Ordinanza n. 175/2001

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ORDINANZA N. 175

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO            

- Massimo VARI                     

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 18, comma 1, e 19 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario), promossi con due ordinanze emesse il 27 aprile 2000 dal Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, iscritte al n. 614 del registro ordinanze 2000 e n. 4 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2000 e n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che, nel corso di due distinti procedimenti penali a carico di imputati del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, il Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, con due ordinanze di analogo contenuto in data 27 aprile 2000 (r.o. n. 614 del 2000 e r.o. n. 4 del 2001), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 1, della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario), nella parte in cui ha abrogato l’articolo 341 del codice penale, e, subordinatamente, dell’articolo 19 della stessa legge, nella parte in cui non ha previsto che, per i fatti di oltraggio commessi prima della entrata in vigore della medesima legge e comunque riconducibili in astratto alle ipotesi criminose della ingiuria e della minaccia aggravate dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa (artt. 594, 612 e 61, numero 10, cod. pen.), quest’ultima possa proporre querela nelle forme e nei termini in esso stabiliti;

  che, ad avviso del remittente, le disposizioni censurate determinerebbero un’ingiustificata disparità di trattamento tra i cittadini comuni e i pubblici ufficiali che risultino persone offese dai delitti di ingiuria o di minaccia, "sia sotto il profilo sostanziale, che sotto quello dei mezzi di tutela dei propri diritti";

  che, in particolare, il giudice a quo, rilevato che l’articolo 18, comma 1, della legge n. 205 del 1999 ha abrogato il delitto di oltraggio e che il successivo articolo 19, nel dettare disposizioni transitorie circa la perseguibilità a querela, nulla ha disposto in ordine alle offese e alle minacce subite dai pubblici ufficiali "come persone", si duole del fatto che costoro, senza alcuna ragione plausibile, siano stati privati di ogni tutela penale, persino di quella che avrebbe potuto essere loro assicurata dagli articoli 594 e 612 del codice penale, i quali configurano ipotesi delittuose perseguibili a querela;

  che nel giudizio relativo alla ordinanza n. 614 del 2000 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

  Considerato che, avendo le questioni ad oggetto le medesime disposizioni, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente;

che, quanto alla questione posta in via principale, tendente ad ottenere una sentenza con la quale venga reintrodotta una fattispecie criminosa prevista da una disposizione espressamente abrogata, essa manifestamente eccede i compiti di questa Corte, poichè la qualificazione delle condotte ai fini della repressione penale é espressione di una scelta discrezionale riservata al legislatore (v. sentenze n. 330 del 1996 e n. 411 del 1995; ordinanze n. 392 del 1998, n. 90 del 1997, n. 432, n. 332 e n. 288 del 1996, e n. 132 e n. 25 del 1995);

che per identiche ragioni é da ritenere manifestamente inammissibile anche la questione proposta dal giudice a quo in via subordinata con la quale, sul presupposto interpretativo che l’abrogazione dell’articolo 341 del codice penale non avrebbe determinato una vera e propria abolitio criminis ma una successione di leggi penali nel tempo, per l’assunta riconducibilità dell’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale alle fattispecie criminose dell’ingiuria e della minaccia aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa (artt. 594, 612 e 61, numero 10, cod. pen.), si denuncia l’assenza di una disciplina transitoria che consenta al pubblico ufficiale offeso di proporre querela entro il termine di novanta giorni decorrente dalla entrata in vigore della legge 25 giugno 1999, n. 205;

che, a prescindere da ogni valutazione circa il presupposto dal quale muove il remittente, ostano a uno scrutinio di merito della questione i limiti propri della giustizia costituzionale alla quale non compete porre una disciplina transitoria intesa a introdurre, come si vorrebbe nella specie, condizioni di procedibilità e di punibilità che, secondo la stessa prospettazione del remittente, sarebbero estranee all’ambito di operatività dell’articolo 19 della legge n. 205 del 1999;

  che questa Corte ha infatti reiteratamente affermato esserle precluso, in materia penale, ogni intervento additivo che si risolva in un aggravamento della posizione sostanziale dell’imputato (v. ordinanze n. 317 del 2000, n. 337 del 1999, n. 413, n. 392 e n. 106 del 1998, e n. 297 e n. 178 del 1997);

che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 1, e dell’articolo 19 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2001.