l'adozione di un piano agricolo nazionale che viene ad articolarsi in vari strumenti (programma quadro; piani specifici di intervento; direttive di coordinamento). Non è, dunque, un caso che la legge n. 87 ponga al centro della propria disciplina la redazione da parte del Comitato di un "programma di intervento" destinato a definire le linee generali di ristrutturazione del settore zootecnico "in armonia con le finalità del piano agricolo nazionale e del piano specifico di intervento di cui all'art. 2 della legge 8 novembre 1986, n. 752", programma sottoposto all'approvazione del C.I.P.E. nel rispetto delle stesse procedure previste per il piano agricolo nazionale (art. 2, primo e secondo comma).

5. - Il richiamo al quadro di riferimento espresso dalla legge n. 752 del 1986 - che in varie sue disposizioni ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte (cfr. sent. n.1145 del 1988) - conduce innanzitutto ad escludere la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate sia nei confronti dei profili organizzativi che nei confronti delle competenze di programmazione, di cui agli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge n. 87.

E invero, sul piano delle norme costituzionali relative alla distribuzione delle competenze nella materia agricola e forestale, nulla si oppone al fatto che una legge statale, che intenda provvedere alla definizione di un sistema compiuto di programmazione settoriale di livello nazionale, possa procedere alla costituzione, nell'ambito dell'amministrazione centrale, di un organo speciale a composizione mista (nella specie, di un Comitato per la ristrutturazione del settore zootecnico), investito della verifica della situazione del settore e della conseguente redazione di un programma di intervento, amministrativo e finanziario, coordinato con altri strumenti programmatori di portata più ampia e destinato a porre principi e criteri direttivi di carattere generale, relativi al settore.

Così come, sempre sul piano costituzionale, non sussistono, in linea di principio, ostacoli al fatto che l'organo speciale possa avvalersi di un fondo, provvisto di una specifica dotazione, cui risulti affidato il compito, connesso all'attività di programmazione, di interventi aggiuntivi di interesse nazionale nelle materie spettanti alla competenza regionale o provinciale ovvero che allo stesso organo possa essere affiancata una struttura operativa di natura privata (società per azioni a prevalente partecipazione statale), destinata a operare nel mercato con gli strumenti propri del diritto privato.

In tutte queste ipotesi - rispecchiate negli artt., 1, 3 e 5 della legge impugnata - è il potere di autoorganizzazione dello Stato che viene in gioco e che consente al legislatore nazionale di adottare le forme e gli strumenti ritenuti più appropriati ai fini dell'esercizio di una competenza statale di programmazione o del perseguimento di un interesse che investe il livello nazionale.

Passando poi dal piano organizzativo a quello delle competenze, nessuna lesione della sfera regionale o provinciale è dato desumere dalla disciplina posta dall'art. 2 della legge n. 87 in tema di programmazione degli interventi nel settore zootecnico: e questo sia in relazione alla procedura di approvazione del "programma di intervento", che - ricalcando lo schema previsto dall'art. 2 della legge n. 752 del 1986 - prevede un doppio livello di partecipazione delle Regioni e delle Province autonome (attraverso la Commissione interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e attraverso il Comitato di settore di cui all'art. 2, quarto comma, della legge n. 752 del 1986); sia in relazione ai contenuti del programma, descritti dall'art. 2, primo comma, che, per il loro carattere di indirizzi generali, sono tali da non compromettere la sfera gestionale spettante alle Regioni, risultando altresì rispettosi (quantomeno nella loro astratta enunciazione) anche dei più rigorosi limiti operanti a favore della competenza di tipo esclusivo attribuita, in materia di agricoltura, alle Province autonome (cfr. sent. n. 1145 del 1988, par. 2.1 e 2.2).

6. - Sempre sul terreno delle competenze, diversa risulta, invece, la valutazione della disciplina posta nell'art. 4, primo e terzo comma, della legge impugnata.

L'art. 4, primo comma, conferisce, infatti, al Comitato compiti la cui assegnazione all'organo centrale non può trovare alcuna giustificazione né sul piano della funzione d'indirizzo e coordinamento né su quello del possibile perseguimento di un interesse di carattere nazionale. L'approvazione dei progetti di ristrutturazione e sviluppo presentati dalle imprese di allevamento, produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti zootecnici; la concessione di finanziamenti anche in conto capitale necessari a coprire non più del settanta per cento dei costi inerenti ai piani di ristrutturazione e di sviluppo approvati dal Comitato; la concessione alle cooperative ed ai loro consorzi di contributi finalizzati alla capitalizzazione; la concessione di contributi sui mutui di cui all'art. 15, comma sedici, della legge n. 67 del 1988, sono, tutti, interventi di natura concreta e puntuale che, ove non risultino giustificati dalla presenza di un comprovato interesse di carattere nazionale, si presentano lesivi delle attribuzioni spettanti, in materia di agricoltura, alle Regioni ed alle Province autonome. Né tale lesione può essere superata mediante la previsione - espressa nel terzo comma dello stesso art. 4 - di un parere (obbligatorio, ma non vincolante) delle Regioni territorialmente interessate a tali interventi, dal momento che l'esercizio delle competenze gestionali spettanti alle Regioni ed alle Province autonome non può essere in alcun caso degradato, in assenza di un interesse nazionale idoneo a giustificare lo spostamento di competenza, a mera attività consultiva.

7. - L'illegittimità rilevata nei confronti dell'art. 4, primo e terzo comma, della legge n. 87 del 1990 è destinata a riflettersi anche sull'art. 3, secondo comma, della stessa legge, nella parte in cui prevede che "il Comitato.. .. .., attua i suoi interventi sia direttamente che per il tramite della società per azioni costituita ai sensi dell'art. 5". E invero, stante la coincidenza - desumibile dall'esame sistematico della legge - tra gli interventi richiamati nell'art. 3, secondo comma, e quelli elencati nell'art. 4, la dichiarazione d'incostituzionalità relativa a quest'ultima norma non potrà non estendere i suoi effetti anche alla disciplina posta nell'art. 3, secondo comma, in quanto destinata a regolare le modalità di esercizio (diretto o indiretto) dei vari interventi di carattere operativo indebitamente affidati dall'art. 4 allo stesso Comitato.

Per lo stesso motivo va altresì dichiarata l'illegittimità dell'art. 5, secondo comma, della legge, nella parte in cui prevede che la società per azioni svolga a favore dei beneficiari degli interventi previsti dalla legge "i compiti affidatigli dal Comitato di cui all'art. 1". Anche in questo caso, infatti, i "compiti" di cui parla la norma, in assenza di una specifica individuazione, non potranno non coincidere con quelle stesse competenze di natura operativa che l'art. 4 assegna al Comitato, in violazione di attribuzioni spettanti alla sfera regionale e provinciale. E invero la facoltà che va riconosciuta allo Stato di poter intervenire con strumenti di natura privatistica e finanziaria in settori affidati alla competenza delle Regioni e delle Province autonome non può estendersi fino al punto di consentire lo svolgimento, attraverso una società di diritto privato a prevalente partecipazione statale, di attività connesse a funzioni amministrative illegittimamente sottratte alla sfera delle attribuzioni costituzionali dei soggetti di autonomia. In questo caso il ricorso allo strumento privatistico, determinando quanto meno un aggiramento del limite costituzionale, anziché giustificare, finisce, infatti, nella sostanza, per aggravare l'illegittimità della sottrazione operata.

8. - Vanno, infine, esaminate le censure che i ricorsi prospettano, sotto profili diversi, in relazione all'asserita lesione dell'autonomia finanziaria spettante alle Province ed alla Regione ricorrenti.

Per quanto riguarda le Province autonome di Trento e di Bolzano, la censura viene riferita al fatto che i finanziamenti previsti dalla legge n. 87 per un settore affidato alla competenza esclusiva delle ricorrenti, anziché essere assegnati pro quota alle stesse, vengano erogati dal Comitato o direttamente o attraverso la costituenda società per azioni. Così disponendo, la legge verrebbe a violare le norme contenute nel titolo VI dello Statuto speciale (artt. 69 ss. d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), anche in relazione all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 366 (approvata con la procedura "rinforzata" di cui all'art. 104, primo comma, dello Statuto, previa "concorde richiesta" del Governo e delle Province), dove si prevede la partecipazione delle Province autonome "alla ripartizione dei fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di partecipazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale".

La questione non risulta fondata.

Se è vero, infatti, che l'art. 5 della legge n. 386 del 1989 esprime una norma "rinforzata" insuscettibile di essere derogata da leggi successive non adottate con lo stesso procedimento, è anche vero che, nella fattispecie in esame, la norma stessa non può ritenersi applicabile, date le caratteristiche proprie del fondo speciale istituito con la legge n. 87 del 1990.

Il Fondo di cui alla legge n. 87 non risulta, infatti, destinato a garantire "livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale", bensì ad incentivare le imprese impegnate nel risanamento e nella ristrutturazione delle proprie attività connesse al settore zootecnico, venendo a perseguire un obbiettivo che, in linea preminente, non è di politica sociale, ma di politica economica. Mancano, di conseguenza, i presupposti oggettivi per assimilare il Fondo in questione a quelli richiamati nell'art. 5 della legge n. 386.

La Regione Emilia-Romagna, a sua volta, lamenta la lesione della propria sfera di autonomia finanziaria, contestando il finanziamento del Fondo di cui alla legge n. 87 sia nel suo complesso, per la sua attinenza a funzioni di spettanza regionale, sia con riferimento alla parte, pari a 140 miliardi, coperta, ai sensi dell'art. 8, primo comma, lett. a), mediante la riduzione delle somme di cui all'art. 3 della legge n. 752 del 1986, con il "ritrasferimento" al Ministero dell'agricoltura di fondi già assegnati alle Regioni da tale legge.

La questione risulta fondata limitatamente a quest'ultima censura.

L'art. 8 della legge impugnata prevede, per l'attuazione delle finalità perseguite dalla stessa legge, uno stanziamento complessivo di 340 miliardi distribuito su due esercizi (1989 e 1990) e coperto, per il 1990, con l'imputazione di 280 miliardi a carico dell'autorizzazione di spesa prevista per tale anno dall'art. 1, comma primo, della legge 8 novembre 1986, n. 752 "intendendosi corrispondentemente ridotta di lire 140 miliardi ciascuna delle somme di cui agli artt. 3 e 4 della stessa legge n. 752 del 1986". Ora, è vero che la Costituzione non vieta che nuove leggi statali intervengano a modificare la legislazione preesistente, anche per quanto riguarda i proventi attribuiti dallo Stato alle Regioni (sent. n. 245 del 1984, par. 3) e che - come rileva la difesa statale - la riduzione di spesa operata a carico dell'art. 4 della legge n. 752 non è tale da dar luogo a lesioni dell'autonomia finanziaria regionale, venendo a incidere solo sull'esercizio di competenze statali (azioni a carattere "orizzontale" promosse dal Ministero a sostegno dell'agricoltura nazionale): ma questo non toglie che la sottrazione dell'importo di 140 miliardi dal finanziamento previsto nell'art. 3 della legge n. 752 possa, invece, incidere su tale autonomia, per il fatto di utilizzare - come rilevato dalla stessa Commissione parlamentare per le questioni regionali, con il parere espresso in data 21 febbraio 1990 sul disegno di legge - risorse già destinate, per l'anno 1990, alle Regioni ed alle Province autonome con riferimento a interventi nel settore agricolo di competenza regionale e provinciale. In questo caso la lesione dell'autonomia finanziaria rappresenta la conseguenza della riduzione, operata nel corso dell'esercizio annuale, di una somma da tempo stanziata, in relazione allo stesso esercizio, a favore delle Regioni e delle Province autonome per interventi connessi a competenze rimaste invariate. Una riduzione di risorse disposta in questi termini non può, infatti, non determinare uno squilibrio nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni ed alle Province autonome, stante la sua possibile incidenza su programmi di intervento e di spesa già adottati e in corso di svolgimento.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, primo e terzo comma, della legge 9 aprile 1990, n. 87; dell'art. 3, secondo comma, della stessa legge, nella parte in cui prevede che il Comitato "attua i suoi interventi sia direttamente che per il tramite della società per azioni costituita ai sensi dell'art. 5"; dell'art. 5, secondo comma, della stessa legge, nella parte in cui prevede che la società per azioni svolge a favore dei beneficiari degli interventi previsti dalla legge "i compiti affidatile dal Comitato di cui all'art. 1"; dell'art. 8, primo comma, lett. a) della stessa legge, nella parte in cui riduce di 140 miliardi la somma di cui all'art. 3 della legge 8 novembre 1986, n. 752;

Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge 9 aprile 1990, n. 87, sollevate, in riferimento agli artt. 8, n. 21, 9, n. 3 e n. 8, 16, 69 ss. e 104, primo comma, dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe;

Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi primo e secondo, 3, 5, 6 e 8 della legge 9 aprile 1990, n. 87, sollevate, in riferimento agli artt. 117, comma primo, 118, comma primo e 119, commi primo e secondo, della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 15 marzo 1991.