Sentenza n. 830 del 1988

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SENTENZA N.830

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Regione Sardegna, notificati rispettivamente l'11 dicembre 1987 e il 16 dicembre 1987, depositati in cancelleria il 18 dicembre 1987 e il 4 gennaio 1988 ed iscritti ai nn. 25 del registro ricorsi 1987 e al n. 1 del registro ricorsi 1988, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti del Ministero dell'ambiente 18 giugno 1987 n. 429 e 22 luglio 1987 n. 421 relativi alle istituzioni di riserve naturali <Foresta di Tarvisio>) e <Monte Arcosu>.

Visti gli atti di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Regione Sardegna;

udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi gli avvocati Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia, Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - I due ricorsi in epigrafe, promossi per conflitto di attribuzioni rispettivamente dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (reg. ord. n. 25 del 1987) e dalla Regione Sardegna (n. 1 del 1988) hanno sostanzialmente il medesimo oggetto. I relativi giudizi vanno perciò riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Con il primo di essi la Regione Friuli-Venezia Giulia, richiamata la competenza attribuitale sia dalle norme statutarie (art. 4 l.c. 31 gennaio 1963 n. 1) e di attuazione (art. 1 d.P.R. 26 agosto 1965 n. 1116) sia dall'art. 83 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, chiede l'annullamento del decreto del Ministero dell'ambiente 18 giugno 1987, che ha istituito la riserva naturale biogenetica della Foresta di Tarvisio.

L'impugnazione é fondata.

Già questa Corte ha esaminato analoga questione con sentenza n. 223 del 1984, in relazione ad un provvedimento del Ministero dell'agricoltura e foreste, dichiarando non spettare allo Stato la potestà di istituire la riserva naturale di popolamento animale della stessa Foresta di Tarvisio.

In detta pronuncia la Corte premise che era irrilevante l'accertamento del diritto di proprietà sull'immobile, osservando che nel giudizio per conflitto di attribuzioni vengono in discussione le sole questioni attinenti al potere di gestione funzionale del bene ed esclusivamente in relazione ad esse va determinata la ripartizione delle competenze dello Stato e delle regioni. ciò chiarito, la ricordata sentenza accolse il ricorso della Regione, fondato sull'art. 4 n. 3 dello statuto speciale (il ricorso in esame indica, invece, i nn. 2, 3 e 12 di detta disposizione, ma la censura e sostanzialmente la medesima) nonché sull'art. 83 d.P.R. n. 616 del 1977, il quale, nel primo comma, dispone che sono trasferite alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali (dei parchi nazionali e delle riserve naturali dello Stato già esistenti parlano il secondo e terzo comma dello stesso art. 83).

In relazione a tale norma la Corte, ribadendo l'orientamento in precedenza seguito, aggiunse che la disciplina emanata con il cit. d.P.R. n. 616 del 1977 per le regioni ordinarie doveva estendersi, se più favorevole, a quelle a statuto speciale, non potendo, per intuitive esigenze logiche, essere riservato alle medesime un trattamento deteriore, in palese contrasto con lo stesso fondamento della loro istituzione.

Lo Stato non muove alcun rilievo in ordine alla ricordata decisione ma affida la sua difesa a due argomenti non dedotti nel precedente giudizio.

Con il primo esso invoca l'art. 5 l. 8 luglio 1986 n. 349, relativo all'istituzione del Ministero dell'ambiente; ma tale norma attribuisce al detto Ministero un mero potere di proposta per l'individuazione delle riserve naturali e di parchi e non muta affatto la precedente disciplina circa la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. Nessun potere può essere dunque riconosciuto allo stesso organo ai fini della istituzione di nuove riserve naturali, sicché la dedotta argomentazione si appalesa priva di giuridico fondamento.

Lo Stato richiama, poi, il limite degli obblighi internazionali, che legittimerebbe nella specie il suo intervento rispetto alle attribuzioni regionali. Il richiamo concerne precisamente la Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, ratificata in Italia, con il conseguente ordine di esecuzione, mediante la l. 5 agosto 1981 n. 503.

Anzitutto non può omettersi di rilevare che tale convenzione, già in vigore alla data della richiamata sentenza n. 223 del 1984, non venne affatto invocata dallo Stato nello stesso giudizio. Comunque, la sussistenza dell'obbligo internazionale va desunta non già genericamente, ma in base ad un rigoroso procedimento ermeneutico, trattandosi di un limite alla generale competenza regionale nella materia trasferita, per di più diretto ad alterare una ripartizione di poteri stabilita con norme di rango costituzionale.

Il detto limite é perciò configurabile soltanto se la convenzione internazionale imponga agli Stati contraenti una precisa e compiuta regola di condotta di cui l'atto interno statale, che alteri la distribuzione di competenze, costituisca il conseguente, necessario mezzo di adempimento.

Nella fattispecie, per contro, la Convenzione di Berna, dopo aver enunciato generalissimi principi ed intenti relativi alla necessita di tutelare la vita selvatica e l'ambiente naturale in Europa, prevede espressamente una normazione interna di attuazione (secondo la letterale formula dell'art. 6: <leggi e regolamenti>), da emanare senza limite di tempo dagli Stati contraenti per disciplinare la materia.

Ora, é evidente che attraverso di tale regolamentazione nazionale bene avrebbe potuto (e dovuto) trovare attuazione la ripartizione delle attribuzioni prevista dalle norme interne di livello costituzionale, salva, in caso di successiva e persistente inerzia delle regioni, la sostituzione dello Stato, intesa ad evitare la responsabilità verso gli altri Stati contraenti, gravante per principio a carico del medesimo.

Pertanto, il richiamo alla ricordata convenzione, non sembra pertinente.

3.-Neppure vale il richiamo alla direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 79/409 in materia di protezione dell'avifauna (modificata in minima parte con provvedimento della Commissione in data 25 luglio 1985), la quale parimenti sussisteva già al momento della più volte richiamata sent. n. 223 del 1984.

Invero, la competenza per l'attuazione delle direttive comunitarie, attribuita alle regioni, nelle materie ad esse riserva te, dall'art. 6 d.P.R. n. 616 del 1977, può essere derogata attraverso il potere sostitutivo dello Stato soltanto se le medesime persistano nella loro inattività nonostante la sollecitazione ad adempiere e, comunque, dopo che esse siano state sentite (cfr. al riguardo anche la recente sent. n. 304 del 1987).

Ora, nulla di ciò é avvenuto nel caso in esame, considerato che lo Stato non ha rivolto alcuna sollecitazione alla Regione Friuli - Venezia Giulia, né ha provveduto a sentirla, ma con il decreto impugnato ha improvvisamente istituito la riserva in questione.

Peraltro va ricordato che da parte della Regione non vi é stata inerzia nella tutela ambientale della zona in questione, risultando per contro che essa si é ripetutamente attivata attraverso una vasta normazione (legge urbanistica n. 23 del 1968; leggi n. 11 del 1983, specificamente relativa ai parchi ed alla tutela ambientale; nn. 22 del 1982 e 14 del 1986, in materia di forestazione; n. 13 del 1969, sulle riserve di caccia; n. 14 del 1987, sulla protezione della fauna selvatica; n. 34 del 1981, sulla tutela della flora), alla quale va aggiunto il piano urbanistico regionale approvato con decreto del Presidente della Giunta 15 settembre 1978 ed immediatamente efficace per le misure di salvaguardia.

4.-Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda il ricorso promosso dalla Regione Sardegna relativamente all'istituzione della riserva naturale di Monte Arcosu, dato che lo Stato formula le medesime doglianze.

I termini della questione, infatti, sono sostanzialmente analoghi, onde é sufficiente richiamare gli argomenti già svolti sia in ordine alla convenzione di Berna, sia rispetto alle direttive comunitarie.

Inoltre, sotto un profilo particolare, é da osservare che al Consiglio regionale della Sardegna era stato già presentato dalla Giunta il disegno di legge 3 maggio 1987 n. 376, relativo all'istituzione e alla gestione dei parchi e delle riserve natura li, riguardante anche il territorio in questione: conseguentemente l'improvviso intervento statale, che ha inciso sull'attività regionale diretta al medesimo fine, rende ancor più evidente l'invasione di competenza lamentata dalla ricorrente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

accoglie i ricorsi indicati in epigrafe, rispettivamente proposti dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalla Regione Sardegna, e dichiara che non spetta allo Stato l'istituzione della riserva naturale orientata biogenetica Foresta di Tarvisio, nonché l'istituzione della riserva naturale Foresta di Monte Arcosu;

conseguentemente annulla i decreti del Ministero dell'ambiente 18 giugno 1987 n. 429 e 22 luglio 1987 n. 421.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/07/88.

 

Francesco SAJA

 

Depositata in cancelleria il 21/07/88.