ORDINANZA N. 432
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, dell'art. 1 della legge 17 maggio 1995, n. 172 e dell'art. 21, quinto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), promossi con ordinanze emesse il 29 gennaio 1996, l'8 febbraio 1996, il 13 febbraio 1996, il 9 febbraio 1996, il 19 gennaio 1996, il 18 gennaio 1996 e il 19 gennaio 1996 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Udine, il 6 marzo 1996 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Prato e il 15 marzo 1996 dal Pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato, rispettivamente iscritte ai nn. 377, 378, 379, 380, 381, 382, 383, 485 e 628 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 19, 22 e 28, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16 ottobre 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
RITENUTO che con nove ordinanze, emesse nel corso di altrettanti procedimenti penali promossi per violazioni delle norme per la tutela delle acque dall'inquinamento (art. 21, primo e terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319), sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172; ovvero questioni di legittimità costituzionale della medesima legge di conversione, o, ancora, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), come modificata dal citato decreto-legge;
che, in particolare, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine, con sette ordinanze di identico contenuto emesse il 18 gennaio (reg. ord. n. 382 del 1996), il 19 gennaio (reg. ord. nn. 381 e 383 del 1996), il 29 gennaio (reg. ord. n. 377 del 1996), l'8 febbraio (reg. ord. n. 378 del 1996), il 9 febbraio (reg. ord. n. 380 del 1996) ed il 13 febbraio 1996 (reg. ord. n. 379 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, prima parte, del decreto-legge n. 79 del 1995. Il giudice rimettente ritiene che la norma denunciata, non configurando più come reato, ma come illecito amministrativo, il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalle Regioni con i piani di risanamento delle acque per gli scarichi diversi da quelli provenienti da insediamenti produttivi, contrasterebbe: a) con il principio di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), giacché la diversità di sanzioni (amministrative per gli scarichi civili e delle pubbliche fognature, penali per gli scarichi da insediamenti produttivi) sarebbe fondata non sulla diversa gravità dei fatti, ma sulla differente qualifica di chi li effettua; b) con la tutela del paesaggio (art. 9, secondo comma, della Costituzione) e della salute (art. 32 della Costituzione), in quanto la depenalizzazione di alcuni comportamenti, che egualmente determinano inquinamento idrico, ridurrebbe il livello di protezione della salubrità dell'ambiente; c) con l'obbligo di adeguamento al diritto comunitario, ed in particolare alla direttiva 91/271/CEE (art. 10 della Costituzione); d) con gli artt. 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, per la mancanza degli indispensabili requisiti della necessità e dell'urgenza, in una materia, quella penale, nella quale l'uso del decreto-legge dovrebbe essere del tutto eccezionale, per evitare il rischio di sottrarre al Parlamento la funzione ad esso riservata e che dà corpo alla riserva di legge;
che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Prato, con ordinanza emessa il 6 marzo 1996 (reg. ord. n. 485 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1995; dell'art. 1 della legge n. 172 del 1995, che converte il decreto-legge n. 79 del 1995; dell'art. 21, quinto comma, della legge n. 319 del 1976, aggiunto dall'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1995, prospettando la violazione degli artt. 3, primo comma, 9, secondo comma, 32, 25, secondo comma, e 77, secondo comma, della Costituzione in termini analoghi a quelli in precedenza indicati. Il giudice rimettente dubita della costituzionalità della norma che colpisce con sanzione pecuniaria amministrativa (da dieci a cento milioni di lire), anziché con l'originaria sanzione penale, l'apertura o l'effettuazione di scarichi civili e delle pubbliche fognature senza avere richiesto la prescritta autorizzazione, ovvero dopo che l'autorizzazione sia stata negata o revocata;
che il Pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato, con ordinanza emessa il 15 marzo 1996 (reg. ord. n. 628 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 della legge n. 172 del 1995 (più esattamente: del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995), là dove, per gli scarichi civili e delle pubbliche fognature, depenalizzano sia il superamento dei limiti di accettabilità sia l'apertura o l'effettuazione degli scarichi senza avere richiesto la prescritta autorizzazione, ovvero dopo che la prescritta autorizzazione sia stata negata o revocata. Il giudice rimettente denuncia, in termini analoghi a quelli prospettati dalle precedenti ordinanze di rimessione, la lesione dei principi costituzionali di parità di trattamento e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), come pure la violazione delle norme costituzionali di tutela del paesaggio e della salute (art. 9, secondo comma, e 32 della Costituzione). Lo stesso giudice denuncia anche la violazione della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione), sia perché questa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, alla quale è da ricondurre anche il principio "chi inquina paga" posto dalla normativa comunitaria, sia perché sarebbero penalizzate le imprese che hanno affrontato rilevanti investimenti per adeguare gli scarichi che non recapitano in pubbliche fognature alla normativa in vigore;
che in tutti i giudizi, tranne in quello promosso con l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Prato (reg. ord. n. 485 del 1996), è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate.
CONSIDERATO che i dubbi di legittimità costituzionale investono le innovazioni alle norme per la tutela delle acque dall'inquinamento (legge 10 maggio 1976, n. 319), introdotte con il decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172;
che tutte le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche o analoghe, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica pronuncia;
che i dubbi di legittimità costituzionale, prospettati in riferimento a vari parametri, si riferiscono alla configurazione dell'illecito come amministrativo, anziché penale, ed alla disciplina delle sanzioni per gli scarichi provenienti da insediamenti civili o da pubbliche fognature; disciplina differenziata rispetto a quella prevista per gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi senza autorizzazione o con superamento dei limiti di accettabilità;
che le questioni sollevate sono manifestamente inammissibili (sentenza n. 330 del 1996; ordinanza n. 332 del 1996), giacché tendono a reintrodurre figure di reato, chiedendo una pronuncia che esula dai poteri spettanti a questa Corte, in quanto il potere di creare fattispecie penali o di aggravare le pene è esclusivamente riservato al legislatore, in forza del principio di stretta legalità dei reati e delle pene, sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione (tra le molte, da ultimo, sentenza n. 411 del 1995 e, nella materia della tutela delle acque dall'inquinamento idrico, sentenze nn. 314 e 226 del 1983; ordinanze nn. 132 e 25 del 1995);
che, in ogni caso, per i vizi denunciati con riferimento alla mancanza dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza, oggetto del giudizio di legittimità costituzionale è il decreto-legge n. 79 del 1995, per il quale, a prescindere da ogni valutazione relativa all'avvenuta conversione in legge, va rilevato che la Corte ha già ritenuto che di quei presupposti non ricorre l'evidente mancanza (sentenza n. 330 del 1996).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, dell'art. 1 della legge 17 maggio 1995, n. 172 e dell'art. 21, quinto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, 10, 25, secondo comma, 32, 41 e 77 della Costituzione, dai Giudici per le indagini preliminari presso le Preture circondariali di Udine e di Prato e dal Pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1996.