SENTENZA N. 5
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO;
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 14, 15, 22, 46 e 91, commi 1 e 3, della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’11-17 settembre 2020, depositato in cancelleria il 21 settembre 2020, iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2021 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021 e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
deliberato nella camera di consiglio del 20 ottobre 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato l’11-17 settembre 2020 e depositato il 21 settembre 2020 (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14, 15, 22, 46 e 91, commi 1 e 3, della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché per violazione delle competenze statutarie della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
1.1.– In ordine alla censura avanzata nei confronti degli artt. 14, 15 e 22 della legge regionale impugnata, il ricorrente rappresenta che le predette disposizioni, al fine di mantenere e rafforzare l’offerta sanitaria regionale necessaria a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedono: l’art. 14, l’attribuzione di una «indennità sanitaria valdostana» fino al 31 dicembre 2020 «al personale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, e ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta convenzionati con l’Azienda USL»; l’art. 15, «un’indennità di disagio una tantum» da corrispondere al personale dell’Azienda USL, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale, compresi i somministrati, e al personale convenzionato che abbia prestato attività lavorativa nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 in strutture o servizi operanti in forma diretta o indiretta per l’emergenza da COVID-19; l’art. 22, una «indennità COVID-19 una-tantum» per i lavoratori delle Unités des Communes valdôtaines e del Comune di Aosta, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale (operatori socio-sanitari e altri profili professionali), che abbiano prestato servizio in presenza nelle microcomunità per anziani e nel servizio di assistenza domiciliare per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020.
Secondo il ricorrente, i predetti articoli della legge regionale impugnata avrebbero: a) travalicato i limiti statutari e invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 40 e seguenti del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); b) violato gli artt. 3 e 97 Cost., per contrasto con le finalità perequative e di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale ed esposti al medesimo rischio; infine, leso l’art. 117, terzo comma, Cost., con riguardo alla competenza legislativa concorrente nel dettare principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica», declinati nella fattispecie dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» e successive modifiche, e perseguiti anche nel periodo emergenziale dal complesso delle misure introdotte dal legislatore nazionale, di cui al decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77 (in particolare l’art. 2, comma 6, lettere a e b), ed al precedente decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 (in particolare l’art. 1, comma 2).
1.1.1.– Relativamente alla prima censura, promossa per l’asserita violazione dei limiti delle competenze statutarie e di quella statale esclusiva in materia di ordinamento civile, il ricorrente afferma che le disposizioni impugnate intervengono su aspetti del trattamento economico del personale dipendente della Regione e degli enti regionali, riservati, secondo la giurisprudenza costituzionale, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto attinenti all’ordinamento civile, violando, le disposizioni degli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconducono la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato al codice civile ed alla contrattazione collettiva.
La difesa dello Stato evidenzia che «ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001, le disposizioni del medesimo Decreto Legislativo n. 165/2001 – come quelle della Legge delega 421 del 1992 – vengono espressamente elevate al rango di principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (ex multis Corte Cost., sentenze n. 189/2007, n. 160/2017 e n. 81/2019)».
1.1.2.– In merito al secondo profilo di censura, riferito agli artt. 3 e 97 Cost., il ricorrente assume che le disposizioni regionali impugnate si porrebbero in contrasto con le finalità perequative di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale ed esposti al medesimo rischio.
1.1.3.– Infine, il ricorrente deduce la lesione della competenza legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica in quanto le disposizioni regionali impugnate si discosterebbero dagli obiettivi fissati dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 e perseguiti anche nel periodo emergenziale dal complesso di misure introdotte dal legislatore nazionale.
La difesa statale rileva «che il D.L. n. 34/2020 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 77/2020, ha esteso la finalizzazione delle risorse di cui all’art. l, comma l, del D.L. n. 18/2020, oltre che alla remunerazione del lavoro straordinario, prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente, ivi incluse le indennità previste dall’articolo 86, comma 6, del CCNL 2016-2018, nonché, per la restante parte, ai relativi fondi incentivanti (articolo 2, comma 6, lettera a), consentendo, altresì, alle Regioni ed alle Province autonome di incrementare, fino al doppio delle risorse ivi previste, con proprie risorse disponibili a legislazione vigente, fermo restando l’equilibrio economico sanitario della Regione e Provincia autonoma (articolo 2, comma 6, lettera b)».
L’Avvocatura generale dello Stato ricorda, poi, che l’art. 1, comma 2, dello stesso d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha disposto che «[a] valere sulle predette risorse destinate a incrementare i fondi incentivanti, le Regioni e le Province autonome possono riconoscere al personale dipendente un premio, commisurato al servizio effettivamente prestato nel corso dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, di importo non superiore a 2.000 euro al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente e comunque per una spesa complessiva, al lordo dei contributi e degli oneri a carico dell’amministrazione, non superiore all’ammontare delle predette risorse destinate a incrementare i fondi incentivanti».
Secondo il ricorrente le ricordate disposizioni legislative nazionali, «emanate per fronteggiare l’emergenza sanitaria determinata dal diffondersi del Covid-19, hanno riguardato, in un’ottica di unitarietà di sistema e di omogeneizzazione e perequazione dei trattamenti e di coordinamento finanziario, sia le Regioni (ivi comprese quelle a statuto speciale) e sia le Province autonome». A tal fine «le risorse stanziate dallo Stato sono state ripartite tra tutti i predetti enti e la possibilità di stanziare ulteriori risorse al livello territoriale è stata prevista anche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome secondo i medesimi criteri previsti per le Regioni. Infatti, l’articolo 2, comma 6, lettera b), del predetto D.L. n. 34/2020 ha previsto la possibilità per le Regioni e Province autonome, di incrementare, con risorse proprie, gli importi indicati nella citata tabella A del D.L. n. 18/2020, assegnati dallo Stato per l’incremento dei fondi del trattamento accessorio del personale, fino al doppio degli stessi. Nei suddetti termini si è consentito di incrementare i fondi in parola, di un importo complessivo – quale somma tra il finanziamento statale e quello regionale/provinciale – non superiore al doppio della quota di finanziamento statale attribuita a ciascuna Regione e Provincia autonoma».
Sulla scorta delle richiamate disposizioni statali, il ricorrente sostiene che «l’importo stanziabile a livello regionale per la predetta finalità non potrebbe superare la quota, pari a 526.051 euro, assegnata dallo Stato alla Regione Valle D’Aosta» mentre la legge regionale impugnata prevede di destinare al trattamento economico del personale impegnato nell’emergenza risorse di importo di gran lunga superiore a quello consentito.
Ciò avverrebbe «in deroga, oltre che all’articolo 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017, anche alla normativa contrattuale, cui è riservata la disciplina del rapporto di lavoro del personale privatizzato, ivi compreso il relativo trattamento economico».
1.2.– In ordine all’art. 46 della legge regionale impugnata, il ricorrente assume che la disposizione violerebbe i limiti delle competenze statutarie e della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione ai parametri interposti costituiti dagli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001.
La previsione normativa impugnata stabilisce, al comma 4, che «[a]l personale, regionale e degli enti locali, compreso quello degli Uffici stampa, che abbia prestato a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa presso la struttura regionale di primo livello denominata Dipartimento Protezione Civile e Vigili del fuoco, nei mesi di marzo e aprile 2020, per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, spetta un’indennità di disagio una tantum, pari a 20 euro lordo busta, per ogni giornata effettivamente lavorata nel predetto periodo».
Ad avviso della difesa statale la predetta disposizione regionale presenta gli stessi profili di illegittimità costituzionale illustrati con riguardo agli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale, in quanto interviene parimenti su aspetti del trattamento economico del personale della Regione e degli enti regionali riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato che attengono all’ordinamento civile. Sul punto la difesa statale argomenta richiamando quanto illustrato in ordine alla questione prospettata nei confronti dei citati artt. 14, 15 e 22.
1.3.– Infine, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 91, commi l e 3, della stessa legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, in riferimento alle competenze statutarie e a quella esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, evocati come parametri interposti.
Il comma 1 dell’art. 91 stabilisce che, «[l]imitatamente al 2020, in considerazione delle ulteriori necessità assunzionali funzionali a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative ricadute socio-economiche, l’Amministrazione regionale, in deroga ai limiti assunzionali vigenti, è autorizzata a effettuare assunzioni a tempo determinato nel limite della spesa teorica calcolata su base annua con riferimento alle unità di personale, anche di qualifica dirigenziale, cessate dal servizio nel 2019 e non sostituite e alle cessazioni programmate per l’anno 2020, fermo restando che le predette assunzioni possono essere effettuate soltanto a seguito delle cessazioni, a qualsiasi titolo, che determinano la relativa esigenza sostitutiva».
Ad avviso del ricorrente la disposizione «appare generica nella sua formulazione, non trovando, peraltro, riscontro nella normativa nazionale che, agli stessi fini, ha previsto misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza in parola, ivi incluso il ricorso ai contratti a termine, il cui utilizzo, tuttavia, viene riferito a determinati e circostanziati settori e categorie».
La disposizione regionale in esame contrasterebbe, pertanto, «con le disposizioni statali in materia di utilizzo del contratto a termine, di cui all’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001, la cui ratio è quella di prevenire un uso distorto del lavoro flessibile, [determinando] la conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, che affida allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile».
A sua volta, il comma 3 del medesimo art. 91 della legge regionale impugnata prevede che, «[l]imitatamente al 2020, in considerazione delle ulteriori necessità assunzionali funzionali a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative ricadute socio-economiche, gli enti locali, in forma singola o associata, in deroga ai limiti assunzionali vigenti, sono autorizzati a utilizzare forme di lavoro flessibile per sostituire il personale assente o cessato dal servizio o in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali richieste e per garantire l’erogazione dei servizi tra cui, in particolare, quelli domiciliari, semiresidenziali e residenziali rivolti a persone anziane e non autosufficienti o in condizioni di fragilità e quelli di polizia locale».
Secondo la difesa statale, la disposizione regionale «non trova riscontro nella normativa nazionale di riferimento che, invero, con il fine di prevenire abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, pone precisi limiti all’utilizzo delle relative tipologie contrattuali (cfr. artt. 7 e 36 del D.Lgs. n. 165/2001)». Inoltre, la disposizione impugnata non troverebbe riscontro neppure nella normativa nazionale emanata al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria/epidemiologica da COVID-19. Ne consegue che anche l’art. 91, comma 3, della legge regionale impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si è costituita in giudizio con memoria depositata in data 15 ottobre 2020.
2.1.– In relazione al motivo di ricorso, concernente gli artt. 14, 15 e 22 della legge regionale impugnata, la Regione autonoma eccepisce in via preliminare «l’inammissibilità della censura, in quanto non tiene in considerazione le competenze statutariamente spettanti alla Regione resistente […], né motiva perché il legislatore regionale avrebbe esorbitato dal relativo perimetro».
Inoltre, la difesa regionale deduce l’inammissibilità delle censure mosse in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto tali parametri vengono solo evocati dal Governo, «senza alcuna motivazione in ordine alla relativa asserita violazione».
2.1.2.– Nel merito, secondo la resistente, le questioni non sarebbero fondate.
La difesa regionale assume che «le disposizioni impugnate sono state adottate dalla Regione Valle d’Aosta nell’esercizio della propria potestà normativa primaria riconosciuta dall’art. 2, lett. a) e b), dello Statuto speciale valdostano (l. cost. n. 4 del 1948), nelle materie “ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico e economico del personale” e “ordinamento degli enti locali”, nonché nell’esercizio della competenza residuale di cui all’art. 117, comma 4, Cost., spettante anche alla Regione in forza della clausola di cui all’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, nella materia “ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali”, più volte riconosciuta da questa Corte in materia di impiego pubblico regionale (da ultimo, sent. n. 77 del 2020)».
Inoltre, secondo la difesa regionale, occorre tener conto «delle competenze integrative nelle materie “finanze regionali e comunali” e “igiene e sanità”, di cui all’art. 3, lett. f) ed l), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), nonché, in forza della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, nelle materie di competenza concorrente “coordinamento della finanza pubblica” e “tutela della salute” ex art. 117, comma 3, Cost.».
2.1.3.– In base al riferito quadro normativo, la Regione autonoma esclude che le disposizioni impugnate siano lesive della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
La difesa regionale afferma che, diversamente da quanto affermato dal Governo, non tutte le disposizioni del predetto d.lgs. n. 165 del 2001 trovano applicazione nei confronti delle autonomie speciali, in quanto l’art. 1, comma 3, prevede che esse si adeguino «tenuto conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti».
In ordine a tale ultima previsione la resistente rappresenta, con specifico riguardo a quanto previsto dagli artt. 14 e 15 della legge regionale impugnata, che per il personale della azienda sanitaria valdostana trova applicazione la «legge regionale n. 5 del 2000 (recante “Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione”), il cui art. 41 (rubricato “Disciplina dei rapporti di lavoro del personale dell’azienda USL”) prevede, al c. 1, che “I rapporti di lavoro del personale dell’azienda USL sono disciplinati dalle norme statali in materia di personale del servizio sanitario nazionale, dagli accordi collettivi nazionali, dai contratti collettivi di lavoro definiti a livello nazionale e dalle disposizioni integrative di competenza della Regione”».
Inoltre, sempre in riferimento al medesimo personale, la difesa regionale evidenzia che: l’art. 6 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella regione), prevede che «[a]l finanziamento dell’organizzazione e delle attività necessarie a garantire i livelli essenziali ed appropriati di assistenza e la produzione ed erogazione delle prestazioni in essi ricomprese provvede la Giunta regionale nel limite delle quote del fondo sanitario regionale da trasferire all’azienda USL, nonché dei fondi regionali da trasferire agli enti locali, così come determinati dalla legge finanziaria vigente in base alle previsioni della programmazione sanitaria e socio-assistenziale regionale, tenendo conto della quota da destinare alle attività finalizzate alla prevenzione»; e che, ai sensi dell’art. 41 della stessa legge reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2000, in sede di determinazione del predetto finanziamento, la Giunta regionale può prevedere «finanziamenti integrativi di quelli di competenza legislativa statale previsti dai vigenti accordi e contratti collettivi di lavoro, nell’obiettivo di: a) sviluppare l’organizzazione delle strutture in cui si articola l’azienda USL, con particolare riguardo alle posizioni dirigenziali della dirigenza medica, sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa; b) conseguire miglioramenti della qualità ed appropriatezza delle prestazioni nonché dei risultati economici di gestione dell’attività dell’azienda USL, complessivi e con riferimento alle aree organizzative in cui si articola» (comma 5). La difesa regionale sottolinea che i finanziamenti possono essere corrisposti anche al personale convenzionato, in conformità agli obiettivi e risultati stabiliti dagli appositi accordi stipulati a livello regionale (comma 8).
Con specifico riferimento alle previsioni dell’art. 22 della legge regionale impugnata, che interessa il personale del comparto unico regionale, la difesa della resistente sostiene che «trova applicazione la l.r. n. 22 del 2010 (recante “Nuova disciplina dell’organizzazione dell’Amministrazione regionale e degli enti del comparto unico della Valle d’Aosta”)», e che le disposizioni impugnate troverebbero, dunque, «copertura normativa» nell’ordinamento regionale, in quanto esso riconosce espressamente «una competenza integrativa in materia di trattamento economico, e [facoltizza] l’istituzione con legge di trattamenti economici ulteriori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi».
In ogni caso le disposizioni impugnate, secondo la difesa regionale, «assicurano il massimo grado di partecipazione della contrattazione collettiva, prevedendo che siano oggetto di concertazione sindacale con la USL tanto l’individuazione dei soggetti destinatari dell’indennità, quanto la determinazione del relativo ammontare e delle modalità di erogazione». Ne consegue che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente non sarebbero nemmeno «indefiniti il quantum e i presupposti per la percezione delle suddette indennità; piuttosto, si tratta di aspetti coerentemente rimessi alla concertazione sindacale». Pertanto, secondo la difesa della Regione autonoma, «la doglianza, insomma, oltre a essere infondata, appare perplessa e contraddittoria».
2.1.4.– Quanto alla dedotta violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, la difesa regionale rappresenta, con riguardo agli artt. 14 e 15 impugnati, che la spesa sanitaria è interamente finanziata dalla Regione autonoma, senza oneri a carico del bilancio statale ai sensi dell’art. 34, comma 3, terzo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), secondo cui «la regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad esse attribuiti dall’articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci».
Di conseguenza, le disposizioni statali invocate dal ricorrente come parametri interposti, ad avviso della difesa della resistente, «non possono assurgere a principi di coordinamento della finanza pubblica, dal momento che, come confermato dalla giurisprudenza di questa Corte, laddove il legislatore non concorre al finanziamento di un determinato aggregato di spesa, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario in materia (cfr., proprio con riferimento al personale sanitario della Valle d’Aosta, sent. n. 241 del 2018)».
Sotto altro profilo la difesa regionale rileva che le disposizioni statali di cui all’art. 1, comma 2, del citato d.l. n. 18 del 2020, come convertito e modificato dall’art. 2, comma 6, lettera b), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, richiamate dal ricorrente, relative al personale del Servizio sanitario nazionale, non trovano applicazione nei confronti della indennità di cui all’art. 22 della legge regionale impugnata, perché essa «riguarda il personale delle Unités des Communes valdôtaines e al Comune di Aosta, facente parte del comparto unico, ma non afferente al personale sanitario, per il quale l’indennità una tantum è corrisposta in misura determinata e “previa intesa tra l’Amministrazione regionale, tali enti locali e le competenti organizzazioni sindacali’ (art. 22, cc. 1 e 2). Il tutto nell’esercizio delle competenze normative sopra richiamate, oltre che di quella residuale in materia di “politiche sociali” ex art. 117, c. 4 Cost. e 10, l. cost. n. 3 del 2001».
La difesa della Regione autonoma prosegue affermando che le disposizioni impugnate rispondono del resto «a finalità più ampie di quelle perseguite dal legislatore statale con le disposizioni citate a parametro interposto». Afferma, difatti, che «[e]sse sono volte a potenziare il sistema sanitario regionale, dal momento che questo, anche in ragione del particolare contesto montano che lo contraddistingue, presenta serie difficoltà attrattive dal punto di vista professionale, e soffre, tra l’altro, di una sempre più grave e generalizzata carenza di medici specialisti e di personale sanitario in senso lato. Di qui la giustificazione, del tutto ragionevole e proporzionata anche in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., dell’istituzione di indennità per le attività prestate nell’ambito dell’emergenza sanitaria, quale misura di riconoscimento dell’impegno reso, e al contempo di attrattiva per il servizio sanitario regionale». Si è in presenza, difatti, di indennità «riconosciute – peraltro previa concertazione sindacale – non solo al personale dipendente dell’Azienda USL, ma anche al personale convenzionato, somministrato, libero professionista, e in generale al personale coinvolto in prima linea nell’emergenza sanitaria, e dunque a soggetti non contemplati dalla normativa statale, che non può assurgere, anche sotto il profilo in esame, a parametro interposto».
Ad avviso della difesa della resistente, tali peculiari esigenze e la specificità del contesto regionale valdostano sono elementi che legittimano un trattamento difforme del personale sanitario regionale rispetto a quanto stabilito dallo Stato e, dunque, impedisce di ravvisare una lesione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Viene richiamata in proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, accertato che la Regione autonoma resistente ha operato nell’ambito delle competenze a essa spettanti, «il riconoscimento stesso della competenza legislativa della Regione comporta l’eventualità, legittima alla stregua del sistema costituzionale, di una disciplina divergente da regione a regione, nei limiti dell’art. 117 della Costituzione» (sentenze n. 241 del 2018, n. 277 del 1995 e n. 447 del 1988).
2.2.– In ordine alla censura avanzata nei confronti dell’art. 46 della legge regionale impugnata, la difesa della resistente deduce in via preliminare plurimi profili di inammissibilità.
Innanzitutto, evidenzia che il ricorrente impugna integralmente l’articolo, ma censura esclusivamente il comma 4. Da ciò conseguirebbe l’inammissibilità del motivo per difetto di specificità del petitum. In subordine, la difesa regionale afferma che conseguentemente la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale «non potrà che riguardare il solo comma 4 dell’art. 46».
Il motivo di ricorso in esame sarebbe, poi, inammissibile poiché le censure di illegittimità costituzionale sono svolte richiamando per relationem quelle illustrate con riguardo agli artt. 14, 15 e 22. In tal modo il ricorrente non avrebbe assolto l’onere di puntuale motivazione in riferimento alla censura dell’articolo in esame.
L’inammissibilità viene dedotta anche per «perplessità e contraddittorietà» del motivo, in quanto il ricorrente, pur richiamando le censure dedotte avverso gli artt. 14, 15 e 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, assume poi l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 4, solo in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. In questo modo, secondo la difesa regionale «la parte resistente non è messa in condizione di individuare i parametri costituzionali che si assumono effettivamente violati, né di svolgere un’adeguata difesa sul punto».
Ancora, l’inammissibilità è affermata a ragione del difetto di illustrazione da parte del ricorrente sia delle norme statutarie che riconoscono alla Regione autonoma la competenza a legiferare nella materia oggetto della disposizione impugnata, sia dei motivi del «preteso travalicamento delle stesse da parte del legislatore regionale».
2.2.2.– Nel merito la Regione autonoma assume che il motivo è infondato alla luce di quanto già esposto con riguardo alle censure promosse dal ricorrente nei confronti degli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale.
In particolare, la difesa della resistente, illustrato il quadro normativo che a suo avviso costituirebbe la base giuridica che legittima l’emanazione delle disposizioni impugnate in base alle proprie competenze statutarie e di quelle riconosciute dalla Carta costituzionale, afferma che l’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, evocato dal ricorrente come parametro interposto, non trova applicazione in base alle peculiarità dell’ordinamento regionale.
La resistente torna a evidenziare che «la disciplina dello status giuridico ed economico del personale del comparto unico regionale, nonché la disciplina della contrattazione collettiva, hanno costituito oggetto di diverse leggi regionali e, da ultimo, della richiamata l.r. n. 22/2010 che, all’articolo 2, comma 5, espressamente facoltizza l’istituzione con legge di trattamenti economici ulteriori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi».
Pertanto, secondo la resistente, anche la disposizione dettata dall’art. 46 della legge regionale impugnata sarebbe stata emanata «nel legittimo esercizio delle competenze normative spettanti alla regione autonoma resistente, e senza alcuna violazione della normativa statale citata a parametro interposto, nemmeno direttamente applicabile alla Valle».
2.3.– Da ultimo, in riferimento al motivo del ricorso concernente l’art. 91, commi 1 e 3, della legge regionale impugnata, la difesa regionale ne eccepisce l’inammissibilità per una pluralità di profili e nel merito ne deduce l’infondatezza.
2.3.1.– Innanzitutto, vi sarebbe un difetto di interesse all’impugnazione e all’eventuale caducazione delle norme impugnate, poiché esse riproducono quanto previsto dall’art. 4, commi 1 e 3, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», che non sono state oggetto di ricorso da parte dello Stato. Ne consegue che la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate sarebbe comunque inidonea a reintegrare il preteso vulnus costituzionale.
Inoltre, viene eccepita la inammissibilità del ricorso per omessa individuazione delle competenze normative regionali ovvero delle motivazioni in base alle quali il ricorrente le riterrebbe travalicate dal legislatore regionale.
Sotto diverso profilo, le censure sarebbero inammissibili per genericità e difetto di specificità con particolare riferimento ai parametri interposti di cui agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto il contrasto viene meramente allegato, senza alcuna motivazione. Mancherebbe l’illustrazione delle norme e dei profili di contrasto tra la normativa regionale impugnata e le ricordate disposizioni statali. Parimenti, secondo la difesa regionale, mancherebbero i riferimenti normativi alla normativa nazionale evocata dal ricorrente che ha previsto misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
Ancora, la difesa della resistente eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione del comma 2 dell’art. 91 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, in quanto non richiamato tra le norme impugnate nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2020, con conseguente inammissibilità della censura per «difetto di corrispondenza tra ricorso e delibera, quanto a oggetto dell’impugnazione» (viene citata la sentenza n. 153 del 2015 di questa Corte). In ogni caso viene eccepito che lo stesso comma 2 è «indicato solo nell’epigrafe del motivo, ma non risulta illustrato né contestato da controparte, neppure con le generiche deduzioni riferite ai commi 1 e 3».
2.3.2.– Nel merito, la difesa regionale assume la non fondatezza della censura in quanto le disposizioni impugnate sarebbero state adottate nell’esercizio delle competenze statutarie in materia di ordinamento degli uffici in combinato disposto con quella residuale di cui all’art. 117, quarto comma, Cost.
Nel richiamare la giurisprudenza costituzionale sul punto, la difesa della Regione autonoma assume che le disposizioni impugnate troverebbero, pertanto piena legittimazione e copertura.
In ogni caso non vi sarebbe alcun utilizzo distorto del lavoro flessibile.
La resistente rileva che l’art. 91, comma 1, prevede una facoltà assunzionale che «riguarda un numero esiguo di personale, per il quale le programmate procedure concorsuali non potranno realizzarsi nel corso dell’anno 2020 per effetto del periodo di sospensione delle medesime, a causa del COVID-19, che ne ha determinato lo slittamento nel 2021».
In tal senso, secondo la Regione autonoma, la norma, lungi dall’essere generica come sostenuto dal ricorrente, sarebbe «mirata, anche in ossequio ai principi di buon andamento ex art. 97 Cost. – a disporre di un’alternativa all’assunzione a tempo indeterminato per quei profili residuali, – già previsti in copertura assunzionale, le cui procedure concorsuali non potranno essere realizzate nel corso dell’anno 2020».
A conferma di tale finalità virtuosa, la difesa regionale evidenzia che la disciplina in esame è riferita «solo ad una parte del fabbisogno assunzionale già assentito dal Piano 2019/2021 vigente, per l’anno 2020».
Le considerazioni appena svolte varrebbero anche con riferimento alla censura promossa nei confronti della disposizione dettata dal comma 3 dell’art. 91, in quanto essa mirerebbe a garantire « – nella logica di buon andamento ex art. 97 Cost., e tenuto conto delle esigenze connesse all’emergenza epidemiologica in atto – l’erogazione dei servizi tra cui, in particolare, quelli domiciliari, semiresidenziali e residenziali rivolti a persone anziane e non autosufficienti o in condizioni di fragilità, e quelli di polizia locale».
La difesa regionale precisa, inoltre, che per gli enti locali della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste i limiti assunzionali sono stabiliti annualmente con la legge di bilancio regionale, «mentre le disposizioni statali in materia non trovano diretta applicazione nella Regione autonoma Valle d’Aosta, in considerazione della particolare e più ampia autonomia legislativa e finanziaria della stessa (sentt. n. 173 del 2012 e n. 260 del 2013)».
Relativamente al comma 2 dell’art. 91, la difesa regionale, dopo averne ribadito l’estraneità dell’oggetto dell’impugnativa del Governo, osserva, comunque, che la disposizione ha parimenti carattere strettamente emergenziale ed è volta a sopperire le carenze del personale ausiliario e tecnico della scuola, garantendo il corretto avvio dell’anno scolastico 2020-2021.
3.– In prossimità dell’udienza la difesa statale ha depositato memoria nella quale ha rappresentato che nella seduta del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2021, il Governo ha deliberato di rinunciare all’impugnativa dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 e di aver notificato tale rinuncia alla Regione autonoma.
Nell’atto, allegato alla memoria, la rinuncia è motivata dall’intervenuta abrogazione dell’art. 15 della legge regionale impugnata ad opera dell’art. 3, comma 8, lettera e), della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2020, n. 10 (Riconoscimento dei debiti fuori bilancio della Regione, ratifica di variazioni di bilancio e altri interventi urgenti), poiché l’abrogazione «consente di superare i rilievi formulati avverso l’art. 15 della Legge regionale n. 8 del 13 luglio 2020».
Relativamente alle censure promosse nei confronti degli altri articoli della legge regionale impugnata, viene ribadito quanto già illustrato nel ricorso e sono confutate le eccezioni di inammissibilità e le argomentazioni svolte dalla difesa regionale.
In particolare, riguardo alle deduzioni della Regione autonoma resistente in ordine alla mancata corrispondenza tra il ricorso e la delibera del Consiglio dei ministri relativa alla proposta impugnazione anche del comma 2 dell’art. 91 della legge regionale impugnata, la difesa statale afferma che la disposizione – nel prevedere che «[i]l limite di spesa di cui al comma 1 non si applica per le assunzioni a tempo determinato di personale ausiliario e tecnico dell’organico delle istituzioni scolastiche ed educative dipendenti dalla Regione (personale ATAR)» – cadrebbe, per illegittimità costituzionale consequenziale ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in caso di accoglimento della censura relativa al comma 1.
4.– Anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria nella quale ha accettato la rinuncia relativa all’impugnazione dell’art. 15 e si è riportata nel resto integralmente da quanto eccepito, dedotto e argomentato nella memoria di costituzione.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, unitamente ad altre disposizioni della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), gli artt. 14, 15, 22, 46 e 91, commi 1 e 3, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché per violazione delle competenze statutarie della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
2.– La prima questione concerne gli artt. 14, 15 e 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 che prevedono, rispettivamente: l’art. 14, l’attribuzione di una «indennità sanitaria valdostana» fino al 31 dicembre 2020 «al personale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta convenzionati con l’Azienda USL»; l’art. 15, un’indennità di disagio una tantum da corrispondere al personale dell’Azienda USL, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale, compresi i somministrati, e al personale convenzionato che abbia prestato attività lavorativa nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 in strutture o servizi operanti in forma diretta o indiretta per l’emergenza da COVID-19; l’art. 22, una «indennità COVID-19 una tantum» per i lavoratori delle Unités des Communes valdôtaines e del Comune di Aosta, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale (operatori socio-sanitari e altri profili professionali), che abbiano prestato servizio in presenza nelle microcomunità per anziani e nel servizio di assistenza domiciliare per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020.
2.1.– Il ricorrente afferma che le disposizioni impugnate istituiscono indennità extra ordinem, al di fuori della contrattazione collettiva nazionale, in violazione dei limiti delle competenze statutarie e della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione agli artt. 40 e seguenti del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che riconducono la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato al codice civile ed alla contrattazione collettiva.
Il vulnus costituzionale è lamentato anche in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto le disposizioni regionali impugnate si porrebbero in contrasto con le finalità perequative e di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale ed esposti al medesimo rischio.
Infine, la difesa statale dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate in riferimento alla competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e ai principi fondamentali, espressi dalle disposizioni dettate dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» e successive modifiche, e perseguiti anche nel periodo emergenziale per la pandemia da COVID-19 dal complesso delle misure introdotte dal legislatore nazionale, di cui al decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77 (in particolare, l’art. 2, comma 6, lettere a e b), ed al precedente decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 (in particolare, l’art. l, comma 2).
2.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle censure per mancanza di motivazione in ordine alla eccedenza dai limiti fissati dalle competenze statutarie e alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
Nel merito, ha sostenuto la non fondatezza delle censure. Le disposizioni impugnate sarebbero state emanate nell’esercizio delle competenze statutarie della Regione autonoma in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale» e «ordinamento degli enti locali», nonché della competenza legislativa residuale di cui all’art. 117, quarto comma, Cost. spettante anche alla Regione autonoma, in forza della clausola di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali», nelle materie «finanze regionali e comunali e «igiene e sanità» previste dall’art. 3, lettere f) ed l), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta). Circa la asserita lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, la Regione resistente afferma che le disposizioni impugnate farebbero, comunque, salva l’autonomia collettiva, in quanto demandano ad un accordo tra le amministrazioni interessate e le organizzazioni sindacali l’individuazione dei soggetti destinatari delle indennità e la definizione della loro misura.
Relativamente alla violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, la resistente obietta l’inapplicabilità delle norme statali invocate dal ricorrente, in quanto la Regione autonoma finanzia in autonomia la spesa per il personale sanitario.
Sotto un profilo generale, la resistente ritiene che la sua possibilità di emanare disposizioni per potenziare il sistema sanitario regionale anche in funzione dell’emergenza determinata dalla pandemia e i suoi ambiti di autonomia giustificherebbero, dunque, la previsione delle indennità di cui alle disposizioni impugnate, anche in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
3.– Questa Corte, in via preliminare, rileva che è intervenuta rinuncia al ricorso nei confronti dell’impugnativa dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, a seguito della abrogazione della disposizione impugnata ad opera dell’art. 3, comma 8, lettera e), della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2020, n. 10 (Riconoscimento dei debiti fuori bilancio della Regione, ratifica di variazioni di bilancio e altri interventi urgenti), e che la rinuncia è stata accettata dalla Regione resistente.
L’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis, prevede che la rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte costituita, comporta l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 85 e n. 43 del 2021).
Ne consegue, pertanto, che il processo debba essere dichiarato estinto limitatamente alla questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
4.– Per effetto della rilevata estinzione, la prima questione risulta, dunque, circoscritta agli artt. 14 e 22 della legge regionale da ultimo citata.
4.1.– Innanzitutto vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale.
In ordine alla mancata motivazione sulla considerazione delle competenze statutarie, questa Corte rileva che il ricorrente ha ritenuto di ricondurre la materia incisa dalle disposizioni regionali impugnate a quella dell’ordinamento civile, di esclusiva competenza legislativa dello Stato. Ciò in quanto le disposizioni impugnate, nell’attribuire indennità integranti il trattamento economico del dipendente pubblico, sono riferibili alla disciplina del rapporto di lavoro di personale già in servizio e, conseguentemente, alla materia dell’ordinamento civile, rispetto alla quale lo statuto non prevede competenze regionali.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, non è necessario confrontarsi con le competenze statutarie quando la difesa statale, come nella fattispecie, nel definire l’oggetto del giudizio, muove da una impostazione di radicale esclusione di tali competenze.
In altri termini, nei casi in cui l’ambito materiale a cui ricondurre la norma impugnata è immediatamente riferibile ad un titolo di competenza riservato allo Stato, non è necessario il previo confronto del ricorrente con le competenze legislative assegnate dallo statuto speciale alla Regione autonoma (sentenze n. 273 e n. 25 del 2020, e n. 153 del 2019).
4.2.– La Regione resistente ha, altresì, eccepito il difetto di motivazione della censura riferita agli artt. 3 e 97 Cost.
Il ricorso sostanzia la censura nel «contrasto con le finalità perequative e di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale esposti al medesimo rischio».
Risulta, dunque, con sufficiente chiarezza che la preoccupazione del ricorrente è riferita alla ingiustificata disparità derivante dal difforme trattamento economico delle medesime categorie di lavoratori sul territorio nazionale che, nell’incidere sull’uguaglianza dei trattamenti retributivi, comporterebbe riflessi sul buon andamento della pubblica amministrazione. Seppur succinta, la rilevata motivazione consente di superare il vaglio di ammissibilità.
4.3.– Nel merito le censure promosse nei confronti degli artt. 14 e 22 della legge regionale impugnata non sono fondate.
4.3.1.– Non è ravvisabile la dedotta violazione della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile.
L’esame e la valutazione, sotto tale profilo, delle disposizioni regionali impugnate, devono essere condotti alla luce e nella prospettiva della eccezionale situazione determinata dalla pandemia da COVID-19, della correlata necessità di rafforzare l’offerta sanitaria nella Regione autonoma per fronteggiarne le conseguenze del particolare impegno richiesto nella contingente situazione emergenziale agli operatori dei servizi socio-sanitari e della esigenza di riconoscere ad essi un emolumento speciale e temporalmente delimitato con carattere indennitario e premiale.
In questo senso operano gli interventi disposti dalla Regione autonoma con le due norme impugnate nel riconoscere specifiche indennità, rispettivamente per il personale del Servizio sanitario (art. 14) e per gli operatori del settore assistenziale (art. 22).
Si è dunque in presenza di emolumenti riconosciuti dalla Regione autonoma per l’impegno straordinario profuso dal personale sanitario, ma anche, per evidenti ragioni, da quello dei servizi assistenziali menzionati dall’art. 22 della legge regionale impugnata, in conseguenza degli assetti e delle misure organizzative adottati dalla medesima Regione e dagli enti locali per fronteggiare gli effetti recati dall’emergenza da COVID-19 sui servizi socio-sanitari.
Peraltro tali misure sono coerenti e in linea con quanto disposto dallo stesso legislatore nazionale con le ricordate previsioni dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e come modificato dall’art. 2, comma 6, lettera b), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, secondo cui le Regioni e le Province autonome possono riconoscere, in favore dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale, «un premio, commisurato al servizio effettivamente prestato nel corso dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020», entro un limite massimo individuale e nel rispetto delle risorse stabilite.
In questa prospettiva, gli interventi in oggetto, previsti dalla Regione autonoma con le disposizioni impugnate, vanno ricondotti alla dimensione organizzativa della Regione stessa e degli enti locali, come espressioni delle relative competenze statutarie in materia, e non alla materia dell’ordinamento civile come affermato dal ricorrente.
Questa Corte rileva che il legislatore regionale ha mostrato di valorizzare opportunamente il ruolo della contrattazione collettiva demandando alla “concertazione” con le organizzazioni sindacali la individuazione del personale destinatario e la quantificazione della relativa indennità di cui all’art. 14 prevedendo altresì che la ripartizione dei fondi per il finanziamento della indennità di cui all’art. 22, comma 1, avvenga tramite apposita intesa tra l’amministrazione regionale, gli enti locali interessati e «le competenti organizzazioni sindacali».
4.3.2.– Parimenti insussistente è la asserita violazione degli artt. 3 e 97 Cost., prospettata dal ricorrente per il differente trattamento che si verrebbe a determinare tra operatori del settore sanitario in ambito nazionale esposti al medesimo rischio.
Va difatti rilevato che è lo stesso legislatore nazionale a prevedere una tale difformità.
Nell’attribuire le risorse aggiuntive per il personale sanitario direttamente impiegato nelle attività di contrasto all’emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19, le ricordate disposizioni statali hanno stabilito che accedono al finanziamento tutte le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulla base delle quote relative al fabbisogno sanitario corrente rilevate per l’anno 2019 e ha aggiunto che tali importi possono essere incrementati di un ammontare aggiuntivo non superiore al doppio degli stessi, dalle Regioni e dalle Province autonome, con proprie risorse disponibili a legislazione vigente (art. 1, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito).
Pertanto, i trattamenti divergono per effetto della differente capacità regionale di fornire stanziamenti aggiuntivi in relazione alle proprie disponibilità.
Avendo la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste agito negli ambiti di autonomia riconosciuti dall’ordinamento, la disciplina, ancorché divergente rispetto a quella dettata da altre Regioni, è pienamente legittima (sentenza n. 241 del 2018).
4.3.3.– Parimenti non è fondata la censura sollevata nei confronti degli artt. 14 e 22 della legge regionale impugnata, in riferimento al principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli obiettivi fissati dall’art. 23, comma 2, del citato d.lgs. n. 75 del 2017, concernenti il limite dell’ammontare delle risorse che le pubbliche amministrazioni possono destinare al trattamento accessorio del personale, obiettivi perseguiti, nel periodo emergenziale, con i ricordati d.l. n. 34 del 2020 e d.l. n. 18 del 2020, come convertiti.
Il comma 3 dell’art. 34 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) dispone espressamente che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio, «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad ess[a] attribuiti dall’articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni, e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci».
È principio costante della giurisprudenza costituzionale quello per cui «quando lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, non “ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente sostenuta” da questi soggetti (sentenza n. 341 del 2009)» (sentenza n. 115 del 2012).
Questo principio è stato declinato anche in riferimento alla spesa per il personale del settore sanitario nella Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Questa Corte ha evidenziato difatti che, provvedendo quest’ultima a finanziare la propria spesa sanitaria in autonomia e senza oneri a carico del bilancio dello Stato, quest’ultimo non ha titolo per dettare, con riguardo al medesimo settore di spesa pubblica, norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 241 del 2018).
4.3.4.– La questione risulta non fondata anche per un ulteriore e concorrente profilo, che assume specifica rilevanza con riguardo alla indennità riconosciuta dall’art. 22 della legge regionale impugnata in favore del personale non dipendente dal Servizio sanitario.
Il ricorrente assume che tale indennità, così come quella riconosciuta dall’art. 14 al personale del Servizio sanitario, contrasterebbe con il limite posto dal ricordato art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 all’ammontare complessivo delle risorse che possono essere destinate al trattamento accessorio del personale.
La predetta disposizione statale è, dunque, evocata come parametro interposto, assumendo che essa costituisca un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Senonché, al riguardo, questa Corte osserva che il concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, quale autonomia speciale, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica avviene attraverso accordi stipulati tra la Regione stessa e il Ministro dell’economia e delle finanze, che individuano il complessivo ammontare dell’apporto dovuto dalla Regione autonoma, accordi il cui contenuto è poi recepito in atto normativo dello Stato.
L’accordo è stato sottoscritto dal Presidente della Regione autonoma e dal Ministro dell’economia e delle finanze in data 16 novembre 2018, e i suoi contenuti sono stati recepiti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), all’art. 1, commi da 876 a 879. In particolare il comma 877, nel definire gli importi del concorso per gli anni 2018 e 2019, ha determinato in 102,807 milioni di euro annui quanto dovuto dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste a decorrere dall’anno 2020.
Già in precedenti pronunce, questa Corte ha riconosciuto che il regime pattizio comporta la non diretta applicabilità alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste di disposizioni statali costituenti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica (da ultimo, sentenza n. 250 del 2020, nella quale si è peraltro affermato che «[r]esta ferma, naturalmente, l’esigenza di un costante e puntuale monitoraggio da parte delle competenti istituzioni dell’effettivo perseguimento e conseguimento degli obiettivi finanziari stabiliti dalle ricordate disposizioni di legge inerenti le modalità di concorso della Regione Valle d’Aosta alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica»).
Nello stesso senso, la sentenza n. 273 del 2020, riferita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, per la quale parimenti trova applicazione il regime pattizio, ha ritenuto non vincolanti disposizioni considerate dal ricorrente come specificazione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Ciò in considerazione dell’accordo stipulato fra lo Stato e la medesima Regione il 25 febbraio 2019 per l’individuazione del concorso regionale al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.
In definitiva, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che per le autonomie speciali – in vigenza del metodo pattizio e di accordo tra la Regione autonoma e lo Stato, tradotto in legge statale – la definizione, per tale via, dell’importo annuo del concorso agli obiettivi della finanza pubblica rende non direttamente applicabili nel contesto regionale interessato le specifiche disposizioni statali integranti principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Atteso tale quadro regolatorio delle modalità di concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste al conseguimento da parte dello Stato degli obiettivi di finanza pubblica, deve essere dunque esclusa l’applicabilità diretta alla medesima Regione delle ricordate disposizioni recate dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 in materia di limite di risorse destinabili al trattamento accessorio del personale e, conseguentemente, la possibilità di richiamarle come parametro interposto, in relazione alla previsione dettata dall’art. 22 della legge regionale impugnata.
5.– La seconda questione investe l’art. 46 della medesima legge regionale, che prevede l’erogazione di un’indennità una tantum, pari a euro venti lordi in busta paga per ogni giornata effettivamente lavorata nel periodo marzo-aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, da corrispondere al personale regionale e degli enti locali, compreso quello degli uffici stampa, che abbia prestato a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa presso la struttura regionale del dipartimento protezione civile e vigili del fuoco.
5.1.– Il ricorrente dubita della legittimità costituzionale della disposizione impugnata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto afferma che la Regione avrebbe legiferato in materia di trattamento economico del personale, rientrante nella materia ordinamento civile, che eccede dalle competenze statutarie e spetta in via esclusiva al legislatore statale.
5.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha eccepito plurimi profili di inammissibilità: il difetto di specificità del petitum, poiché l’indennità contestata è prevista dal comma 4 dell’art. 46, articolo che, invece, è impugnato per intero; il difetto di motivazione in quanto svolta per relationem in riferimento alle censure di cui agli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale e perplessa, poiché, nonostante il richiamo alla predetta motivazione, l’art. 46 è impugnato solo in riferimento alla violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile; infine, ha dedotto l’inammissibilità per mancata considerazione delle competenze statutarie e del superamento dei suoi ambiti.
Nel merito, la difesa della resistente ha riproposto l’iter argomentativo svolto in riferimento alle censure promosse nei confronti degli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale.
5.3.– La questione va dichiarata inammissibile.
La difesa dello Stato, come dedotto dalla Regione resistente, non solo non specifica quale sia la parte dell’art. 46 della legge regionale impugnata su cui si concentra la censura, ma soprattutto si limita ad argomentare nel senso che in riferimento a tale disposizione varrebbero i medesimi profili di illegittimità costituzionale già illustrati con riguardo agli artt. 14, 15 e 22 della legge regionale stessa.
È ben vero che l’Avvocatura poi ribadisce il principio generale che riserva alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico dei dipendenti pubblici, ai sensi degli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, ma nulla argomenta in ordine alla concreta fattispecie, in considerazione della spiccata specificità della prevista «indennità di disagio una tantum» erogata in via eccezionale al personale, regionale e degli enti locali, compreso quello degli uffici stampa, che abbia prestato attività lavorativa «presso la struttura regionale di primo livello denominata Dipartimento Protezione Civile e Vigili del fuoco, nei mesi di marzo e aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19».
In tal modo, il ricorrente è venuto meno all’onere di esatta definizione della questione e di puntuale motivazione che questa Corte ha più volte ribadito essere ancor più rilevante nel ricorso in via principale, e la cui carenza conduce pertanto alla sua inammissibilità (ex plurimis, sentenza n. 83 del 2018).
6.– Infine, la terza questione è promossa nei confronti dell’art. 91, commi 1 e 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
Il comma 1 di tale articolo prevede che l’amministrazione regionale, per far fronte alle necessità derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga ai limiti assunzionali, può effettuare assunzioni a tempo determinato nel limite della spesa teorica calcolata su base annua con riferimento alle unità di personale, anche di qualifica dirigenziale, cessate dal servizio nel 2019 e non sostituite, e alle cessazioni programmate per l’anno 2020, fermo restando che le assunzioni sono possibili solo a seguito delle cessazioni.
Per le stesse esigenze, e sempre in deroga ai limiti assunzionali vigenti, il comma 3 del medesimo art. 91 autorizza gli enti locali a fare ricorso a forme di lavoro flessibile per sostituire il personale assente o cessato dal servizio o in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali e per garantire l’erogazione dei servizi, in particolare domiciliari, semiresidenziali e residenziali a persone anziane e non autosufficienti o in condizioni di fragilità e per i servizi di polizia locale.
6.1.– Il ricorrente ritiene che le predette disposizioni eccedano le competenze statutarie e siano invasive della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che prevedono specifici limiti e modalità per il ricorso al lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, subordinandolo all’esistenza di comprovate esigenze di carattere temporaneo o eccezionale e non per sopperire a carenze di organico.
La difesa statale lamenta, altresì, la genericità della disposizione che non troverebbe riscontro nella normativa statale la quale, pur avendo previsto il ricorso al contratto a termine per fronteggiare l’emergenza sanitaria, lo avrebbe circoscritto a determinate categorie e settori.
6.2.– In via preliminare, la Regione autonoma ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa per carenza d’interesse per essere la disposizione impugnata riproduttiva dell’art. 4, commi 1 e 3, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», non oggetto di ricorso.
Inoltre, ha dedotto: il difetto di motivazione sulle competenze statutarie; la genericità dell’asserito contrasto con gli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001; l’inammissibilità dell’impugnativa riferita al comma 2 dell’art. 91, in quanto non richiamato nella delibera del Consiglio dei ministri.
Nel merito, oltre a sostenere la propria legittimazione ad adottare le disposizioni impugnate, la Regione ha affermato che, comunque, non vi sarebbe alcun uso distorto del lavoro a termine, in quanto motivato dalle esigenze derivanti dallo slittamento delle procedure concorsuali al 2021 per effetto dell’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia.
6.3.– Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla resistente.
Innanzitutto, non è ravvisabile la prospettata carenza di interesse al ricorso, in ragione della natura meramente riproduttiva di una disposizione precedente della norma impugnata, poiché secondo la giurisprudenza di questa Corte «l’esistenza di una disciplina contenuta in un precedente testo normativo non impedisce l’impugnazione in via principale di una successiva legge che, novando la fonte, riproduca la medesima disciplina” (sentenza n. 9 del 2010). Peraltro, “nessuna forma di acquiescenza riguardo ad altre successive norme, infatti, è dato riscontrare nel nostro ordinamento nella mancata impugnazione di una disposizione di legge pur avente il medesimo contenuto dell’altra sopravvenuta” (da ultimo, sentenza n. 187 del 2011)» (sentenza n. 219 del 2012).
Sull’eccepito difetto di motivazione in ordine al superamento dei limiti delle competenze statutarie, si deve ribadire che il ricorso statale non deve necessariamente motivare sul punto, allorché deduce, come nel caso di specie, la radicale estraneità della materia disciplinata dalle disposizioni impugnate alle competenze statutarie, in quanto riconducibile ad ambito disciplinare immediatamente riferibile ad un titolo di competenza riservato allo Stato, quale quello dell’ordinamento civile.
Parimenti non è fondata l’eccezione sollevata dalla resistente in ordine alla asserita genericità e al difetto di motivazione della censura con particolare riferimento ai parametri interposti di cui agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Questa Corte rileva che il ricorrente ha esplicitato, sebbene in modo sintetico, le ragioni del contrasto tra la disposizione regionale impugnata e la disciplina statale di riferimento, laddove ha evidenziato il perimetro e le finalità previste dal legislatore statale per l’utilizzo del contratto a termine, da cui si discosterebbe la disposizione impugnata.
Infine, va disattesa anche l’eccezione di inammissibilità sollevata in ragione del mancato richiamo, da parte della delibera del Consiglio dei ministri, dell’impugnativa riferita al comma 2 dell’art. 91 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
Effettivamente, come rilevato dalla difesa regionale, la delibera del Consiglio dei ministri non ha incluso tale disposizione nell’autorizzazione all’impugnativa.
Tuttavia, lo stesso ricorso la menziona solo nel dispositivo, mentre la motivazione è svolta esclusivamente in riferimento ai commi 1 e 3 dell’art. 91, sicché il richiamo al comma 2 risulta frutto di un mero lapsus calami.
D’altronde, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilevato che l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 91 della legge regionale impugnata deriverebbe in via conseguenziale dalla declaratoria di illegittimità costituzionale relativa ai commi 1 e 3, confermando così che il comma 2 non costituiva oggetto di impugnazione.
6.4.– Nel merito la questione non è fondata.
Le norme interposte richiamate dal ricorrente disciplinano le modalità e i limiti con cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a forme di lavoro flessibile.
In particolare: l’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, e a forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, è possibile soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale; l’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 ammette il ricorso a contratti di lavoro autonomo per specifiche esigenze cui le amministrazioni pubbliche non possono far fronte con personale in servizio, stabilendo precisi presupposti di legittimità, a pena di nullità del relativo contratto.
Ciò premesso, anche l’esame e la valutazione delle impugnate disposizioni regionali vanno condotti alla luce delle peculiari esigenze organizzative della Regione e degli enti locali determinate dalla necessità di affrontare gli effetti della situazione emergenziale sanitaria.
In tale prospettiva, le disposizioni regionali impugnate non presentano aspetti confliggenti o incompatibili con le richiamate disposizioni statali, poiché rispondono alle stesse specifiche esigenze, limitate temporalmente, per le quali esse prevedono la possibilità di ricorso a tipologie flessibili di rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione.
Difatti, si è in presenza di misure disposte dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per far fronte alle esigenze di reclutamento di personale derivanti dalla situazione determinata dall’emergenza pandemica, limitatamente al 2020, che a tal fine prevedono la possibilità dell’utilizzo delle predette forme contrattuali da parte dell’amministrazione regionale e degli enti locali, stabilendo espressamente che tale ricorso possa avvenire in deroga ai limiti assunzionali a motivo della situazione di carattere eccezionale determinata dalla necessità di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
È dunque la stessa situazione emergenziale a integrare oggettivamente i requisiti di eccezionalità e temporaneità che il legislatore statale prevede per poter ricorrere al lavoro flessibile.
Invero, le cessazioni dal servizio nell’anno 2019 e quelle programmate nell’anno 2020, che vengono in rilievo nella disciplina normativa regionale, non preludono al ricorso a tali tipologie di contratti di lavoro per colmare vuoti di organico – a cui si deve far fronte attraverso le modalità di reclutamento di personale previste dal legislatore statale per la pubblica amministrazione – ma si limitano a prevedere la possibilità di assunzioni a tempo determinato a motivo della situazione di eccezionalità costituita dalla difficoltà di sostituire il personale cessato dal servizio nel corso dell’emergenza sanitaria con la tempestività necessaria per fronteggiarne gli effetti.
In tale ottica, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha, dunque, agito nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali, nel rispetto del requisito di eccezionalità e temporaneità imposto dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, declinato in funzione di emergenza sanitaria.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, commi 1 e 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara estinto il processo limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2022.