Sentenza n. 314 del 1983

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SENTENZA N. 314

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 9, 12, 13, 15, 21, 22 e 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319 e dell'art. 1 quater della legge 8 ottobre 1976, n. 690 (Tutela delle acque dall'inquinamento - insediamenti civili) promossi con le ordinanze emesse il 29 maggio 1978 dal Pretore di Torino (due ordinanze), l'8 gennaio 1979 dal Pretore di Gallarate, il 6 febbraio 1979 dal Pretore di Codogno, il 28 febbraio 1979 dal Pretore di Torino, il 12 dicembre 1979 dal Pretore di Pavia, il 26 novembre e il 6 dicembre 1980 dal Tribunale di Mantova, il 18 dicembre 1980 dal Pretore di Bozzolo, il 4 marzo 1981 dal Tribunale di Como, il 13 novembre 1981 dal Tribunale di Mantova e il 2 aprile 1982 dal Pretore di Pontedecimo, ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 476 e 557 del registro ordinanze 1978, ai nn. 275, 331 e 415 del registro ordinanze 1979, al n. 72 del registro ordinanze 1980, ai nn. 121, 218, 223, 331 e 416 del registro ordinanze 1981 e ai nn. 16 e 418 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 10, 31, 168, 175 e 196 del 1979, n. 85 del 1980, nn. 137, 207, 262 e 283 del 1981 e nn. 129 e 324 del 1982.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1983 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto in fatto

1. - Con due ordinanze emesse il 29 maggio 1978, il Pretore di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 quater della legge 8 ottobre 1976, n. 690, nonché degli artt. 9, 12, 13, 15 e 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, "nella parte in cui escludono l'assoggettamento dei complessi immobiliari adibiti a prestazione di servizi al regime dei controlli, delle autorizzazioni e delle sanzioni penali previste per i soli insediamenti produttivi"; e ciò, per pretesa violazione degli artt. 2, 3, 9 e 32 Cost.

Nella specie, erano in corso vari procedimenti penali, rispettivamente concernenti una "lavanderia artigiana" ed una serie di "stazioni di autolavaggio": vale a dire due tipi di insediamenti che - secondo il giudice a quo - sarebbero stati classificabili fra quelli produttivi, a tutti gli effetti previsti dalla legge n. 319 del 1976. Senonché il sopravvenuto art. 1 quater della legge n. 690 del medesimo anno avrebbe testualmente incluso "fra gli insediamenti civili tutti gli insediamenti adibiti a prestazione di servizi, indipendentemente dalle modalità di formazione dello scarico, dall'origine e dalle caratteristiche inquinanti delle acque reflue risultanti". Così disponendo, il legislatore avrebbe per altro violato il principio di eguaglianza, introducendo un'ingiustificata disparità di trattamento fra i titolari degli insediamenti delle specie in esame ed i titolari degli insediamenti produttivi; e avrebbe, in pari tempo, dettato "una disciplina del tutto incompatibile con il principio di razionalità che deve presiedere ad ogni legge". Inoltre, ne sarebbero stati lesi i "doveri di solidarietà" previsti dall'art. 2, la tutela del paesaggio di cui all'art. 9 e la garanzia della salute di cui all'art. 32 della Costituzione.

2. - A sua volta il pretore di Gallarate, con ordinanza emessa l'8 gennaio 1979, in un procedimento penale a carico del titolare d'una azienda zootecnica (avente ad oggetto l'allevamento di suini), ha impugnato l'art. 1 quater della citata legge n. 690 del 1976, "nella parte in cui considera l'impresa zootecnica insediamento civile anziché insediamento produttivo".

Tale disciplina - afferma il giudice a quo - "appare in contrasto con la ratio della legge 319/1976 che mira alla salvaguardia delle acque dall'immissione di sostanze pericolose..., raggruppate secondo criteri ontologici piuttosto che in relazione alla tipologia del soggetto titolare dello scarico"; dal che appunto deriva - aggiunge l'ordinanza - una "illogica disparità di trattamento" fra le aziende zootecniche e le altre imprese produttive, nonché una lesione dell'art. 32 Cost., "in conseguenza della inadeguatezza dei rimedi previsti" per gli scarichi in esame.

3. - Ancora con riguardo ad un'azienda zootecnica, analoga questione é stata prospettata dal Pretore di Codogno, mediante un'ordinanza emessa il 6 febbraio 1979. Il giudice a quo deduce, in prima linea, che "la sia pur fittizia equiparazione agli insediamenti civili delle aziende agricole risponde a mere esigenze politiche, palesemente in contrasto sia con la ratio della l. n. 319 del 1976 sia anche con gli stessi criteri di opportunità posti a fondamento dell'art. 1 quater, atteso che nessuna distinzione viene fatta tra piccola e grande agricoltura, pur essendo ovviamente diversi quantitativamente e qualitativamente i reflui prodotti". Ma oltre che all'art. 1 quater, l'impugnativa viene estesa, facendo sempre riferimento agli artt.3 e 32 Cost., anche agli artt.15,21 e 25 della legge n. 319: che sono così censurati, appunto perché inapplicabili al caso in esame.

4. - Sul solo art. 1 quater, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., si appuntano invece le censure svolte dal Pretore di Pavia, con ordinanza emessa il 12 dicembre 1979. Ma, anche in questo caso, la disciplina predetta viene impugnata unicamente "nella parte in cui equipara le imprese zootecniche agli insediamenti civili anziché a quelli produttivi".

Identica questione di legittimità costituzionale é stata sollevata, inoltre, dal Tribunale di Mantova, con tre ordinanze rispettivamente emesse il 26 novembre 1980, il 6 dicembre dello stesso anno ed il 4 marzo 1981, nonché dal Pretore di Bozzolo, con una ordinanza emessa il 18 dicembre 1980. Ma giova notare che, in tutti questi casi, i giudici a quibus motivano ampiamente l'attuale rilevanza della questione medesima, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 17 della legge n. 650 del 1979 e la pubblicazione della conseguente delibera 8 maggio 1980, approvata dall'apposito Comitato interministeriale per "definire le imprese agricole da considerarsi insediamenti civili": da un lato, infatti, tale definizione non opererebbe sul primo dei giudizi in corso presso il Tribunale di Mantova (nonché nel giudizio pendente dinanzi al Pretore di Bozzolo), trattandosi di "imprese dedite all'allevamento di suini", che "disponevano, in connessione con l'attività di allevamento, di una superficie di terreno agricolo inferiore ad un ettaro per 40 q.li di peso vivo di bestiame"; e, d'altro lato, la nuova disciplina sarebbe comunque inapplicabile in sede penale, in quanto "più sfavorevole all'imputato".

5. - In pari tempo, vari altri giudici hanno riproposto alla Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 quater della legge n. 690 del 1976, nella parte concernente gli insediamenti adibiti a prestazione di servizi: con specifico riguardo ad inquinamenti rispettivamente contestati ai titolari di alcune stazioni di autolavaggio, di una stazione per la distribuzione di carburante, di una stazione di lavaggio di autocisterne e di una serie di macellerie.

Per altro, il Pretore di Torino, con ordinanza emessa il 28 febbraio 1979, ha impugnato l'art. 1 quater, per preteso contrasto con l'art. 3 Cost., in collegamento con l'art. 22 della legge n. 319 del 1976. Il Tribunale di Como, con ordinanza emessa il 5 febbraio 1981, pur censurando la disparità di trattamento derivante dall'art. 1 quater, ha richiamato nel dispositivo i soli artt. 13,21, secondo comma, e 25 della legge n.319. Il Tribunale di Mantova, con ordinanza emessa il 13 novembre 1981, ha ritenuto lesivo del principio costituzionale d'eguaglianza il combinato disposto degli artt. 1 quater della legge n. 690 e 21 della legge n. 319. Ed infine il Pretore di Pontedecimo, con ordinanza emessa il 2 aprile 1982, ha impugnato il solo art. 1 quater, ma in riferimento agli artt. 3 e 9 della Costituzione.

6. - Nei giudizi instaurati dal Pretore di Torino (con la seconda ordinanza del 29 maggio 1978: r.o. n. 557/78), dal Pretore di Gallarate, dal Pretore di Codogno e dal Pretore di Pavia, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, prospettando anzitutto un'interpretazione adeguatrice dell'art. 1 - quater della legge n. 690 del 1976. Sia quanto agli insediamenti adibiti a "prestazione di servizi", sia nella parte riguardante le "imprese agricole", la prevista equiparazione agli insediamenti civili concernerebbe, cioè, i soli insediamenti produttivi che diano origine "esclusivamente a scarichi terminali assimilabili a quelli provenienti da insediamenti abitativi".

D'altra parte, non sarebbe irrazionale (né lesiva del diritto alla salute) "la diversità degli obblighi sanciti per i diversi tipi di insediamento", "stante la diversa dannosità o pericolosità dei medesimi": con la conseguenza che tutte le proposte impugnative dovrebbero dirsi infondate.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze in esame propongono alla Corte due gruppi di problemi.

Da un lato, il Pretore di Torino (r.o. n. 476, 557/78, 415/79), il Tribunale di Como (r.o. n. 416/81), il Tribunale di Mantova (r.o. n. 16/82) ed il Pretore di Pontedecimo (r.o. n. 418/82) censurano - sempre in riferimento all'art. 3, ma talvolta richiamando anche gli artt. 2, 9 e 32 della Costituzione - l'equiparazione operata, in tema di tutela delle acque dall'inquinamento, fra gli insediamenti civili e gli insediamenti adibiti a "prestazione di servizi": con particolare riguardo alle stazioni di autolavaggio, ai distributori di carburante, alle macellerie... In tal senso ed entro questi limiti, i giudici a quibus impugnano l'art. 1 quater della legge 8 ottobre 1976, n. 690. Ma nelle impugnative viene per lo più coinvolta la corrispondente disciplina dettata per gli insediamenti produttivi dalla legge 10 maggio 1976, n. 319 (vale a dire, gli artt. 9, 12, 13, 15 e 21, nel caso delle due prime ordinanze del Pretore di Torino; il solo art. 22, nel caso della terza ordinanza del Pretore medesimo; il solo art. 21, nel caso del Tribunale di Mantova); ed anzi il Tribunale di Como si limita a denunciare gli artt. 13, 21, secondo comma, e 25 della legge stessa, senza che nel dispositivo della sua ordinanza sia fatta menzione del citato art. 1 quater.

D'altro lato, il Pretore di Gallarate (r.o. n. 275/79), il Pretore di Codogno (r.o. n. 331/79), il Pretore di Pavia (r.o. n. 72/80), lo stesso Tribunale di Mantova (r.o. n. 121, 218, 331/81) ed il Pretore di Bozzolo (r.o. n. 223/81) impugnano invece ora con riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., ora invocando il solo principio costituzionale di eguaglianza - l'art. 1 quater della predetta legge n. 690 del 1976, relativamente al suo secondo comma, cioé nella parte concernente le "imprese agricole" e più precisamente le imprese zootecniche. Ma anche in questo senso, l'ordinanza del Pretore di Codogno impugna altresì la corrispondente normativa della legge n. 319 del 1976 (con specifico riguardo agli artt. 15, 21 e 25).

2. - Nondimeno, i tredici giudizi si prestano ad essere riuniti e decisi con unica sentenza.

Malgrado l'apparente varietà dei parametri costituzionali richiamati e delle stesse norme coinvolte nelle varie impugnative, il nucleo del problema concerne le pretese disparità di trattamento e gli arbitri in cui sarebbe incorso il Parlamento, nel distinguere fra "insediamento o complesso produttivo" ed "insediamento civile", ai sensi e per gli effetti della legge 10 maggio 1976, n. 319. Più precisamente, ciò che tutti i giudici a quibus contestano é che - in virtù dell'art. 1 quater della legge n. 690 del 1976 - alcune specie di insediamenti, adibite a "prestazione di servizi" o ricadenti fra le "imprese agricole", siano state considerate alla stregua degli insediamenti civili anziché degli insediamenti produttivi, sebbene diano luogo a scarichi non assimilabili a quelli abitativi.

Tale é anche il caso del Tribunale di Como, che pure non denuncia espressamente l'art. 1 quater. Se infatti si raccorda il dispositivo con la motivazione di quell'ordinanza, si avverte con immediatezza che essa prende precisamente le mosse dalla definizione di insediamento civile di cui al primo comma, lett. b), dell'articolo in esame; il quale può dunque ritenersi implicitamente incluso nell'impugnativa, tanto più che lo stesso Tribunale manifesta "fondati dubbi sulla sua conformità al dettato dell'art. 3 della Costituzione".

3. - Così circoscritta, la questione dev'essere però dichiarata inammissibile, poiché - in definitiva - essa non attiene alla legittimità costituzionale, bensì al merito delle scelte operate in materia dal legislatore.

Effettivamente, le pronunce di accoglimento ipotizzate dalle ordinanze in esame non si risolvono tanto nell'annullamento, sia pure parziale, quanto nella ridefinizione dei concetti di insediamento civile e di insediamento produttivo (cui la Corte dovrebbe pervenire, in luogo del Parlamento, riformulando la disciplina dettata dall'art. 1 quater della legge n. 690, ad integrazione delle norme sulla tutela delle acque dall'inquinamento). In altre parole, le contestazioni delle quali si tratta non investono, in tutta la loro complessità, determinate previsioni dell'art. 1 quater, ma riguardano piuttosto determinati tipi di applicazioni cui l'articolo stesso ha già dato o potrebbe dare luogo. Ciò assume una particolare evidenza, là dove i dispositivi delle ordinanze di rimessione chiedono apertamente che la Corte operi specifiche sottodistinzioni, trascurate dal legislatore: decidendo, in particolar modo, sulla sorte delle "imprese zootecniche" (r.o. n. 275/79 e n. 72/80) o delle "stazioni di lavaggio di autoveicoli" (r.o. n. 415/79). Ma, in ultima analisi, é questa la linea di ragionamento seguita dalla generalità delle ordinanze medesime (e messa chiaramente in luce - per esempio - dal Pretore di Bozzolo, il quale censura l'art. 1 quater per aver considerato alla stregua di insediamenti civili "tutte" le imprese agricole, senza dunque distinguere nell'ambito di esse, secondo la loro natura e le loro dimensioni). Vero é che nessuno dei giudici a quibus motiva in termini tali da investire la qualificazione degli insediamenti adibiti a prestazione di servizi o delle imprese agricole in genere, in ordine ai quali non si dubita che sia stato corretto differenziarli dagli insediamenti di tipo industriale. Ben diversamente, le varie denunce traggono lo spunto dalla considerazione di singole fattispecie, non identificate dalla legislazione del 1976: come gli allevamenti suinicoli, valutati sia per la loro capacità inquinante sia per i dati che li accomunano all'industria, o come le predette stazioni di autolavaggio.

D'altra parte, nemmeno il richiamo all'art. 3 della Costituzione vale a mantenere questioni siffatte nei limiti del sindacato sulla legittimità costituzionale delle leggi. In nome dell'eguaglianza, questa Corte non é infatti abilitata a esercitare scelte di esclusiva spettanza del legislatore, ma può solo ricondurre le deroghe ingiustificate e le arbitrarie eccezioni alle regole già stabilite dalla legge ovvero ai principi generali univocamente desumibili dall'ordinamento. Per contro, gli stessi giudici a quibus affermano che l'art. 1 quater, anziché dettare regole o ispirarsi a principi generali, ha dato corpo ad una serie di scelte politiche, concernenti i più diversi complessi di situazioni: dalle case di abitazione e dagli alberghi agli insediamenti turistici, alle installazioni sportive o ricreative, alle scuole, agli ospedali, agli immobili destinati a servizi ed alle imprese agricole, fino agli insediamenti produttivi equiparati a quelli civili in virtù dell'ultima parte dell'art. 1, primo comma, lett. b). La specifica sorte di questi od altri tipi o sottotipi, non considerata dalla legge n. 319 e poi disciplinata nelle sole grandi linee dalla legge n. 690 del 1976, potrà essere certo mutata o meglio precisata, ma sulla base di opzioni e di valutazioni tecnico - politiche, eccedenti la competenza della Corte. E ne danno conferma le vicende delle imprese agricole, che hanno già costituito l'oggetto di tutta una serie di aggiustamenti, non solo legislativi ma anche effettuati in forma amministrativa: dai primi chiarimenti del Ministro dei lavori pubblici, precedenti lo stesso art. 1 quater, e dalle deliberazioni ripetutamente adottate in tal campo dall'apposito Comitato interministeriale, fino al ricordato art. 17 della legge 24 dicembre 1979, n. 650, ed alle conseguenti definizioni del Comitato medesimo, approvate in data 8 maggio 1980.

4. - L'inammissibilità della questione concernente l'art. 1 quater della legge n. 690 comporta che siano dichiarate inammissibili anche le connesse impugnative degli artt. 9, 12,13,15, 21,22 e 25 della legge n. 319 del 1976: la cui legittimità non viene contestata autonomamente - come già si é notato - bensì in combinato disposto con l'art. 1 quater.

Ma tali impugnative sarebbero comunque inammissibili, a più forte ragione, là dove i giudici a quibus richiedono che la Corte pronunci una sentenza di accoglimento additivo in materia penale: come, specialmente, si verifica nel caso dell'ultima ordinanza del Tribunale di Mantova (r.o. n. 16/82), che prospetta l'annullamento dell'art. 21 della legge n. 319, "nei limiti in cui esclude l'assoggettamento alla sanzione penale del titolare di uno scarico contra legem proveniente da un'installazione adibita a servizi".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 quater della legge 8 ottobre 1976, n. 690, sollevata dal Pretore di Torino, dal Pretore di Gallarate, dal Pretore di Codogno, dal Pretore di Pavia, dal Tribunale di Mantova, dal Pretore di Bozzolo, dal Tribunale di Como e dal Pretore di Pontedecimo, con le ordinanze indicate in epigrafe;

b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 9, 12,13,15,21,22 e 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, rispettivamente impugnati dal Pretore di Torino (r.o. n. 476, 557/78, 415/79), dal Pretore di Codogno (r.o. n. 331/79), dal Tribunale di Como (r.o. n. 416/81) e dal Tribunale di Mantova (r.o. n. 16/82).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

           Depositata in cancelleria il 30 settembre 1983.