SENTENZA N. 124
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 2, e 128, commi 1, 2, 3, 4, 7 e 9, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, recante «Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversità, caccia, pesca sportiva, agricoltura, attività produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all’estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilità, ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’11 agosto 2022, depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 18 aprile 2023 il Giudice relatore Stefano Petitti;
uditi l’avvocato dello Stato Giorgio Santini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Daniela Iuri per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato l’11 agosto 2022, depositato in pari data e iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 126, comma 2, e 128, commi 1, 2, 3, 4, 7 e 9, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, recante «Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversità, caccia, pesca sportiva, agricoltura, attività produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all’estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilità, ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022)».
Ad avviso del ricorrente, le impugnate disposizioni, seppure predisposte al dichiarato scopo di fronteggiare i problemi di carenza del personale medico-sanitario accentuati dall’emergenza pandemica da COVID-19, avrebbero violato complessivamente gli artt. 3, 81, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione nonché gli artt. 4, primo comma, numero 1), e 5, primo comma, numero 16), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
1.1.– Disponendo che «[p]er i medici che accettano incarichi in zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone di minimo quattro anni, le Aziende sanitarie riconoscono la priorità di scelta in fase di trasferimento», l’art. 126, comma 2, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe introdotto un criterio preferenziale ulteriore rispetto a quelli fissati dalla contrattazione collettiva in materia di trasferimenti del personale medico convenzionato.
In particolare, sarebbe stato stabilito un criterio di trasferimento diverso da quelli indicati dall’art. 34, comma 5, dell’Accordo collettivo nazionale del 28 aprile 2022, per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.
In tal modo sarebbe stata violata la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., atteso che l’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), riserva ad apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali la disciplina del rapporto del servizio sanitario con i medici di medicina generale.
L’inosservanza di questa riserva, avente valenza di norma fondamentale di riforma economico-sociale, avrebbe inoltre determinato il superamento del limite che l’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia pone riguardo all’esercizio della potestà legislativa della Regione stessa in materia di ordinamento dei propri uffici e degli enti da essa dipendenti nonché in materia di stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto.
1.2.– I commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbero violato gli artt. 3, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost. nonché l’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale.
In particolare, con il disporre che, «[a]l fine di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza», gli enti sanitari regionali «possono conferire, in via eccezionale fino al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa», a laureati in medicina e chirurgia abilitati, medici in formazione specialistica del primo e secondo anno di corso e personale medico in quiescenza, l’art. 128, comma 1, impugnato avrebbe ecceduto i limiti stabiliti per la stipula di contratti di collaborazione a prestazione esclusivamente personale dall’art. 7, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Ne sarebbe derivata l’invasione della materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva statale a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., resa ancora più evidente dai commi 2 e 4 del medesimo art. 128, che rispettivamente stabiliscono i compensi per detti incarichi e i presupposti di conferimento.
Tra le norme interposte vengono indicate anche le disposizioni legislative statali che, a fronte dell’emergenza determinata dalla diffusione della pandemia da COVID-19, hanno consentito agli enti del Servizio sanitario nazionale di reclutare a tempo determinato medici specializzandi fino al 31 dicembre 2022, disposizioni che le impugnate norme regionali avrebbero violato sia estendendo la platea dei soggetti destinatari dei contratti di lavoro, sia ampliando il periodo di applicabilità della misura, con conseguente violazione del principio di uguaglianza, al cospetto di problematiche analoghe sull’intero territorio nazionale.
Pur assicurando che «[g]li specializzandi svolgono la propria attività al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi», l’art 128, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe altresì violato il principio di esclusività dell’attività formativa, sancito dall’art. 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE), con conseguente ulteriore disomogeneità di trattamento tra i medici in formazione.
L’inosservanza del principio di uguaglianza, declinato come uniformità sul territorio nazionale della disciplina dei rapporti di che trattasi, comporterebbe che i primi quattro commi dell’art. 128 citato abbiano ecceduto la competenza legislativa in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dall’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale.
1.3.– Con il prevedere che ciascun ente del Servizio sanitario regionale «può destinare i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all’incremento delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale», il comma 7 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe violato gli artt. 81, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. nonché l’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale.
Infatti, non sarebbe stata osservata la norma interposta di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e), e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», per cui, a decorrere dal 1°gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.
La trasgressione del principio di invarianza della spesa del personale, quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, avrebbe determinato la violazione degli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost.
Peraltro, il comma 7 dell’art. 128 citato avrebbe invaso la materia «ordinamento civile», profilo che, sebbene non esplicitato nella delibera governativa di impugnazione, da essa sarebbe comunque evincibile.
L’incidenza della disposizione regionale sul perimetro della contrattazione collettiva, cui la legislazione statale demanda la regolamentazione dei trattamenti economici del personale delle amministrazioni pubbliche, renderebbe invero palese la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
L’inosservanza di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica e di una regola di competenza esclusiva implicherebbe altresì il superamento del confine di esercizio della potestà legislativa regionale in materia di ordinamento degli uffici e stato del personale, come attribuita dall’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale.
1.4.– Stabilendo che «gli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale possono effettuare, al di fuori dell’orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in materia di esclusività del rapporto di impiego, attività professionale presso le strutture sociosanitarie per anziani», ciò «anche oltre il limite di quattro ore settimanali», l’art. 128, comma 9, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe violato gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost. nonché l’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale.
Tenuto conto che l’art. 3-quater, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 (Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening), convertito, con modificazioni, nella legge 19 novembre 2021, n. 165, ha escluso l’applicazione delle incompatibilità di servizio agli operatori delle professioni sanitarie appartenenti al personale del comparto sanità «per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore», e comunque solo «[f]ino al termine dello stato di emergenza» correlato alla diffusione del COVID-19, la norma regionale impugnata risulterebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., avendo essa introdotto a livello regionale una deroga al principio di esclusività dell’impiego molto più ampia – perché sine die e senza limite di monte ore – rispetto a quella concessa a livello nazionale con riferimento a tutti gli infermieri del servizio sanitario.
L’intervento della disposizione regionale impugnata sulla disciplina del rapporto di lavoro del personale infermieristico avrebbe inoltre comportato la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per invasione nella materia «ordinamento civile».
Infine, tale disposizione impugnata avrebbe ecceduto la competenza legislativa in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dall’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale, giacché questa potestà regionale sarebbe stata esercitata in spregio dei principi fondamentali della legislazione statale, oltre che in un ambito di competenza esclusiva dello Stato.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili o, in subordine, non fondate.
Prima di contrastare i singoli motivi dell’impugnazione, la resistente assume che le impugnate disposizioni dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 vadano intese alla luce dei relativi commi 10 e 11, i quali sanciscono la temporaneità delle previsioni di cui ai commi da 7 a 9 e, rispettivamente, la compatibilità finanziaria di tutte le previsioni di cui ai commi da 1 a 9.
La Regione aggiunge che l’emanazione delle norme contestate si è resa necessaria per fronteggiare l’ormai endemica carenza di personale medico-sanitario in servizio presso i propri enti, situazione determinata da plurimi fattori (picco degli ingressi in quiescenza, ridotta offerta di matrice universitaria, elevato tasso di mobilità extraregionale), l’incidenza dei quali si sarebbe aggravata nel corso e a causa della pandemia da COVID-19.
Ancora in linea generale, la resistente rivendica la competenza primaria di fonte statutaria in materia di ordinamento degli uffici e stato del personale nonché in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, competenza nell’esercizio della quale il legislatore regionale avrebbe completamente rivisto l’organizzazione del proprio servizio sanitario e i pertinenti livelli di assistenza, al finanziamento dei quali la Regione stessa provvede in via esclusiva e autonoma a decorrere dall’anno 1997.
2.1.– Quanto all’impugnazione dell’art. 126, comma 2, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, la resistente ne eccepisce l’inammissibilità sotto un duplice profilo.
Innanzitutto, il parametro dell’art. 4 dello statuto speciale, evocato nel ricorso, non sarebbe specificamente indicato nella delibera governativa di impugnazione.
Inoltre, sarebbe contraddittorio dedurre – come fa il ricorso – la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e nel contempo, lamentando il superamento del limite delle norme di grande riforma economico-sociale, ammettere la sussistenza di una potestà primaria regionale.
Le censure sarebbero altresì non fondate nel merito.
Finalizzata a garantire l’assistenza di base nelle sedi disagiate, la disposizione impugnata rientrerebbe infatti nella competenza statutaria in materia di ordinamento degli uffici ed enti regionali e di stato giuridico ed economico del personale addetto, ovvero nella competenza concorrente della Regione in materia di organizzazione sanitaria ex art. 117, terzo comma, Cost., ciò in quanto la disposizione stessa non interverrebbe direttamente sul rapporto di lavoro dei medici convenzionati, ma si limiterebbe a dettare criteri di priorità per il loro trasferimento, restando così estranea alla materia «ordinamento civile».
Si tratterebbe insomma di un’ipotesi di semplice «mobilità interna» del personale, ben compatibile con la disciplina contrattuale collettiva, giacché, mentre questa concerne «l’ambito soggettivo della procedura di trasferimento, la norma regionale impugnata concerne l’ambito oggettivo, dettando meri criteri di priorità».
2.2.– Quanto all’impugnazione dei commi da 1 a 4 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, la resistente ne eccepisce l’inammissibilità sotto diversi aspetti.
Vi sarebbe contraddizione tra la denuncia di invasione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile e la denuncia di esorbitanza dalla competenza statutaria regionale in materia di igiene e sanità per violazione dei principi fondamentali della legislazione statale; inoltre, tali principi non sarebbero specificati in ricorso, né i parametri ivi indicati corrisponderebbero alla delibera governativa di impugnazione.
Le censure sarebbero altresì non fondate nel merito.
Finalizzate ad assicurare l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza nonostante l’impatto dell’evento pandemico, quelle impugnate sarebbero «norme a tempo», applicabili solo fino al 31 dicembre 2023.
Per di più, il conferimento degli incarichi sarebbe soggetto a «strettissime condizionalità», enunciate nel comma 4 dello stesso art. 128, cioè al previo accertamento dell’impossibilità oggettiva di utilizzare risorse interne e di reperire medici specializzati.
Trattandosi di approntare, in definitiva, un rimedio organizzativo straordinario, si ricadrebbe nell’ambito della competenza ordinamentale ex art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale.
Non sarebbe violato il principio fondamentale di eccezionalità delle collaborazioni esterne, il cui rispetto sarebbe anzi garantito dalla riferita condizione di verificata impossibilità di provvedere altrimenti.
Neppure potrebbe dirsi leso il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto differenze territoriali di disciplina sarebbero fisiologiche nel sistema costituzionale a competenze decentrate.
2.3.– Quanto all’impugnazione del comma 7 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, la resistente ne eccepisce l’inammissibilità.
L’evocazione del titolo esclusivo di competenza statale ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. non avrebbe rispondenza nella delibera governativa di impugnazione e contraddirebbe la doglianza di violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, che presuppone la competenza regionale concorrente.
Le censure sarebbero altresì non fondate nel merito.
Soprattutto, e in radice, non partecipando al finanziamento del servizio sanitario della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, lo Stato non avrebbe titolo per dettare norme di coordinamento finanziario.
2.4.– Ad avviso della resistente, sarebbe inammissibile anche l’impugnazione del comma 9 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022.
L’interposizione normativa sarebbe viziata da genericità e vi sarebbe contraddittorietà tra la denuncia di lesione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e la denuncia di violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, oggetto di competenza regionale concorrente.
Le censure sarebbero altresì non fondate nel merito.
Non sarebbe violato il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., atteso il carattere fisiologico delle differenze normative territoriali corrispondenti all’attribuzione di potestà legislativa regionale, tanto più quando, come nella specie, quest’ultima si sia espressa attraverso disposizioni solo temporanee; si tratterebbe infatti di una misura organizzativa di emergenza, collegata all’incidenza della pandemia sulle strutture residenziali per anziani, misura rientrante nella competenza legislativa di organizzazione sanitaria attribuita alla Regione dall’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale ovvero dall’art. 117, terzo comma, Cost.
Neppure sarebbe invasa la competenza statale in materia di ordinamento civile, poiché la disposizione regionale avrebbe una sfera applicativa limitata unicamente agli infermieri, e non a tutti i sanitari, né ad ogni attività libero-professionale, ma solo a quella presso strutture sociosanitarie per anziani.
Inoltre, l’impugnata disposizione non inciderebbe sulla regolamentazione del rapporto di lavoro degli infermieri, ma si collocherebbe «a monte» della stessa, «prevedendo, per le finalità anzidette, una deroga eccezionale e temporanea all’esclusività del rapporto di pubblico impiego, giustificata alla luce dell’emergenza sanitaria e solo parzialmente difforme dalla disciplina statale».
3.– In prossimità dell’udienza, la difesa regionale ha depositato memoria, relativa alla sopravvenienza del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14, con particolare riguardo all’impugnazione dei commi 1, 2, 3, 4 e 9 del più volte menzionato art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 126, comma 2, e 128, commi 1, 2, 3, 4, 7 e 9, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, per violazione complessivamente degli artt. 3, 81, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. nonché degli artt. 4, primo comma, numero 1), e 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
2.– Le prime questioni riguardano l’art. 126, comma 2, il quale, prevedendo che «[p]er i medici che accettano incarichi in zone rimaste carenti per almeno due anni consecutivi e che abbiano garantito una permanenza in tali zone di minimo quattro anni, le Aziende sanitarie riconoscono la priorità di scelta in fase di trasferimento», avrebbe introdotto un criterio preferenziale ulteriore rispetto a quelli fissati dalla contrattazione collettiva in materia di trasferimenti del personale medico convenzionato.
In tal modo sarebbe stata violata la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., atteso che l’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992 riserva ad apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali la disciplina del rapporto del servizio sanitario con i medici di medicina generale (nella specie, rileverebbe l’Accordo collettivo nazionale del 28 aprile 2022).
L’inosservanza della riserva di contrattazione collettiva, avente valenza di norma fondamentale di riforma economico-sociale, avrebbe inoltre determinato il superamento del limite che l’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale pone riguardo all’esercizio della potestà legislativa della Regione in materia di ordinamento dei propri uffici e degli enti da essa dipendenti nonché in materia di stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto.
2.1.– Costituitasi in giudizio, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha eccepito l’inammissibilità delle questioni, assumendo che il parametro dell’art. 4 dello statuto speciale non sia specificamente indicato nella delibera governativa di impugnazione e che sia comunque contraddittorio dedurre la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e nel contempo, lamentando il superamento del limite statutario delle norme di grande riforma economico-sociale, ammettere la sussistenza di una potestà primaria regionale.
Le questioni sarebbero altresì non fondate nel merito.
La disposizione impugnata rientrerebbe infatti nella competenza statutaria in materia di ordinamento degli uffici ed enti regionali e di stato giuridico ed economico del personale addetto, ovvero nella competenza concorrente della Regione in materia di organizzazione sanitaria ex art. 117, terzo comma, Cost., in quanto essa non interverrebbe direttamente sul rapporto di lavoro dei medici convenzionati, ma si limiterebbe a dettare criteri di priorità per il loro trasferimento, restando così estranea alla materia «ordinamento civile».
2.2.– Le eccezioni di inammissibilità non sono fondate.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, quando la legge di una regione ad autonomia speciale è impugnata per violazione di una competenza esclusiva statale che non trova alcuna corrispondenza nello statuto, l’indicazione in ricorso delle competenze statutarie diviene superflua e la relativa omissione non determina l’inammissibilità della questione (tra molte, sentenze n. 112 e n. 5 del 2022, n. 167 e n. 25 del 2021); la motivazione del ricorso sull’estraneità della materia alle competenze statutarie risulta invece tanto più necessaria, quanto più, in linea astratta, le disposizioni impugnate appaiano inerenti alle attribuzioni dello statuto di autonomia (tra tante, sentenze n. 39 e n. 21 del 2022).
Nella specie, il ricorso assume violata la competenza esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», attribuendo così al thema decidendum un oggetto che rende non necessario il confronto con le competenze statutarie (salva ovviamente la verifica di fondatezza della doglianza ex art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.).
Quando tale denuncia concorre con una censura relativa alla supposta violazione di un titolo statutario di competenza regionale, non per questo il ricorso scade nel vizio di contraddittorietà, piuttosto esso dà seguito all’indicazione giurisprudenziale di approfondire la motivazione in un’area che potrebbe astrattamente interessare la potestà autonoma.
Circa il profilo dell’autorizzazione al ricorso, è giurisprudenza costante che l’omissione di qualsiasi accenno a un parametro costituzionale nella delibera di impugnazione dell’organo politico comporta l’esclusione della volontà del ricorrente di promuovere la questione al riguardo, con conseguente inammissibilità della questione stessa che, sul medesimo parametro, sia stata proposta nel ricorso (ex plurimis, sentenze n. 217 e n. 179 del 2022).
Un tale vizio in questo caso non sussiste, poiché la delibera governativa, nel declinare i motivi di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, fa espresso riferimento alla sua esorbitanza rispetto alla competenza regionale statutaria.
2.3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
È costante giurisprudenza di questa Corte che, pur essendo inquadrabile nella categoria della parasubordinazione, il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale condivide con il lavoro pubblico contrattualizzato l’esigenza di uniformità sottesa all’integrazione tra normativa statale e contrattazione collettiva nazionale, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, sicché la relativa disciplina appartiene all’ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore statale, restando precluso al legislatore regionale di regolamentare in via autonoma il trattamento economico e giuridico del rapporto in convenzionamento (tra molte, sentenze n. 106 del 2022 e n. 157 del 2019).
Del pari costante è l’applicazione del discrimine tra la materia dell’ordinamento civile e quella residuale dell’organizzazione amministrativa regionale.
Quest’ultima si arresta “a monte”, cioè alla fase antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro, riguardando solo i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale, mentre ogni intervento legislativo “a valle”, incidente cioè sui rapporti lavorativi in essere, va ascritto alla materia dell’ordinamento civile (ex plurimis, sentenze n. 267, n. 255 e n. 84 del 2022).
Tuttavia, per individuare la materia cui ricondurre la norma impugnata occorre tenere conto della sua ratio, della finalità che persegue e del suo contenuto, tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, in modo da identificare precisamente l’interesse tutelato, secondo il cosiddetto criterio di prevalenza (tra tante, sentenze n. 6 del 2023, n. 267, n. 193 e n. 70 del 2022).
Nella specie, per quanto possa produrre effetti secondari sull’andamento dei rapporti convenzionali, la disposizione regionale ha anzitutto una ratio organizzativa, in funzione di tutela della salute, che persegue cercando di assicurare la medicina di prossimità anche agli abitanti delle zone carenti.
Lo dimostra in particolare il comma 1 dell’art. 126, non impugnato, che predispone un’attività coordinata tra le aziende sanitarie e i comuni, diretta a «cercare strategie per il mantenimento di un presidio sanitario nei territori più disagiati».
Tale previsione rimarca che la finalità essenziale e il contenuto oggettivo della disposizione impugnata corrispondono a un importante aspetto organizzativo del servizio sanitario regionale, che non può lasciare alcun cittadino sprovvisto dell’assistenza medica di base.
In funzione dell’assolvimento di questa precisa responsabilità organizzativa dell’ente territoriale, la ricaduta della norma sull’evoluzione del singolo rapporto in convenzionamento ha carattere riflesso e strumentale.
Peraltro, seppure con un ruolo sussidiario, l’art. 34 dell’accordo del 28 aprile 2022 prevede nelle procedure di assegnazione degli incarichi la priorità di interpello per i residenti in ambito carente (commi 12, 17 e 19). Ciò riduce la portata della disposizione regionale a una semplice rimodulazione di un criterio di per sé non estraneo alla fonte collettiva nazionale.
3.– Ad avviso del ricorrente, l’art. 128, commi da 1 a 4, della legge regionale citata violerebbe gli artt. 3, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. nonché l’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale della Regione.
In particolare, con il disporre che, «[a]l fine di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza», gli enti sanitari regionali «possono conferire, in via eccezionale fino al 31 dicembre 2023, incarichi individuali con contratto di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa», a laureati in medicina e chirurgia abilitati, medici in formazione specialistica del primo e secondo anno di corso e personale medico in quiescenza, l’art. 128, comma 1, della più volte menzionata legge regionale avrebbe ecceduto i limiti stabiliti per la stipula di contratti di collaborazione a prestazione esclusivamente personale dall’art. 7, commi 5-bis e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Ne sarebbe derivata l’invasione della materia «ordinamento civile», resa ancora più evidente dai commi 2 e 4 del medesimo art. 128, che rispettivamente stabiliscono i compensi per detti incarichi e i presupposti di conferimento.
Tra le norme interposte vengono indicate anche le disposizioni legislative statali che, a fronte dell’emergenza determinata dalla diffusione del COVID-19, hanno consentito agli enti del Servizio sanitario nazionale di reclutare a tempo determinato medici specializzandi fino al 31 dicembre 2022, disposizioni che le impugnate norme regionali avrebbero violato sia estendendo la platea dei soggetti destinatari dei contratti di lavoro, sia ampliando il periodo di applicabilità della misura, con conseguente violazione del principio di uguaglianza, al cospetto di problematiche analoghe sull’intero territorio nazionale.
Pur assicurando che «[g]li specializzandi svolgono la propria attività al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi», il citato art. 128, comma 3, avrebbe altresì violato il principio di esclusività dell’attività formativa, sancito dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999, con conseguente ulteriore disomogeneità di trattamento tra i medici in formazione.
L’inosservanza del principio di uguaglianza, declinato come uniformità sul territorio nazionale della disciplina dei rapporti di che trattasi, comporterebbe che i primi quattro commi del menzionato art. 128 abbiano ecceduto la competenza legislativa in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dall’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale.
3.1.– La difesa regionale ha eccepito l’inammissibilità delle questioni, poiché vi sarebbe contraddizione tra la denuncia di invasione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile e la denuncia di esorbitanza della competenza statutaria regionale in materia di igiene e sanità per violazione dei principi fondamentali della legislazione statale; inoltre, tali principi non sarebbero specificati in ricorso, né i parametri ivi indicati corrisponderebbero alla delibera governativa di impugnazione.
Nel merito, le questioni non sarebbero fondate.
Finalizzate ad assicurare l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nei servizi di emergenza-urgenza nonostante l’impatto dell’evento pandemico, quelle impugnate sarebbero infatti «norme a tempo», applicabili solo fino al 31 dicembre 2023.
Per di più, il conferimento degli incarichi sarebbe soggetto a «strettissime condizionalità», enunciate nel comma 4 dello stesso art. 128, cioè al previo accertamento dell’impossibilità oggettiva di utilizzare risorse interne e di reperire medici specializzati.
Trattandosi di approntare, in definitiva, un rimedio organizzativo straordinario, si ricadrebbe nell’ambito della competenza ordinamentale ex art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale.
Non sarebbe inoltre violato il principio fondamentale di eccezionalità delle collaborazioni esterne, il cui rispetto sarebbe anzi garantito dalla riferita condizione di verificata impossibilità di provvedere altrimenti.
Neppure potrebbe dirsi leso il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in quanto differenze territoriali di disciplina sarebbero fisiologiche nel sistema costituzionale a competenze decentrate.
3.2.– Le eccezioni di inammissibilità non sono fondate.
Richiamato circa il rilievo di contraddittorietà del motivo di impugnazione quanto poc’anzi chiarito (punto 2.2.), deve constatarsi che il ricorso enuncia gli interposti principi fondamentali della legislazione statale e che questi sono gli stessi indicati dalla delibera governativa, cioè il divieto di lavoro flessibile nel pubblico impiego e l’esclusività della formazione degli specializzandi.
3.3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
Questa Corte, chiamata a giudicare su norme regionali di asserita deroga al divieto ex art. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, ha escluso una violazione del limite dell’ordinamento civile ove potessero ritenersi sostanzialmente osservate le condizioni stabilite dal legislatore nazionale (sentenza n. 250 del 2020).
Nella specie, il comma 4 dell’impugnato art. 128 assoggetta la facoltà di conferire gli incarichi de quibus al previo accertamento dell’impossibilità oggettiva di utilizzare personale interno e reperire medici specializzati.
Si tratta di una condizionalità aderente alla ratio del divieto statale, quella di prevenire abusi nel ricorso al lavoro flessibile da parte degli enti pubblici, tanto che il comma 6, lettera b), dell’art. 7 del d.lgs. n. 165 del 2001 indica tra i presupposti di legittimità della deroga al divieto, appunto, che «l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno».
Circa la proiezione temporale della deroga, è sufficiente considerare che l’art. 4, commi 3 e 3-bis, del d.l. n. 198 del 2022, come convertito, ha prorogato fino al 31 dicembre 2023 la possibilità di conferire gli incarichi flessibili ai laureati abilitati e agli specializzandi, essendosi in tal modo verificato un allineamento tra norma impugnata e norma interposta.
Già prima, del resto, per effetto dell’art. 36, comma 4-bis, del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73 (Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2022, n. 122, la facoltà di conferire tali incarichi a sanitari in quiescenza era stata prorogata fino al 31 dicembre 2023.
In ordine alla posizione degli specializzandi, questa Corte ha avuto recentemente occasione di evidenziare come il principio di esclusività dell’attività formativa non sia da intendere in modo astratto, bensì in funzione della ratio orientata alla qualità della formazione (sentenza n. 112 del 2023).
Come detto poc’anzi, il comma 3 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 garantisce che lo svolgimento degli incarichi straordinari avvenga fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e «fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi», sicché non vi è alcuna evidenza di una lesione effettiva del nucleo finalistico del principio di esclusività.
In linea generale, nel senso della non fondatezza della questione in scrutinio depone il precedente di questa Corte che ha ricondotto una disposizione della Provincia autonoma di Trento sugli incarichi a termine alla «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., quale ambito prevalentemente inciso, ritenendo tale disposizione giustificata dall’esigenza di approntare un «rimedio organizzativo straordinario», onde fronteggiare una situazione obiettiva di carenza del personale medico, nella considerazione che la facoltà di affidare gli incarichi a tempo determinato era stata dalla norma medesima «adeguatamente circoscritta», sì da evitare che l’ente autonomo facesse ad essi ricorso in modo ordinario (sentenza n. 174 del 2020).
Limitato nella durata fino al 31 dicembre 2023, condizionato all’impossibilità oggettiva di provvedere altrimenti e rispettoso del canone di esclusività dell’impegno formativo, il conferimento degli incarichi di cui ai commi da 1 a 4 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 si giustifica parimenti come un rimedio organizzativo straordinario, adeguatamente circoscritto nei presupposti, espressione della competenza concorrente regionale in materia di tutela della salute.
La doglianza di violazione del principio di uguaglianza non ha dignità di censura autonoma, rappresentando solo un riflesso della denuncia di violazione della competenza statale esclusiva (sentenze n. 112 del 2023 e n. 6 del 2022).
4.– A parere del ricorrente, con il prevedere che ciascun ente del Servizio sanitario regionale (SSR) «può destinare i risparmi derivanti dalla mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni all’incremento delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale», il comma 7 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe violato gli artt. 81, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. nonché l’art. 4 dello statuto speciale della Regione.
Infatti, non sarebbe stata osservata la norma interposta di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, secondo la quale, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.
La trasgressione del principio di invarianza della spesa del personale, quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, avrebbe determinato la violazione degli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost.
Peraltro, il comma 7 dell’art. 128 citato avrebbe invaso la materia «ordinamento civile», profilo che, sebbene non esplicitato nella delibera governativa di impugnazione, da essa sarebbe comunque evincibile.
L’incidenza della norma regionale sul perimetro della contrattazione collettiva, cui la legislazione statale demanda la regolamentazione del trattamento economico del personale delle amministrazioni pubbliche, renderebbe invero palese la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
La violazione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ovvero l’invasione di un ambito di competenza statale esclusiva avrebbero implicato altresì il superamento dei limiti di esercizio della potestà legislativa regionale in materia di ordinamento degli uffici e di stato del personale, come attribuita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dall’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale.
4.1.– La difesa regionale ha eccepito l’inammissibilità anche di questo motivo, deducendo che l’evocazione del titolo esclusivo di competenza statale ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. non avrebbe rispondenza nella delibera governativa di impugnazione e contraddirebbe la doglianza di violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, che presuppone la competenza regionale concorrente.
Nel merito, si obietta in radice che, non partecipando al finanziamento del servizio sanitario della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, lo Stato non avrebbe titolo per dettare norme di coordinamento finanziario.
4.2.– Le eccezioni di inammissibilità non sono fondate.
Richiamato quanto sopra precisato (punto 2.2.), si constata che, seppure non menziona espressamente l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., la delibera governativa fa tuttavia riferimento al ruolo della contrattazione collettiva nella deroga al principio di invarianza della spesa per il trattamento accessorio del personale e contiene un pur incidentale richiamo all’«ordinamento civile», il che è sufficiente per escludere che il ricorso abbia ecceduto il mandato.
4.3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
In linea generale, il principio di invarianza della spesa per il trattamento accessorio dei dipendenti pubblici, quale si evince dall’art. 23 del d.lgs. n. 75 del 2017, è principio di coordinamento della finanza pubblica, agli effetti dell’art. 117, terzo comma, Cost., vincolante anche per le autonomie speciali, dato che la finanza delle regioni a statuto speciale è parte della finanza pubblica allargata (sentenze n. 255 e n. 190 del 2022).
Tuttavia, per le regioni a statuto speciale che provvedono in autonomia al finanziamento del proprio servizio sanitario, lo Stato non ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenze n. 5 del 2022, n. 241 del 2018 e n. 115 del 2012).
Ai sensi dell’art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), a decorrere dal 1997 la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia provvede al finanziamento dell’assistenza sanitaria con i proventi dei contributi sanitari e con risorse del proprio bilancio, essendo state soppresse le quote del Fondo sanitario nazionale a carico del bilancio dello Stato a favore della Regione medesima.
Quindi, la norma regionale in esame non soggiace al principio di coordinamento della finanza pubblica sancito dall’art. 23 del d.lgs. n. 75 del 2017, e non può dunque violarlo.
Quanto alla denunciata invasione dell’ordinamento civile, sotto il profilo della riserva di contrattazione collettiva sul trattamento retributivo, mette conto in primo luogo evidenziare che l’impugnata disposizione non opera un’attribuzione diretta dei fondi ai prestatori d’opera (ciascun ente del SSR «può» destinare i risparmi).
In ogni caso, il comma 8, successivo a quello impugnato, nel chiarire la ratio incentivante dell’eventuale aumento del salario accessorio, assicura il rispetto dello spazio di autonomia della contrattazione collettiva, disponendo invero: «[a]l fine di garantire la permanenza dei professionisti del ruolo sanitario e sociosanitario sul territorio, soprattutto in aree disagiate e poco attrattive, di evitare la fuga verso la sanità privata e di valorizzare lo sviluppo delle carriere, l’Amministrazione regionale è autorizzata a destinare le risorse regionali aggiuntive all’incremento dei fondi contrattuali deputati al trattamento accessorio del personale, secondo criteri da definirsi in sede di contrattazione integrativa aziendale».
5.– Secondo il ricorrente, il comma 9 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022 avrebbe violato il principio di uguaglianza e invaso la materia «ordinamento civile», nonché ecceduto i limiti di competenza di cui all’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale, stabilendo che «gli infermieri dipendenti degli enti del Servizio sanitario regionale possono effettuare, al di fuori dell’orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in materia di esclusività del rapporto di impiego, attività professionale presso le strutture sociosanitarie per anziani […] anche oltre il limite di quattro ore settimanali».
Infatti, atteso che l’art. 3-quater del d.l. n. 127 del 2021, come convertito, ha escluso l’applicazione delle incompatibilità di servizio agli operatori delle professioni sanitarie appartenenti al personale del comparto sanità per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore e comunque solo fino al termine dello stato di emergenza correlato alla diffusione del COVID-19, la disposizione impugnata avrebbe introdotto a livello regionale una deroga al principio di esclusività dell’impiego pubblico più ampia rispetto a quella concessa a livello nazionale a tutti gli infermieri del servizio sanitario.
5.1.– La resistente ha eccepito l’inammissibilità anche di queste questioni, poiché l’interposizione normativa sarebbe a suo avviso viziata da genericità e sarebbero poi contraddittorie la denuncia di lesione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e la denuncia di violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, oggetto di competenza regionale concorrente.
Le questioni sarebbero comunque non fondate nel merito.
Non sarebbe violato il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., atteso il carattere fisiologico delle differenze normative territoriali corrispondenti all’attribuzione di potestà legislativa regionale, tanto più quando, come nella specie, quest’ultima si sia espressa attraverso disposizioni solo temporanee; si tratterebbe infatti di una misura organizzativa di emergenza, collegata all’incidenza della pandemia sulle strutture residenziali per anziani, misura rientrante nella competenza legislativa di organizzazione sanitaria attribuita alla Regione dall’art. 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale ovvero dall’art. 117, terzo comma, Cost.
Neppure sarebbe invasa la competenza statale in materia di ordinamento civile, poiché la disposizione regionale avrebbe una sfera applicativa limitata unicamente agli infermieri, e non a tutti i sanitari, né ad ogni attività libero-professionale, ma solo a quella presso strutture sociosanitarie per anziani.
Inoltre, l’impugnata disposizione non inciderebbe sulla regolamentazione del rapporto di lavoro degli infermieri, ma si collocherebbe «a monte» della stessa, «prevedendo, per le finalità anzidette, una deroga eccezionale e temporanea all’esclusività del rapporto di pubblico impiego, giustificata alla luce dell’emergenza sanitaria e solo parzialmente difforme dalla disciplina statale».
5.2.– Le eccezioni di inammissibilità non sono fondate.
Richiamato quanto sopra chiarito (punto 2.2.), si constata che l’interposizione normativa è sufficientemente definita in ricorso, con riferimento al regime delle incompatibilità di servizio dei pubblici dipendenti e alle deroghe introdotte dalla legislazione nazionale di contrasto alla pandemia da COVID-19.
5.3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
L’art. 3-quater del d.l. n. 127 del 2021, come convertito, esonerava dalle incompatibilità di servizio gli operatori delle professioni sanitarie appartenenti al personale del comparto sanità per un massimo di quattro ore settimanali e fino al termine dello stato di emergenza pandemico.
Prorogata dall’art. 10, comma 1, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 (Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, e altre disposizioni in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 19 maggio 2022, n. 52, l’efficacia della norma di deroga era destinata a cessare il 31 dicembre 2022.
L’art. 4, comma 8-ter, del d.l. n. 198 del 2022, come convertito, ha ulteriormente prorogato il termine fino al 31 dicembre 2023 e ha innalzato il limite della deroga da quattro a otto ore settimanali.
Infine, l’art. 13, comma 1, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 (Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2023, n. 56, ha prorogato l’esonero dalle incompatibilità fino al 31 dicembre 2025, senza fare più esplicito riferimento a uno specifico tetto orario, ma istituendo un monitoraggio ministeriale periodico sull’attuazione della norma.
Ai sensi del comma 10 dell’art. 128 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, la deroga regionale si applica fino al 31 dicembre 2023, e quindi l’originaria maggior durata rispetto alla norma statale interposta è stata riassorbita.
Fino all’ultima segnalata modifica, è rimasto un disallineamento quanto al monte ore, poiché la norma regionale, come non osservava all’inizio il limite delle quattro ore settimanali, così non rispettava il successivo limite delle otto ore.
La norma impugnata, tuttavia, contiene una clausola di salvaguardia idonea ad assicurare l’osservanza del nucleo essenziale del regime delle incompatibilità di servizio, in quanto sono fatti salvi «la garanzia dell’orario svolto alle dipendenze dell’ente pubblico e il rispetto dell’orario massimo di lavoro e dei prescritti riposi».
Nessun pregiudizio può dunque venirne all’ente pubblico quale creditore di prestazione, né alcun conflitto di interessi può insorgere, perché la stessa disposizione regionale esige che l’attività professionale straordinaria sia svolta dal personale infermieristico presso strutture convenzionate con l’azienda sanitaria di riferimento.
D’altronde, come di recente questa Corte ha osservato in una fattispecie analoga, riferita all’impiego di medici specializzandi in attività di supporto alle strutture di emergenza-urgenza, si tratta di rimedi organizzativi straordinari, i quali, finalizzati a garantire la continuità assistenziale in settori nevralgici, pregiudicati dalla carenza di personale, non investono se non di riflesso l’ordinamento civile, e viceversa attengono essenzialmente all’organizzazione sanitaria regionale (sentenza n. 112 del 2023).
In conclusione, non sussiste la denunciata invasione della competenza statale nella materia «ordinamento civile».
Anche qui, la doglianza di violazione del principio di uguaglianza è meramente ancillare, non autonoma rispetto alla denuncia sul titolo di competenza, e ne condivide pertanto la sorte (sentenze n. 112 del 2023 e n. 6 del 2022).
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 giugno 2022, n. 8, recante «Disposizioni in materia di relazioni internazionali, biodiversità, caccia, pesca sportiva, agricoltura, attività produttive, turismo, autonomie locali, sicurezza, lingue minoritarie, corregionali all’estero, funzione pubblica, lavoro, formazione, istruzione, famiglia, patrimonio, demanio, infrastrutture, territorio, viabilità, ambiente, energia, cultura, sport, salute, politiche sociali e finanze (Legge regionale multisettoriale 2022)», promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione e 4, primo comma, numero 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 128, commi da 1 a 4, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. e 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 128, comma 7, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost. e 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 128, comma 9, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 8 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera l), Cost. e 5, primo comma, numero 16), dello statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2023.