SENTENZA N. 483
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO "
Prof. Gabriele PESCATORE "
Avv. Ugo SPAGNOLI "
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA "
Prof. Antonio BALDASSARRE "
Prof. Vincenzo CAIANIELLO "
Avv. Mauro FERRI "
Prof. Luigi MENGONI "
Prof. Enzo CHELI "
Dott. Renato GRANATA "
Prof. Giuliano VASSALLI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) promossi con ricorsi della provincia autonoma di Bolzano, della regione autonoma della Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Trento notificati il 15 febbraio 1991, depositati in cancelleria il 20, 22 e 25 febbraio 1991 ed iscritti rispettivamente ai nn. 6, 9 e 11 del registro ricorsi 1991;
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1991 il giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la provincia autonoma di Bolzano, Gustavo Romanelli per la regione autonoma della Valle d'Aosta e Valerio Onida per la provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - La legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) è stata impugnata, con distinti ricorsi, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dalla regione autonoma Valle d'Aosta, che ne hanno censurato norme, in parte coincidenti e in parte diverse, lamentando la violazione di più parametri costituzionali.
2. - La provincia autonoma di Trento, nella parte espositiva del suo ricorso, ricorda che la legge 29 maggio 1982, n. 308 (Norme sul contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi) dettò norme per l'erogazione di contributi e incentivi nel settore specifico, disponendo la delega indistintamente alle regioni e alle province autonome delle relative funzioni amministrative e conferendo alle stesse una potestà legislativa di attuazione; tali disposizioni, peraltro, venivano ad interessare oggetti che la legge stessa riconosceva ricompresi nelle materie di competenza provinciale, avendo fatto espressamente salve, in apposita disposizione, le competenze delle due province autonome.
Avverso quella disciplina fu proposto ricorso dalle stesse province autonome e, nelle more del giudizio, sopravvenne la legge 21 aprile 1983, n. 127 (Salvaguardia della competenza delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di contenimento dei consumi energetici e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), che espressamente riconosceva le attribuzioni proprie delle due province nello specifico settore, sottraendole così alla disciplina della delega prevista in via generale dalla precedente legge n. 308 del 1982.
La ricorrente ricorda, altresì, che la disciplina della materia è oggi, nel proprio territorio, organicamente contenuta in un testo coordinato delle leggi provinciali che si sono succedute nel tempo (decreto del presidente della giunta provinciale 24 settembre 1986, n. 9-33/Legisl.) oltre che nella legge provinciale 22 dicembre 1980, n. 42.
La legge n. 10 del 1991 avrebbe ora, ad avviso della provincia ricorrente, nuovamente accentrato in capo allo Stato la potestà normativa e gli interventi anche in materie di competenza provinciale, senza più disporre la salvaguardia delle attribuzioni, costituzionalmente garantite, così come aveva provveduto a fare appunto la ricordata legge n. 127 del 1983.
Ciò premesso, e passando al merito delle singole censure, la ricorrente in via cautelativa denuncia l'art. 4, primo, terzo e quinto comma, della legge che, prevedendo la emanazione di regolamenti statali (sia pure "sentite" - ma non in tutti i casi - le regioni e le province autonome), destinati a dettare criteri e norme in settori di materie in tutto o in parte di competenza provinciale, lederebbe le proprie competenze statutarie. Ciò avverrebbe nonostante che l'art. 16, secondo comma, della stessa legge disponga la salvaguardia delle attribuzioni provinciali, poiché tale salvaguardia sarebbe pur sempre limitata dal rispetto delle "prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale contenute nella .. legge e nelle direttive del CIPE". Poiché è dubbio se una siffatta disposizione consenta alla provincia di dettare norme anche in deroga ai detti regolamenti statali nelle materie di propria competenza, ovvero se tutte le disposizioni regolamentari statali debbano intendersi quali "prescrizioni tecniche" nel senso di cui sopra, e quindi inderogabili dalla provincia - come può desumersi anche dalla previsione (contenuta nel primo e terzo comma, e non invece nel quinto comma) del parere preventivo della provincia - nell'ipotesi in cui gli artt. 4 e 16, nel loro combinato disposto, debbano interpretarsi nel secondo dei sensi indicati, si avrebbe una palese lesione delle competenze provinciali riconosciute dall'art. 8, nn. 5, 10, 18, 21, dello statuto (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) nelle materie, rispettivamente, dell'urbanistica, dell'edilizia, dei trasporti pubblici di interesse provinciale, nonché degli impianti di interesse agricolo, zootecnico e forestale.
Anche l'art. 5 della legge è oggetto di gravame, là dove prevede che la provincia addivenga ad una "intesa" con l'ENEA, per l'individuazione dei bacini idonei agli interventi di uso razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, ed ad un "coordinamento" con lo stesso ente statale per la predisposizione del relativo piano provinciale. La previsione di siffatte forme anomale di raccordo tra un ente politico territoriale, quale la provincia, e un ente funzionale tecnico, qual è l'ENEA, sarebbe di per sé lesiva dell'autonomia provinciale, per di più considerando che il quarto comma dello stesso art. 5 prevede il potere sostitutivo del Ministro dell'industria, in caso di inadempimento della provincia trascorsi i termini ivi indicati (180 giorni dall'entrata in vigore della legge), inadempimento che può anche dipendere dalla impossibilità di addivenire all'intesa a causa dell'eventuale disaccordo dell'ENEA.
Inoltre, l'ipotizzato potere sostitutivo non avrebbe i requisiti di legittimità indicati dal giudice delle leggi, sia perché attiene ad un atto di programmazione dal contenuto largamente discrezionale, sia perché è affidato a un singolo ministro su proposta di un organismo tecnico, anziché al Governo, sia infine perché è esercitato senza alcuna previa diffida.
Specifiche censure vengono poi rivolte all'art. 9 della legge, che, disponendo la delega alla provincia in tema di concessione ed erogazione dei contributi previsti dagli artt. 8, 10 e 13, concernenti interventi nell'edilizia e nei settori industriale, artigianale, terziario e agricolo, riproporrebbe un sistema (competenza nella materia allo Stato e delega dell'esercizio delle funzioni alla provincia) già censurato in passato e superato, con l'esplicito riconoscimento della competenza provinciale, dalla ricordata legge n. 127/1983.
La norma impugnata sarebbe pertanto in contrasto con l'art. 8 dello statuto per quanto concerne l'urbanistica (n. 5), l'edilizia (n. 10), l'artigianato (n. 9), le comunicazioni e i trasporti di interesse provinciale (n. 18), il turismo e l'industria alberghiera (n. 20), l'agricoltura (n. 21) e con l'art. 9 dello statuto per quanto attiene al commercio (n. 3), agli esercizi pubblici (n. 7), all'incremento della produzione industriale (n. 8).
Dopo aver ricordato che le varie categorie di contributi richiamate dalla disposizione censurata sono attualmente previste e disciplinate, nel territorio provinciale, dal citato testo unico, e precisamente dagli artt. 3- bis , 3- ter , 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, la ricorrente rileva che la disciplina statale è per di più contraddittoria rispetto all'espresso riconoscimento delle competenze della provincia autonoma operato dall'art. 16, secondo comma, della stessa legge n. 10.
Quanto all'art. 18 della legge - nella parte in cui disciplina le modalità di concessione ed erogazione di taluni contributi a favore di soggetti che producono energia elettrica per usi propri o per cederla all'ENEL, e affida ad un decreto ministeriale la fissazione dei criteri di valutazione delle domande di finanziamento - la provincia ricorrente osserva che la disposizione impugnata non differenzia in alcun modo i detti contributi distinguendoli, come invece fa l'art. 14, terzo comma, richiamato nella norma censurata, tra quelli di competenza statale e quelli di competenza provinciale. Ove pertanto non fosse possibile, in via interpretativa, dare alla norma un significato conforme alle disposizioni che garantiscono l'autonomia della provincia, sarebbe ravvisabile l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 in questione per violazione dell'art. 9, n. 9, dello statuto che attribuisce alla provincia la materia della utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
2. - La provincia autonoma di Bolzano, nel suo ricorso, impugna numerose norme della legge n. 10 del 1991 (e, segnatamente, gli artt. 2, primo comma, 4, primo, terzo, quarto e quinto comma, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38) per violazione di molteplici parametri costituzionali, svolgendo considerazioni solo in parte coincidenti con quelle contenute nel ricorso dell'altra provincia autonoma.
Ricordato che la materia regolata dalla legge n. 10 è disciplinata, nel territorio provinciale, oltreché da disposizioni del c.d. pacchetto per l'Alto Adige (misure 30 e 118), da specifiche norme statutarie (artt. 12, 13 e 14), dalle relative norme di attuazione (d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381 e 26 marzo 1977 n. 235), dal sistema finanziario provinciale (titolo VI dello statuto, modificato con legge 30 novembre 1989 n. 386), da leggi statali di principio che derogano alla disciplina nazionale ( tra cui la legge 12 aprile 1983 n. 127), ed infine dalla legge provinciale 5 maggio 1987 n. 11, che reca nuove norme sul contenimento dei consumi energetici e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, la provincia ricorrente denuncia in primo luogo l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge che, subordinando l'esercizio delle competenze provinciali alle direttive del CIPE per il coordinato impiego degli strumenti di intervento nella specifica materia e limitandosi a prevedere che le province autonome siano soltanto "sentite" nell'adozione delle dette direttive, violerebbe (oltre agli altri parametri sopra citati, anche) l'art. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24 e 28, e l'art. 9, nn. 3, 8, 9, 10 e 11, dello statuto speciale, che riconoscono competenze, rispettivamente, primarie e secondarie nelle diverse materie ivi indicate, nonché gli artt. 16, primo comma, 104 e 107 del medesimo statuto.
In particolare la ricorrente sottolinea che l'art. 9 delle norme di attuazione, recate dal d.P.R. 26 marzo 1977 n. 235, in materia di produzione e distribuzione di energia idroelettrica, prevede la costituzione di un comitato paritetico composto di rappresentanti dello Stato e della provincia, al quale è affidata, tra le altre, una competenza del tutto identica a quella attribuita al CIPE dalla norma impugnata.
Nel ricorso si sostiene, poi, che l'art. 4, della legge - prevedendo l'adozione di regolamenti governativi per definire i criteri generali tecnico-costruttivi per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata (primo comma), per gli impianti di interesse agricolo, zootecnico e forestale (terzo comma), nonché le modalità di contenimento dei consumi energetici in materia di trasporti (quinto comma) - inciderebbe in materie affidate alla competenza primaria della provincia in forza dell'art. 8, nn. 3, 5, 6, 10 e 17, dello statuto (tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare; urbanistica e piani regolatori; tutela del paesaggio; edilizia sovvenzionata; viabilità e acquedotti), dello stesso art. 8, nn. 9, 16 e 21 (artigianato; alpicoltura e parchi; agricoltura e foreste), e ancora dell'art. 8, nn. 17 e 18 (viabilità, comunicazioni e trasporti).
Inoltre il quarto comma del medesimo art. 4, che prevede l'adozione di un analogo regolamento governativo per la fissazione dei criteri di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione degli impianti termici e aspetti connessi, invaderebbe ad avviso della ricorrente la competenza provinciale, dal momento che la materia è già compiutamente disciplinata dall'art. 9 delle norme di attuazione recate dal d.P.R. 26 marzo 1977 n. 235 e dalla ricordata legge provinciale n. 11 del 1987. L'illegittimità costituzionale deriverebbe, pertanto, dalla violazione delle citate norme di attuazione.
Nel ricorso, poi, è impugnato l'art. 5 della legge che, imponendo alla provincia l'individuazione di bacini (primo comma) e la predisposizione di un piano (secondo comma), rispettivamente, "d'intesa" e "in coordinamento" con l'ENEA, oltreché, per quanto concerne la predisposizione del piano, "d'intesa" con gli enti locali, e prevedendo il potere sostitutivo del Ministro dell'industria anziché del Governo, senza alcun preavviso alla provincia (quarto comma) ed infine imponendo ai comuni determinati adempimenti (quinto comma), si porrebbe in contrasto con gli artt. 8, n. 24 (opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria), 9 n. 9 (utilizzazione delle acque pubbliche per piccole derivazioni a scopo idroelettrico), e 8, nn. 5 (urbanistica) e 10 (edilizia) dello statuto, oltreché con l'art. 14, ultimo comma, del medesimo statuto, ai sensi del quale per le grandi derivazioni l'utilizzazione delle acque pubbliche avviene in base ad un piano generale stabilito d'intesa tra lo Stato e la provincia in un apposito comitato paritetico.
L'art. 8 della legge sarebbe poi viziato di incostituzionalità perché sottrarrebbe alla competenza provinciale la potestà di concedere agevolazioni a sostegno di diversi settori, prevedendo soltanto la delega per l'esercizio delle relative funzioni amministrative, in violazione degli artt. 8, nn. 9, 17, 18, 20, 21 (artigianato, viabilità, turismo, agricoltura), 9, nn. 3 e 11 (commercio, sport), 15 (assegnazione alla provincia di quote di stanziamenti statali per l'incremento delle attività industriali) e 16, primo comma (potestà amministrativa della provincia), dello statuto.
Analoghe censure sono rivolte all'art. 9 della legge e agli artt. 10 e 13 ivi richiamati, che disciplinerebbero settori ricompresi in materie affidate alla competenza primaria o secondaria della provincia. In particolare l'art. 9 violerebbe anche l'art. 5 della legge sulla finanza regionale e provinciale (l. n. 386 del 1989) - che è una legge rinforzata, in quanto varata d'intesa con la provincia - ove si prevede l'assegnazione pro-quota degli stanziamenti e non un sistema in cui la provincia raccoglie e trasmette soltanto domande di finanziamento e, sulle somme residue, decide direttamente il solo ministro.
Egualmente incostituzionali sarebbero gli artt. 17 e 18 della legge che, dettando le modalità di concessione, cumulo e revoca dei contributi in settori di competenza provinciale, si porrebbero in contrasto con gli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24 e 28, 9, nn. 3, 8, 9, 10 e 11, 12, 13, 14, 15 e 16, primo comma, dello statuto.
Da ultimo è impugnato l'art. 38 della legge che dispone la ripartizione e la riduzione dei fondi in violazione del titolo VI dello statuto (autonomia finanziaria provinciale) e della legge rinforzata n. 386 del 1989.
3. - La regione autonoma Valle d'Aosta impugna gli artt. 2, primo comma, 4, primo, terzo e quinto comma, 5, primo, secondo, quarto e quinto comma, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38 della legge n. 10 del 1991, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 12 dello statuto (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) e delle norme di attuazione recate dal d.P.R. 27 dicembre 1985 n. 1142 in materia di industria, commercio, produzione e trasformazione di energia.
In più la ricorrente invoca, quale ultimo parametro, la violazione dell'art. 116 della Costituzione perché la legge sospetta di incostituzionalità, quando fa riferimento alla preventiva consultazione delle regioni, pone quelle a statuto speciale sullo stesso piano di quelle a statuto ordinario, senza considerare la particolare autonomia delle prime.
4. - In tutti e tre i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con autonomi atti, nei quali ricorda in via generale che la legge impugnata è attuativa del piano energetico nazionale e costituisce, unitamente alla coeva legge n. 9 del 1991, un complesso organico e coordinato di norme dettate in riferimento ad un programma di grande interesse nazionale, che supera e assorbe ogni interesse locale e settoriale.
Per quanto riguarda i ricorsi delle province autonome di Trento e di Bolzano, l'Avvocatura generale dello Stato ne contesta la fondatezza sottolineando: che alcune censure si rivolgono avverso norme di carattere tecnico, rispondenti ad esigenze generali del paese, di esclusiva competenza statale; che sono tutt'altro che irrazionali forme di raccordo operativo con l'ENEA, ente pubblico con funzioni dello Stato dotato di specifica e primaria competenza tecnica; che il previsto potere sostitutivo dello Stato è esercitato pur sempre sentendo gli enti locali interessati; che i contributi disposti dalla legge sono di carattere aggiuntivo rispetto a quelli provinciali e la funzione di erogazione con fondi statali ben può essere oggetto di delega; che alcune delle materie invocate nei ricorsi sono affidate alla competenza concorrente delle province autonome di Trento e di Bolzano, da esercitarsi nel rispetto dell'interesse nazionale e dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato; che anche le invocate competenze primarie sono condizionate dal perseguimento dell'interesse nazionale e dall'attuazione delle riforme economico-sociali, tra le quali può legittimamente ricomprendersi il nuovo piano energetico nazionale; che, infine, in relazione all'impugnativa dell'art. 38 della legge, non è consentito alle ricorrenti avanzare pretese circa il mantenimento di stanziamenti già disposti, quando i vecchi benefici siano assorbiti in quelli nuovi di maggiore spessore e funzionalità.
In relazione, invece, alle questioni sollevate dalla regione autonoma Valle d'Aosta, la difesa dello Stato ne sostiene la inammissibilità, in quanto non sarebbero specificate le singole censure mosse alle varie disposizioni della legge; nel merito, comunque, ne sostiene la infondatezza per gli stessi motivi svolti negli altri giudizi.
5. - In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie la provincia autonoma di Bolzano, la regione della Valle d'Aosta e la difesa dello Stato per ribadire le rispettive tesi.
6. - Sempre in prossimità dell'udienza, ma comunque tardivamente, la società Edison ha depositato tre atti di intervento nei quali chiede, in via preliminare, che la Corte si pronunci sull'ammissibilità degli stessi, in riferimento all'art. 24 della Costituzione e al principio del contradditorio; nel merito, svolge considerazioni sia d'ordine generale sul significato della legge, sia in relazione alle singole censure.
Considerato in diritto
1. - Le province autonome di Trento e di Bolzano e la regione autonoma Valle d'Aosta hanno impugnato alcune norme della legge 9 gennaio 1991, n.10 (Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) perché avrebbero, in violazione di numerosi parametri costituzionali, invaso le competenze legislative ed amministrative riconosciute dai rispettivi statuti nelle materie da esse disciplinate.
Le censure contenute nel ricorso della provincia autonoma di Trento riguardano gli artt. 4, primo, terzo e quinto comma, 5, 9, primo comma, e 18 della legge, che violerebbero gli artt. 8, nn. 5, 9, 10, 17, 18, 20, 21 e 28; 9, nn. 3, 8, 9, 11; 16 dello statuto speciale nonché le norme del titolo VI dello stesso statuto, concernente l'autonomia finanziaria provinciale, e le relative norme di attuazione.
La provincia autonoma di Bolzano nel proprio ricorso censura norme in parte identiche e in parte diverse, e precisamente gli artt. 2, primo comma, 4, primo, terzo, quarto e quinto comma, 5, primo, secondo, quarto e quinto, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38 della legge, per violazione degli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 15; 16, primo comma; 104 e 107 dello statuto e delle relative norme di attuazione, di cui in particolare i d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e 26 marzo 1977, n. 235, nonché "delle disposizioni della legge 30 novembre 1989, n. 386 e dell'articolo unico della legge 21 aprile 1983, n. 127".
La regione autonoma Valle d'Aosta denuncia sia la legge nel suo complesso che in particolare gli artt. 2, primo comma, 4, primo, terzo e quinto comma, 5, primo, secondo, quarto e quinto comma, 8, 9, 10, 13, 17, 18 e 38, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 12 dello statuto regionale nonché dell'art. 116 della Costituzione, sostenendo la lesione di proprie competenze primarie e concorrenti in diverse materie e il mancato rispetto della propria posizione quale soggetto ad autonomia differenziata.
2. - Le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei tre ricorsi sono in parte coincidenti, in parte analoghe e comunque connesse, onde i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3.1. - Preliminarmente devono essere dichiarati inammissibili, in quanto in ogni caso tardivi, i singoli atti di intervento depositati nella cancelleria di questa Corte in data 2 ottobre 1991 dalla Edison s.p.a. nei giudizi relativi ai tre ricorsi.
3.2. - Deve poi essere esaminata la eccezione di inammissibilità delle questioni proposte dalla regione autonoma Valle d'Aosta, formulata dall'Avvocatura generale dello Stato all'atto della sua costituzione in giudizio, sotto il profilo che non sarebbero specificate le singole censure mosse alle varie disposizioni di legge, ma verrebbero solo, nell'impugnativa, formulate "ipotesi di contrasto di un gruppo di norme statali con un complesso di norme dello statuto speciale".
L'eccezione deve essere accolta perché la ricorrente si limita ad affermare che la legge e, in particolare, dieci articoli di essa sarebbero "gravemente lesivi delle competenze primarie e concorrenti della regione autonoma .. essendo stata ignorata la posizione riconosciuta .. da norme di rilevanza costituzionale ed essendo state disattese le norme dello statuto che la prevedono". Quindi il ricorso, dopo avere fatto riferimento a dieci articoli dello statuto, prosegue con l'elencazione delle materie affidate alla competenza regionale (urbanistica, artigianato, edilizia, tutela del paesaggio, flora e fauna, agricoltura e foreste, acquedotti e lavori pubblici, turismo e industria alberghiera, comunicazione e trasporti, opere idrauliche ed utilizzazione delle acque pubbliche, edilizia scolastica, concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico) senza specificare, se non per alcune ed in modo del tutto insufficiente, le singole questioni, che non risultano perciò sollevate ciascuna in riferimento allo specifico parametro statutario di riferimento, onde l'inammissibilità della parte del ricorso concernente le censure rivolte contro i vari articoli della legge.
3.3. - La Corte, poi, rileva d'ufficio l'inammissibilità della questione sollevata dalla regione Valle d'Aosta nei confronti della legge nel suo complesso: data la genericità della censura, non è possibile difatti configurare i precisi termini della questione che si è inteso proporre.
Al riguardo e in via generale, questa Corte ha più volte affermato (sentenze nn. 517 del 1989, 998, 1111 del 1988, 459 del 1989 e 85 del 1990) che in ogni questione di costituzionalità sollevata nei ricorsi in via principale, l'onere della motivazione ha la sua giustificazione logica nell'esigenza di dedurre il presupposto della impugnazione, onde consentire il vaglio in limine litis della concreta sussistenza dello specifico interesse a ricorrere in relazione alle singole disposizioni impugnate, nonché nella esigenza di determinare l'oggetto della questione sottoposta al giudizio di costituzionalità. Nel caso in esame le norme che compongono la legge n. 10 del 1991 non costituiscono un corpo unitario, sicché la motivazione, già insufficiente per le questioni riferite a singole norme, non può valere nei riguardi della legge nel suo complesso.
3.4. - Parimenti inammissibile è la questione sollevata, anch'essa dalla regione autonoma Valle d'Aosta, nei confronti dell'intera legge n. 10 del 1991, in riferimento all'art. 116 della Costituzione, nel rilievo che questa, nel prevedere la consultazione delle regioni, porrebbe sullo stesso piano quelle a statuto speciale e quelle a statuto ordinario. Osserva al riguardo la Corte che, oltre alla genericità dei motivi posti a fondamento della questione, in ogni caso le regioni a statuto speciale, diversamente da quanto è dato di riscontrare nella specie, possono invocare la salvaguardia di proprie competenze solo facendo riferimento alle norme statutarie che fissano i modi ed i limiti della loro competenza e, quindi, la sola circostanza che in una determinata disciplina esse siano state equiparate alle regioni a statuto ordinario è priva di conseguenze sul terreno della legittimità costituzionale, qualora non venga dedotta la violazione di precisi parametri statutari.
3.5. - Il ricorso della Valle d'Aosta, considerato in tutti i suoi aspetti, è perciò inammissibile.
4. - Per consentire, nel loro giusto inquadramento, l'esame delle questioni sollevate dalle province autonome, è utile precisare che la legge 9 gennaio 1991, n. 10, che rappresenta, unitamente alla coeva legge n. 9 del 1991, uno degli strumenti predisposti per l'attuazione del piano energetico nazionale (d'ora in avanti denominato PEN), reca norme in materia di risparmio energetico e di contenimento del consumo di energia negli edifici ed ha lo scopo, dichiarato nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge, di favorire, attraverso un uso razionale dell'energia, lo sviluppo economico-sociale del paese e la competitività del sistema produttivo nazionale, salvaguardando al tempo stesso le fondamentali esigenze di tutela dell'ambiente e della salute umana.
La normativa prevede, quindi, una serie di interventi, in linea con le indicazioni programmatiche del PEN, dirette "ad una stabile e sistematica gestione della offerta e anche della domanda di energia attraverso l'adeguamento delle normative, gli incentivi e gli interventi pubblici". Il titolo I reca la revisione della legislazione vigente (legge 29 maggio 1982, n. 308) in materia di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia; il titolo II introduce una nuova disciplina organica per il contenimento dei consumi negli edifici, in sostituzione della legge 30 aprile 1976, n. 373, e il titolo III detta le disposizioni finanziarie.
Da una constatazione di insieme, la legge si presenta quindi come diretta a realizzare un preminente interesse nazionale, di carattere generale, non suscettibile di frazionamento a livello locale, nel presupposto della rispondenza del risparmio energetico ad esigenze unitarie dell'economia del paese.
Tuttavia, pur in presenza di tali indubitabili esigenze unitarie, va anche considerato che il settore dell'energia incide su altri diversi settori sociali ed economici, di sviluppo produttivo e di benessere in genere, alcuni dei quali ricompresi nella sfera di competenza delle regioni o delle province autonome in relazione alle materie di loro spettanza.
In presenza di siffatta realtà si manifesta l'esigenza di un coordinamento procedimentale dei diversi enti pubblici di livello costituzionale titolari di proprie attribuzioni, da attuarsi mediante forme idonee a salvaguardare gli interessi pubblici non omogenei affidati alla cura dei vari enti pubblici nel rispetto del diverso grado di autonomia di ciascuno di essi, secondo il principio, più volte affermato da questa Corte, della leale collaborazione tra Stato e soggetti delle autonomie. Ed è alla luce di tali principi che deve essere affrontato l'esame delle specifiche questioni.
5.1. - L'art. 2 della legge, denunciato dalla provincia autonoma di Bolzano, prevede che il CIPE fissi le "direttive per il coordinato impiego degli strumenti pubblici di intervento e di incentivazione della promozione, della ricerca, dello sviluppo tecnologico, nei settori della produzione, del recupero e dell'utilizzo delle fonti rinnovabili di energia e del contenimento dei consumi energetici".
La norma dispone che molti soggetti partecipino al procedimento per la determinazione di dette direttive, e tra questi coinvolge anche le regioni e le province autonome, prevedendo all'uopo che esse vengano "sentite".
La doglianza della ricorrente muove dal rilievo che la norma, subordinando alle direttive del CIPE l'esercizio delle competenze provinciali dirette all'uso razionale dell'energia, al risparmio energetico e allo sviluppo delle relative fonti, si porrebbe in contrasto con le norme statutarie in materia di energia (artt. 12, 13 e 14), con quelle che indicano le competenze provinciali primarie e secondarie in numerose materie (artt. 8 e 9), con il principio del parallelismo tra competenze legislative e amministrative (art. 16), nonché con le misure 30 e 118 del c.d. pacchetto per l'Alto Adige e le relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 e 26 marzo 1977, n. 235, in materia di produzione e distribuzione di energia elettrica, le quali prevedono all'uopo un comitato misto paritetico di coordinamento delle esigenze nazionali e provinciali incaricato dei medesimi compiti attribuiti al CIPE dalla norma impugnata. Viene inoltre denunciata la violazione del titolo VI e degli artt. 104 e 107 dello statuto e "del principio sancito" dalla legge 21 aprile 1983, n. 127.
5.2. - La questione, considerata in riferimento ai vari parametri invocati, non è fondata nei sensi che verranno qui precisati.
La norma impugnata, difatti, affida al CIPE di dettare direttive "per la coordinata attuazione del piano energetico nazionale al fine di raggiungere gli obiettivi di cui all'art. 1" e cioè quelli "di migliorare i processi di trasformazione dell'energia, di ridurre i consumi di energia e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell'utilizzo dell'energia a parità di servizio reso e di qualità della vita"; per il conseguimento di tali fini si indicano taluni strumenti, quali "l'uso razionale dell'energia, il contenimento dei consumi .., l'utilizzazione delle fonti rinnovabili .., la riduzione dei consumi specifici .. nei processi produttivi, una più rapida sostituzione degli impianti .., anche attraverso il coordinamento tra le fasi di ricerca applicata, di sviluppo dimostrativo e di produzione industriale".
Considerate, da un canto, la rilevanza sul piano nazionale delle finalità che la legge intende perseguire e, dall'altro, la complessità dei previsti interventi, che coinvolgono competenze statali e regionali nei diversi comparti economici interessati, appare ragionevole che il legislatore si sia dato carico di disporre il necessario coordinamento delle azioni e degli strumenti pubblici di intervento, affidando il compito di dettare le necessarie direttive, per la prima volta entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge e successivamente con cadenza almeno triennale, ad un organo interministeriale di programmazione (CIPE) coadiuvato dai pareri di una serie di altri ministri responsabili dei diversi settori interessati dalla nuova disciplina nonché delle regioni e delle province autonome.
Per queste considerazioni le competenze provinciali, nelle varie materie invocate dalla ricorrente mediante riferimento a più parametri, non possono ritenersi lese dalle funzioni attribuite al CIPE, proprio al fine di una coordinata attuazione del PEN e quindi per un indubbio interesse nazionale rivolto a più settori interessati ai problemi energetici, in una visione unitaria dei medesimi. Non può ritenersi, però, che le suddette funzioni affidate al CIPE sostituiscano quelle che le norme di attuazione (art. 9 d.P.R. n. 235 del 1977) attribuiscono al comitato misto paritetico di coordinamento per le attività elettriche, perché, nel silenzio della legge, devesi ritenere che siano in ogni caso fatte salve le competenze di detto comitato nei limiti in cui gli sono attribuite. E ciò perché le norme di attuazione sono espressione di una "competenza legislativa atipica" ( sentenza n. 224 del 1990) diretta a specificare la norma statutaria, esigendo il rispetto da parte del legislatore ordinario in virtù del carattere di norme interposte che in tal modo assumono. Di conseguenza, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà della norma impugnata, diretta ad escludere la competenza del comitato misto paritetico, la norma stessa deve essere interpretata nel senso di far salvi i compiti istituzionali attribuiti al comitato stesso nei limiti della materia che lo riguarda.
Resta quindi ferma la possibilità per la provincia autonoma, nel caso che le direttive del CIPE interferiscano in concreto con le competenze in tal modo garantite, di far valere le proprie ragioni in sede di conflitto di attribuzione.
6.1. - L'art. 4 della legge è impugnato da entrambe le province autonome nei commi primo, terzo e quinto, nonché, dalla sola provincia di Bolzano, anche nel comma quarto, assumendo entrambe le ricorrenti la invasione delle competenze legislative in materia urbanistica, edilizia, trasporti e impianti di interesse agricolo (art. 8 nn. 5, 10, 18 e 21 dello statuto) e delle connesse competenze amministrative (art. 16 dello statuto) ed inoltre (la sola provincia di Bolzano) la violazione delle proprie attribuzioni in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, tutela del paesaggio, artigianato, alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna, viabilità e acquedotti (art. 8, nn. 3, 6, 9, 16, 17), anche in relazione alle norme di attuazione (art. 9 d.P.R. 235 del 1977), queste ultime per il solo quarto comma impugnato.
Dispongono le norme che, per facilitare il raggiungimento degli obiettivi fissati nella legge, con regolamenti statali saranno definiti i criteri generali tecnico-costruttivi e le tipologie per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata, pubblica e privata (primo comma) e i criteri generali per la costruzione o la ristrutturazione degli impianti di interesse agricolo, zootecnico e forestale (terzo comma); saranno altresì dettate le disposizioni per il contenimento dei consumi di energia riguardanti gli impianti termici ed aspetti connessi (quarto comma) nonché le reti e le infrastrutture relative ai trasporti e ai mezzi di trasporto terrestre, ed aereo pubblico e privato (quinto comma).
Salva l'ipotesi di cui al quinto comma, è poi sempre previsto che i detti regolamenti siano adottati sentiti, oltre il Consiglio nazionale delle ricerche e l'ENEA (o gli enti energetici, per l'ipotesi del quarto comma), anche le regioni e le province autonome.
Mentre la provincia di Bolzano contesta in radice che possa essere emanato un regolamento statale in materie di competenza provinciale, la provincia di Trento formula la sua censura in modo più articolato.
Quest'ultima ricorrente, infatti - dopo aver ricordato che l'art. 16, secondo comma, della legge fa salva la potestà delle province autonome di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici nelle materie di loro competenza, ma esclude "le prescrizioni tecniche rispondenti a esigenze di carattere nazionale contenute nella presente legge e nelle direttive del CIPE" - rileva che non è "chiaro se tale clausola di salvaguardia significhi che la provincia conserva la potestà di dettare norme anche in deroga a quelle dei regolamenti statali riguardanti materie in tutto o in parte di competenza provinciale .. salve le sole prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale .., ovvero se tutte le norme dei regolamenti .. sono dalla legge considerate prescrizioni tecniche .. (di quel tipo), come tali inderogabili dalla provincia". La provincia di Trento, di conseguenza, formula questa censura in via cautelativa, per il caso che gli art. 4 e 16 suindicati siano da interpretare nel secondo dei modi indicati.
6.2. - Le questioni non sono fondate.
Osserva in proposito la Corte che nelle norme impugnate non è prospettabile invasione di competenze provinciali, per la considerazione che esse si limitano a demandare a fonti regolamentari l'adozione di un complesso di norme tecniche che rispondono ad esigenze di carattere unitario per l'intero territorio del paese, in vista del perseguimento delle finalità, di rilievo nazionale, inerenti al risparmio energetico.
Si tratta invero di definire criteri costruttivi e tipologie comuni da valere per tutto il territorio dello Stato, se si intende concretamente conseguire l'obiettivo di rilevanza nazionale di un risparmio nell'uso dell'energia, in considerazione della limitatezza delle risorse disponibili e della dipendenza dall'estero negli approvvigionamenti. Ed una valutazione di tal genere, senza violare le competenze regionali e provinciali, ben può essere affidata, per gli aspetti squisitamente tecnici sui quali essa si basa, ad una regolamentazione dello Stato, non coinvolgendo scelte ed indirizzi d'ordine politico-amministrativo spettanti ai soggetti di autonomia nelle materie loro attribuite (sentenze n. 924 del 1988, n. 242 del 1989 e n. 139 del 1990, n. 49 del 1991).
Quanto poi all'eventuale inconveniente posto in evidenza dalle ricorrenti - le quali sostengono che nonostante la salvaguardia delle competenze di Trento e Bolzano, dichiarata dall'art. 16, secondo comma, della legge, con le limitazioni ivi indicate, le impugnate norme della legge finirebbero con il far considerare come prescrizioni tecniche inderogabili dalle province anche norme regolamentari che in sostanza tali non dovessero risultare - osserva la Corte che, qualora dovesse verificarsi in concreto un' evenienza del genere, resterebbe comunque ferma la possibilità per le province autonome di far valere, nei confronti dei regolamenti, con i mezzi apprestati dall'ordinamento e nelle sedi opportune, eventuali compressioni od invasioni delle loro competenze.
7.1. - Vanno poi esaminate le questioni di legittimità costituzionale che entrambe le province autonome hanno proposto nei confronti dell'art. 5 della legge.
La norma prevede che le regioni e le province autonome, entro un determinato termine, individuino, "d'intesa con l'ENEA", i bacini energetici idonei per la realizzazione degli interventi diretti all'uso razionale e all'utilizzo di fonti rinnovabili di energia (primo comma) e predispongano, "d'intesa con gli enti locali e le loro aziende" inseriti nei bacini di cui sopra, ed "in coordinamento con l'ENEA", un proprio piano relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia (secondo comma); detto piano dovrà contenere una serie di indicazioni circa il fabbisogno energetico, le fonti disponibili, la localizzazione degli impianti, la destinazione dei finanziamenti e le priorità degli interventi (terzo comma). In caso di inadempimento dei soggetti incaricati di tali compiti ed in sostituzione di questi, è previsto che il Ministro dell'industria provveda con proprio decreto "su proposta dell'ENEA, sentiti gli enti locali interessati" (quarto comma); quindi si dispone che i comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti prevedano, nei rispettivi piani regolatori generali, uno specifico piano relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia (quinto comma).
Le ricorrenti lamentano che la previsione di un'intesa o di un coordinamento, ai fini di atti di programmazione, tra un ente politico territoriale (la provincia autonoma) e un ente funzionale tecnico (l'ENEA) è di per sé lesiva delle attribuzioni provinciali programmatorie e che la lesione è ancor più grave perché la norma, che dispone la sostituzione del ministro in caso di inadempimento, non tiene conto che questo può dipendere esclusivamente dal disaccordo dell'ENEA, il quale verrebbe così ad assumere un ruolo condizionante delle prerogative delle province autonome. Inoltre, il potere sostitutivo non risponderebbe nemmeno ai criteri richiesti dalla giurisprudenza costituzionale, perché è affidato ad un singolo ministro, anziché al Governo, e perché è esercitabile, senza alcuna previa diffida, dopo la semplice audizione degli enti locali e non delle province autonome.
Mentre, poi, la provincia autonoma di Trento nel suo ricorso si limita ad affermare che l'art. 5, censurato nei soli commi primo, secondo e quarto, è lesivo dell'autonomia provinciale, la provincia autonoma di Bolzano sostiene che i commi primo, secondo, quarto e quinto violerebbero le competenze statutarie in materia di opere idrauliche (art. 8 n. 24), di utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico (art. 9, n. 9), nonché di urbanistica e di edilizia (art. 8 n. 5 e 10), anche in riferimento alle norme di attuazione.
7.2. - Le questioni sono parzialmente fondate.
Pur se non è contestabile che lo Stato abbia il potere di modulare la propria azione nei termini che ritenga più opportuni, coinvolgendo nei procedimenti di propria competenza diversi soggetti istituzionali, anche al fine di favorire la preventiva composizione dei conflitti che possano insorgere per l'influenza che le attribuzioni statali abbiano su altre materie affidate alla competenza regionale o provinciale, è viceversa lesiva delle attribuzioni costituzionalmente garantite alle regioni o alle province autonome l'imposizione ad esse, nell'ambito di settori riconosciuti di loro spettanza - quali, nella specie, l'individuazione nei rispettivi territori dei bacini energetici che costituiscano le aree più idonee per la realizzazione degli interventi di uso razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili - di moduli procedimentali che condizionino in radice l'esercizio delle riconosciute attribuzioni. Così, come nella specie, quando la norma statale faccia dipendere la conclusione del procedimento da un'intesa con un ente strumentale dello Stato, prevedendosi addirittura il potere sostitutivo dell'autorità centrale nel caso che l'intesa non venga raggiunta, senza considerare che tale evenienza può anche verificarsi, non per inadempimento delle province autonome, ma per disaccordo dell'ENEA.
L'utilità dell'apporto delle conoscenze tecniche di un organismo specializzato, qual'è l'ENEA, può essere conseguita, senza ledere competenze provinciali, mediante l'audizione di un parere di tale organismo che si inserisca nell'iter procedimentale, senza peraltro impedirne la conclusione, che rientra nell'esclusiva valutazione degli enti istituzionali dotati di autonomia, specie se di natura differenziata. Il primo comma dell'art. 5 della legge è, pertanto, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che le province autonome individuino detti bacini "d'intesa con l'ENEA", anziché "sentito l'ENEA".
7.3. - Alle stesse conclusioni deve pervenirsi anche nei confronti del secondo comma del medesimo art. 5, nella parte in cui prevede che le province autonome predispongano il rispettivo piano "d'intesa con gli enti locali e le loro aziende". Valgono in proposito considerazioni analoghe a quelle prima svolte e che inducono a constatare l'illegittimità della previsione legislativa che fa dipendere l'adempimento richiesto alle province autonome da una presunta contitolarità di attribuzioni degli enti locali, anche in vista dell'esigenza di pervenire comunque, nello spirito della legge, alla conclusione dei procedimenti. L'art. 5, secondo comma, deve, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevede l'intesa, anziché il parere degli enti locali e delle loro aziende.
7.4. - Diversamente, invece, non può reputarsi lesiva delle competenze provinciali la previsione che il piano provinciale sia predisposto anche "in coordinamento con l'ENEA". A prescindere dalla definizione atecnica usata dal legislatore, va considerato che la sua diversità rispetto a quella indicata nel primo comma ("d'intesa") dello stesso articolo induce a ritenere che si sia voluto fare riferimento ad un parere tecnico da richiedere all'ENEA ed in tal senso interpretata la norma non viola alcun parametro statutario.
7.5. - Quanto poi alle censure riferite al quarto comma dell'art. 5 e cioè al potere sostitutivo ivi previsto, mentre non è censurabile, sulla base di precedenti decisioni di questa Corte (sentt. nn. 49 e 37 del 1991, 85 del 1990 e 101 del 1989) che tale potere sia dalla legge conferito ad un singolo ministro, in quanto autorità di Governo, ed in relazione ad attività provinciali prive di discrezionalità nell'an (pena la mancata attuazione del piano energetico nazionale) ed assoggettate ad un termine perentorio, devesi viceversa rilevare che la previsione del potere in questione non è rispettosa del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le province autonome, poiché non vengono dettate idonee garanzie procedimentali. Non può difatti considerarsi sufficiente allo scopo la previsione che il Ministro dell'industria senta preventivamente "gli enti locali", non potendosi in tale locuzione, anche per ragioni sistematiche connesse al complesso delle norme dell'art. 5, ricomprendere le province autonome, ma attenendo essa solo agli enti locali minori. Di conseguenza, l'attribuzione del contestato potere sostitutivo è illegittima, nella parte in cui la norma non prevede che siano preventivamente sentite le province autonome sulle ragioni del mancato adempimento (sent. n. 37 del 1991 cit., n. 85 del 1990 cit., n. 830 del 1988, n. 304 del 1987).
7.6. - Inammissibile, in quanto generica e priva di ogni motivazione, è invece la censura della provincia autonoma di Bolzano riferita al quinto comma dell'art. 5 della legge.
8.1. - Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, 9, 10 e 13 della legge, sollevate dalla provincia autonoma di Bolzano, possono per connessione essere esaminate congiuntamente, unitamente alla questione che la provincia di Trento propone nei confronti del solo art. 9.
Le norme impugnate prevedono la concessione di contributi in conto capitale a sostegno di iniziative dirette al risparmio energetico e all'utilizzazione di fonti rinnovabili di energia nell'edilizia (art. 8), nei settori industriale, artigianale e terziario (art. 10) e nel settore agricolo (art. 13) e dispongono che le funzioni amministrative concernenti la erogazioni di detti contributi siano delegate alla regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, che devono esercitarle nel rispetto di direttive emanate dal Ministro dell'industria al fine di "uniformare i criteri di valutazione delle domande, le procedure e le modalità" da osservare (art. 9, primo e secondo comma). Conseguentemente si dispone in ordine alla richiesta di finanziamenti al Ministero dell'industria da parte degli enti destinatari della delega, alla ripartizione dei fondi ad opera del CIPE, al loro sollecito impegno, alla destinazione di eventuali residui, nonché alla verifica dell'effettivo conseguimento di risparmio energetico e, in caso di esito negativo, alla revoca dei contributi concessi (commi terzo e seguenti dello stesso art. 9). Le province autonome ricorrenti, quella di Trento in modo espresso, quella di Bolzano implicitamente, rilevano che le disposizioni in esame riproducono in sostanza la normativa posta dalla legge 29 maggio 1982, n. 308, nel capo II ("contributi ed incentivi"), ove si prevedeva la stessa delega nei loro riguardi, e che tale normativa, da esse impugnata dinanzi a questa Corte, fu poi sostituta dall'articolo unico della legge 21 aprile 1983, n. 127 - sopravvenuta nelle more del giudizio di costituzionalità della prima - proprio al fine esplicito di salvaguardare le competenze delle province autonome in materia di contenimento dei consumi energetici e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. Vengono quindi denunciate, nei ricorsi ora in esame, la riappropriazione da parte dello Stato, con le norme impugnate, di quelle competenze, che a norma degli artt. 8 e 9 dello statuto sono di spettanza delle province autonome, e la connessa violazione delle competenze amministrative e del sistema finanziario delle stesse province autonome.
8.2. - Le questioni sono fondate. Va in primo luogo rilevato che la delega delle funzioni amministrative concernenti la concessione e la erogazione dei predetti incentivi finanziari, disposta dall'art. 9 della legge anche nei riguardi delle province ricorrenti, è in contrasto con la previsione contenuta nell'art. 16, secondo comma, della stessa legge, secondo cui "resta ferma la potestà delle province autonome di Trento e Bolzano di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia nell'ambito delle materie di loro competenza". L'ovvia considerazione che i contributi di cui si discute sono destinati a settori che rientrano nelle materie provinciali e il precedente intervento correttivo del legislatore nazionale, di per sé già significativo, inducono alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 9 citato, nella parte in cui include, nella delega delle funzioni amministrative e nel procedimento di ripartizione dei finanziamenti ivi previsti, anche le province autonome di Trento e Bolzano, dettando rigorosi e dettagliati criteri e modalità di concessione dei contributi e di riparto degli stanziamenti che non devono invece valere per le ricorrenti, dovendosi per esse fare applicazione delle disposizioni statutarie e del sistema di finanziamento ivi disciplinato. Tale dichiarazione coinvolge necessariamente l'art. 38, anch'esso impugnato per ragioni connesse. Quest'ultimo articolo, nel presupposto di una delega generalizzata, riguardante cioè anche le province autonome, dispone in ordine alla ripartizione dei fondi comprendendo nelle stesse modalità le quote destinate alle medesime province autonome, laddove, una volta riconosciuto che le funzioni rientrano tra quelle di loro spettanza, il finanziamento deve avvenire in favore della province autonome in forma differenziata, secondo le modalità relative alle funzioni proprie delle province stesse. In tale pronuncia restano assorbite le questioni di legittimità costituzionale formulate dalla provincia di Bolzano nei confronti delle altre norme impugnate (artt. 8, 10 e 13, primo comma), che devono essere interpretate nel senso che i precetti ivi contenuti non si rivolgono alle ricorrenti.
8.3. - Deve, poi, in accoglimento di specifica censura della stessa provincia autonoma di Bolzano, dichiararsi la illegittimità costituzionale del secondo comma, dell'art. 13 citato, che impone anche alle province autonome di promuovere "con le associazioni di categoria degli imprenditori agricoli e dei coltivatori accordi tesi all'individuazione di interventi di uso razionale dell'energia nel settore agricolo", poiché la prescrizione riguarda la materia dell'agricoltura devoluta alla competenza provinciale esclusiva (art. 8, n. 21, statuto), che, per di più, è espressamente fatta salva dall'art. 16, secondo comma, della legge.
9. - La provincia autonoma di Bolzano solleva, poi, una specifica questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge, denunciando che le norme ivi previste in tema di "concessione, cumulo e revoca dei contributi" inciderebbero in ben 19 materie di propria competenza, di tipo esclusivo o concorrente, e violerebbero anche altri parametri statutari. La questione non è fondata. Il primo comma dell'articolo impugnato prevede che tutti i contributi disposti dalla legge, sia quelli di competenza regionale o provinciale (artt. 8, 10 e 13) sia quelli di competenza statale (artt. 11, 12 e 14), sono cumulabili con le incentivazioni eventualmente recate da altre leggi a carico del bilancio dello Stato; diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, nulla invece si prevede, né nel primo né nei commi successivi che attengono ad aspetti diversi, in ordine alla "concessione" e alla "revoca" di contributi di spettanza provinciale. Dovendosi, pertanto, intendere la questione come riferita al solo primo comma cit., va rilevato che la previsione normativa non è lesiva di alcuna competenza provinciale, dal momento che essa si limita a disporre il cumulo delle provvidenze recate dalla legge con altre eventuali, ma sempre poste a carico dello Stato.
10. - L'art. 18 della legge, che indica le "modalità di concessione ed erogazione dei contributi", è denunciato da entrambe le province in quanto invasivo di loro competenze. Le censure riguardano in realtà il solo primo comma dell'articolo, concernendo gli altri commi aspetti che non sono stati oggetto di specifici rilievi. Le questioni, così formulate, non sono ammissibili. Come mostra di riconoscere nel suo ricorso la provincia autonoma di Trento, la quale perciò formula la sua censura in modo dubitativo, il primo comma della norma impugnata si riferisce espressamente ai soli contributi di spettanza dello Stato, indicati negli artt. 11, 12 e 14 che non hanno formato oggetto di questioni di legittimità costituzionale e rispetto ai quali le ricorrenti hanno dimostrato di non avere alcun interesse.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile il ricorso della regione autonoma Valle d'Aosta indicato in epigrafe;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dei seguenti articoli della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia):
- art. 5, primo comma, nella parte in cui prevede che le province autonome di Trento e Bolzano individuano i bacini, ivi considerati, "d'intesa con" anziché "sentito" l'ENEA;
- art. 5, secondo comma, nella parte in cui prevede che le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono i loro piani "d'intesa con" anziché "sentiti" gli enti locali e le loro aziende;
- art. 5, quarto comma, nella parte in cui non prevede un congruo preavviso, nei sensi espressi in motivazione, alle province autonome di Trento e di Bolzano, in ordine all'esercizio dei poteri sostitutivi ivi disciplinati;
- artt. 9 e 38, nella parte in cui, includendo le province autonome di Trento e di Bolzano nella delega relativa alla concessione di contributi di spettanza provinciale, non prevedono per queste le modalità di finanziamento secondo le norme statutarie;
- art. 13, secondo comma, nella parte in cui prevede che anche la provincia autonoma di Bolzano promuova accordi con le categorie professionali ivi indicate;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, quinto comma, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, sollevata dalla provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso in epigrafe, in riferimento all'art. 8, nn. 5 e 10, dello statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e alle relative norme di attuazione;
4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 9 gennaio 1991 n. 10, sollevate, con i rispettivi ricorsi in epigrafe, dalla provincia autonoma di Trento in riferimento all'art. 9 n. 9 dello statuto speciale e dalla provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 15; 16, primo comma, dello statuto speciale;
5) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 sollevata, con il ricorso in epigrafe, dalla provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 16, primo comma; titolo VI; 104 e 107 dello statuto speciale; alle misure 30 e 118 del pacchetto per l'Alto Adige e all'articolo unico della legge 21 aprile 1983, n. 127;
6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo, terzo e quinto comma, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, sollevata con il ricorso in epigrafe dalla provincia autonoma di Trento in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 10, 18 e 21; 16 dello statuto speciale;
7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo, terzo, quarto, quinto comma della legge 9 gennaio 1991, n. 10 sollevata, con il ricorso in epigrafe, dalla provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 16, 17, 18, 21 dello statuto speciale ed alle norme di attuazione contenute nell'art. 9 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235;
8) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, 10 e 13, primo comma, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, sollevate, con il ricorso in epigrafe, dalla provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8, nn. 8, 9, 17, 20, 21; 9, nn. 3, 11; 15; 16, primo comma, dello statuto speciale e all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386;
9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 9 gennaio 1991 n. 10 sollevata, con il ricorso in epigrafe, dalla provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 9, 10, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24, 28; 9, nn. 3, 8, 9, 10, 11; 12; 13; 14; 15 e 16, primo comma, dello statuto speciale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.