Sentenza n. 72 del 1965
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SENTENZA N. 72

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, terzo comma, della legge regionale siciliana 5 agosto 1957, n. 51, promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1964 dal Tribunale di Messina nel procedimento civile vertente tra Mobilia Francesco, l'Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia (I.R.F.I.S.) e la Curatela del fallimento della Società Plastimber, iscritta al n. 127 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 212 del 29 agosto 1964 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, n. 34 dell'8 agosto 1964.

Visti gli atti di costituzione di Mobilia Francesco, della Società Plastimber e dell'I.R.F.I.S., e l'atto di intervento del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 16 giugno 1965 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

uditi gli avvocati Enzo Silvestri, per la Soc. Plastimber, Salvatore Pugliatti, per il Mobilia, Salvatore Orlando Cascio, per l'I.R.F.I.S., e Rosario Nicolò, per il Presidente della Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza in data 25 febbraio 1964, emessa nel giudizio civile tra Mobilia Francesco, l'Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia (I.R.F.I.S.) e la Curatela del fallimento della Società Plastimber, il Tribunale di Messina ha rimesso a questa Corte, in riferimento agli artt. 14 e 17 dello Statuto per la Regione siciliana, la questione, sollevata dal Mobilia, relativa alla legittimità costituzionale della disposizione del terzo comma dell'art. 12 della legge n. 51 di detta Regione, promulgata il 5 agosto 1957, con la quale é stato esteso, a tutela dei finanziamenti operati dall'I.R.F.I.S. in favore di imprese industriali residenti in Sicilia in vista della formazione di scorte di materie prime e di prodotti finiti, il privilegio col grado indicato all'art. 2778, n. 3, del Codice civile, previsto dall'art. 5 della legge statale 16 aprile 1954, n. 135, a tutela degli analoghi finanziamenti operati da altri istituti di credito, sulle scorte di materie prime e prodotti finiti che si trovino nel patrimonio dell'impresa debitrice.

L'ordinanza solleva il dubbio che l'impugnata disposizione, incidendo direttamente sui diritti privati, contrasti con l'art. 14, lett. d, dello Statuto regionale, il quale esclude che la legislazione della Regione in materia di industria e commercio possa regolare rapporti privatistici ed interferire in essi. Del resto - aggiunge l'ordinanza - la incidenza nei rapporti privati non potrebbe ritenersi legittimata neanche se la materia dovesse esser considerata rientrante nella voce "credito" cui ha riguardo l'art. 17, lett. e, dello Statuto regionale.

L'ordinanza é stata notificata alle parti in causa, rispettivamente il 29 e il 30 aprile 1964 e al Presidente della Regione siciliana il 7 luglio successivo. Essa é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 212 del 29 agosto 1964 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione, n. 34 dell'8 agosto.

Tutte le parti del giudizio a quo e inoltre il Presidente della Regione si sono costituiti nel giudizio davanti a questa Corte.

Nelle deduzioni depositate il 17 settembre 1964 la difesa del Mobilia insiste sulle argomentazioni contenute nell'ordinanza, sottolineando in particolare che la legge impugnata riguarda la materia dell'industria, per la quale espressamente l'art. 14 dello Statuto esclude che la disciplina regionale possa estendersi ai rapporti privati; ma, quand'anche dovesse ritenersi che la materia trattata dalla legge attenga al credito, non per ciò le norme regionali potrebbero estendersi ai rapporti di diritto privato, essendo questi, in via di principio, esclusi dalla potestà normativa regionale. Aggiunge poi che gli scopi perseguiti nella specie dal legislatore regionale ben avrebbero potuto esser raggiunti, senza incorrere in straripamenti, attraverso i privilegi "convenzionali" già consentiti all'I.R.F.I.S. dalla legge statale 11 aprile 1953, n. 298.

Analoghe considerazioni sono formulate nelle deduzioni della difesa della Curatela del fallimento Plastimber, depositate il 29 agosto 1964, nelle quali si insiste specialmente sul fatto che l'autonomia normativa delle Regioni, essendo stata concessa in vista del perseguimento di fini pubblici, non potrebbe, in via di principio, estendere la propria azione ai rapporti interprivati e in particolare a quelli regolati dal Codice civile, e ancor meno a delicati istituti privatistici come quello dei privilegi, che abbisognano necessariamente di una disciplina uniforme in tutto il paese.

La fondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta viene contestata dalla difesa dell'I.R.F.I.S., nelle deduzioni depositate il 22 maggio 1964. Questa osserva, in primo luogo, non essere esatto che la legge impugnata avrebbe esteso a favore delle operazioni finanziarie da essa previste un privilegio prima mancante, e, in secondo luogo, che, quand'anche tale estensione avesse operato, la legge non sarebbe illegittima. Con riferimento al primo punto la difesa sostiene che il privilegio sulle scorte di materie prime e prodotti finiti accordato dalla legge impugnata già spettava all'I.R.F.I.S. in base al D.L.C.P.S. 1 ottobre 1947, n. 1075, applicabile all'Istituto in quanto espressamente richiamato dalla legge statale 11 aprile 1953, n. 298: infatti l'art. 3 di quel decreto del 1947 accordava ai crediti derivanti dai finanziamenti un privilegio "preferito ad ogni altro titolo di prelazione", ed estendentesi, oltre che agli immobili, impianti, concessioni, anche ad "ogni loro pertinenza" (e quindi - assume l'I.R.F.I.S. - anche alle "scorte, siano esse agrarie che industriali"), nonché agli utensili "comunque destinati", e persino al danaro ("somme dovute all'azienda dallo Stato per il risarcimento dei danni di guerra"); la disposizione impugnata non avrebbe avuto perciò altra funzione che quella di circoscrivere nell'interesse dei terzi, e limitatamente alle "scorte", la portata del privilegio, statuendone la collocazione al n. 3 dell'art. 2778 del Codice civile. Con riferimento al secondo punto la difesa dell'I.R.F.I.S. sostiene, innanzi tutto, che la disposizione impugnata avrebbe, in ogni caso, avuto la funzione di ragguagliare la disciplina legislativa dei crediti I.R.F.I.S. derivanti da finanziamenti industriali agli analoghi crediti degli altri istituti di credito di diritto pubblico operanti nelle rimanenti parti dell'Italia meridionale e insulare e nella stessa Sicilia: se la esclusione statutaria, nella materia dell'industria, della estensione della potestà normativa regionale ai rapporti interprivati fu voluta per rispetto all'uniformità della legislazione attinente a tali rapporti, essa evidentemente non può essere invocata in una situazione siffatta. Aggiunge peraltro che la materia regolata dalla disposizione impugnata é quella del credito; onde ad essa non si estende il divieto di legiferazione regionale nel campo dei rapporti privati, sussistendo invece in materia, per la legislazione regionale, soltanto il limite - indicato nell'art. 17 dello Statuto - dei "principi ed interessi generali cui si informa la legislazione statale": principi ed interessi, ai quali appunto la Regione avrebbe ritenuto di uniformarsi estendendo ai crediti I.R.F.I.S. i privilegi concessi dalla legislazione statale ad altri istituti per gli analoghi crediti. Pur ammesso poi che la materia regolata dalla legge del 1957 fosse soltanto quella dell'industria, nondimeno non sarebbe preclusa - alla stregua della giurisprudenza - la possibilità di una norma come quella impugnata, essendo essa permeata di interessi pubblici, e interessando rapporti tra i privati mutuatari e un istituto di credito di diritto pubblico.

Anche la difesa della Regione, nelle deduzioni depositate il 7 agosto 1964, contesta la fondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta. Essa nega innanzi tutto che la norma impugnata sia destinata a produrre in via diretta effetti nella sfera di soggetti privati: la norma, nell'autorizzare un istituto di diritto pubblico a effettuare finanziamenti in vista di una finalità pubblicistica, quale il potenziamento di aziende industriali, concede infatti ai finanziamenti in tal modo effettuati una garanzia particolare attraverso la esclusione della possibilità che i beni acquistati in base ai finanziamenti abbiano diversa destinazione; in tal modo essa non inciderebbe minimamente nelle posizioni soggettive dei terzi. A parte ciò, la disposizione impugnata regolando operazioni di credito, non atterrebbe alla industria, bensì al credito, ricadendo perciò non sotto la disciplina dell'art. 14, lett. d, dello Statuto regionale, bensì sotto quella dell'art. 17, lett. e; di conseguenza, essendosi ispirata ai principi e interessi generali cui si ispira nella stessa materia la legislazione statale, essa sarebbe da ritenere pienamente legittima. Inoltre la disposizione non avrebbe introdotto altra innovazione rispetto alla disciplina risultante dall'art. 15 della legge statale 11 aprile 1953, n. 298, se non quella di trasformare da convenzionale in legale il privilegio in favore dell'ente finanziatore, il quale già riguardava le pertinenze dell'azienda, e perciò le scorte. Per di più, essendo stato il privilegio introdotto nella legislazione statale con riguardo alla causa del credito e non alla persona del creditore, non potrebbe esserne contestata l'estensibilità all'I.R.F.I.S. nell'esercizio di operazioni di credito di identica natura: in sostanza la portata della disposizione impugnata non sarebbe tanto quella di estendere il privilegio all'I.R.F.I.S., quanto quella di autorizzare quest'ultimo alle stesse operazioni di credito previste dalla legislazione statale per altri istituti.

In una memoria depositata il 25 maggio 1965 la difesa della Regione si sofferma poi diffusamente a spiegare che il secondo comma - non impugnato - dell'art. 12 della legge di cui é stato impugnato il comma successivo, richiamandosi alle garanzie che regolano l'attività dell'I.R.F.I.S., a loro volta indicate nell'art. 15 della legge statale n. 298 del 1953, il quale fa rinvio al D. L. 1 ottobre 1947, n. 1075 - secondo il cui art. 3 i crediti finanziari avrebbero privilegio "sostanzialmente sull'intera azienda" -, avrebbe voluto istituire, per relationem, un privilegio di identica portata rispetto a quello di quest'ultimo testo legislativo, ed esteso - secondo la formula di questo - anche alle pertinenze immobiliari, e quindi certamente alle scorte industriali. La sola innovazione introdotta dalla legge regionale del 1957 - non impugnata, e perciò non discutibile in questa sede - sarebbe stata quella di estendere le operazioni di credito dell'I.R.F.I.S. al credito per scorte, continuando per il resto ad applicarsi la preesistente normativa statale.

Osserva ancora la difesa regionale che nella legge statale del 1954 in tanto non si parlò di un privilegio dell'I.R.F.I.S. sulle scorte, in quanto all'epoca quell'istituto non si occupava dei finanziamenti per le scorte, dei quali fu autorizzato a occuparsi solo con la legge del 1957; ma, una volta estesa ad esso tale possibilità di finanziamento, il privilegio in questione si sarebbe esteso automaticamente, escludendo ogni "ingiustificabile disarmonia" del sistema. Data l'identità funzionale dell'I.R.F.I.S. col Credito industriale sardo (C.I.S.), una diversità del regime delle garanzie dei finanziamenti si risolverebbe, del resto, in uno "stridente contrasto con tutto il nostro attuale sistema politico, economico e legislativo, nei riguardi dell'Italia meridionale e insulare".

La difesa regionale conclude sottolineando che il privilegio dell'I.R.F.I.S. sulle scorte riguarda esclusivamente beni acquistati dalle aziende finanziate col fondo di 15 miliardi di lire istituito con la legge impugnata. Di conseguenza nessun danno potrebbero ricevere gli altri creditori dalla esistenza del privilegio in favore dell'I.R.F.I.S., rimanendo la loro posizione e le loro possibilità di soddisfacimento economicamente invariate rispetto a quelle che sarebbero state senza il finanziamento e il privilegio I.R.F.I.S., poiché rimarrebbe invariata la "somma algebrica degli elementi patrimoniali, attivi e passivi, dell'impresa debitrice".

Anche la difesa del Mobilia ha depositato una memoria in data 1 giugno 1965, volta soprattutto a confutare le argomentazioni della Regione. In essa si riafferma l'attinenza della legge impugnata alla materia dell'industria e non del credito, avendo l'I.R.F.I.S., come fine istituzionale, esclusivamente il finanziamento dell'industria; si sottolinea l'incidenza della legge nel campo dei rapporti privati, preclusi alla Regione, particolarmente nella materia dell'industria; si contesta, attraverso la disamina della preesistente legislazione, che la legge abbia un contenuto non innovativo.

All'udienza di trattazione della causa i patroni delle parti hanno insistito nelle rispettive tesi, confermando le conclusioni prese.

 

Considerato in diritto

 

1. - La legge della Regione siciliana 5 agosto 1957, n. 51 - della quale l'ordinanza che ha dato luogo al presente giudizio di legittimità costituzionale ha impugnato il terzo comma dell'art. 12-, nell'intento di agevolare la gestione delle imprese industriali che svolgono la loro attività esclusivamente nel territorio della Regione ed hanno per oggetto la valorizzazione delle risorse economiche e delle possibilità di lavoro in essa esistenti, istituì (art. 5) presso l'Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia (I.R.F.I.S.) un fondo di lire 15 miliardi a gestione separata, a carico della Regione, sul quale effettuare e garantire prestiti ed aperture di credito in favore delle anzidette imprese, destinati alla formazione delle scorte di materie prime e di prodotti finiti rese necessarie in relazione alle caratteristiche del ciclo di lavorazione e alla natura delle imprese. La costituzione di tale fondo veniva effettuata, dalla legge regionale, richiamandosi all'art. 7 dello statuto dell'I.R.F.I.S., approvato con decreto del Ministro del tesoro 10 febbraio 1954, secondo il quale quell'istituto "può costituire gestioni separate per quelle speciali forme di credito che gli venissero affidate in forza di successive disposizioni di legge nazionale o regionale".

La "forma di credito" in questione, destinata a consentire alle imprese la formazione di scorte di materie prime e di prodotti finiti, nuova per l'I.R.F.I.S., era stata introdotta per la prima volta nella legislazione nazionale dall'art. 4 della legge statale 16 aprile 1954, n. 135 (cui appunto la disposizione impugnata si richiama), la quale aveva autorizzato per un quinquennio le sezioni di credito industriale del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia e il Credito industriale sardo a consentirla alle piccole e medie industrie operanti nel Mezzogiorno e nelle Isole. A garanzia di tale forma di credito l'art. 5 prevedeva il privilegio contemplato dall'art. 2 della legge 29 dicembre 1948, n. 1482, (riguardante l'industrializzazione del Mezzogiorno) - coincidente con quello introdotto con l'art. 7 del decreto legislativo 1 novembre 1944, n. 367, modificato con decreto legislativo 1 ottobre 1947, n. 1075 - "sugli immobili, sugli impianti, sulle concessioni, comprese quelle minerarie (salvo i diritti spettanti allo Stato a norma delle leggi speciali) e su ogni loro pertinenza, sui brevetti di invenzione industriale, sui macchinari ed utensili dell'azienda finanziata, comunque destinati al suo funzionamento ed esercizio, nonché sulle somme dovute all'azienda stessa dallo Stato per il risarcimento dei danni di guerra". A tale privilegio - costituente ormai tradizionale garanzia dei finanziamenti industriali del Mezzogiorno - il ricordato art. 5 ne aggiungeva però, con il grado indicato all'art. 2778, n. 3, del Codice civile, un altro, assolutamente nuovo: quello - strettamente correlato con l'oggetto della nuova forma di finanziamento che la legge introduceva - "sulle scorte di materie prime e prodotti finiti che si trovano nel patrimonio dell'impresa debitrice, senza pregiudizio dei diritti di terzi sulle cose stesse".

Nel creare presso l'I.R.F.I.S. il fondo speciale per il finanziamento delle industrie nella formazione di scorte di materie prime e prodotti finiti, la legge siciliana del 1957 estese a tale nuova forma di finanziamento consentita all'I.R.F.I.S., i privilegi previsti dalla legge statale del 1954 per gli analoghi finanziamenti operati dai tre istituti di credito industriale in essa considerati, e perciò anche il privilegio "sulle scorte di materie prime e prodotti finiti che si trovano nel patrimonio dell'impresa debitrice". Privilegio, quest'ultimo, la novità della cui introduzione non può - contrariamente all'assunto della difesa dell'I.R.F.I.S. e di quella della Regione - esser contestata, dato che esso non poteva spettare all'I.R.F.I.S. già in base all'art. 15 della legge statale 11 aprile 1953, n. 298, il quale, a garanzia dei finanziamenti previsti da quella legge, si limita ad attribuire a tale istituto (come agli altri due istituti di diritto pubblico di credito industriale a medio termine creati nel Mezzogiorno: l'Istituto per lo sviluppo economico dell'Italia meridionale e il Credito industriale sardo) la possibilità di "convenire la costituzione di privilegi su impianti e macchinari". Che il privilegio previsto dal citato art. 15 abbia tale limitata portata risulta, del resto, anche dal fatto che la successiva legge statale del 1954 (riguardante tra l'altro il Credito industriale sardo, già fruente del privilegio previsto dal citato art. 15), se volle estendere, per i finanziamenti delle scorte, l'applicazione dei privilegi ad oggetti diversi dagli "impianti e macchinari", dovette, con l'art. 5, farlo - come si é visto - espressamente e con formula ben diversa da quella del citato art. 15.

2. - Occorre ora stabilire se la Regione siciliana avesse il potere di introdurre, con una propria legge in deroga al Codice civile, il nuovo privilegio di cui trattasi.

La disposizione costituzionale da tener presente é quella dell'art. 17, lett. e, dello Statuto regionale, in base alla quale é consentito alla Regione di legiferare in materia di "disciplina del credito". Non v'ha dubbio infatti che l'I.R.F.I.S. sia un istituto di credito e che i finanziamenti cui esso provvede, e in particolare quelli cui ha riguardo la disposizione impugnata, ineriscano alla funzione creditizia. Né per affermare che si versa in materia di industria e non di credito é sufficiente opporre - come sostengono le difese delle parti private - che i finanziamenti di cui trattasi assolvono a compiti di sollecitazione industriale. Questa Corte ha sempre escluso che alla individuazione delle materie che le norme costituzionali attribuiscono alla competenza regionale si possa, di regola, far luogo in base a criteri finalistici, dovendo invece valere generalmente il criterio contenutistico (v. specialmente la sentenza n. 124 del 1957). Del resto l'I.R.F.I.S. é indubbiamente uno degli istituti di credito cui hanno riguardo le norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia di credito e risparmio (D.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133), tanto che, tra l'altro, il suo statuto, come già si é ricordato, fu approvato, appunto in base a dette norme (art. 4), dal Ministro del tesoro, e la sua attività di finanziamento si é sempre svolta nell'ambito di quelle norme e nel quadro dei controlli da esse predisposti.

Il riconoscimento che i finanziamenti di cui trattasi attengono alla materia del credito non importa peraltro che le leggi regionali che li concernono possano liberamente spaziare nel campo dei rapporti privati. É stato da tempo chiarito che l'inclusione, nell'art. 14, lett. d, dello Statuto siciliano, del divieto, per la Regione, di estendere ai rapporti di diritto privato la legiferazione, statutariamente riconosciutale, in materia di industria e commercio, non importa che nelle altre materie rientranti nella sua competenza la Regione possa senz'altro legiferare nel campo dei rapporti di diritto privato. Questa Corte ha anzi avuto ripetute occasioni di affermare il principio che, per norma, solo in presenza di situazioni straordinarie, nelle quali la disciplina comune dei rapporti privati sarebbe in grado di incidere sostanzialmente in modo sfavorevole sui settori di diritto pubblico ai quali la Regione é preposta, questa può, nelle materie di sua competenza, dettar norme destinate a operare, entro i limiti strettamente necessari, nel campo del diritto privato (v., tra le più recenti, le sentenze nn. 37 del 1961 e 34 e 53 del 1962). E ritiene di doversi mantenere ferma a tale direttiva. La disciplina uniforme dei rapporti di diritto privato attiene all'unità dell'ordinamento statale; e, in via di principio, non può ammettersi che essa sia intaccata dalle autonomie regionali, il cui ambito naturale é costituito dai rapporti di diritto pubblico.

L'applicazione dell'anzidetto principio al caso in esame non comporta però che la disposizione impugnata debba esser considerata illegittima.

Il credito a medio termine a favore delle piccole e medie industrie locali, che rappresenta la funzione istituzionale dell'I.R.F.I.S. (art. 6 della legge statale 11 aprile 1953, n. 298, e art. 2 dello statuto dell'ente), si inserisce tra le misure straordinarie destinate, nella situazione storica contingente, a stimolare la rinascita economica dell'isola, in armonia con un più vasto disegno che abbraccia le analoghe forme di finanziamento, a mezzo di altri consimili istituti appositamente costituiti, previste dalla legislazione straordinaria per il Mezzogiorno. É lo stesso legislatore statale a dar atto dell'esigenza, in materia, nell'attuale fase storica, di interventi di politica economica di carattere particolare: le norme fondamentali sull'I.R.F.I.S., sulla sua dotazione e sui finanziamenti di sua competenza sono infatti contenute nella più volte ricordata legge statale 11 aprile 1953, n. 298.

Ma l'art. 7 dello statuto di questo ente di diritto pubblico - approvato con decreto ministeriale sulla base delle norme di attuazione dello statuto regionale - prevede la possibilità che - sempre, naturalmente, nel quadro dei compiti d'istituto - vengano affidate all'I.R.F.I.S., da parte della Regione (come dello Stato), altre speciali forme di credito industriale, a carico di fondi aventi gestione separata. E appare chiaro che l'affidamento di tali nuove forme creditizie, destinate per principio a inserirsi nel sistema delle straordinarie provvidenze in favore dell'industria regionale, in funzione del conseguimento di quei più intensi impulsi di cui, per generale riconoscimento, la rinascita dell'isola (come in generale quella del Mezzogiorno) abbisogna in questa fase storica, rimarrebbe svuotato di vitalità e rischierebbe addirittura di restare frustrato, qualora ad esso non si accompagnassero forme di garanzie idonee a salvaguardare lo speciale fondo preordinato alle nuove forme di credito, evitando che questo rimanga irreparabilmente esposto a pericolosi assottigliamenti.

La disposizione impugnata, la quale palesemente si dà carico di tale esigenza, non ha fatto altro, se non estendere alla nuova forma di finanziamento che (nel quadro della politica economica di cui si é detto, e in applicazione delle norme statutarie dell'ente) ha ritenuto di affidare all'I.R.F.I.S., quelle stesse forme di privilegio che per gli identici tipi extra ordinem di finanziamenti all'industria meridionale da parte degli istituti specializzati a ciò deputati erano state introdotte dalla legge statale 16 aprile 1954, n. 135. Così operando essa ha, indubbiamente inciso nel campo dei rapporti di diritto privato. Ma occorre tener presente che trattasi di una garanzia considerata come essenziale dallo stesso legislatore statale per i finanziamenti dello stesso genere, e necessaria ad assicurare a un ente di diritto pubblico operante in vista di obbiettivi ai quali é preposta statutariamente la Regione e aventi fondamentale importanza per l'economia della collettività regionale, di svolgere in condizioni di sufficiente e appropriata sicurezza i propri compiti d'istituto. Compiti posti al servizio di risultati il cui carattere straordinario appare avvertito dalla stessa legislazione statale, e l'ambito limitato della cui portata risulta dalla entità del fondo messo a disposizione della gestione speciale destinata ai finanziamenti di cui é questione.

É da aggiungere che la disposizione impugnata si é uniformata, secondo il dettato dell'art. 17 dello Statuto siciliano, ai "principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato". Infatti, da un lato, essa si é inspirata al medesimo criterio che é alla base dell'art. 2756 del Codice civile, richiamato dall'art. 2778, n. 3; dall'altro, si é riportata puntualmente alla disposizione dell'art. 5 della legge statale 16 aprile 1954, n. 135, dettata per introdurre una identica garanzia in relazione a fattispecie assolutamente identiche.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe della legge della Regione siciliana 5 agosto 1957, n. 51, contenente provvedimenti straordinari per lo sviluppo industriale, in riferimento agli artt. 14, lett. d, e 17, lett. e, dello Statuto speciale per la Regione siciliana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 1965.