SENTENZA N.
284
ANNO 2016
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nei giudizi
di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 29, 44, 47, 66, 68, 69, 74,
126, 153, 155, 162, 171, 180, 181 e 183, della legge
13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e
formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti),
promossi dalla Regione Veneto e dalla Regione Puglia con ricorsi notificati il
14 ed il 14-21 settembre 2015, depositati in cancelleria il 17 e il 24
settembre 2015, ed iscritti ai nn. 85
e 88
del registro ricorsi 2015.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 novembre
2016 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Ezio
Zanon per la Regione Veneto, Marcello Cecchetti per la Regione Puglia e
l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso
notificato il 14 settembre 2015 e depositato il successivo 17 settembre (reg.
ric. n. 85 del 2015), la Regione Veneto ha impugnato l’art. 1, commi 44, 47,
lettera f), 66, 180 e 181, della
legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e
formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti),
per violazione degli artt.
97, 117, secondo
comma, lettera n), terzo e quarto
comma, 118 e 120 della Costituzione.
2.– L’art. 1, comma 44,
stabilisce che «Nell’ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione e
nel rispetto delle competenze delle regioni, al potenziamento e alla
valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del secondo
ciclo nonché alla trasparenza e alla qualità dei relativi servizi possono
concorrere anche le istituzioni formative accreditate dalle regioni per la
realizzazione di percorsi di istruzione e formazione professionale, finalizzati
all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione. L’offerta
formativa dei percorsi di cui al presente comma è definita, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281. Al fine di garantire agli allievi iscritti ai percorsi di cui al
presente comma pari opportunità rispetto agli studenti delle scuole statali di
istruzione secondaria di secondo grado, si tiene conto, nel rispetto delle
competenze delle regioni, delle disposizioni di cui alla presente legge.
All’attuazione del presente comma si provvede nell’ambito delle risorse
finanziarie disponibili a legislazione vigente e della dotazione organica
dell’autonomia e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica».
3.– Secondo la Regione,
nell’affidare al Ministero dell’istruzione il compito di definire l’offerta
formativa dei percorsi di istruzione e formazione professionale, tale
disposizione violerebbe l’art. 117, commi terzo e quarto, Cost.,
attribuendo la materia della «istruzione e della formazione professionale» alla
competenza esclusiva delle Regioni.
3.1.– Neppure sarebbe
sufficiente a sanare tale violazione la mera previsione di una concertazione,
sotto forma di intesa, con la Conferenza Stato-Regioni. Tale raccordo non può
costituire un grimaldello per scardinare il riparto di competenze, espropriando
la competenza regionale in materia di formazione professionale, senza che
sussista alcuna giustificazione a riguardo. Di qui, ad avviso della Regione,
anche il contrasto con l’art. 120 Cost., in ragione dell’uso distorto che viene fatto delle forme
della leale collaborazione.
D’altra parte, secondo
la ricorrente, il ripetuto uso da parte della legge n. 107 del 2015 della
formula di stile «nel rispetto delle competenze delle Regioni» lascerebbe
intendere come lo stesso legislatore statale avesse presente il problema
dell’interferenza con le competenze regionali, senza tuttavia risolverlo se non
con un vago richiamo al «sistema nazionale di istruzione e formazione» e alle
esigenze di «potenziare e valorizzare le conoscenze e le competenze degli
studenti del secondo ciclo nonché la trasparenza e la qualità dei relativi
servizi».
Secondo la Regione,
tuttavia, le richiamate esigenze non varrebbero a giustificare la violazione
della competenza regionale e l’attribuzione a un organo statale della
competenza a definire l’offerta formativa dei percorsi di istruzione e
formazione professionale, in quanto non determinano la riconduzione della norma
impugnata fra le norme generali sull’istruzione.
3.2.– Viene lamentata,
inoltre, la violazione dell’art. 118 Cost., in quanto
l’art. 1, comma 44, violerebbe l’autonomia amministrativa riconosciuta alle
Regioni, senza che vi siano ragioni giustificative dell’attrazione in
sussidiarietà allo Stato della funzione amministrativa.
3.3.– Sarebbe altresì violato
l’art. 97 Cost., perché demandare la puntuale
definizione dell’offerta formativa alle strutture ministeriali determinerebbe
l’impossibilità di tener conto delle peculiarità territoriali dal punto di
vista socio-economico, con conseguente pregiudizio del buon andamento
dell’agire amministrativo.
4.– L’art. l, comma 47,
lettera f), stabilisce che «Per
favorire le misure di semplificazione e di promozione degli istituti tecnici
superiori, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il
Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle
finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono emanate le linee guida per
conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno delle politiche di istruzione e
formazione sul territorio e dello sviluppo dell’occupazione dei giovani:
f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di
entrata in vigore della presente legge possano attivare nel territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse, fermo
restando il rispetto dell’iter di autorizzazione e nell’ambito delle risorse
disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli istituti tecnici
superiori devono essere dotati di un patrimonio non inferiore a l00.000 euro».
4.1.– Secondo la Regione,
tale norma esorbiterebbe dalla competenza statale in materia di «norme generali
sull’istruzione», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.,
nonché dall’ambito dei principi fondamentali in materia di «istruzione», di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto essa
dispone esclusivamente in materia di formazione e non di istruzione, invadendo
la potestà esclusiva della Regione in materia di «istruzione e formazione
professionale».
La disposizione
impugnata, infatti, consentirebbe alle fondazioni di partecipazione, cui fanno
capo gli istituti tecnici superiori, di attivare altri percorsi formativi nel
territorio provinciale, mentre la definizione dell’offerta dei percorsi
realizzati dalle istituzioni formative dovrebbe ricadere nella esclusiva
competenza regionale.
4.2.– In tal modo, essa
comporterebbe anche la possibilità di sovrapposizioni e discordanze nella
programmazione formativa territoriale complessiva e locale, con conseguente
lesione del canone del buon andamento di cui all’art. 97 Cost.
4.3.– Ad avviso della
ricorrente, inoltre, anche in questo caso il legislatore statale utilizzerebbe
l’intesa in Conferenza come strumento di elusione del dettato
costituzionale. Essa non può legittimare
l’espropriazione della competenza regionale esclusiva in materia di formazione.
Di qui, la violazione dell’art. 120 Cost.
5.– L’art. l, comma 66,
dispone che «A decorrere dall’anno scolastico 2016/2017 i ruoli del personale
docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni
separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto.
Entro il 30 giugno 2016 gli uffici scolastici regionali, su indicazione del
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti le regioni
e gli enti locali, definiscono l’ampiezza degli ambiti territoriali, inferiore
alla provincia o alla città metropolitana, considerando:
a) la popolazione scolastica;
b) la prossimità delle istituzioni scolastiche;
c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto
delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della
presenza di scuole nelle carceri, nonché di ulteriori situazioni o esperienze
territoriali già in atto».
5.1.– Secondo la ricorrente,
alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la definizione degli ambiti
territoriali dei ruoli del personale docente, in un dimensionamento inferiore
alla provincia o alla città metropolitana, sarebbe di competenza della Regione
e non potrebbe essere affidata ad organi statali, quali sono gli uffici
scolastici regionali. Sono richiamate, in proposito, le sentenze n. 13 del
2004 e n.
200 del 2009.
Pertanto, l’attribuzione
a organi periferici dello Stato della competenza a definire l’ampiezza degli
ambiti territoriali lederebbe la competenza legislativa e amministrativa
regionale in materia di istruzione, in quanto la norma impugnata non si
limiterebbe a prevedere un principio fondamentale, ma prescriverebbe una
disciplina puntuale, che non lascerebbe alcuno spazio decisorio alla Regione.
5.2.– Neppure varrebbe a
sanare tale illegittimità la previsione della mera consultazione delle Regioni
e degli enti locali, che non garantirebbe il rispetto del riparto di competenze
delineato dalla Costituzione.
Di qui, ad avviso della
Regione, il contrasto con gli art. 117, secondo, terzo e quarto comma, Cost.,
nonché con gli artt. 118 e 120 Cost., sotto forma di
elusione del canone della leale collaborazione.
5.3.– Viene, altresì,
lamentata la violazione dell’art. 97 Cost., per la
possibile sovrapposizione tra gli ambiti individuati dalla Regione nel
dimensionamento della rete scolastica regionale e gli ambiti di cui alla disposizione
impugnata, con conseguente lesione del buon andamento e dell’efficienza
dell’agire amministrativo.
6.– L’art. 1, comma 180,
stabilisce che «Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione
delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento
con le disposizioni di cui alla presente legge».
Il successivo comma 181
prevede, alla lettera b), tra i
principi e criteri direttivi della delega: «[…] riordino, adeguamento e
semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di
docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla
valorizzazione sociale e culturale della professione, mediante:
1) l’introduzione di un
sistema unitario e coordinato che comprenda sia la formazione iniziale dei
docenti sia le procedure per l’accesso alla professione, affidando i diversi
momenti e percorsi formativi alle università o alle istituzioni dell’alta
formazione artistica, musicale e coreutica e alle istituzioni scolastiche
statali, con una chiara distinzione dei rispettivi ruoli e competenze in un
quadro di collaborazione strutturata;
2) l’avvio di un
sistema regolare di concorsi nazionali per l’assunzione, con contratto
retribuito a tempo determinato di durata triennale di tirocinio, di docenti
nella scuola secondaria statale. L’accesso al concorso è riservato a coloro che
sono in possesso di un diploma di laurea magistrale o di un diploma accademico
di secondo livello per le discipline artistiche e musicali, coerente con la
classe disciplinare di concorso. I vincitori sono assegnati a un’istituzione
scolastica o a una rete tra istituzioni scolastiche. A questo fine sono
previsti:
2.1) la determinazione
di requisiti per l’accesso al concorso nazionale, anche in base al numero di
crediti formativi universitari acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche
e in quelle concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche, comunque con
il limite minimo di ventiquattro crediti conseguibili sia come crediti
curricolari che come crediti aggiuntivi;
2.2) la disciplina
relativa al trattamento economico durante il periodo di tirocinio, tenuto anche
conto della graduale assunzione della funzione di docente;
3) il completamento
della formazione iniziale dei docenti assunti secondo le procedure di cui al
numero 2) tramite:
3.1) il conseguimento,
nel corso del primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione per
l’insegnamento secondario al termine di un corso annuale istituito, anche in
convenzione con istituzioni scolastiche o loro reti, dalle università o dalle
istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, destinato a
completare la preparazione degli iscritti nel campo della didattica delle
discipline afferenti alla classe concorsuale di appartenenza, della pedagogia,
della psicologia e della normativa scolastica;
3.2) la determinazione
degli standard nazionali per la valutazione finalizzata al conseguimento del
diploma di specializzazione, nonché del periodo di apprendistato;
3.3) per i vincitori dei concorsi nazionali, l’effettuazione,
nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini formativi e
la graduale assunzione della funzione docente, anche in sostituzione di docenti
assenti, presso l’istituzione scolastica o presso la rete tra istituzioni
scolastiche di assegnazione;
3.4) la possibilità,
per coloro che non hanno partecipato o non sono risultati vincitori nei
concorsi nazionali di cui al numero 2), di iscriversi a proprie spese ai
percorsi di specializzazione per l’insegnamento secondario di cui al numero
3.1);
4) la sottoscrizione
del contratto di lavoro a tempo indeterminato, all’esito di positiva conclusione
e valutazione del periodo di tirocinio, secondo la disciplina di cui ai commi
da 63 a 85 del presente articolo;
5) la previsione che il
percorso di cui al numero 2) divenga gradualmente l’unico per accedere
all’insegnamento nella scuola secondaria statale, anche per l’effettuazione
delle supplenze; l’introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai
vigenti percorsi formativi e abilitanti e al reclutamento dei docenti nonché in
merito alla valutazione della competenza e della professionalità per coloro che
hanno conseguito l’abilitazione prima della data di entrata in vigore del
decreto legislativo di cui alla presente lettera;
6) il riordino delle
classi disciplinari di afferenza dei docenti e delle classi di laurea
magistrale, in modo da assicurarne la coerenza ai fini dei concorsi di cui al
numero 2), nonché delle norme di attribuzione degli insegnamenti nell’ambito
della classe disciplinare di afferenza secondo princìpi di semplificazione e di
flessibilità, fermo restando l’accertamento della competenza nelle discipline
insegnate;
7) la previsione
dell’istituzione di percorsi di formazione in servizio, che integrino le
competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti, consentendo, secondo
princìpi di flessibilità e di valorizzazione, l’attribuzione di insegnamenti
anche in classi disciplinari affini;
8) la previsione che il
conseguimento del diploma di specializzazione di cui al numero 3.1) costituisca
il titolo necessario per l’insegnamento nelle scuole paritarie;
c) promozione dell’inclusione scolastica degli studenti
con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione
attraverso:
1) la ridefinizione del
ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione
scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di
appositi percorsi di formazione universitaria;
2) la revisione dei
criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di
garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in
modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di
sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione;
3) l’individuazione dei
livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto
conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4) la previsione di
indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;
5) la revisione delle
modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a
individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso
percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture
pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili
ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. l04, e della
legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per
l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;
6) la revisione e la
razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il
supporto all’inclusione;
7) la previsione
dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e
per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi
dell’integrazione scolastica;
8) la previsione
dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico
e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e
sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di
integrazione scolastica;
9) la previsione della
garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle
condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n.
l04;
d) revisione dei percorsi dell’istruzione professionale,
nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i
percorsi dell’istruzione e formazione professionale, attraverso:
l) la ridefinizione
degli indirizzi, delle articolazioni e delle opzioni dell’istruzione
professionale;
2) il potenziamento
delle attività didattiche laboratoriali anche attraverso una rimodulazione, a
parità di tempo scolastico, dei quadri orari degli indirizzi, con particolare
riferimento al primo biennio;
e) istituzione del sistema integrato di educazione e di
istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai servizi educativi per
l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle
bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco,
superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e
culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di
lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell’offerta educativa e
della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione
delle famiglie, attraverso:
l) la definizione dei
livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell’infanzia e dei servizi
educativi per l’infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli
interventi e dei servizi sociali, sentita la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, prevedendo:
1.1) la
generalizzazione della scuola dell’infanzia;
1.2) la qualificazione
universitaria e la formazione continua del personale dei servizi educativi per
l’infanzia e della scuola dell’infanzia;
1.3) gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei
servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in
base alla tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo
tempi di compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei
docenti di scuola dell’infanzia, nonché il coordinamento pedagogico
territoriale e il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della
scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il
regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca 16 novembre 2012, n. 254;
2) la definizione delle funzioni e dei compiti
delle regioni e degli enti locali al fine di potenziare la ricettività dei
servizi educativi per l’infanzia e la qualificazione del sistema integrato di
cui alla presente lettera;
3) l’esclusione dei
servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia dai servizi a
domanda individuale;
4) l’istituzione di una
quota capitaria per il raggiungimento dei livelli essenziali, prevedendo il
cofinanziamento dei costi di gestione, da parte dello Stato con trasferimenti
diretti o con la gestione diretta delle scuole dell’infanzia e da parte delle
regioni e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle
famiglie utenti del servizio;
5) l’approvazione e il
finanziamento di un piano di azione nazionale per la promozione del sistema
integrato di cui alla presente lettera, finalizzato al raggiungimento dei
livelli essenziali delle prestazioni;
6) la copertura dei
posti della scuola dell’infanzia per l’attuazione del piano di azione nazionale
per la promozione del sistema integrato anche avvalendosi della graduatoria a
esaurimento per il medesimo grado di istruzione come risultante alla data di
entrata in vigore della presente legge;
7) la promozione della
costituzione di poli per l’infanzia per bambini di età fino a sei anni, anche
aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi;
8) l’istituzione, senza
nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, di un’apposita commissione
con compiti consultivi e propositivi, composta da esperti nominati dal
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dalle regioni e
dagli enti locali;
f) garanzia dell’effettività del diritto allo studio su
tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in
tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con particolare
riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione ai servizi
strumentali; potenziamento della Carta dello studente, tenuto conto del sistema
pubblico per la gestione dell’identità digitale, al fine di attestare attraverso
la stessa lo status di studente e rendere possibile l’accesso a programmi
relativi a beni e servizi di natura culturale, a servizi per la mobilità
nazionale e internazionale, ad ausili di natura tecnologica per lo studio e per
l’acquisto di materiale scolastico, nonché possibilità di associare
funzionalità aggiuntive per strumenti di pagamento attraverso borsellino
elettronico;
g) promozione e diffusione della cultura umanistica,
valorizzazione del patrimonio e della produzione culturali, musicali, teatrali,
coreutici e cinematografici e sostegno della creatività connessa alla sfera
estetica, attraverso:
l) l’accesso, nelle sue
varie espressioni amatoriali e professionali, alla formazione artistica,
consistente nell’acquisizione di conoscenze e nel contestuale esercizio di
pratiche connesse alle forme artistiche, musicali, coreutiche e teatrali,
mediante:
1.1) il potenziamento
della formazione nel settore delle arti nel curricolo delle scuole di ogni
ordine e grado, compresa la prima infanzia, nonché la realizzazione di un
sistema formativo della professionalità degli educatori e dei docenti in
possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze
artistico-musicali e didattico-metodologiche;
1.2) l’attivazione, da
parte di scuole o reti di scuole di ogni ordine e grado, di accordi e
collaborazioni anche con soggetti terzi, accreditati dal Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo ovvero dalle regioni o dalle province
autonome di Trento e di Bolzano anche mediante accordi quadro tra le
istituzioni interessate;
1.3) il potenziamento e
il coordinamento dell’offerta formativa extrascolastica e integrata negli
ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale anche in funzione
dell’educazione permanente;
2) il riequilibrio
territoriale e il potenziamento delle scuole secondarie di primo grado a
indirizzo musicale nonché l’aggiornamento dell’offerta formativa anche ad altri
settori artistici nella scuola secondaria di primo grado e l’avvio di poli, nel
primo ciclo di istruzione, a orientamento artistico e performativo;
3) la presenza e il
rafforzamento delle arti nell’offerta formativa delle scuole secondarie di
secondo grado;
4) il potenziamento dei
licei musicali, coreutici e artistici promuovendo progettualità e scambi con
gli altri Paesi europei;
5) l’armonizzazione dei
percorsi formativi di tutta la filiera del settore artistico-musicale, con
particolare attenzione al percorso pre-accademico dei
giovani talenti musicali, anche ai fini dell’accesso all’alta formazione
artistica, musicale e coreutica e all’università;
6) l’incentivazione
delle sinergie tra i linguaggi artistici e le nuove tecnologie valorizzando le
esperienze di ricerca e innovazione;
7) il supporto degli scambi
e delle collaborazioni artistico-musicali tra le diverse istituzioni formative
sia italiane che straniere, finalizzati anche alla valorizzazione di giovani
talenti;
8) la sinergia e
l’unitarietà degli obiettivi nell’attività dei soggetti preposti alla
promozione della cultura italiana all’estero;
h) revisione, riordino e adeguamento della normativa in
materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero al fine di
realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero degli affari
esteri e della cooperazione internazionale e il Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca nella gestione della rete scolastica e della
promozione della lingua italiana all’estero attraverso:
l) la definizione dei
criteri e delle modalità di selezione, destinazione e permanenza in sede del
personale docente e amministrativo;
2) la revisione del
trattamento economico del personale docente e amministrativo;
3) la previsione della
disciplina delle sezioni italiane all’interno di scuole straniere o
internazionali;
4) la revisione della
disciplina dell’insegnamento di materie obbligatorie secondo la legislazione
locale o l’ordinamento scolastico italiano da affidare a insegnanti a contratto
locale;
i) adeguamento della normativa in materia di valutazione e
certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di Stato,
anche in raccordo con la normativa vigente in materia di certificazione delle
competenze, attraverso:
l) la revisione delle
modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del
primo ciclo di istruzione, mettendo in rilievo la funzione formativa e di
orientamento della valutazione, e delle modalità di svolgimento dell’esame di
Stato conclusivo del primo ciclo;
2) la revisione delle
modalità di svolgimento degli esami di Stato relativi ai percorsi di studio
della scuola secondaria di secondo grado in coerenza con quanto previsto dai
regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 20l0, nn. 87, 88 e 89».
6.1.– Ad avviso della
Regione, il complesso delle richiamate disposizioni determinerebbe una fitta
rete di interferenze con la competenza esclusiva regionale in materia di
«istruzione e formazione professionale» ed attribuirebbe potenzialmente allo
Stato la competenza ad adottare non solo norme di principio, ma anche
disposizioni di dettaglio.
In particolare,
sarebbero lesive delle competenze regionali le disposizioni che affidano al
legislatore delegato il compito di definire, in modo dettagliato, il sistema di
formazione iniziale e il suo completamento, nonché l’istituzione di percorsi di
formazione che integrano le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti,
senza prevedere la partecipazione regionale nella relativa definizione.
Secondo la Regione, ciò
lederebbe, in primo luogo, la competenza esclusiva regionale in materia di
«istruzione e formazione professionale» e consentirebbe al legislatore delegato
di delineare un sistema formativo dei docenti che, anche laddove rientrasse nella
materia «istruzione», dovrebbe lasciare comunque al legislatore regionale
margini di attuazione.
Analogamente, la
previsione di un sistema formativo della professionalità degli educatori e dei
docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze
artistico-musicali e didatticometodologiche, il
potenziamento e il coordinamento dell’offerta formativa extrascolastica e
integrata negli ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale e disposizioni
analoghe disseminate nel corpo del comma 181 impugnato, determinerebbero, in
assenza di un necessario coinvolgimento delle Regioni, un’illegittima
compressione della competenza legislativa e amministrativa regionale in materia
di «istruzione e formazione professionale», nonché una lesione del canone di
leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.,
mancando ogni riferimento al limite derivante dalle competenze riservate alle
Regioni.
Secondo la difesa
regionale, pertanto, il combinato disposto dei commi 180 e 181, nelle parti in
cui gli stessi determinano una indebita compressione delle competenze
regionali, sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo, terzo e quarto comma, Cost.,
nonché con gli artt. 118 e 120 Cost.
7.– Con atto depositato il
20 ottobre 2015, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato.
7.1.– Ad avviso della difesa
statale, l’art. 1, comma 44, farebbe esclusivo riferimento ai percorsi
formativi utili per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e sarebbe
volto ad evitare disparità di trattamento fra studenti impegnati nella
formazione professionale rispetto a quelli iscritti nei percorsi di istruzione
liceale o tecnica, che beneficeranno, invece, degli interventi previsti dalla
legge n. 107 del 2015.
Quanto al contenuto del
decreto ministeriale, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che esso
costituirebbe espressione del potere-dovere dello Stato di definire i livelli
essenziali delle prestazioni nella materia della «istruzione e formazione
professionale», come previsto dal Capo III del decreto legislativo 17 ottobre
2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al
secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma
dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53). Ciò sarebbe confermato dalla
finalità dichiarata della disposizione, in quanto volta al «potenziamento e
alla valorizzazione delle conoscenze e competenze degli studenti del secondo
ciclo».
L’Avvocatura generale
dello Stato, inoltre, rileva come la norma impugnata richiami esplicitamente il
rispetto della competenza delle Regioni in materia di «formazione
professionale» e ne sia quindi rispettosa, mirando solo ad un generale
adeguamento, necessario per garantire uniformità all’interno del sistema
nazionale di istruzione e formazione.
Secondo la difesa
statale, infine, le argomentazioni dedotte a sostegno della violazione degli
artt. 117, secondo e terzo comma, e 118 Cost., sarebbero inconferenti, in quanto la disposizione
impugnata prevede comunque l’adozione del decreto ministeriale solo previa
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
7.2.– In riferimento
all’art. 1, comma 47, lettera f),
l’Avvocatura generale dello Stato osserva come i percorsi di formazione, ai
quali fa riferimento la norma, non potrebbero che essere quelli di istruzione
tecnica superiore (ITS) istituzionalmente erogati dalle fondazioni.
Ad avviso della difesa
statale, la disposizione impugnata non attribuirebbe in alcun modo agli ITS la
possibilità di erogare corsi di istruzione e formazione professionale, ma
sarebbe semplicemente finalizzata ad ampliare il novero dei percorsi attivabili
nell’ambito dell’istruzione tecnica superiore da parte delle fondazioni, nel
rispetto, peraltro, dell’iter autorizzativo di competenza regionale, essendo
previsto che le linee guida per la semplificazione e la promozione degli ITS
siano adottate previa intesa in sede di Conferenza unificata.
7.3.– Con riguardo all’art.
1, comma 66, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che tale disposizione
non incida in alcun modo in materia di dimensionamento della rete scolastica,
poiché la disciplina degli ambiti territoriali avrebbe natura squisitamente organizzativa
del personale docente, che è personale statale.
La relativa disciplina,
nonché l’«organizzazione amministrativa dello Stato»
e, quindi, anche la sua organizzazione sul territorio, sarebbero competenze
esclusive dello Stato stesso, ai sensi degli artt. 97, secondo comma, e 117,
secondo comma, lettera g), Cost.
Ad avviso della difesa
statale, tale disposizione si renderebbe necessaria per superare la previgente
disciplina che disegnava i ruoli del personale docente in termini
"provinciali”, ai sensi dell’art. 398 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in
materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado).
La disposizione in
esame non farebbe altro che ridisegnare i ruoli del personale docente al fine
di adattarli alle nuove modalità di costituzione dell’organico dell’autonomia,
che tiene conto delle nuove funzioni assegnate al dirigente scolastico in
materia di individuazione dei docenti da assegnare all’istituzione scolastica,
determinando specifici criteri per la configurazione degli stessi.
Esso, dunque, non
sarebbe un principio fondamentale in materia di istruzione, ma rientrerebbe tra
le norme generali sull’istruzione e tra i principi per l’organizzazione dei
pubblici uffici, di cui all’art. 97 Cost.
Osserva, inoltre, la
difesa statale come gli ambiti territoriali di cui all’impugnato comma 66 non
rientrino nelle attività di dimensionamento che la sentenza di questa
Corte n. 147 del 2012 riconosce come materia di competenza concorrente
sull’istruzione, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Tale attività, infatti,
è attuata dalle Regioni secondo le disposizioni di cui all’art. 3 del d.P.R. 18 giugno 1999, n. 233 (Regolamento recante norme
per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la
determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma
dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), con l’approvazione del
piano regionale di dimensionamento delle istituzioni scolastiche sulla base dei
piani disposti dalle singole Province.
L’attività di
dimensionamento attiene al numero degli istituti scolastici sul territorio,
alle fusioni, soppressioni, aggregazioni, accorpamenti, trasferimenti di sedi,
creazione di nuovi punti di erogazione del servizio e dell’offerta formativa,
che sono di competenza regionale.
Al contrario, il
meccanismo di cui ai commi 66 e seguenti atterrebbe, secondo la difesa statale,
alla determinazione, gestione e programmazione delle dotazioni organiche del
personale docente della rete scolastica che, secondo l’art. 138, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo
1997, n. 59), è di competenza esclusiva dello Stato ed inciderebbe sui «livelli
essenziali delle prestazioni» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
Le norme
disciplinerebbero, pertanto, la pianificazione del ruolo del personale docente,
che rientra nell’assetto organizzativo della scuola, ascrivibile alla categoria
delle norme generali sull’istruzione. Secondo la difesa statale, dunque, il
meccanismo in esame sarebbe parte delle «strutture portanti» del sistema
nazionale dell’istruzione, che richiedono un’applicazione unitaria sull’intero
territorio nazionale.
Ad avviso
dell’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, tali norme sarebbero una chiara
attuazione di quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., e rispetterebbero
pienamente il principio di leale collaborazione. La disposizione impugnata,
infatti, opera nell’ambito dell’organizzazione degli uffici statali e
correttamente prevede che il decreto ministeriale di definizione degli ambiti
sia emanato previo parere, e non previa intesa delle Regioni e degli enti
locali.
Secondo la difesa
statale, il meccanismo in esame completerebbe l’aspetto funzionale e
teleologico di strumento di organizzazione degli uffici, consentendo una
migliore gestione degli esuberi, che saranno riassorbiti non più nel ristretto
ambito provinciale, ma in quello regionale, consentendo, altresì, la
realizzazione della continuità didattica.
7.4.– Quanto infine all’art.
1, commi 180 e 181, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce in primo luogo
la genericità della censura, essendo rivolta all’intero impianto legislativo,
compreso il riordino normativo, che è certamente di competenza dello Stato.
Viene eccepita anche
l’irrilevanza della questione, posto che è prevista l’adozione di decreti
legislativi il cui contenuto precettivo non sarebbe al momento prevedibile.
In ogni caso,
l’Avvocatura generale dello Stato osserva come il legislatore statale abbia
previsto, al comma 182, che i decreti legislativi di cui al comma 180 vengano
adottati «previo parere della Conferenza unificata» e ciò anche a fronte di
specifica richiesta emendativa sul testo del disegno di legge di iniziativa
governativa, proposta nella Conferenza unificata del 7 maggio 2015, su cui la
stessa Conferenza ha espresso parere favorevole.
8.– Con una successiva
memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
insistito affinché il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque
infondato.
In particolare, secondo
la difesa statale, l’art. 1, comma 44, sarebbe espressione della competenza
legislativa statale in materia di determinazione dei «livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» da garantire su tutto il
territorio nazionale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
essendo indubbio che nell’ambito di tali diritti civili e sociali rientrino
anche quelli connessi ad un adeguato livello di fruizione delle prestazioni
formative finalizzate all’inserimento nel
mondo del lavoro.
Inoltre, ad avviso
dell’Avvocatura generale dello Stato, la previsione dell’intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni ed il richiamo esplicito al «rispetto delle competenze
delle Regioni», porterebbero ad escludere qualsivoglia violazione del riparto
di competenze legislative.
9.– Con ricorso spedito
per la notificazione il 14 settembre 2015, ricevuto il 21 settembre 2015 e
depositato il successivo 24 settembre (reg. ric. n. 88 del 2015), la Regione
Puglia ha impugnato l’art. 1, commi 29, 47, 66, 68, 69, 74, 126, 153, 155, 162,
171, 181, lettera e), numero 1.3), e
183 della legge n. 107 del 2015, per violazione degli artt. 117, terzo e sesto
comma, 118, primo
comma, e 119
della Costituzione.
10.– L’art. 1, comma 29,
stabilisce che «Il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali,
può individuare percorsi formativi e iniziative diretti all’orientamento e a
garantire un maggiore coinvolgimento degli studenti nonché la valorizzazione
del merito scolastico e dei talenti. A tale fine, nel rispetto dell’autonomia
delle scuole e di quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del
Ministro della pubblica istruzione 1° febbraio 2001, n. 44, possono essere
utilizzati anche finanziamenti esterni».
10.1.– Secondo la ricorrente,
tale disposizione alla luce della giurisprudenza di questa Corte sarebbe
riconducibile alla materia di legislazione concorrente «istruzione», di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost., e non alle «norme
generali sull’istruzione» di competenza esclusiva dello Stato.
Essa, infatti, pur
riguardando ambiti senza dubbio ascrivibili alla sfera dell’istruzione, quali
l’orientamento, il coinvolgimento degli studenti e la valorizzazione del merito
scolastico, non sarebbe configurabile alla stregua di una disciplina afferente
alla struttura portante di tale materia.
L’impugnato comma 29 si
spingerebbe oltre la determinazione dei principi fondamentali, in quanto
attribuirebbe una funzione amministrativa ad un organo statale e ne
stabilirebbe la relativa disciplina in un ambito rimesso alla competenza
concorrente della Regione, senza neppur prevedere alcuna intesa, né altra forma
di partecipazione delle Regioni alla disciplina e all’esercizio di tale
funzione. Di qui, secondo la ricorrente, la violazione degli artt. 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost.
11.– L’art. 1, comma
47, stabilisce che «Per favorire le misure di semplificazione e di promozione
degli istituti tecnici superiori, con decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo economico e con il
Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza
unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, sono emanate le linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a sostegno
delle politiche di istruzione e formazione sul territorio e dello sviluppo
dell’occupazione dei giovani:
a) semplificare e snellire le procedure per lo svolgimento
delle prove conclusive dei percorsi attivati dagli istituti tecnici superiori,
prevedendo modifiche alla composizione delle commissioni di esame e alla
predisposizione e valutazione delle prove di verifica finali;
b) prevedere l’ammontare del contributo dovuto dagli
studenti per gli esami conclusivi dei percorsi e per il rilascio del diploma;
c) prevedere che la partecipazione dei soggetti pubblici
in qualità di soci fondatori delle fondazioni di partecipazione cui fanno capo
gli istituti tecnici superiori e le loro attività possa avvenire senza
determinare nuovi o maggiori oneri a carico dei loro bilanci;
d) prevedere che, ai fini del riconoscimento della
personalità giuridica da parte del prefetto, le fondazioni di partecipazione
cui fanno capo gli istituti tecnici superiori siano dotate di un patrimonio,
uniforme per tutto il territorio nazionale, non inferiore a 50.000 euro e
comunque che garantisca la piena realizzazione di un ciclo completo di
percorsi;
e) prevedere per le fondazioni di partecipazione cui fanno
capo gli istituti tecnici superiori un regime contabile e uno schema di
bilancio per la rendicontazione dei percorsi uniforme in tutto il territorio
nazionale;
f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di
entrata in vigore della presente legge possano attivare nel territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse, fermo
restando il rispetto dell’iter di autorizzazione e nell’ambito delle risorse
disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli istituti tecnici
superiori devono essere dotati di un patrimonio non inferiore a 100.000 euro».
11.1.– Secondo la Regione, si
tratterebbe di una previsione che ricade nell’ambito della competenza
legislativa concorrente in materia di «istruzione», poiché, avendo finalità di
mera semplificazione e promozione degli istituti tecnici superiori, non sarebbe
riconducibile né alla «struttura essenziale», né alle «basi» del sistema
istruzione, la cui disciplina è di spettanza del legislatore statale.
Tuttavia, ai sensi
dell’art. 117, sesto comma, Cost., in materia di legislazione concorrente sarebbe precluso
al legislatore statale, anche al solo fine di dettare i «principi
fondamentali», il ricorso a fonti regolamentari, come il decreto
interministeriale cui la norma impugnata rinvia.
Non sarebbe neppure
possibile sostenere che le linee guida cui si riferisce la disposizione in
esame non siano giuridicamente vincolanti e, quindi, non vengano in rilievo
come fonte normativa. Ad avviso della ricorrente, infatti, ciò contrasterebbe
palesemente con gli obiettivi che tali linee guida dovrebbero conseguire, quali
la previsione di «modifiche alla composizione delle commissioni di esame e alla
predisposizione e valutazione delle prove di verifica finali» (lettera a), nonché dell’«ammontare del
contributo dovuto dagli studenti per gli esami conclusivi dei percorsi e per il
rilascio del diploma» (lettera b); o,
ancora, la previsione che «la partecipazione dei soggetti pubblici in qualità
di soci fondatori delle fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli
istituti tecnici superiori e le loro attività possa avvenire senza determinare
nuovi o maggiori oneri a carico dei loro bilanci» (lettera c), e che «le fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli
istituti tecnici superiori siano dotate di un patrimonio, uniforme per tutto il
territorio nazionale, non inferiore a 50.000 euro e comunque che garantisca la
piena realizzazione di un ciclo completo di percorsi» (lettera d).
Infine, osserva la
Regione, le linee-guida dovranno farsi carico anche della previsione, per le
fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli istituti tecnici superiori, di
«un regime contabile e uno schema di bilancio per la rendicontazione dei
percorsi uniforme in tutto il territorio nazionale» (lettera e), nonché, per le fondazioni esistenti
alla data di entrata in vigore della legge, che esse «possano attivare nel
territorio provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse,
fermo restando il rispetto dell’iter di autorizzazione e nell’ambito delle
risorse disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli istituti tecnici
superiori devono essere dotati di un patrimonio non inferiore a 100.000 euro»
(lettera f).
Non si tratterebbe,
dunque, di mere finalità generali da conseguire, bensì di previsioni
vincolanti, alcune addirittura di dettaglio, quali la lettera a), le quali sono destinate a definire
il contenuto propriamente normativo delle suddette linee-guida.
12.– Secondo la Regione,
l’art. 1, comma 66, nella parte in cui affida agli uffici scolastici regionali
la definizione dell’ampiezza degli ambiti territoriali nei quali sono articolati
i ruoli del personale docente, violerebbe la sfera di potestà legislativa
regionale in materia di «istruzione», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Tale disposizione,
infatti, inciderebbe su profili organizzativi di pertinenza regionale che questa
Corte ha ricondotto alla sfera di competenza regionale, in quanto implicanti
una valutazione delle specifiche esigenze territoriali.
Ad avviso della
ricorrente, ciò sarebbe confermato dai criteri richiamati dalla stessa norma ai
fini dell’individuazione degli ambiti territoriali nei quali si dovrebbero
articolare i ruoli del personale docente; la norma impugnata, pertanto, non
sarebbe riconducibile né alle «norme generali sull’istruzione», né ai «principi
fondamentali» della materia.
12.1.– Ad avviso della
ricorrente, quand’anche si volesse intendere la disposizione in esame come
attributiva di una funzione amministrativa avocata in sussidiarietà dallo
Stato, non sarebbe, comunque, rispettato il principio di leale collaborazione.
Il comma impugnato, infatti, non prevede alcuna intesa con le Regioni
interessate, ma solo un parere. Di qui, il suo contrasto anche con l’art. 118,
primo comma, Cost.
13.– L’art. 1, comma 68,
stabilisce che «A decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, con decreto del
dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, l’organico dell’autonomia
è ripartito tra gli ambiti territoriali. L’organico dell’autonomia comprende
l’organico di diritto e i posti per il potenziamento, l’organizzazione, la
progettazione e il coordinamento, incluso il fabbisogno per i progetti e le
convenzioni di cui al quarto periodo del comma 65. A quanto previsto dal
presente comma si provvede nel limite massimo di cui al comma 201».
13.1.– Secondo la Regione,
tale disposizione violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. Essa, infatti, afferirebbe all’assetto organizzativo
della rete scolastica e al suo dimensionamento, nonché a tutto ciò che in
ordine a tali profili richiede una valutazione delle specifiche realtà territoriali,
cioè ad ambiti riconducibili alla competenza regionale in materia di
«istruzione».
Con il comma in
questione, inoltre, il legislatore statale ha attribuito la funzione di
ripartizione dell’organico di autonomia «per ambiti territoriali» ad un organo
statale, quale è il dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, senza
prevedere alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nell’esercizio della
funzione amministrativa avocata.
14.– L’art. 1, comma
69, dispone che «All’esclusivo scopo di far fronte ad esigenze di personale
ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall’organico dell’autonomia come
definite dalla presente legge, a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, ad
esclusione dei posti di sostegno in deroga, nel caso di rilevazione delle
inderogabili necessità previste e disciplinate, in relazione ai vigenti
ordinamenti didattici, dal regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, è
costituito annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un
ulteriore contingente di posti non facenti parte dell’organico dell’autonomia
né disponibili, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di
mobilità o assunzioni in ruolo. A tali necessità si provvede secondo le
modalità, i criteri e i parametri previsti dal citato decreto del Presidente
della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81. Alla copertura di tali posti si provvede
a valere sulle graduatorie di personale aspirante alla stipula di contratti a
tempo determinato previste dalla normativa vigente ovvero mediante l’impiego di
personale a tempo indeterminato con provvedimenti aventi efficacia
limitatamente ad un solo anno scolastico. All’attuazione del presente comma si
provvede nei limiti delle risorse disponibili annualmente nello stato di
previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
indicate nel decreto ministeriale di cui al primo periodo, fermo restando
quanto previsto dall’articolo 64, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».
14.1.– Secondo la Regione, la
disposizione in esame inciderebbe nella materia «istruzione», di competenza
legislativa concorrente, poiché atterrebbe ai profili organizzativi della
medesima. Nonostante ciò, viene attribuita al Ministro dell’istruzione la
funzione consistente nella definizione, tramite decreto, di un incremento dei
posti dell’organico, seppure non concernenti l’organico «di autonomia».
Di qui, ad avviso della
ricorrente, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la
disposizione impugnata non sarebbe in alcun modo configurabile alla stregua di
un principio fondamentale della materia.
14.2.– Infine, secondo la
Regione, se anche si trattasse di una norma statale espressiva dell’avocazione
al centro di una funzione amministrativa ricadente in un ambito di competenza
legislativa concorrente, essa sarebbe, comunque, in contrasto con l’art. 118,
primo comma, Cost., in quanto non prevede alcuna
forma di coinvolgimento delle Regioni in tema di organico del personale
docente. Viene richiamato, a questo riguardo, il caso deciso da questa Corte
nella sentenza
n. 279 del 2005.
15.– L’art. 1, comma 74,
stabilisce che «Gli ambiti territoriali e le reti sono definiti assicurando il
rispetto dell’organico dell’autonomia e nell’ambito delle risorse finanziarie
disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica».
15.1.– Secondo la Regione,
tale disposizione, se letta in combinato disposto con il comma 70, non potrebbe
che essere interpretata nel senso che la definizione degli «ambiti
territoriali» e delle «reti» è affidata agli uffici scolastici regionali, i
quali, a loro volta, si occupano di «promuovere» tali reti tra istituzioni.
Ad avviso della difesa
regionale, questa interpretazione sarebbe coerente con l’art. 1, comma 66, che
affida sempre agli uffici scolastici regionali, ed in particolare ai loro
dirigenti, la definizione degli «ambiti territoriali» in riferimento alla
ripartizione del personale docente.
Così interpretato,
tuttavia, il richiamato comma 74 sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo
comma, Cost., che affida alle Regioni la disciplina dei profili
organizzativi e di dimensionamento della rete scolastica, soprattutto ove
vengano in rilievo valutazioni legate alle specificità dei diversi ambiti
territoriali.
15.2.– Secondo la Regione,
inoltre, anche laddove la disposizione impugnata esprimesse la chiamata in
sussidiarietà di una funzione amministrativa ascrivibile ad un ambito di
competenza normativa concorrente, essa violerebbe, comunque, l’art. 118, primo
comma, Cost., in quanto non prevederebbe
il necessario coinvolgimento delle Regioni.
16.– L’art. 1, comma
126, dispone che «Per la valorizzazione del merito del personale docente è
istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
un apposito fondo, con lo stanziamento di euro 200 milioni annui a decorrere
dall’anno 2016, ripartito a livello territoriale e tra le istituzioni
scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti, considerando
altresì i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree
soggette a maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca».
16.1.– La disposizione in
esame istituirebbe un fondo a destinazione vincolata in riferimento ad un
ambito – quello della «valorizzazione del merito del personale docente» – che,
ad avviso della Regione, non rientrerebbe certamente nella competenza esclusiva
statale concernente le «norme generali sull’istruzione», ma in quella
concorrente in materia di «istruzione».
Di qui, secondo la
Regione, il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., essendo precluso al
legislatore statale, alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale,
istituire fondi a destinazione vincolata nelle materie di competenza
concorrente.
17.– L’art. 1, comma
153, stabilisce che «Al fine di favorire la costruzione di scuole innovative
dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficienza
energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla
presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall’apertura al territorio, il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con proprio decreto,
d’intesa con la Struttura di missione per il coordinamento e impulso
nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica,
istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 maggio 2014
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, provvede a ripartire le risorse di
cui al comma 158 tra le regioni e individua i criteri per l’acquisizione da
parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali
proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di
una scuola innovativa».
17.1.– Secondo la Regione, si
tratterebbe di una disposizione statale riconducibile alla materia
dell’edilizia scolastica, la quale, alla luce della giurisprudenza
costituzionale, si trova all’incrocio di più ambiti di competenza, quali il
«governo del territorio», «l’energia» e la «protezione civile», tutti
rientranti nella potestà legislativa concorrente di cui al terzo comma
dell’art. 117 Cost.
Tale disposizione, in
particolare, attribuirebbe una funzione amministrativa ad un organo statale in
una materia di competenza concorrente e ne detterebbe la relativa disciplina,
comprimendo gli spazi di autonomia normativa attribuiti alle Regioni, senza
prevedere alcuna forma di coinvolgimento da parte loro. Di qui, secondo la
Regione, il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
18.– L’art. 1, comma
155, stabilisce che «Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, con proprio decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, indìce
specifico concorso con procedura aperta, anche mediante procedure telematiche,
avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati
dalle regioni ai sensi del comma 154, nel limite delle risorse assegnate dal
comma 158 e comunque nel numero di almeno uno per regione».
18.1.– Anche tale
disposizione, ad avviso della Regione, sarebbe riconducibile alla materia
dell’edilizia scolastica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.,
con la conseguenza che la chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato di una
funzione amministrativa ricadente nella sfera di competenza concorrente della
Regione necessita della previsione, ai fini del suo esercizio, di un’intesa con
le Regioni; né sarebbe sufficiente il mero parere della Conferenza
Stato-Regioni, come si ricaverebbe dalla sentenza di questa
Corte n. 62 del 2013.
Di conseguenza, la
norma impugnata violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.,
nella parte in cui non prevede che, ai fini dell’indizione della procedura
concorsuale da essi contemplata, venga acquisita un’intesa con le Regioni
interessate dagli interventi di edilizia scolastica.
19.– L’art. 1, comma 162,
stabilisce che «Le regioni sono tenute a fornire al Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, il monitoraggio completo dei piani di edilizia scolastica
relativi alle annualità 2007, 2008 e 2009, finanziati ai sensi dell’articolo 1,
comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pena la mancata successiva
assegnazione di ulteriori risorse statali. Le relative economie accertate
all’esito del monitoraggio restano nella disponibilità delle regioni per essere
destinate a interventi urgenti di messa in sicurezza degli edifici scolastici
sulla base di progetti esecutivi presenti nella rispettiva programmazione
regionale predisposta ai sensi dell’articolo 10 del decreto legge 12 settembre
2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n.
128, come da ultimo modificato dai commi 173 e 176 del presente articolo,
nonché agli interventi che si rendono necessari all’esito delle indagini
diagnostiche sugli edifici scolastici di cui ai commi da 177 a 179 e a quelli
che si rendono necessari sulla base dei dati risultanti dall’Anagrafe
dell’edilizia scolastica. Gli interventi devono essere comunicati dalla regione
competente al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che
definisce tempi e modalità di attuazione degli stessi».
19.1.– Secondo la Regione, la
disposizione impugnata, pur essendo relativa all’edilizia scolastica, non
sarebbe configurabile alla stregua di un «principio fondamentale», ma
costituirebbe, piuttosto, una norma di dettaglio.
Essa, infatti, non
lascerebbe margini di attuazione alle Regioni, poiché imporrebbe loro di
fornire il monitoraggio dei piani sull’edilizia, indicando altresì il termine
perentorio per l’adempimento di tale onere, la sanzione in caso di eventuale
inadempimento e la destinazione delle eventuali economie residuate dalla
realizzazione degli interventi di edilizia scolastica. Sarebbe così violata la
sfera di competenza concorrente affidata alle Regioni dall’art. 117, terzo
comma, Cost.
19.2.– Peraltro, ad
avviso della ricorrente, il carattere dettagliato della norma in esame
emergerebbe dal suo combinato disposto con il comma 171, il quale, ai fini del
monitoraggio di cui al comma 162, prescrive l’applicazione delle modalità
analiticamente disciplinate dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229
(Attuazione dell’articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31
dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di
attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell’utilizzo dei finanziamenti
nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti); di
conseguenza, anche il comma 171 sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo
comma, Cost.
19.3.– La Regione lamenta,
altresì, che il comma 162 violi l’art. 119 Cost.,
laddove, al secondo periodo, imporrebbe che le eventuali «economie» che
residuino alle Regioni a seguito degli interventi di edilizia scolastica
regolati dai precedenti commi, e che siano accertate a seguito del
monitoraggio, debbano essere impiegate ai fini della realizzazione degli
interventi indicati al medesimo comma, così vincolandole nella destinazione.
20.– Nota la ricorrente
che, con il comma 181, lettera e), il
Governo è stato delegato ad occuparsi dell’«istituzione del sistema integrato
di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai
servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, al fine di
garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione,
cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali,
economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi
di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità
dell’offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e
scolastici e la partecipazione delle famiglie», anche attraverso la definizione
degli «standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi
per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, diversificati in base alla
tipologia, all’età dei bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di
compresenza del personale dei servizi educativi per l’infanzia e dei docenti di
scuola dell’infanzia, nonché il coordinamento pedagogico territoriale e il
riferimento alle Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il regolamento di
cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16
novembre 2012, n. 254» (punto 1.3. del medesimo
comma).
Secondo la Regione,
l’ambito relativo all’individuazione degli standard strutturali e organizzativi
in materia di istituzioni che operano nell’ambito dell’istruzione è stato espressamente
ricondotto da questa Corte alla sfera di competenza concorrente.
Pertanto la norma
impugnata, nella parte in cui conferisce una delega al Governo ad adottare
norme concernenti standard strutturali e organizzativi in relazione ai servizi
educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, esorbiterebbe dalla
competenza statale in materia di «principi fondamentali» dell’«istruzione»
ed invaderebbe lo spazio riservato alla potestà concorrente delle Regioni,
violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
21.– L’art. 1, comma 183,
prevede che «Con uno o più decreti adottati ai sensi dell’articolo 17, commi 1
e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono
raccolte per materie omogenee le norme regolamentari vigenti negli ambiti di
cui alla presente legge, con le modificazioni necessarie al fine di
semplificarle e adeguarle alla disciplina legislativa conseguente all’adozione
dei decreti legislativi di cui al comma 180 del presente articolo».
21.1.– Secondo la Regione,
tuttavia, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost.,
il ricorso alla fonte regolamentare non sarebbe possibile in tutti gli ambiti
incisi dalla legge, ma solo in quelli che siano riconducibili alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato.
Pertanto, la disposizione
impugnata violerebbe gli artt. 117, terzo e sesto comma, Cost., nella parte in cui
consente l’adozione e la modifica di norme regolamentari all’interno degli
ambiti riconducibili all’art. 117, terzo comma, Cost.
22.– Con atto depositato il
20 ottobre 2015 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.
22.1.– Secondo la
difesa statale, l’art. 1, comma 29, si inserirebbe a pieno titolo nel quadro
della compiuta attuazione dell’autonomia scolastica, attraverso la
specificazione delle funzioni svolte dal dirigente scolastico in tema di
orientamento e valorizzazione degli studenti, ribadendo peraltro la possibilità
dell’apporto di finanziamenti esterni – già possibile ai sensi del decreto
interministeriale 1° febbraio 2001, n. 44, recante «Istruzioni generali sulla
gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche» – per la
valorizzazione dei talenti e del merito scolastico.
Tale precisazione
operata dal legislatore si innesterebbe nell’ambito delle disposizioni
contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15
marzo 1997, n. 59), nella misura in cui riconosce alle istituzioni scolastiche
autonome – per il tramite del dirigente scolastico – una funzione ascrivibile
all’autonomia didattica ed educativa, nonché di sperimentazione e di ricerca,
senza innovare rispetto alle competenze attribuite alle Regioni in materia di
programmazione dell’offerta formativa.
22.2.– Quanto all’art. 1,
comma 47, la difesa statale osserva che il segmento dell’istruzione postsecondaria non universitaria, rappresentato dai
percorsi degli istituti tecnici superiori (ITS), rientra nella piena competenza
statale, anche per quanto attiene alla normativa di dettaglio.
Le previste linee
guida, infatti, sarebbero finalizzate a regolare sul piano squisitamente
amministrativo e didattico la gestione delle fondazioni e dei corsi erogati; in
particolare, i profili da disciplinare con linee guida riguarderebbero lo
svolgimento degli esami, i criteri di riconoscimento delle fondazioni da parte
del Prefetto e la loro gestione contabile.
Si tratterebbe, dunque,
di aspetti non attinenti alle competenze regolative dell’offerta formativa sul
territorio, proprie delle Regioni; in ogni caso, ad avviso della difesa
statale, la norma prevede che tali linee guida siano adottate «previa intesa»
con la Conferenza Unificata.
22.3.– Con riguardo all’art.
1, commi 66, 68, 69 e 74, la difesa statale osserva come tali disposizioni
prevedano un meccanismo composito per l’organizzazione degli uffici pubblici,
in particolare per razionalizzare la mobilità e gli esuberi del personale
scolastico, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, il meccanismo in esame
riguarda i ruoli del personale docente, gli ambiti territoriali, le reti tra
scuole.
Deduce l’Avvocatura
generale dello Stato come i ruoli del personale docente siano modificati in
modo sostanziale, perché individuati su base regionale e non più provinciale e
siano ripartiti in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi
di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto.
Rileva ancora la difesa
statale come gli ambiti territoriali siano stati introdotti ex novo dalla legge n. 107 del 2015 e
siano disciplinati dall’art. 1, comma 66; essi saranno costituiti ad opera dei
direttori generali degli uffici scolastici regionali, su indicazione del
Ministero dell’istruzione, sentiti le Regioni e gli enti locali, con estensione
inferiore alla provincia o alla città metropolitana e saranno individuati sulla
base della popolazione scolastica, della prossimità delle istituzioni
scolastiche, delle caratteristiche del territorio, tenendo anche conto delle
specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza
di scuole nelle carceri, nonché di ulteriori situazioni o esperienze
territoriali già in atto.
Gli ambiti territoriali
configureranno l’organico dell’autonomia, che comprenderà l’organico di diritto
e i posti per il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il
coordinamento; non comprenderà invece un ulteriore contingente di posti per il
personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in
ruolo.
Le reti di scuole,
infine, sono un modello organizzativo in cui i diversi soggetti (produttori ed
erogatori del servizio o nodi del sistema) convergono su obiettivi comuni, che
hanno dato luogo ad un progetto didattico o un progetto di gestione dei servizi
amministrativi e sono state introdotte dall’articolo 7 del d.P.R.
n. 275 del 1999.
Pertanto, ad avviso
della difesa statale, la questione di costituzionalità sollevata dalla Regione
Puglia avverso le disposizioni richiamate, non considererebbe che esse
rientrano nella categoria delle norme generali sull’istruzione e dei principi
per l’organizzazione dei pubblici uffici, di cui all’articolo 97 Cost., e
non dei principi fondamentali in materia di istruzione.
La questione proposta
non terrebbe neppure conto del fatto che gli ambiti territoriali di cui al
comma 66 non rientrerebbero nel dimensionamento che la sentenza n. 147 del
2012 di questa Corte ha rimesso alla competenza delle Regioni.
Tale dimensionamento,
infatti, è attuato secondo le disposizioni dell’articolo 3 del d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme
per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la
determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma
dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), con l’approvazione da parte
delle Regioni del piano regionale di dimensionamento delle istituzioni
scolastiche, sulla base dei piani disposti dalle singole Province.
La difesa statale
osserva come l’attività di dimensionamento attenga al numero degli istituti
scolastici sul territorio, alle fusioni, soppressioni, aggregazioni,
accorpamenti, trasferimenti di sedi, creazione di nuovi punti di erogazione del
servizio e dell’offerta formativa, che sono di competenza regionale.
Al contrario, il
meccanismo di cui ai commi 66 e seguenti atterrebbe alla determinazione,
gestione e programmazione delle dotazioni organiche del personale docente della
rete scolastica. Secondo l’art. 138, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998. n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della L 15 marzo 1997, n.
59), tale ambito materiale sarebbe di competenza esclusiva dello Stato ed
inciderebbe sui livelli essenziali delle prestazioni, di cui all’articolo 117,
secondo comma, lettera m), Cost.
Le disposizioni
impugnate, pertanto, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato,
disciplinerebbero la pianificazione del ruolo del personale docente che, al
pari del reclutamento, rientrerebbe nell’assetto organizzativo della scuola,
ascrivibile alla categoria delle norme generali sull’istruzione; di
conseguenza, tale meccanismo sarebbe parte delle «strutture portanti» del
sistema nazionale dell’istruzione, che richiedono un’applicazione unitaria
sull’intero territorio nazionale.
Secondo la difesa
statale, inoltre, tali norme sarebbero attuazione dell’art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost., e rispetterebbero il
principio di leale collaborazione; il comma 66, in particolare, prevede che il
decreto ministeriale di definizione degli ambiti sia emanato previo parere delle
Regioni e degli enti locali. La norma opera nell’ambito dell’organizzazione
degli uffici statali e non sarebbe necessaria la previsione dell’intesa.
In conclusione, secondo
la difesa statale, il meccanismo in esame completerebbe l’aspetto funzionale e teleologico
dello strumento di organizzazione degli uffici, permettendo una migliore
gestione degli esuberi, destinati ad essere riassorbiti non più nel ristretto
ambito provinciale, ma regionale; esso consentirebbe, altresì, la realizzazione
della continuità didattica.
23.– In riferimento
all’art. 1, comma 126, la difesa statale deduce che si tratterebbe di una
disciplina relativa al trattamento retributivo del personale docente, che è
personale statale. Osserva, infatti, l’Avvocatura generale dello Stato che il
successivo comma 128 inquadra il "bonus”
quale componente della «retribuzione accessoria», rispetto alla quale le
Regioni non avrebbero alcuna competenza.
24.– Quanto all’art. 1,
commi 153 e 155, la difesa statale precisa che il comma 153 si limita a
prevedere un decreto del Ministro dell’istruzione per il riparto tra le Regioni
di risorse statali da destinare alla realizzazione di scuole innovative sotto
il profilo tecnologico, architettonico e dell’efficientamento
energetico.
Pertanto, si
tratterebbe di un semplice decreto rientrante nelle competenze dello Stato, che
può ripartire le risorse sulla base di principi oggettivi. Il medesimo decreto
fissa, inoltre, criteri uniformi su tutto il territorio nazionale per l’acquisizione
delle manifestazioni di interesse da parte delle Regioni.
Secondo la difesa
statale, non vi sarebbe alcun esercizio di funzione amministrativa da parte
dello Stato. Le Regioni, infatti, conserverebbero il proprio potere di
programmazione degli interventi sul territorio, essendo rimessa alla loro
competenza l’individuazione delle aree di intervento sulle quali realizzare le
scuole innovative finanziate con fondi statali.
L’Avvocatura generale
dello Stato osserva come il decreto ministeriale del 7 agosto 2015, n. 593
(Ripartizione delle risorse e definizione dei criteri per la costruzione di
scuole innovative), abbia individuato criteri minimi e uniformi per le Regioni,
consentendo, peraltro, che esse prevedano, nell’ambito della propria autonomia
e delle proprie specificità territoriali, ulteriori criteri per
l’individuazione delle aree di intervento, nel rispetto delle proprie
competenze relative al governo del territorio.
24.1.– Quanto al comma 155,
la norma, ad avviso della difesa statale, si porrebbe l’obiettivo di avviare
una concorso di idee a livello nazionale, ai sensi dell’art. 108 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE), finalizzato all’individuazione di modelli di scuole innovative
sotto il profilo tecnologico ed architettonico e dell’efficientamento
energetico.
Secondo l’Avvocatura
generale dello Stato, rientrerebbe nella competenza statale indire un concorso
nazionale per progettisti per individuare modelli di scuole legate a ambienti
didattici innovativi, nel rispetto dei principi generali sull’istruzione e
salvaguardando, in ogni caso, le competenze di Regioni ed enti locali.
Ma anche laddove si
volesse far rientrare tale competenza nella potestà legislativa concorrente, il
comma impugnato rispetterebbe comunque le competenze delle Regioni, perché
prevede che esse individuino le aree nelle quali realizzare le scuole
innovative; che il decreto di indizione del concorso di idee sia concertato in
sede di Conferenza Stato-Regioni; che le aree oggetto di finanziamento vengano
decise dalle singole Regioni nell’ambito del proprio potere programmatorio.
Anche il principio di
leale collaborazione, secondo la difesa statale, sarebbe rispettato, alla luce
della giurisprudenza costituzionale secondo la quale, in casi del genere,
sarebbe sufficiente il parere della Conferenza.
Infine, secondo
l’Avvocatura generale dello Stato, tali norme sono state vagliate in sede di Conferenza
Unificata il 7 maggio 2015. In quella sede è stato espresso parere favorevole
sul testo del disegno di legge governativo, che, con riguardo ai commi
impugnati, non ha subito significativi cambiamenti in sede di approvazione
parlamentare.
25.– In riferimento
all’art. 1, comma 162, la difesa statale osserva come tale disposizione
riguardi il monitoraggio di risorse statali assegnate alle Regioni, rispetto
alle quali le Regioni stesse non hanno mai fornito dati nonostante le richieste
dell’amministrazione.
Ad avviso
dell’Avvocatura generale, sarebbe evidente come il monitoraggio delle risorse
pubbliche costituisca un principio generale del nostro ordinamento, sancito
anche dal d.lgs. n. 229 del 2011, che impone
stringenti obblighi di
rendicontazione delle risorse pubbliche, al fine di garantire il rispetto dei
principi di razionalizzazione, efficientamento e
contenimento della spesa pubblica, oltre che costituire principio contabile e
di buona amministrazione, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato.
In ragione di ciò,
secondo la difesa statale, sarebbe obbligo dello Stato garantire l’osservanza
di questi principi e perseguire l’obiettivo di un’esatta cognizione
dell’utilizzo delle risorse pubbliche anche da parte delle Regioni e degli enti
locali, indipendentemente dalla destinazione delle stesse.
Il comma impugnato,
inoltre, prevede un termine perentorio per comunicare gli esiti del
monitoraggio al Ministero dell’istruzione. Le Regioni devono evidenziare
eventuali economie delle risorse statali maturate all’esito dell’attuazione
degli interventi di edilizia scolastica per i piani degli anni 2007-2008-2009 e
quest’attività, ad avviso della difesa statale, rientra nelle normali attività
di monitoraggio sull’uso delle risorse pubbliche, di competenza esclusiva dello
Stato.
Qualora invece si
ritenesse che le attività di monitoraggio sui piani di edilizia scolastica
rientrino nella competenza concorrente delle Regioni, la norma impugnata, ad
avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, fisserebbe un principio generale e
lascerebbe comunque alle Regioni il potere decisionale e programmatorio nel
riutilizzo delle eventuali economie accertate.
Le prerogative
regionali e i poteri programmatori delle Regioni vengono tutelati, in quanto la
risorse restano nella disponibilità delle stesse, coerentemente con la
destinazione originaria. La norma impugnata ribadisce solo il principio per cui
le risorse statali, peraltro già destinate all’edilizia scolastica, debbano
essere utilizzate per la medesima finalità; le Regioni, inoltre, conservano una
piena autonomia nell’individuazione degli interventi da finanziare, in quanto
la norma stessa rinvia al potere di programmazione regionale.
Secondo la difesa
statale, dunque, non è apposto un nuovo vincolo di destinazione, ma è stato
semplicemente ribadito quello già esistente. Inoltre, anche in questo caso, i
commi 162 e 171 sono stati vagliati in sede di Conferenza Unificata il 7 maggio
2015 e il testo del disegno di legge governativo, che ha ricevuto il parere
favorevole della Conferenza, non ha poi subito significativi cambiamenti in
sede di approvazione definitiva da parte del Parlamento.
La norma è pertanto
rispettosa del dettato di cui agli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost.
26.– In riferimento
all’art. 1, comma 181, lettera e), n.
1.3), la difesa statale rileva come l’obiettivo del legislatore non sia quello
di invadere la competenza regionale relativa agli asili nido, bensì quello di
rendere strutturale e sistematico il servizio educativo su tutto il territorio
nazionale, tenuto conto della crescente domanda di tale servizio da parte delle
famiglie, ma pur sempre nel rispetto delle competenze regionali.
Il successivo comma
182, infatti, prevede che i decreti legislativi di cui al comma 180, vengano
adottati «previo parere della Conferenza unificata», e ciò anche a fronte di
specifica richiesta emendativa sul testo del disegno di legge di iniziativa
governativa, proposta in sede di Conferenza Unificata il 7 maggio 2015 e sulla
quale la stessa Conferenza ha espresso parere favorevole.
27.– Quanto infine all’art.
1, comma 183, la difesa statale ritiene che si tratti di mero riordino
regolamentare che dovrà essere effettuato nell’ambito del riparto di competenze
vigente, nonché alla luce di quanto disciplinato dagli emanandi
decreti legislativi che, ai sensi del comma 182, dovranno comunque essere
adottati previo parere della Conferenza Unificata.
28.– Con due successive
memorie depositate in prossimità dell’udienza, sia il Presidente del Consiglio
dei ministri, sia la Regione Puglia, hanno insistito nelle conclusioni già
formulate nei rispettivi atti introduttivi.
Considerato in diritto
1.– Con i
ricorsi indicati in epigrafe (reg. ric. n. 85 e n. 88 del 2015), la Regione
Veneto e la Regione Puglia hanno impugnato l’art. 1, commi 29, 44, 47, 66, 68,
69, 74, 126, 153, 155, 162, 171, 180, 181 e 183, della legge 13 luglio 2015, n.
107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti), per violazione degli artt.
97, 117, secondo comma, lettera n),
terzo, quarto e sesto comma, 118, primo comma, 119 e 120 della Costituzione.
2.– In considerazione della parziale identità delle norme denunciate e delle
censure proposte, i due giudizi devono essere riuniti per essere trattati
congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.
3.– L’art. 1, comma 29, stabilisce che «Il dirigente scolastico, di concerto
con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative
diretti all’orientamento e a garantire un maggiore coinvolgimento degli
studenti nonché la valorizzazione del merito scolastico e dei talenti. A tale
fine, nel rispetto dell’autonomia delle scuole e di quanto previsto dal
regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 1°
febbraio 2001, n. 44, possono essere utilizzati anche finanziamenti esterni».
3.1.–
Secondo la Regione Puglia, il primo periodo di tale disposizione sarebbe in
contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., perché,
pur incidendo nella materia di competenza concorrente relativa
all’«istruzione», non sarebbe un principio fondamentale, ma una norma di
dettaglio; esso, inoltre, violerebbe il combinato disposto dell’art. 117, terzo
comma, e dell’art. 118, primo comma, Cost., perché,
pur attribuendo ad un organo statale una funzione amministrativa ascrivibile
alla competenza concorrente in materia di «istruzione», non prevederebbe
alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni nella disciplina e nell’esercizio
della funzione avocata dallo Stato.
3.2.– La questione non è fondata.
Nel
disporre che il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali,
può individuare percorsi formativi e iniziative diretti all’orientamento e a
garantire un maggiore coinvolgimento degli studenti, nonché la valorizzazione
del merito scolastico e dei talenti, la norma in esame esprime un principio
fondamentale rivolto direttamente alle istituzioni scolastiche autonome, in
quanto fissa «criteri, obiettivi, direttive o discipline […] tese ad assicurare
la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle
modalità di fruizione del servizio dell’istruzione» (sentenza n. 200 del
2009); di conseguenza, trattandosi di una disposizione legittimamente
adottata dallo Stato nell’esercizio della sua competenza a determinare i
principi fondamentali in materia di «istruzione», non è necessario alcun
coinvolgimento della Regione.
4.– L’art.
1, comma 44, stabilisce che «Nell’ambito del sistema nazionale di istruzione e
formazione e nel rispetto delle competenze delle regioni, al potenziamento e
alla valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del
secondo ciclo nonché alla trasparenza e alla qualità dei relativi servizi
possono concorrere anche le istituzioni formative accreditate dalle regioni per
la realizzazione di percorsi di istruzione e formazione professionale,
finalizzati all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla
formazione. L’offerta formativa dei percorsi di cui al presente comma è
definita, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al fine di garantire agli allievi iscritti
ai percorsi di cui al presente comma pari opportunità rispetto agli studenti
delle scuole statali di istruzione secondaria di secondo grado, si tiene conto,
nel rispetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni di cui alla
presente legge. All’attuazione del presente comma si provvede nell’ambito delle
risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e della dotazione
organica dell’autonomia e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica».
4.1.– Secondo la Regione Veneto, tale disposizione, nell’affidare al Ministero
dell’istruzione il compito di definire l’offerta formativa dei percorsi di
istruzione e formazione professionale, violerebbe il combinato disposto
dell’art. 117, terzo e quarto comma, in quanto la materia dell’«istruzione e
formazione professionale» sarebbe di competenza esclusiva delle Regioni.
4.1.1.– Sarebbe violato anche l’art. 120 Cost., per
l’utilizzo distorsivo delle forme della collaborazione, in quanto la previsione
dell’intesa non può costituire, ad avviso della Regione, lo strumento per
espropriare la sua competenza in materia di formazione professionale.
4.1.2.– Viene altresì lamentato il contrasto con gli artt. 97 e 118 Cost., perché non si terrebbe conto delle peculiarità
territoriali, con conseguente pregiudizio del buon andamento, né
sussisterebbero le condizioni per l’attrazione in sussidiarietà della funzione
amministrativa.
4.2.– La questione non è fondata in riferimento ad alcuno dei profili di censura
sollevati.
La
disposizione impugnata, infatti, è volta non tanto a regolare la materia,
quanto a garantire agli allievi iscritti ai corsi delle istituzioni formative
accreditate dalle Regioni pari opportunità rispetto agli studenti delle scuole
statali. Essa, inoltre, richiama più volte il «rispetto delle competenze delle
Regioni» e prevede che la definizione dell’offerta formativa dei percorsi di
istruzione e formazione professionale da parte del Ministero avvenga, in ogni
caso, «previa intesa in sede di Conferenza», scongiurando in tal modo qualsivoglia
vulnus alle competenze della Regione.
5.– Ai
sensi dell’art. 1, comma 47, «Per favorire le misure di semplificazione e di
promozione degli istituti tecnici superiori, con decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in
sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, sono emanate le linee guida per conseguire i seguenti
obiettivi, a sostegno delle politiche di istruzione e formazione sul territorio
e dello sviluppo dell’occupazione dei giovani:
a) semplificare e snellire le procedure per lo svolgimento
delle prove conclusive dei percorsi attivati dagli istituti tecnici superiori,
prevedendo modifiche alla composizione delle commissioni di esame e alla predisposizione
e valutazione delle prove di verifica finali;
b) prevedere l’ammontare del contributo dovuto dagli
studenti per gli esami conclusivi dei percorsi e per il rilascio del diploma;
c)
prevedere che la partecipazione dei soggetti pubblici in qualità di soci
fondatori delle fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli istituti
tecnici superiori e le loro attività possa avvenire senza determinare nuovi o
maggiori oneri a carico dei loro bilanci;
d) prevedere che, ai fini del riconoscimento della personalità
giuridica da parte del prefetto, le fondazioni di partecipazione cui fanno capo
gli istituti tecnici superiori siano dotate di un patrimonio, uniforme per
tutto il territorio nazionale, non inferiore a 50.000 euro e comunque che
garantisca la piena realizzazione di un ciclo completo di percorsi;
e) prevedere per le fondazioni di partecipazione cui fanno
capo gli istituti tecnici superiori un regime contabile e uno schema di
bilancio per la rendicontazione dei percorsi uniforme in tutto il territorio
nazionale;
f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di
entrata in vigore della presente legge possano attivare nel territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse, fermo
restando il rispetto dell’iter di autorizzazione e nell’ambito delle risorse
disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli istituti tecnici
superiori devono essere dotati di un patrimonio non inferiore a 100.000 euro».
5.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui affida
l’elaborazione di apposite linee guida al Ministro dell’istruzione, per «favorire le misure di semplificazione e di promozione
degli istituti tecnici superiori» in vista della realizzazione degli
obiettivi indicati nelle lettere da a)
a f) del medesimo comma, violerebbe
il combinato disposto dell’art. 117, terzo e sesto comma, Cost.,
in quanto rimetterebbe ad una fonte sub-legislativa la determinazione di linee
guida vincolanti, nell’ambito di una materia di competenza concorrente come
l’istruzione, nella quale non è consentito al legislatore statale il ricorso a
fonti di rango inferiore a quello della legge.
5.2.– La questione non è fondata.
L’art. 117,
sesto comma, Cost., infatti, preclude allo Stato, nelle materie di
legislazione concorrente, non già l’adozione di qualsivoglia atto
sub-legislativo, come assume la Regione, bensì dei soli regolamenti, che sono
fonti del diritto, costitutive di un determinato assetto dell’ordinamento.
Viceversa, la giurisprudenza di questa Corte ha già identificato nelle linee
guida atti esecutivi, secondo alcuni di alta amministrazione, che, in
particolari circostanze, «vengono strettamente ad integrare la normativa
primaria che ad essi rinvia», affidando loro quelle specificazioni dei suoi
principi, di cui esige un’applicazione uniforme (sentenza n. 11 del
2014). Sovente esse implicano conoscenze specialistiche proprie del settore
ordinamentale in cui si innestano, e per tale caratteristica mal si conciliano
con il diretto contenuto dell’atto legislativo.
Ebbene,
anche le linee guida di cui all’impugnato art. 1, comma 47, costituiscono la
necessaria integrazione della norma primaria, per conseguire l’uniforme
realizzazione degli obiettivi che essa si prefigge nelle lettere da a) ad f). Del resto, proprio in ragione della stretta contiguità con la
competenza regionale e delle esigenze di partecipazione rafforzata delle
Regioni, è previsto che il decreto ministeriale con cui le linee guida sono
emanate sia adottato «previa intesa in sede di conferenza unificata» (sentenza n. 62 del
2013).
5.3.– La Regione Veneto censura l’art. 1, comma 47, lettera f), nella parte in cui consente alle fondazioni di partecipazione,
cui fanno capo gli istituti tecnici superiori, di attivare altri percorsi
formativi nel territorio provinciale.
Secondo la
ricorrente, tale disposizione violerebbe gli artt. 97, 117, secondo, terzo e
quarto comma, 118 e 120 Cost., in quanto la definizione dell’offerta dei percorsi
realizzati da istituzioni formative dovrebbe rientrare nella competenza
esclusiva regionale.
5.4.– La questione non è fondata.
La
disposizione impugnata prevede bensì che le fondazioni di partecipazione
possano attivare nel territorio provinciale altri percorsi di formazione, ma
«fermo restando il rispetto dell’iter di autorizzazione» e quindi senza
pregiudizio per le competenze delle Regioni, le quali non solo «programmano
l’istituzione dei corsi dell’IFTS», ai sensi dell’art. 69, comma 2, della legge
17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo
per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che
disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti
previdenziali), ma sono e rimangono titolari del potere autorizzatorio.
6.– L’art. 1, comma 66, prevede che «A decorrere dall’anno scolastico
2016/2017 i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti
territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di
concorso e tipologie di posto. Entro il 30 giugno 2016 gli uffici scolastici
regionali, su indicazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca, sentiti le regioni e gli enti locali, definiscono l’ampiezza
degli ambiti territoriali, inferiore alla provincia o alla città metropolitana,
considerando:
a) la popolazione scolastica;
b) la prossimità delle istituzioni scolastiche;
c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto
delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della
presenza di scuole nelle carceri, nonché di ulteriori situazioni o esperienze
territoriali già in atto».
6.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione violerebbe l’art. 117, terzo
comma, Cost., in quanto disciplinerebbe profili
organizzativi della rete scolastica che sarebbero di competenza concorrente
delle Regioni e non sarebbe un principio fondamentale della materia; sarebbe,
altresì, violato il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma, e dell’art.
118, primo comma, Cost., perché, pur attribuendo ad
organi statali una funzione amministrativa in una materia concorrente, la norma
impugnata si limiterebbe a prevedere il parere, anziché l’intesa con le Regioni
interessate.
6.2.– La questione non è fondata.
È bensì
vero che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la distribuzione del
personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome è compito del quale
le Regioni non possono essere private» (sentenza n. 13 del
2004).
Tuttavia,
la disposizione in esame non ha riguardo alla distribuzione del personale tra
le istituzioni scolastiche, ma alla ben diversa fattispecie della definizione
degli ambiti territoriali dei ruoli del personale docente. Si tratta di
personale statale e la relativa disciplina «rientra senza alcun dubbio nella
competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione (organizzazione
amministrativa dello Stato)» (sentenza n. 279 del
2005).
6.3.– Anche la Regione Veneto ha impugnato la medesima disposizione, deducendo
che l’attribuzione ad organi periferici dello Stato della competenza a definire
l’ampiezza degli ambiti territoriali sarebbe lesiva della propria competenza
legislativa e amministrativa in materia di istruzione. Essa non fisserebbe un
principio fondamentale, ma una norma puntuale, che non le lascerebbe alcun
margine di autonoma decisione.
Viene
lamentata, inoltre, la violazione dell’art. 97, Cost., per la possibile
sovrapposizione tra gli ambiti individuati dalla Regione nel dimensionamento
della rete scolastica e quelli individuati dalla norma impugnata; nonché degli
artt. 118 e 120, Cost., perché la mera consultazione
delle Regioni interessate sarebbe elusiva del principio di leale
collaborazione.
6.4.–La questione non è fondata per le medesime ragioni richiamate al punto 6.2.
7.– L’art. 1, comma 68, dispone che «A decorrere dall’anno scolastico
2016/2017, con decreto del dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale,
l’organico dell’autonomia è ripartito tra gli ambiti territoriali. L’organico
dell’autonomia comprende l’organico di diritto e i posti per il potenziamento,
l’organizzazione, la progettazione e il coordinamento, incluso il fabbisogno
per i progetti e le convenzioni di cui al quarto periodo del comma 65. A quanto
previsto dal presente comma si provvede nel limite massimo di cui al comma
201».
7.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui affida la
funzione di ripartizione dell’organico di autonomia «per ambiti territoriali»
ad un organo statale, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost.,
in quanto si occuperebbe di profili relativi all’assetto organizzativo della
rete scolastica che implicano valutazioni legate alle specifiche esigenze
territoriali e che pertanto, secondo la giurisprudenza costituzionale,
sarebbero da ricondurre alla competenza delle Regioni in materia di istruzione.
7.2.– Sarebbe altresì violato il combinato disposto degli artt. 117, terzo comma
e 118, primo comma, Cost., in quanto la norma
impugnata, pur attribuendo ad un organo statale una funzione ascrivibile a una
materia concorrente, non prevederebbe alcuna forma di
coinvolgimento delle Regioni.
7.3.– La questione non è fondata.
La
disposizione impugnata attiene, analogamente alla precedente, non alla
distribuzione del personale tra le scuole, ma all’assetto dell’organico di
personale statale.
Va inoltre
ricordato che con riguardo alla definizione dell’organico dell’autonomia, di
cui all’art. 50, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni
urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), come convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012, questa Corte ha ritenuto che tali
«disposizioni […] devono essere senz’altro qualificate come "norme generali
sull’istruzione”, dal momento che, per evidenti ragioni di necessaria unità ed
uniformità della disciplina in materia scolastica, sono preordinate ad
introdurre una normativa operante sull’intero territorio nazionale avente ad
oggetto "caratteristiche basilari” dell’assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico» (sentenza n. 62 del
2013).
Trattandosi
di una disciplina rientrante nella sicura competenza dello Stato, non sussiste
neppure il mancato coinvolgimento lamentato dalla Regione.
8.– L’art.
1, comma 69, prevede che «All’esclusivo scopo di far fronte ad esigenze di
personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall’organico dell’autonomia
come definite dalla presente legge, a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017,
ad esclusione dei posti di sostegno in deroga, nel caso di rilevazione delle
inderogabili necessità previste e disciplinate, in relazione ai vigenti
ordinamenti didattici, dal regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, è
costituito annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, un ulteriore contingente di posti non facenti parte
dell’organico dell’autonomia né disponibili, per il personale a tempo
indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo. A tali
necessità si provvede secondo le modalità, i criteri e i parametri previsti dal
citato decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81. Alla
copertura di tali posti si provvede a valere sulle graduatorie di personale
aspirante alla stipula di contratti a tempo determinato previste dalla
normativa vigente ovvero mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato
con provvedimenti aventi efficacia limitatamente ad un solo anno scolastico.
All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse
disponibili annualmente nello stato di previsione del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca indicate nel decreto
ministeriale di cui al primo periodo, fermo restando quanto previsto
dall’articolo 64, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».
8.1.–Secondo
la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui attribuisce al
Ministro dell’istruzione la funzione di definire, tramite decreto, un
incremento dei posti dell’organico, seppure non concernenti l’organico di
autonomia, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost.,
in quanto si occuperebbe di profili organizzativi della rete scolastica che
implicano valutazioni legate alle specifiche esigenze territoriali e che sono
dunque da ricondurre alla competenza regionale in materia di istruzione.
8.1.1.– Sarebbe altresì violato il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma e
dell’art. 118, primo comma, Cost., perché il comma
impugnato, pur attribuendo ad un organo statale una funzione ascrivibile a una
materia concorrente, non prevederebbe alcuna forma di
coinvolgimento delle Regioni.
8.2.– La questione non è fondata.
L’incremento
dell’organico del personale della scuola non può che spettare allo Stato,
essendo gli insegnanti – al pari dei dirigenti scolastici – «dipendenti
pubblici statali e non regionali – come risulta sia dal loro reclutamento che
dal loro complessivo status giuridico»; di conseguenza, «è chiaro che il titolo
di competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
g), Cost., assume un peso decisamente prevalente
rispetto al titolo di competenza concorrente previsto in materia di istruzione
dal medesimo art. 117, terzo comma» (sentenza n. 147 del
2012).
Quanto
infine ai profili attinenti al mancato coinvolgimento regionale, «deve
osservarsi che, vertendosi in materia di competenza statale esclusiva, non
sussisteva per lo Stato alcun obbligo a tale riguardo» (sentenza n. 92 del
2011).
9.– Ai sensi dell’art. 1, comma 74, «Gli ambiti territoriali e le reti sono
definiti assicurando il rispetto dell’organico dell’autonomia e nell’ambito
delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
9.1.– Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui, in
combinato disposto con il comma 71, «sembrerebbe affidare» la definizione degli
ambiti territoriali e delle reti agli uffici scolastici regionali, i quali
invece, ai sensi del comma 71, dovrebbero limitarsi a promuovere le reti tra
scuole, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto, così interpretata, finirebbe con l’occuparsi di profili della materia
istruzione che sono di competenza delle Regioni.
9.1.1.– Sarebbe altresì violato il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma,
e dell’art. 118, primo comma, Cost., perché la norma
impugnata, pur attribuendo ad organi statali una funzione in una materia
concorrente, non prevederebbe alcuna forma di
coinvolgimento delle Regioni.
9.2.– La questione non è fondata.
È erroneo
il presupposto interpretativo da cui muove la ricorrente. Il combinato disposto
delle richiamate disposizioni non si traduce affatto nell’attribuzione, in capo
all’ufficio regionale, della funzione di definire le reti, ma comporta
semplicemente che la costituzione della rete, soltanto promossa dall’ufficio
scolastico regionale, debba comunque avvenire nel rispetto della normativa
vigente, ed in particolare dell’art. 138, comma 1, lettere a) e b), del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), che aveva delegato alle Regioni
funzioni amministrative in materia di programmazione dell’offerta formativa
integrata tra istruzione e formazione professionale, oltre che di
programmazione della rete scolastica; nonché dell’art. 3 del d.P.R. 18 giugno 1998 n. 233 (Regolamento recante norme per
il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la
determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma
dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), ai sensi del quale «[i]
piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche (…) sono definiti in
conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto
degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli
ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle Regioni» (sentenza n. 34 del
2005).
Secondo
questa Corte, del resto, «proprio alla luce del fatto che già la normativa
antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in
materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la
competenza sulla programmazione scolastica di cui all’art. 138 del d.lgs. n.
112 del 1998, è da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia
voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita», sia
pure soltanto sul piano meramente amministrativo (sentenza n. 200 del
2009).
La
disposizione impugnata non invade, perciò, la competenza delle Regioni a
disciplinare l’attività di dimensionamento della rete scolastica sul
territorio.
10.– L’art.
1, comma 126, dispone che «Per la valorizzazione del merito del personale
docente è istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca un apposito fondo, con lo stanziamento di euro 200 milioni annui
a decorrere dall’anno 2016, ripartito a livello territoriale e tra le
istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti,
considerando altresì i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e
delle aree soggette a maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca».
10.1.– Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui
istituisce un fondo a destinazione vincolata ai fini della «valorizzazione del
merito del personale docente», violerebbe il combinato disposto dell’art. 117,
terzo comma, e dell’art. 119 Cost., perché non
sarebbe consentito al legislatore statale istituire fondi a destinazione
vincolata in una materia di competenza concorrente quale quella
dell’istruzione.
10.2.– La questione non è fondata.
La
«valorizzazione del merito del personale docente», infatti, è un profilo
attinente alla disciplina dei dipendenti pubblici statali, che rientra nella
competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., e che non dà luogo,
pertanto, ad una destinazione vincolata di fondi alle Regioni.
11.– L’art.
1, comma 153, stabilisce che «Al fine di favorire la costruzione di scuole
innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico,
dell’efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica,
caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e
dall’apertura al territorio, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, con proprio decreto, d’intesa con la Struttura di missione per il
coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione
dell’edilizia scolastica, istituita con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 27 maggio 2014 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
provvede a ripartire le risorse di cui al comma 158 tra le regioni e individua
i criteri per l’acquisizione da parte delle stesse regioni delle manifestazioni
di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e
interessati alla costruzione di una
scuola innovativa».
11.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui affida al
Ministro dell’istruzione la ripartizione delle risorse di cui al comma 158,
nonché l’individuazione dei criteri per l’acquisizione da parte delle stesse
Regioni «delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle
aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola
innovativa», violerebbe il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma, e
dell’art. 118, primo comma, Cost., perché, pur
attribuendo ad un organo statale una funzione amministrativa in una materia
come l’edilizia scolastica, che incide su una pluralità di competenze
concorrenti, non prevederebbe alcuna forma di
coinvolgimento delle Regioni.
11.2.– La questione è fondata.
In
riferimento all’art. 53, comma 7, del decreto legge n. 5 del 2012, il quale
demanda ad un decreto del Ministro dell’istruzione, da emanare sentita la
Conferenza unificata, l’adozione delle norme tecniche-quadro contenenti gli
indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia, nonché
didattica, indispensabili a garantire indirizzi progettuali adeguati ed
omogenei sul territorio nazionale, questa Corte ha chiarito come «[n]ella
disciplina in esame si intersecano più materie, quali il "governo del
territorio”, "l’energia” e la "protezione civile”, tutte rientranti nella
competenza concorrente Stato-Regioni di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.», rilevando altresì che «nelle materie di competenza
concorrente, allorché vengono attribuite funzioni amministrative a livello
centrale allo scopo di individuare norme di natura tecnica che esigono scelte
omogenee su tutto il territorio nazionale improntate all’osservanza di standard
e metodologie desunte dalle scienze, il coinvolgimento della conferenza Stato
Regioni può limitarsi all’espressione di un parere obbligatorio (sentenze n. 265 del
2011, n. 254
del 2010, n.
182 del 2006, n.
336 e n. 285
del 2005)» (sentenza
n. 62 del 2013).
Nel caso di
specie, tale coinvolgimento regionale non è previsto e la disposizione
impugnata, di conseguenza, va dichiarata costituzionalmente illegittima nella
parte in cui non prevede che il decreto del Ministro che provvede alla
ripartizione delle risorse sia adottato sentita la Conferenza Stato Regioni.
12.– L’art.
1, comma 155, dispone che «Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, con proprio decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, indice
specifico concorso con procedura aperta, anche mediante procedure telematiche,
avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati
dalle regioni ai sensi del comma 154, nel limite delle risorse assegnate dal comma 158 e comunque nel numero di almeno
uno per regione».
12.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui non prevede
che, ai fini dell’indizione della procedura concorsuale ivi contemplata, venga
acquisita un’intesa con le Regioni interessate dagli interventi di edilizia
scolastica, violerebbe il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma, e
dell’art. 118, primo comma, Cost., perché, pur
attribuendo ad un organo statale una funzione amministrativa in una materia che
incide su una pluralità di competenze concorrenti, si limiterebbe a prevedere
l’acquisizione di un mero parere, anziché dell’intesa con le Regioni
interessate.
12.2.– La questione non è fondata.
Anche la
disposizione in esame, al pari della precedente, si colloca all’incrocio di una
serie di materie «quali il "governo del territorio”, "l’energia” e la
"protezione civile”, tutte rientranti nella competenza concorrente
Stato-Regioni di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.»;
in tali materie, secondo questa Corte, «allorché vengono attribuite funzioni
amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme di natura
tecnica che esigono scelte omogenee su tutto il territorio nazionale improntate
all’osservanza di standard e metodologie desunte dalle scienze, il
coinvolgimento della conferenza Stato Regioni può limitarsi all’espressione di
un parere obbligatorio (sentenze n. 265 del
2011, n. 254
del 2010, n.
182 del 2006, n.
336 e n. 285
del 2005)» (sentenza
n. 62 del 2013). Alla luce della richiamata giurisprudenza, pertanto, ai
fini del coinvolgimento regionale è sufficiente il parere della Conferenza
Stato Regioni.
13.– L’art. 1, comma 162, stabilisce che «Le regioni sono tenute a fornire al
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il monitoraggio
completo dei piani di edilizia scolastica relativi alle annualità 2007, 2008 e
2009, finanziati ai sensi dell’articolo 1, comma 625, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, pena la mancata successiva assegnazione di ulteriori risorse
statali. Le relative economie accertate all’esito del monitoraggio restano
nella disponibilità delle regioni per essere destinate a interventi urgenti di
messa in sicurezza degli edifici scolastici sulla base di progetti esecutivi
presenti nella rispettiva programmazione regionale predisposta ai sensi
dell’articolo 10 del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, come da ultimo modificato
dai commi 173 e 176 del presente articolo, nonché agli interventi che si
rendono necessari all’esito delle indagini diagnostiche sugli edifici
scolastici di cui ai commi da 177 a 179 e a quelli che si rendono necessari
sulla base dei dati risultanti dall’Anagrafe dell’edilizia scolastica. Gli
interventi devono essere comunicati dalla regione competente al Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che definisce tempi e
modalità di attuazione degli stessi».
Ai sensi
del successivo comma 171, «Il monitoraggio degli interventi di cui ai commi da
159 a 176 è effettuato secondo quanto disposto dal decreto legislativo 29
dicembre 2011, n. 229».
13.1.–
Secondo la Regione Puglia, le richiamate disposizioni sarebbero illegittime: la
prima, nella parte in cui impone alle Regioni di fornire il monitoraggio dei piani
sull’edilizia, indicando altresì il termine perentorio per l’adempimento di
tale onere, la sanzione in caso di eventuale inadempimento e la destinazione
delle eventuali economie residuate dalla realizzazione degli interventi di
edilizia scolastica; la seconda, nella parte in cui prescrive l’applicazione
delle modalità di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229
(Attuazione dell’articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31
dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di
attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell’utilizzo dei finanziamenti
nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti). Esse
violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto né il comma 162, né il comma 171, sia
singolarmente, sia considerati congiuntamente, sarebbero principi fondamentali
in materia di edilizia scolastica o di altre materie concorrenti, ma norme di
dettaglio.
13.2.– La questione non è fondata.
Deve
anzitutto rilevarsi che, in base all’art. 1 del richiamato d.lgs. n. 229 del
2011, le amministrazioni che realizzino opere pubbliche sono obbligate, fra le
altre cose, a «detenere ed alimentare un sistema gestionale informatizzato
contenente le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali
relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi
interventi».
Disposizioni
del genere costituiscono espressione della competenza statale nella materia del
«coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione
statale, regionale e locale» (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.) e
«sono anzitutto strumentali per "assicurare una comunanza di linguaggi, di
procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i
sistemi informatici della pubblica amministrazione” (sentenza n. 17 del
2004; nello stesso senso, fra le altre, sentenze n. 23 del
2014 e n. 46
del 2013)» (sentenza
n. 251 del 2016).
L’attività
di monitoraggio di cui devono farsi carico le Regioni, ai sensi della norma
impugnata, si colloca pienamente all’interno di questo sistema informativo e si
rivela una modalità conoscitiva strumentale al finanziamento statale degli
interventi di edilizia scolastica.
Peraltro,
ai sensi dell’art. 1, comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
- legge finanziaria 2007), le risorse statali destinate a finanziare i piani di
edilizia scolastica sono destinate, per il 50 per cento, «al completamento di
attività di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici
scolastici», vale a dire al perseguimento di un obiettivo che non può non avere
un’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale e che vale dunque a
configurare le disposizioni impugnate alla stregua di principi fondamentali in
materia di edilizia scolastica.
13.3.– La Regione Puglia censura l’art. 1, comma 162, anche nella parte in cui
impone che le eventuali economie che residuino alle Regioni a seguito degli
interventi di edilizia scolastica, e che siano accertate a seguito del
monitoraggio, debbano essere impiegate ai fini della realizzazione degli
interventi indicati dal comma medesimo.
13.3.1.– Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe l’art. 119 Cost., in quanto finirebbe per stanziare finanziamenti a
destinazione vincolata che, riguardando l’edilizia scolastica, inciderebbero su
una pluralità di materie concorrenti.
13.4.– La questione non è fondata.
La
disposizione impugnata, infatti, non appone un nuovo vincolo di destinazione,
ma si limita a ribadire che tali risorse, peraltro già destinate all’edilizia
scolastica, debbano continuare a essere utilizzate per la medesima finalità.
D’altra
parte, che il comma 162 non sia lesivo delle prerogative regionali, si deduce
altresì dalla circostanza che le risorse restano comunque nella disponibilità
delle Regioni, le quali conservano piena autonomia nell’individuazione degli
interventi da finanziare, in virtù dell’esplicito rinvio che la norma fa alla
«rispettiva programmazione regionale».
14.– L’art.
1, comma 180, prevede che «Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla
codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in
coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge»; il successivo
comma 181 elenca i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo si dovrà
attenere nel dare attuazione alla delega conferitagli.
14.1.– Secondo la Regione Veneto, il complesso di queste disposizioni
determinerebbe una fitta rete di interferenze con la competenza esclusiva
regionale in materia di formazione professionale, attribuendo allo Stato il
potere di dettare non solo principi fondamentali, ma anche norme di dettaglio,
in violazione degli artt. 117, secondo, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost.
In
particolare, ad avviso della difesa regionale, sarebbero lesive del riparto di
competenze le disposizioni che affidano al legislatore delegato il compito di
definire il sistema di formazione iniziale e il suo completamento, nonché
l’istituzione di percorsi di formazione che integrano le competenze
disciplinari e pedagogiche dei docenti; la previsione di un sistema formativo
della professionalità degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di
specifiche competenze artistico-musicali e didattico-metodologiche; il
potenziamento e il coordinamento dell’offerta formativa extrascolastica e
integrata negli ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale e «similari
disposizioni disseminate nel corpo del comma impugnato».
14.2.– La difesa statale eccepisce la genericità delle censure, nonché
l’irrilevanza della questione, posto che è prevista l’adozione di decreti
legislativi il cui contenuto precettivo non sarebbe al momento prevedibile.
14.3.– L’eccezione di inammissibilità della questione per genericità è fondata.
Le censure
non sono sorrette da adeguati elementi argomentativi in grado di suffragarle,
perché la ricorrente, salvo alcune esemplificazioni, «si è limitata a
coinvolgere i due commi citati in una generica deduzione d’insieme con la quale
afferma che sarebbero state pretermesse "le competenze regionali in materia di
istruzione” rientranti "nella previsione del terzo comma dell’art. 117 della
Costituzione”» (sentenza
n. 200 del 2009), senza specificare tuttavia, quali disposizioni,
singolarmente considerate, determinerebbero le lesioni che vengono lamentate.
14.4.– La Regione Puglia, invece, censura specificamente l’art. 1, comma 181,
lettera e), n. 1.3), nella parte in
cui prevede che la delega conferita al Governo contempli anche la
determinazione degli «standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei
servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia».
14.4.1.– Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe l’art. 117, terzo
comma, Cost., in quanto l’ambito relativo
all’individuazione degli standard strutturali e organizzativi in materia di
istituzioni che operano nell’ambito dell’istruzione rientrerebbe nella
competenza del legislatore regionale.
14.5.– La questione è fondata.
Questa
Corte, infatti, pronunciandosi in tema di disciplina degli asili nido, ha
chiarito che la individuazione degli standards
strutturali e qualitativi di questi ultimi non si identifica con i livelli
essenziali delle prestazioni, «in quanto la norma censurata non determina alcun
livello di prestazione, limitandosi ad incidere sull’assetto organizzativo e gestorio degli asili nido che, come si è detto, risulta
demandato alla potestà legislativa delle Regioni»; né può essere ricompresa
«nelle norme generali sull’istruzione e cioè in quella disciplina
caratterizzante l’ordinamento dell’istruzione», in quanto tale individuazione
«presenta un contenuto essenzialmente diverso da quello lato sensu organizzativo nel quale si svolge la potestà legislativa
regionale» (sentenza
n. 120 del 2005).
L’individuazione
degli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi
per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, pertanto, va ricondotta alla
competenza del legislatore regionale. Di qui, l’illegittimità costituzionale
della disposizione impugnata.
15.– L’art. 1, comma 183, infine, prevede che «Con uno o più decreti adottati
ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, sono raccolte per materie omogenee le norme
regolamentari vigenti negli ambiti di cui alla presente legge, con le
modificazioni necessarie al fine di semplificarle e adeguarle alla disciplina
legislativa conseguente all’adozione dei decreti legislativi di cui al comma
180 del presente articolo».
15.1.–
Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui affida a fonti
statali di rango sub-legislativo la raccolta «per materie omogenee» delle norme
regolamentari in vigore negli ambiti sui quali incide la legge n. 107 del 2015,
e quindi anche quello dell’istruzione, con la possibilità di apportarvi
modifiche di semplificazione e adeguamento alla disciplina che verrà adottata
con i decreti attuativi, violerebbe il combinato disposto dell’art. 117, terzo
e sesto comma, Cost., in quanto consentirebbe a fonti
regolamentari statali di incidere su una materia di competenza concorrente, in
riferimento alla quale il legislatore statale non può fare ricorso a fonti di
rango inferiore a quello della legge.
15.2.– La questione non è fondata nei termini di seguito precisati.
La censura
sollevata dalla Regione, secondo cui la raccolta delle norme regolamentari da
parte dello Stato riguarderebbe anche regolamenti che non rientrano nella
competenza statale, è del tutto ipotetica; la disposizione impugnata, infatti,
non può non essere interpretata nel senso che lo Stato è autorizzato ad
adottare un testo unico delle sole norme regolamentari di sua competenza,
specie in presenza di una delega che lo abilita ad apportare le modifiche di
semplificazione ed adeguamento alla futura disciplina dei decreti attuativi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 153, della legge n. 107 del 2015, nella parte in cui non
prevede che il decreto del Ministro dell’istruzione che provvede alla
ripartizione delle risorse sia adottato sentita la [Conferenza
unificata: parole sostituite dalle
seguenti: Conferenza
Stato Regioni con ordinanza correttiva
n. 217 del 2017];
2) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 181, lettera e),
n. 1.3), della legge n. 107 del 2015;
3) dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 180 e 181, della legge 13 luglio 2015 n. 107 (Riforma del sistema nazionale
di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni
legislative vigenti), promossa, in riferimento
agli artt. 117, secondo, terzo e quarto comma, 118 e 120, Cost., dalla Regione Veneto,
con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 29, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.,
dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 44, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento agli artt. 97, 117, terzo e quarto comma, 118, e 120 Cost.,
dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 47, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento agli artt. 117, comma, nonché al combinato disposto
dell’art. 117, terzo e sesto comma, Cost., dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in
epigrafe;
7) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 47, lettera f), della legge n. 107 del 2015, promossa, in riferimento agli
artt. 97, 117, secondo, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost., dalla Regione Veneto,
con il ricorso indicato in epigrafe;
8) dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 66, della legge n. 107 del 2015,
promosse, in riferimento agli artt. 97, 117, terzo comma, 118, primo comma, e
120, Cost.,
dalle Regioni Veneto e Puglia, con i ricorsi indicati in epigrafe;
9) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 68, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, nonché al combinato
disposto dell’art. 117, terzo comma e 118, primo comma, Cost., dalla Regione Puglia,
con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 69, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, nonché al combinato
disposto dell’art. 117, terzo comma e 118, primo comma, Cost., dalla Regione Puglia,
con il ricorso indicato in epigrafe;
11) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 74, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, nonché al combinato
disposto dell’art. 117, terzo comma e 118, primo comma, Cost., dalla Regione Puglia,
con il ricorso indicato in epigrafe;
12) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 126, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, e 119, Cost., dalla Regione Puglia,
con il ricorso indicato in epigrafe;
13) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 155, della legge n. 107 del 2015,
promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.,
dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe;
14) dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 162 e 171, della legge n. 107 del
2015, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, Cost.,
dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe;
15) dichiara non fondata, nei sensi di cui
in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma
183, della legge n. 107 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 117,
terzo e sesto comma, Cost., dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in
epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre
2016.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Giuliano
AMATO, Redattore
Carmelinda
MORANO, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 21 dicembre 2016.