SENTENZA N. 75
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie), promosso dalla Corte di cassazione nel procedimento vertente tra l’Azienda agricola Emilia Foderà snc e altri e la Dobank spa, quale rappresentante della Unicredit spa, con ordinanza del 9 dicembre 2019, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione, fuori termine, dell’Azienda agricola Emilia Foderà snc e di Cesare Foderà, nonché l’atto di intervento della Regione Siciliana;
udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 2021 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
deliberato nella camera di consiglio del 24 febbraio 2021.
1.– Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 95 del 2020) la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 14, primo comma, lettera a), 17, primo comma, lettera e), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie), nella parte in cui prevede che «gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005».
2.– Il Collegio rimettente riferisce di essere adito per la cassazione di una sentenza della Corte di appello di Palermo di inefficacia del precetto, intimato dal Banco di Sicilia per inadempimento di un contratto di mutuo per consolidamento di passività agrarie con scadenza dal 31 dicembre 1998 al 31 dicembre 2004, a cui gli intimati si erano opposti adducendo l’inesigibilità del credito, ai sensi dell’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, che proroga di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005, purché contratte in epoca antecedente alla stessa legge.
3.– La Corte di cassazione, premesso di non condividere l’interpretazione offerta dalla Corte di appello, secondo cui l’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005 rimetterebbe all’accordo delle parti la proroga delle scadenze contrattuali dei mutui agrari in corso, ritiene invece che la norma abbia immediata portata precettiva e disponga la proroga in via automatica, a prescindere dall’assenso degli enti e degli istituti di credito mutuanti, non necessitando, un accordo di tal fatta, un’espressa previsione normativa di autorizzazione.
In tal senso deporrebbe il dato letterale della disposizione che, usando il modo verbale indicativo, denota la doverosità dell’azione prevista; inoltre, solo il riconoscimento della portata precettiva della norma le consentirebbe di aver qualche utilità, mancando la previsione di provvidenze pubbliche o altre forme di incentivazione dell’accordo delle parti, il quale è sempre possibile, in base alla disciplina del mutuo, senza necessità di un’ulteriore specifica previsione di legge che a ciò le inviti.
Peraltro, prosegue la Corte di cassazione, già in altre occasioni il legislatore regionale siciliano avrebbe previsto proroghe automatiche delle scadenze delle passività dei mutui agrari, sancendo, invece, espressamente la loro natura facoltativa quando ne ha voluto rimettere l’operatività alla volontà delle parti.
4.– Accertato, dunque, che la disposizione regionale non può avere il significato meramente propulsivo indicato dalla Corte di appello, la Corte di cassazione ritiene che l’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005 sia in contrasto con l’art. 3 Cost. e con le sopra indicate norme dello statuto siciliano, per superamento della competenza legislativa regionale e invasione di quella del legislatore statale.
5.– Quanto alla rilevanza, la Suprema Corte precisa che non è contestato che il mutuo di cui si discute rientri tra quelli di cui alla norma censurata, sia per la tipologia che per la localizzazione regionale del rapporto e delle parti, trattandosi di un mutuo per il consolidamento di passività agricole concesso da un istituto regionale esercente credito agrario in favore di una azienda agricola siciliana, con rate scadute al 31 dicembre 2005.
Per effetto dell’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, dunque, le scadenze sono prorogate di diciotto mesi, con conseguente inesigibilità dei crediti azionati con il precetto impugnato, a nulla rilevando, ai fini del giudizio di opposizione, la sopravvenuta esigibilità dei crediti per scadenza delle proroghe.
Inoltre, la Corte rimettente precisa che la rilevanza della questione sulla legittimità della proroga non verrebbe meno neppure a seguito dell’esame degli altri motivi di opposizione al precetto non solo per la priorità logica del suo esame, comportando il suo accoglimento la caducazione integrale del precetto, ma perché non sarebbero fondati; comunque, qualora fossero accolti i motivi di opposizione relativi all’esatta determinazione della somma dovuta, non si potrebbe giungere alla declaratoria di nullità del mutuo o dello stesso precetto opposto.
6.– Quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte di cassazione ritiene che la violazione degli artt. 14, primo comma, lettera a), e 17, primo comma, lettera e), dello statuto della Regione Siciliana e dell’art. 3 Cost. derivi dall’incidenza, da parte della norma censurata, sui rapporti di diritto privato che, per risalente giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze n. 72 del 1965 e n. 154 del 1972), sono esclusi dalla competenza legislativa della Regione Siciliana sia in materia di industria e commercio che in materia di agricoltura, essendo riservati alla competenza statale.
7.– A sostegno delle proprie argomentazioni, la Corte di cassazione cita una serie di pronunce della Corte costituzionale che hanno ribadito la competenza dello Stato in materia di disciplina dei rapporti privati, dichiarando l’illegittimità costituzionale di norme regionali siciliane che la invadevano (sentenze n. 35 del 1992, n. 189 del 2007 e n. 265 del 2013).
Tale orientamento, prosegue la Corte di cassazione citando numerose altre pronunce, si sarebbe ampiamente consolidato nel senso di ritenere l’ordinamento di diritto privato un limite alla potestà legislativa regionale, in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio di uguaglianza, di garantire l’uniforme trattamento dei rapporti privatistici su tutto il territorio nazionale; conseguentemente, le norme dettate dal codice civile, siano esse imperative o destinate a regolare i rapporti civili in assenza di diversa volontà delle parti, sarebbero inderogabili per il legislatore regionale.
8.– Ciò varrebbe anche in riferimento alla competenza esclusiva statutaria siciliana in materia di agricoltura poiché, anche se l’art. 14, primo comma, lettera a), dello statuto non precisa, analogamente a quanto avviene per la competenza in materia di industria e commercio di cui alla successiva lettera d) dello stesso art. 14, primo comma, che ne sono esclusi i rapporti privati, tale esclusione deriverebbe da un principio generale dell’ordinamento, che solo talvolta si è reputato di dover esplicitamente ribadire, senza che possa essere attribuito specifico rilievo alla differente formulazione delle due disposizioni statutarie.
9.– Pertanto, conclude il Collegio rimettente, la norma censurata, regolando la proroga delle scadenze dei contratti di credito agrario delle aziende agricole siciliane, ad un tasso di interesse determinato, avrebbe superato i limiti connaturati alle competenze statutarie di cui agli artt. 14, primo comma, lettera a), e 17, primo comma, lettera e) dello statuto regionale e avrebbe illegittimamente interferito sulle regole civilistiche dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie e sulle conseguenze dell’inadempimento in materia di «ordinamento civile», che è materia riservata al legislatore statale in ragione del rispetto del precetto di uguaglianza, che prescrive di disciplinare in modo uniforme i rapporti privatistici su tutto il territorio nazionale e che si impone anche alle Regioni a statuto speciale.
10.– Nel giudizio di costituzionalità si sono costituite tardivamente l’Azienda agricola Emilia Foderà snc e Cesare Foderà, quali parti del giudizio principale, chiedendo che la norma censurata sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
11.– È intervenuta in giudizio la Regione Siciliana chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata, e in primo luogo la resistente ha rilevato che l’ordinanza della Corte di cassazione le era stata notificata in data 27 luglio 2020, solo dopo l’iscrizione del giudizio di costituzionalità e d’ordine della cancelleria della stessa Corte costituzionale.
12.– L’inversione della tempistica, stabilita dall’art. 2, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi la Corte costituzionale, comporterebbe l’inammissibilità del giudizio, poiché la Regione non avrebbe avuto un congruo termine per predisporre il proprio atto di intervento.
13.– Inoltre, il giudizio di costituzionalità sarebbe inammissibile per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, poiché l’ordinanza ha evocato il contrasto con le norme statutarie e con il solo art. 3 Cost., mentre non ha indicato l’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost., così da rivelarsi contraddittoria e carente, non essendo chiaro in che modo la Regione, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di agricoltura e credito agrario, avrebbe superato il “limite del diritto privato”.
A supporto delle proprie argomentazioni, la Regione Siciliana ricorda che con le ordinanze n. 339 del 2006 e n. 345 del 2008 la Corte costituzionale ha già dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 1 della legge della Regione Siciliana 23 dicembre 2000, n. 28 (Proroga delle cambiali agrarie ed altre norme in materia di agricoltura. Norme in materia di usi civici), di proroga dei crediti agrari, per mancata specifica indicazione del parametro dell’ordinamento civile, a fronte della mera evocazione del contrasto con l’art. 3 Cost.
14.– Nel merito la resistente ha dedotto che la questione sarebbe infondata, essendo la Corte di cassazione incorsa in erronea interpretazione della disposizione censurata, che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, avrebbe natura meramente propulsiva, volta a favorire l’accordo delle parti sulla proroga delle scadenze delle passività agrarie, la cui posticipazione non avverrebbe in via automatica.
Secondo la Regione resistente questa interpretazione della disposizione censurata deriverebbe dall’art. 12 delle Preleggi poiché l’utilizzo della parola «prorogano» implicherebbe, quale presupposto implicito, la sussistenza di un accordo tra istituto di credito e debitore e, in tal senso, la Regione avrebbe interpretato norme di analogo contenuto sia nelle proprie circolari che nelle difese spiegate di fronte alla Corte costituzionale nel corso del giudizio conclusosi con l’ordinanza n. 345 del 2008.
15.– Inoltre, la questione sarebbe infondata poiché l’attribuzione della competenza legislativa statutaria esclusiva in materia di agricoltura e foreste consentirebbe l’adozione di atti normativi incidenti anche sui rapporti regolati dalle norme del codice civile, se funzionale al perseguimento delle finalità di interesse pubblico assegnate alla Regione.
16.– A supporto di ciò vengono citate le sentenze n. 7 del 1956 e n. 6 del 1958 con cui la Corte costituzionale ha riconosciuto la possibilità di apportare eccezioni alla regola di riserva statale della competenza in materia di diritto privato quando ricorrano le seguenti condizioni: 1) eccezionalità di situazioni locali; 2) soddisfacimento di interessi pubblici; 3) mancanza di contrasto con i criteri informatori della legislazione statale in materia, da adattare alle particolari situazioni ambientali.
17.– Inoltre, poiché la potestà legislativa in materia agraria non investirebbe solo i profili tecnici, ma anche i rapporti privati quando possa influire sulla situazione generale economica, sull’incremento della produzione agricola e sulla pace sociale delle campagne, che costituiscono interessi pubblici, la Regione conclude per la legittimità dell’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005 in relazione all’obiettivo perseguito nel contesto della generale potestà riconosciuta nella materia agricoltura alla Regione Siciliana.
1.– Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 95 del 2020) la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 14, primo comma, lettera a), 17, primo comma, lettera e), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie), nella parte in cui prevede che «gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005».
La norma censurata prevede che «[a]l fine di agevolare la ripresa delle aziende agricole siciliane singole e/o associate, colpite dalla grave crisi di mercato nel corso del 2004 e del 2005, gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005, nonché per le aziende agrumicole, ortofrutticole e terricole, quelle in scadenza al 31 maggio 2006, purché contratte anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge. Alle suddette operazioni di proroga si applica, a totale carico del beneficiario, il tasso di riferimento vigente al momento della scadenza della passività».
La Corte rimettente ritiene che la Regione, prorogando di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005, purché contratte in epoca antecedente alla stessa legge regionale, abbia superato i limiti della competenza legislativa statutaria esclusiva in materia di agricoltura, di cui all’art. 14, primo comma, lettera a), dello Statuto della Regione Siciliana, e della competenza concorrente in materia di credito, di cui al successivo art. 17, primo comma, lettera e), invadendo la sfera di attribuzioni del legislatore statale in materia di diritto privato, in proposito richiamando l’art. 3 Cost., che impone un trattamento uniforme dei rapporti privatistici su tutto il territorio nazionale.
2.– In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità, per tardività, della costituzione dell’Azienda agricola Emilia Foderà snc e di Cesare Foderà, avvenuta oltre il termine perentorio previsto dall’art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione in Gazzetta Ufficiale; tale termine, infatti, scadeva l’8 settembre 2020, essendo la pubblicazione avvenuta il 19 agosto 2020, mentre l’atto di costituzione delle parti private è stato depositato nella cancelleria di questa Corte il 18 settembre 2020, poiché ai giudizi in via incidentale innanzi a questa Corte non si applica la sospensione feriale dei termini.
3.– Quanto ai profili di inammissibilità dedotti dalla difesa regionale, questi si riferiscono al difetto di motivazione dell’ordinanza sulla non manifesta infondatezza e all’inidoneità del termine a difesa, poiché la notifica alla Regione dell’ordinanza della Corte di cassazione è avvenuta solo dopo il deposito presso la cancelleria di questa Corte.
Tale eccezione è infondata; invero, l’art. 3 delle Norme integrative dei giudizi davanti alla Corte costituzionale prevede quale unico termine perentorio per la costituzione nel giudizio di costituzionalità quello di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta Ufficiale.
4.– L’ulteriore eccezione di inammissibilità è riferita al difetto di motivazione per l’omessa indicazione del parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost.; anch’essa è infondata, invero il richiamo alla violazione dell’ordinamento civile si evince dall’evocazione dell’art. 3 Cost. La violazione del principio di uguaglianza è, infatti, argomentata dalla necessità di garantire in maniera uniforme, su tutto il territorio nazionale, le regole di disciplina dei rapporti privatistici; inoltre l’ordinanza di rimessione fa esplicito riferimento alla indebita invasione della sfera di competenza statale nel diritto privato.
5.– Nel merito la questione è fondata.
Va innanzitutto esclusa la lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, così come prospettata dalla difesa della Regione, che richiama in questo senso un risalente parere del proprio ufficio legislativo e legale, reso in riferimento alla legge della Regione Siciliana 28 settembre 1999, n. 22 (Interventi urgenti per il settore agricolo), che aveva contenuto analogo a quello della disposizione regionale oggi all’esame.
La difesa della Regione, richiamandosi al suddetto parere, sostiene che la norma censurata non avrebbe carattere precettivo, bensì meramente “propulsivo”, costituendo solo un invito a porre in essere la prevista proroga delle passività riferite alla rateizzazione, ciò che non avrebbe condizionato sul piano privatistico la volontà delle parti.
6.– Il tenore letterale della normativa censurata non consente, però, l’accoglimento della interpretazione proposta dalla difesa regionale, in quanto il termine «prorogano», usato dalla disposizione censurata, ha una valenza chiaramente precettiva e, pertanto, incompatibile con la pretesa che si tratti di un mero invito a porre in essere una proroga. D’altra parte, ove si dovesse presupporre un implicito accordo delle parti in ordine alla proroga, la norma non avrebbe alcuna utilità pratica.
7.– Peraltro, va osservato che, quando il legislatore siciliano in passato ha previsto la facoltà di proroga delle passività agrarie da parte degli enti e degli istituti di credito, ha utilizzato l’espressione «possono prorogare» piuttosto che «prorogano», prevedendo, inoltre, uno stanziamento in denaro (in tal senso l’art. 58 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002) che, nell’individuare forme di finanziamento di soccorso per le passività agricole in scadenza entro il 30.12.2002, prevede la possibilità di riconoscere il concorso pubblico nel pagamento degli interessi; e l’art. 18-bis della legge della Regione Siciliana 21 settembre 2005, n. 11 (Riordino della disciplina dell’attività di garanzia collettiva dei fidi), introdotto dall’art. 80, comma 10, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010), che prevede l’autorizzazione di spesa di 10 mila migliaia di euro sotto forma di garanzia e contributo in conto interessi).
8.– L’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, censurata, proroga le rate dei crediti agrari. Potrebbe così sembrare afferente sia alla materia agricoltura, di competenza esclusiva della Regione, sia alla materia del credito, che integra una competenza regionale concorrente.
Ma, nonostante la suddetta connessione, va innanzitutto esclusa l’inerenza alla materia agricoltura, apparentemente derivante dalla stretta connessione tra la politica dei sussidi al settore e l’utilizzazione degli strumenti finanziari finalizzati a tale scopo.
In proposito, la difesa della Regione si basa su una risalente giurisprudenza di questa Corte in materia di riduzione dei canoni agrari e di estaglio che, pur riconoscendo che la disciplina dei rapporti privatistici richiede un trattamento uniforme, in ossequio al principio di uguaglianza, in presenza di specifiche circostanze ammetteva la possibilità che le Regioni potessero adottare alcune previsioni di stampo privatistico (sentenze n. 160 del 1969, n. 34 del 1962, n. 37 del 1961, n. 21 del 1959, n. 6 del 1958, n. 109, n. 36 e n. 35 del 1957).
Le suddette decisioni riguardavano interventi strettamente connessi ai contratti agrari e, quindi, alla materia agricoltura di competenza esclusiva di Regioni a statuto speciale nell’attesa di una riforma complessiva del settore.
Pertanto, l’attrazione alla materia agricoltura è stata ritenuta con esclusivo riferimento ai contratti agrari, ciò che non vale per l’attività creditizia, che viene in rilievo nella specie, ancorché strumentale all’esercizio dell’agricoltura.
Neppure può ritenersi che la Regione abbia legittimamente legiferato nell’esercizio della sua competenza concorrente in materia di credito, competenza che attiene all’organizzazione del sistema creditizio regionale.
La specifica fattispecie in esame inerisce, al contrario, alle condizioni del sinallagma privatistico, intervenendo sul tempo di adempimento dell’obbligazione, con una previsione normativa che incide sull’autonomia negoziale.
Pertanto, la disciplina censurata va ricondotta non alla materia del credito, ma alla disciplina dei rapporti di diritto privato, di cui l’autonomia negoziale è principio fondante posto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza che, in tale materia, è esclusiva in quanto fondata sull’esigenza, sottesa al principio di uguaglianza, di garantire il trattamento uniforme dei suddetti rapporti su tutto il territorio nazionale.
Conseguentemente, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2005, in contrasto con l’art. 3 Cost. nonché invasivo della competenza legislativa statale in materia di diritto privato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la costituzione dell’Azienda agricola Emilia Foderà snc e di Cesare Foderà;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2021.