SENTENZA N. 416
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 4 febbraio 2004, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti della dott.ssa Ilda Bocassini, promosso con ricorso del Tribunale di Brescia notificato il 18 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 7 febbraio 2005 e iscritto al n. 8 del registro conflitti del 2005.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 21 novembre 2006 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
udito l’avvocato Salvatore Alberto Romano per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di un procedimento penale nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi – imputato del reato di diffamazione aggravata in danno della dott.ssa Ilda Boccassini – il Tribunale di Brescia, seconda sezione penale, con ricorso depositato il 20 aprile 2004, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione, assunta dall’Assemblea in data 4 febbraio 2004 (documento IV-quater, n. 88), con la quale è stato dichiarato che i fatti oggetto del processo concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il Tribunale ricorrente espone che si procede nei confronti del deputato Sgarbi per avere questi, nel corso della trasmissione televisiva “Sgarbi quotidiani” del 1° aprile 1999, offeso la reputazione della dott.ssa Boccassini. Riferendosi ad una vicenda giudiziaria nota come “caso Sharifa”, nel corso della quale una donna somala, giunta in Italia con dei minori, era stata indagata sul presupposto che gli stessi fossero destinati allo sfruttamento, l’imputato aveva affermato: «se il mio assistente di studio vede Sharifa con un bambino crede che siano mamma e figlio, la Boccassini invece ha pensato che Sharifa fosse una mercante di minori. Il sospetto prima di tutto. Non so se avete capito: è un problema di alterazione dello sguardo. Sì, i magistrati hanno una percezione diversa della realtà».
In data 4 febbraio 2004 la Camera dei deputati, in accoglimento della proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha deliberato che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ne ha, pertanto, dichiarato l’insindacabilità.
L’autorità ricorrente, richiamando la giurisprudenza costituzionale in materia di nesso funzionale tra le opinioni espresse e l’esercizio dell’attività parlamentare (ex plurimis, sentenze n. 521, n. 508, n. 448 e n. 435 del 2002, n. 10 del 2000), nega che l’episodio oggetto di giudizio possa essere inquadrato nell’ambito del dibattito politico sul corretto esercizio dell’attività giudiziaria. In particolare, la ricorrente reputa insufficienti a fondare l’affermata insindacabilità sia la «mera inerenza» delle opinioni espresse dall’on. Sgarbi a temi giudiziari, sia le circostanze, affermate dal relatore della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati, secondo le quali «il dibattito sulla giustizia e sugli esiti effettivi dei procedimenti giudiziari era al tempo sempre attuale» e su quei temi il deputato Sgarbi aveva presentato «interrogazioni ed interpellanze», intervenendo per sollecitare la modifica di norme vigenti in materia di ordinamento giudiziario e di processo penale.
In proposito, il Tribunale di Brescia osserva come, pur rispondendo al vero che sulla vicenda riguardante il caso giudiziario “Sharifa”, all’epoca delle dichiarazioni in esame, già fossero intervenute interpellanze parlamentari aventi ad oggetto doglianze circa il comportamento assunto dalla dott.ssa Boccassini nell’espletamento delle funzioni di pubblico ministero, per un verso il deputato Sgarbi non risultasse firmatario di nessuna di queste interpellanze, e, per altro verso, non sussistesse alcun rapporto di corrispondenza contenutistica tra i predetti atti parlamentari e «i fenomeni dispercettivi» che, a parere del medesimo deputato, affliggerebbero la dott.ssa Boccassini e, insieme a costei, tutti i magistrati indistintamente.
Le dichiarazioni in esame sarebbero pertanto, ad avviso del Tribunale ricorrente, prive del necessario collegamento specifico con atti e documenti parlamentari, attenendo, invece, a valutazioni del deputato Sgarbi in merito alla persona della dott.ssa Boccassini, in quanto tali assoggettabili al sindacato del giudice penale.
2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 394 del 2004, depositata il 17 dicembre 2004.
3. – Il Tribunale di Brescia ha provveduto a notificare tale ordinanza ed il ricorso introduttivo alla Camera dei deputati il 18 gennaio 2005, e li ha depositati il 7 febbraio 2005.
4. – Con atto depositato in data 25 gennaio 2005 si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso e prospettando, quanto al merito, l’infondatezza dello stesso, con conseguente riconoscimento della spettanza alla Camera di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi.
4.1. – La difesa della Camera ritiene che il conflitto debba essere dichiarato inammissibile in quanto carente della indicazione del petitum; in particolare, non sarebbe precisato l’oggetto essenziale della domanda, vale a dire la richiesta di una pronuncia della Corte che dichiari «non spettare alla Camera» la valutazione di insindacabilità contenuta nella dichiarazione impugnata (sono richiamate le sentenze n. 206 e n. 31 del 2002, n. 363 del 2001, n. 10 del 2000). Non varrebbe, in senso contrario, il rilievo che l’autorità ricorrente ha richiesto l’annullamento della deliberazione assunta in data 4 febbraio 2004 dalla Camera dei deputati, costituendo tale richiesta soltanto un corollario eventuale della richiesta di declaratoria della «non spettanza».
A riprova di quanto affermato, la resistente rileva come l’annullamento dell’atto nel quale si sostanzia la presunta menomazione di un potere dello Stato non sarebbe neppure ipotizzabile nei casi in cui l’oggetto del conflitto non sia un atto, ma un comportamento omissivo, e come, in caso di conflitto tra poteri promosso in relazione ad un atto viziato da incompetenza, la Corte possa pronunciare l’accoglimento del ricorso senza procedere all’annullamento dell’atto (è richiamata la sentenza n. 284 del 2004).
4.2. – Nel merito, la difesa della Camera dei deputati ritiene che il ricorso debba essere rigettato, in quanto le opinioni espresse dal deputato Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva “Sgarbi quotidiani” del 1° aprile 1999 rappresenterebbero la divulgazione all’esterno di quanto già manifestato nell’esercizio di funzioni parlamentari, come tale insindacabile.
La resistente, facendo riserva di dedurre più ampiamente con successiva memoria, si sofferma sulla sussistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni incriminate e l’esercizio delle funzioni parlamentari e richiama le pronunce della Corte nelle quali è affermato che elemento indispensabile affinché possa riscontrarsi la sussistenza del collegamento tra le opinioni espresse dal parlamentare e l’esercizio delle relative funzioni è quello della «identificabilità della dichiarazione stessa quale espressione di attività parlamentare», a prescindere dal contesto ambientale in cui tali dichiarazioni siano state espresse (sono richiamate le sentenze n. 11 e n. 10 del 2000). La connessione delle opinioni con l’alveo della «politica parlamentare» consentirebbe di identificare nelle prime un’espressione di attività parlamentare e di verificare, ulteriormente, la sussistenza del nesso funzionale, individuato dalla giurisprudenza costituzionale nella «corrispondenza sostanziale di significati», che costituisce il punto di equilibrio tra «la comunanza generica di tematiche» e la «puntuale e letterale coincidenza testuale» delle opinioni espresse in sede parlamentare con quelle rese extra moenia (sono richiamate le sentenze n. 420 e n. 79 del 2000).
La difesa della Camera osserva come il quadro giurisprudenziale appena indicato sia stato completato dalla sentenza n. 120 del 2004, la quale ha ulteriormente precisato i termini entro i quali deve essere condotta la valutazione del nesso funzionale, individuando il limite estremo alla prerogativa dell’insindacabilità, costituito dall’impossibilità che questa si trasformi in un «privilegio personale, quale sarebbe una immunità dalla giurisdizione conseguente alla mera qualità di parlamentare» e, nel contempo, ampliando la rilevanza del contesto politico o dell’affinità di tematiche che caratterizzano le opinioni del parlamentare. Ciò varrebbe a rendere inadeguata una nozione di nesso funzionale che attribuisse rilevanza esclusivamente alla vicenda concreta da cui hanno tratto occasione le opinioni espresse dal parlamentare, e non, invece, al più ampio, ma non generico, contesto politico cui esse ineriscono.
Riportate le considerazioni che precedono al caso in esame, la difesa della Camera assume che le opinioni espresse dal deputato Sgarbi e oggetto del procedimento penale pendente davanti all’autorità ricorrente costituiscano manifestazione di attività parlamentare perché «i fatti cui esse facevano riferimento erano già stati in precedenza sottoposti all’esame della Camera per iniziativa del parlamentare medesimo».
Sulla premessa che il tema specifico di tali opinioni era rappresentato dalle particolari modalità di svolgimento del proprio ufficio da parte della dott.ssa Boccassini, la quale aveva, già in passato, dimostrato «una particolare propensione a fare propri metodi di inchiesta di stampo persecutorio, incentrati esclusivamente sul sospetto, come tali poco rispettosi dei diritti delle persone indagate», la difesa della Camera reputa che l’opinione espressa dal deputato Sgarbi in ordine alla «percezione diversa della realtà», propria della dott.ssa Boccassini, si inserirebbe nella polemica politica che aveva visto il medesimo parlamentare impegnato a promuovere atti di sindacato ispettivo aventi ad oggetto sia il dibattito sulla giustizia, in senso ampio, sia, più specificamente, il comportamento della dott.ssa Boccassini nell’espletamento delle sue funzioni.
Al riguardo la difesa della Camera richiama due atti parlamentari tipici: l’interpellanza presentata dall’on. Mancuso nella seduta n. 223 del 3 luglio 1997 (atto n. 2/00592), sottoscritta, insieme ad altri, anche dall’on. Sgarbi, e l’interrogazione a risposta orale presentata dall’on. Sgarbi nella seduta n. 5623 del 7 luglio 1999 (atto n. 3/04030).
Nel primo dei due atti era stato stigmatizzato il comportamento tenuto dalla dott.ssa Boccassini nell’ambito della vicenda che aveva visto coinvolti un collaboratore di giustizia, Angelo Veronese, e la dott.ssa Tiziana Parenti, destinataria di accuse formulate dal primo. I firmatari dell’interpellanza ritenevano che il collaboratore di giustizia fosse stato «sobillato» dalla dott.ssa Boccassini, e sollecitavano, pertanto, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro della giustizia ad intraprendere iniziative di carattere disciplinare nei confronti del predetto magistrato.
Nell’interrogazione a risposta orale, poi, l’on. Sgarbi aveva segnalato il comportamento tenuto dalla dott.ssa Boccassini, in qualità di pubblico ministero, all’udienza svolta il 30 giugno 1999 davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, nell’ambito di un procedimento a carico dell’on. Previti. Nell’occasione la dott.ssa Boccassini aveva ritenuto non attendibili due comunicazioni, provenienti rispettivamente dall’on. Previti e dall’on. Pisanu, relative alla richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’on. Previti, in quanto impegnato a partecipare alle votazioni parlamentari. Nell’interrogazione l’on. Sgarbi aveva sottolineato come alla base della valutazione espressa dalla dott.ssa Boccassini vi fosse un atteggiamento sospettoso e persecutorio della stessa nei confronti del deputato Previti.
5. – In prossimità dell’udienza la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria con la quale ribadisce gli argomenti già dedotti nell’atto di costituzione in giudizio ed insiste per l’inammissibilità e, in subordine, per l’infondatezza del ricorso.
Considerato in diritto1. – Il Tribunale di Brescia, seconda sezione penale, ha promosso –con ricorso depositato il 20 aprile 2004 – conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione, assunta dall’Assemblea in data 4 febbraio 2004 (documento IV-quater, n. 88), con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali l’on. Vittorio Sgarbi è sottoposto a procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata in danno della dott.ssa Ilda Boccassini concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
2. – Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa della Camera dei deputati, basata sulla presunta carenza di indicazione del petitum nel ricorso introduttivo del presente conflitto. Questa Corte ha espresso, con uniforme e consolidata giurisprudenza, l’orientamento a ritenere ammissibile un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, se dall’atto introduttivo emerge con chiarezza la pretesa del giudice confliggente, anche in assenza di una esplicita richiesta di dichiarazione di non spettanza del potere (ex plurimis, sentenze n. 286 del 2006, n. 164 del 2005, n. 246 del 2004, n. 421 del 2002).
Nel caso di specie, il Tribunale di Brescia lamenta il non corretto uso, da parte della Camera dei deputati, del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti per l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 68, primo comma, Cost. e chiede, di conseguenza, l’annullamento della deliberazione adottata dalla stessa in data 4 febbraio 2004. Tanto basta per dichiarare ammissibile il ricorso.
3. − Nel merito, il conflitto è fondato.
3.1. – Questa Corte ha precisato che l’insindacabilità di cui al primo comma dell’art. 68 Cost. copre le opinioni espresse extra moenia dai membri delle Camere solo quando le stesse costituiscano riproduzione sostanziale, ancorché non letterale, di atti tipici nei quali si estrinsecano le diverse funzioni parlamentari. Deve esistere, pertanto, un nesso funzionale tra queste ultime e le eventuali loro proiezioni esterne (ex plurimis, sentenze n. 260 del 2006, n. 347 del 2004, n. 283 del 2002, n. 10 del 2000).
Non è sufficiente una generica comunanza di argomento o di contesto politico, ma è necessario un legame specifico tra l’atto parlamentare e la dichiarazione esterna, volta a divulgarlo e renderlo noto ai cittadini. Non deve mai mancare, in altri termini, una «sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni rese extra moenia e quelle rese […] intra moenia» (sentenza n. 193 del 2005).
3.2.− Allo scopo di dimostrare l’esistenza del predetto nesso funzionale, la resistente cita due atti parlamentari del deputato in questione.
Il primo consiste in una interpellanza, da lui sottoscritta, nella quale si segnalava una presunta sobillazione, da parte del magistrato querelante, di un collaboratore di giustizia, perché rendesse dichiarazioni a carico dell’on. Tiziana Parenti, con riferimento alla sua pregressa attività di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona.
Il secondo atto parlamentare richiamato dalla difesa della Camera è un’interrogazione a risposta orale, presentata dal medesimo parlamentare, riguardante un atteggiamento, ritenuto sospettoso e persecutorio, del magistrato querelante nello svolgimento delle sue funzioni di pubblico ministero in un procedimento penale a carico dell’on. Cesare Previti, nel corso del quale lo stesso magistrato aveva dichiarato di ritenere non attendibili due comunicazioni – provenienti dallo stesso on. Previti e dall’on. Pisanu – poste a base di una richiesta di rinvio dell’udienza per impegni parlamentari dell’imputato.
Le dichiarazioni oggetto del procedimento che ha dato origine al presente conflitto riguardano, invece, il caso di una cittadina somala, arrestata con l’accusa – il cui fondamento è stato in seguito escluso – di aver favorito l’ingresso in Italia di minori da impiegare in attività illecite, al fine di favorirne lo sfruttamento.
Come si vede, si tratta di vicende tra loro diverse. Va aggiunto che l’interpellanza è stata presentata nella seduta della Camera del 3 luglio 1997, mentre l’interrogazione è del 7 luglio 1999. La prima è anteriore alle dichiarazioni de quibus di circa due anni, la seconda è posteriore di circa tre mesi. La relativa brevità del lasso di tempo intercorso tra le dichiarazioni di cui al presente giudizio e l’atto parlamentare successivo non è, da sola, sufficiente ad integrare il rapporto di sostanziale contestualità ritenuto da questa Corte necessario per poter ammettere l’applicabilità della guarentigia di cui al primo comma dell’art. 68 Cost., giacché l’atto di funzione si riferisce a situazione diversa.
L’unico elemento unificatore che potrebbe rinvenirsi sarebbe la asserita tendenza del magistrato querelante al sospetto ed alla persecuzione giudiziaria. Tale comunanza tematica di natura soggettiva non appare sufficiente a soddisfare le condizioni poste dalla giurisprudenza di questa Corte affinché le opinioni espresse dai parlamentari all’esterno delle Camere possano essere considerate sostanzialmente riproduttive e divulgative di atti parlamentari tipici compiuti intra moenia.
In definitiva fa difetto, nella fattispecie in esame, il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dal parlamentare in una trasmissione televisiva e gli atti parlamentari tipici richiamati dalla difesa della Camera dei deputati per sostenere la validità della delibera di insindacabilità impugnata dal giudice confliggente.
È appena il caso di sottolineare che oggetto del presente giudizio sul conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Brescia non è la valutazione dell’offensività delle dichiarazioni del parlamentare imputato, ma solo l’estensione della copertura offerta dal primo comma dell’art. 68 Cost. alle dichiarazioni che hanno dato origine alla querela, non spettando a questa Corte stabilire se, nel caso sottoposto al suo esame, ricorrano o meno gli estremi del reato di diffamazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dal deputato Vittorio Sgarbi, oggetto del procedimento penale pendente davanti al Tribunale di Brescia, seconda sezione penale, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 4 febbraio 2004 (documento IV-quater, n. 88).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2006.
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2006.