SENTENZA N. 330
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto- legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature); degli artt. 1, 2, 3, 6 e 7 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172; dell'art. 1, comma 2, della legge 17 maggio 1995, n. 172 e dell'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), promossi con ordinanze emesse: il 24 marzo 1995 dal Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi; l'11 aprile 1995 dal Pretore di Busto Arsizio; il 31 marzo 1995 dal Pretore di Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere; il 6 aprile 1995 dal Pretore di Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo; il 10 aprile 1995 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Ferrara, sezione distaccata di Comacchio; il 5 maggio 1995 dal Pretore di Trento; il 31 maggio 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine; il 27 giugno 1995 dal Pretore di Perugia, sezione distaccata di Assisi; il 30 giugno 1995 dal Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi; il 24 giugno 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine; il 27 marzo 1995 dal Pretore di Brescia; il 5 aprile 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce; il 30 giugno 1995 dal Pretore di Pistoia, sezione distaccata di Pescia; il 3 aprile 1995 (n. 3 ordinanze) dal Pretore di Ferrara; il 12 aprile 1995 dal Pretore di Ferrara; il 14 aprile 1995 dal Pretore di Ferrara; il 30 marzo 1995 dal Pretore di Ferrara; il 20 aprile 1995 dal Pretore di Udine; il 26 giugno 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pisa; il 24 agosto 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Trieste;
il 17 luglio 1995 dal Pretore di Vicenza; il 1° settembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Livorno; il 26 settembre 1995 (n.2 ordinanze) dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco;
il 4 ottobre 1995 dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco; il 6 aprile 1995 dal Pretore di Grosseto; il 28 settembre 1995 dal Pretore di Palmi; il 10 novembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine; il 13 ottobre 1995 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato;
il 12 ottobre 1995 dal Pretore di Trento; l'8 novembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce;
il 13 dicembre 1995 dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco; il 3 novembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce; ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 336, 345, 346, 371, 384, 385, 432, 495, 537, 584, 588, 607, 608, 616, 634, 642, 643, 649, 650, 672, 685, 688, 718, 776, 786, 807, 808, 809, 895, 896, 916, 919, 920 del registro ordinanze 1995 e ai nn.9, 60, 112, 131 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, nn. 24, 25, 26, 30, 38, 40, 41, 42, 43, 44, 48, 49 e 53 dell'anno 1995 e nn. 2, 5, 7 e 8 dell'anno 1996.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 aprile 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1.1. -- Nel corso di un procedimento penale promosso con l'imputazione di violazione di norme per la tutela delle acque dall'inquinamento (legge 10 maggio 1976, n.319), il Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi, con ordinanza emessa il 24 marzo 1995 (reg. ord. n. 336 del 1995), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), denunciando:
a) in riferimento agli artt. 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, l'art.3 del decreto-legge, che stabilisce le sanzioni da applicare per l'inosservanza dei limiti di accettabilità degli scarichi indicati dalle tabelle allegate alla legge n. 319 del 1976, ovvero di quelli stabiliti dalle Regioni (in base all'art. 14, secondo comma, della stessa legge);
b) in riferimento agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, l'art. 7 dello stesso decreto-legge, che consente ai titolari di scarichi non autorizzati in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge di presentare domanda di autorizzazione in sanatoria.
Il giudice rimettente rileva che il decreto-legge n.79 del 1995 segue una serie di numerosi, precedenti analoghi decreti-legge, non convertiti nei termini costituzionalmente previsti, e ritiene che l'abrogazione o la modifica di fattispecie penali incriminatrici disposta con decreto-legge possa determinare una violazione degli artt. 25 e 77 della Costituzione. Difatti la reiterazione di decreti-legge in materia penale, con modifiche rilevanti nella disciplina che via via interviene, verrebbe ad incidere sul principio di legalità ed a determinare incertezza sulle norme ed imprevedibilità delle decisioni giudiziarie. Gli imputati di un medesimo reato sarebbero, difatti, giudicati in base a norme precarie emanate dal Governo e mutevoli nel tempo, mentre la riserva di legge in materia penale attribuisce in questo settore il monopolio della produzione normativa al Parlamento, per evitare possibili arbitrii del potere esecutivo o di quello giudiziario. Inoltre il decreto- legge n. 79 del 1995 sarebbe privo dei requisiti di necessità ed urgenza e, per questo vizio, non potrebbe costituire oggetto di legittima conversione in legge.
Considerando il contenuto della disciplina dettata dal decreto-legge n.79 del 1995, il Pretore ne denuncia l'art. 3, che violerebbe l'art. 10 della Costituzione, per mancato adeguamento al diritto comunitario, e gli artt. 9 e 32 della Costituzione, per lesione dell'ambiente e della salute, intesi come ambiente naturale salubre.
Il giudice rimettente denuncia anche l'art. 7 dello stesso decreto-legge, che, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, determinerebbe una disparità di trattamento tra chi, avendo attivato uno scarico permanente, può presentare domanda di autorizzazione in sanatoria ed estinguere il reato, e chi, avendo effettuato uno scarico solo occasionale, non può chiedere l'autorizzazione e sanare l'illecito per un fatto di minore gravità.
1.2. -- Il Pretore di Busto Arsizio, con ordinanza emessa l'11 aprile 1995 (reg. ord. n. 345 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt.25 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.3, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 65 (recte: dell'art. 3, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 1995, n.79).
Anche questo giudice ritiene che il decreto-legge manchi degli indispensabili requisiti di necessità ed urgenza e considera la reiterazione di decreti-legge non convertiti come atta ad incidere sul principio di certezza del diritto ed a privare il Parlamento del potere, ad esso esclusivamente spettante, di effettuare le scelte di politica criminale.
1.3. -- Nel corso di un procedimento penale promosso per essere stati effettuati scarichi da pubbliche fognature senza autorizzazione e superando i limiti di accettabilità (art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319 del 1976), il Pretore di Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere, con ordinanza emessa il 31 marzo 1995 (reg. ord. n. 346 del 1995) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, dell'art. 6, comma 2 (norma, questa, che, aggiungendo, in fine, un comma all'art. 21 della legge n. 319 del 1976, prevede una sanzione amministrativa per i casi in cui siano aperti o comunque effettuati scarichi civili e delle pubbliche fognature senza la prescritta autorizzazione), e dell'art. 7, commi 2 e 3, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79. Il Pretore denuncia la violazione degli artt. 3, 9, 25 e 32 della Costituzione.
Il giudice rimettente ritiene che il decreto-legge n. 79 del 1995 contenga un'oggettiva e palese contraddizione logica tra l'art. 6, comma 2, e l'art. 7, commi 2 e 3. La prima delle due disposizioni non prevede più come reato lo scarico delle pubbliche fognature senza autorizzazione, la seconda introduce una sanatoria per gli scarichi in esercizio. Ma non essendo possibile sanare, e dunque estinguere, un reato che non e' più tale, la depenalizzazione dovrebbe riguardare solo gli scarichi nuovi, e non quelli già in esercizio. Ne seguirebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra chi, avendo commesso il fatto sotto la vigenza della vecchia normativa, deve chiedere l'autorizzazione in sanatoria per estinguere il reato, e chi pone in essere la stessa condotta dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina senza che il fatto sia previsto come reato. Se, viceversa, si ritenesse che la depenalizzazione riguardi anche gli scarichi già in esercizio, per essi non potrebbe allora essere configurata una sanatoria, giacche' il fatto non costituisce più reato.
Il Pretore rileva anche che non e' prevista la sospensione dei procedimenti penali per il tempo (novanta giorni) che l'art. 7 del decreto-legge n. 79 del 1995 stabilisce per presentare le domande di autorizzazione in sanatoria. Questa omissione violerebbe gli interessi protetti dalle norme di tutela delle acque dall'inquinamento, e quindi gli artt. 9 e 32 della Costituzione, perchè l'eventuale rinvio del processo penale, disposto per consentire il decorso del termine amministrativo, non sospenderebbe il corso della prescrizione dei reati.
1.4. -- Anche il Pretore di Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo, con ordinanza emessa il 6 aprile 1995 (reg. ord. n. 371 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, 6, comma 2, e 7 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, denunciando la violazione degli artt. 3, 77, 101 e 112 della Costituzione.
Il giudice rimettente ritiene che l'intero decreto- legge n. 79 del 1995 sia in contrasto con l'art. 77 della Costituzione, essendo stato emanato in assenza degli indispensabili requisiti di necessità ed urgenza.
Inoltre, disciplinando la materia penale e disponendo la depenalizzazione di alcune ipotesi di inquinamento in precedenza previste come reato, il decreto-legge violerebbe gli artt. 3, 101 e 112 della Costituzione, perchè l'assoluzione o la condanna per il medesimo fatto potrebbe dipendere dal momento in cui viene celebrato il processo, in relazione alla vigenza o meno del decreto- legge, la cui reiterazione finirebbe con il sottoporre il giudice non alla legge, bensì al potere esecutivo;
sarebbe, inoltre, violato l'obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale.
Il giudice rimettente considera illogica ed in contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) la disciplina che risulta dagli artt. 6 e 7 del decreto-legge. Vi sarebbe, difatti, una contraddizione tra la sanatoria prevista per gli scarichi in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, che riguarderebbe anche gli scarichi da pubbliche fognature, e la contestuale depenalizzazione prevista per questi ultimi (art. 6, comma 2, del decreto- legge), che dovrebbe trovare applicazione in quanto disposizione più favorevole al reo (art. 2 cod. pen.).
La depenalizzazione introdotta dall'art. 6, comma 2, del decreto-legge n.79 del 1995 violerebbe anche il principio di ragionevolezza e di eguaglianza: essa riguarderebbe lo scarico da insediamenti civili o da pubbliche fognature solo se non e' stata richiesta la prescritta autorizzazione, mentre la medesima condotta, se e' stata richiesta ma non ancora rilasciata l'autorizzazione, pur essendo meno grave, rimarrebbe soggetta a sanzione penale (art. 23 della legge n. 319 del 1976).
Il giudice rimettente ritiene che l'art. 3, comma 1, del decreto-legge n.79 del 1995 abbia depenalizzato il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalle tabelle allegate alla legge n. 319 del 1976 solo per gli scarichi civili e delle pubbliche fognature, ma non per quelli provenienti da insediamenti produttivi. Questa diversità di trattamento contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di eguaglianza, perchè sarebbe collegata non alla gravità del fatto, ma alla qualifica del soggetto titolare dello scarico.
1.5. -- Nel corso di altrettanti procedimenti penali promossi per essere stati effettuati scarichi eccedenti i limiti di accettabilità, il Pretore di Ferrara, sezione distaccata di Comacchio, con due ordinanze di identico contenuto emesse il 10 aprile 1995 (reg. ord. nn. 384 e 385 del 1995) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'intero testo del decreto- legge 17 marzo 1995, n. 79. Il giudice rimettente, con argomentazioni analoghe a quelle di altre, precedenti ordinanze, ritiene che la reiterazione del decreto-legge violi la riserva di legge in materia penale; contrasti con il principio che consente il ricorso ai decreti-legge solo in caso di necessità ed urgenza; determini disparità di trattamento perchè fattispecie identiche, giudicate sotto la vigenza dell'uno o dell'altro di successivi decreti- legge, sarebbero giudicate diversamente.
Anche il Pretore di Ferrara, con sei ordinanze emesse rispettivamente il 3 aprile 1995 (reg. ord. n. 634, 642 e 643 del 1995), il 12 aprile 1995 (reg. ord. n. 649 del 1995), il 14 aprile 1995 (reg. ord. n. 650 del 1995) ed il 30 marzo 1995 (reg. ord. n. 672 del 1995), ha sollevato, con argomentazioni analoghe, questioni di legittimità costituzionale concernenti l'intero testo del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, ed in particolare l'art. 3 o l'art. 6, proponendo quali parametri per la verifica della legittimità costituzionale gli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, oppure gli artt. 25 e 77 della Costituzione.
1.6. -- Nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti del titolare di un insediamento produttivo imputato per scarico non autorizzato ed eccedente i limiti di tollerabilità, il Pretore di Trento, con ordinanza emessa il 5 maggio 1995 (reg. ord. n. 432 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt.3, comma 1, 6, comma 2, e 7, commi 3 e 5, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79.
Anche il Pretore di Trento ritiene che l'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1995, non prevedendo più come reato l'ipotesi di scarichi civili e delle pubbliche fognature senza autorizzazione, sia in contraddizione con l'art. 7 dello stesso decreto-legge, che introducendo la sanatoria per gli scarichi senza autorizzazione, alla quale segue l'estinzione del reato, farebbe ritenere esclusa la depenalizzazione.
Sarebbe inoltre incoerente con la tutela delle acque dall'inquinamento, oltre che irragionevole e contrastante con il principio di eguaglianza, prevedere sanzioni penali solo per gli scarichi da insediamenti produttivi, mentre quelli da insediamenti civili e da pubbliche fognature costituirebbero illecito amministrativo.
1.7. -- Nel corso di un procedimento penale promosso per scarico senza autorizzazione dall'impianto di depurazione di un insediamento produttivo, il Pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 27 marzo 1995 (reg. ord. n. 607 del 1995), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.6 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79.
Il giudice rimettente ritiene che la previsione di una sanzione solo amministrativa, anzichè penale, per gli scarichi delle pubbliche fognature senza autorizzazione, mentre rimane reato lo scarico da insediamenti produttivi, determini un'ingiustificata disparità di trattamento. La differente disciplina sarebbe basata non sulla diversa potenzialità inquinante e quindi sulla gravità del fatto, ma sulla qualifica del soggetto titolare dello scarico.
La disposizione denunciata violerebbe il principio di eguaglianza anche sotto un altro profilo: sarebbe depenalizzata l'effettuazione di scarichi civili o da pubbliche fognature senza avere richiesto l'autorizzazione, mentre continuerebbe ad essere prevista come reato l'ipotesi, considerata meno grave, dello scarico da pubblica fognatura dopo che e' stata chiesta ma prima che sia concessa l'autorizzazione.
Anche il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce, con ordinanza emessa il 5 aprile 1995 (reg. ord. n. 608 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, in termini analoghi a quelli in precedenza indicati.
1.8. -- Il Pretore di Udine, con ordinanza emessa il 20 aprile 1995 (reg. ord. n. 685 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79.
Con successive ordinanze, emesse il 31 maggio, il 24 giugno ed il 10 novembre 1995 (rispettivamente reg. ord. n. 495, n. 588 e n. 916 del 1995), il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine ha sollevato analoghe questioni nei confronti della stessa disposizione, facendo riferimento al decreto-legge convertito.
I giudici rimettenti ritengono violato il principio di eguaglianza, perchè sarebbero discriminati i titolari di scarichi da insediamenti produttivi che superino i limiti di accettabilità previsti dalle tabelle A e C allegate alla legge n. 319 del 1976, puniti con la sanzione penale alternativa dell'ammenda o dell'arresto, rispetto ai titolari di scarichi da pubbliche fognature i quali, nella stessa situazione, sono soggetti solo ad una sanzione amministrativa pecuniaria.
Il differente regime delle sanzioni sarebbe privo di giustificazione, perchè la pubblica fognatura non sarebbe altro che la somma degli scarichi civili e produttivi che in essa confluiscono. La differenza sarebbe determinata solo dalla qualifica, di amministratore pubblico o di imprenditore, di chi attiva o effettua lo scarico.
I principi di ragionevolezza e di eguaglianza sarebbero violati anche sotto un altro profilo. Sarebbe, difatti, illogico e contrastante con il principio di proporzione tra pena e disvalore del fatto illecito, prevedere sanzioni amministrative per condotte lesive del medesimo bene giuridico, che costituiscono illecito penale se commesse da altri soggetti.
Le ordinanze di rimessione ritengono anche violate le norme costituzionali che proteggono il paesaggio, il diritto alla salute, l'obbligo di adeguarsi alle norme comunitarie, enunciate in particolare dalla direttiva 91/271/CEE.
I giudici rimettenti considerano, più in generale, che l'introduzione con decreti-legge, non convertiti e reiterati, di innovazioni in materia penale, violi gli artt. 25, secondo comma, e 77 della Costituzione: sarebbe leso il principio di riserva di legge in materia penale e mancherebbero i requisiti di necessità ed urgenza, indispensabili per l'emanazione da parte del Governo di decreti-legge.
1.9. -- Nel corso di un giudizio penale promosso per la violazione dell'art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319 del 1976, il Pretore di Grosseto, con ordinanza emessa il 6 aprile 1995 (reg. ord. n.895 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 10 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, che sostituisce, tra l'altro, il terzo comma dell'art. 21 della n. 319 del 1976.
Oltre a prospettare la violazione degli artt. 9, 32 e 10 della Costituzione in termini analoghi a quelli in precedenza indicati, il Pretore di Grosseto ritiene violato l'art. 3 della Costituzione, perchè, a seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 79 del 1995 al sistema di sanzioni previsto dalla legge n. 319 del 1976, l'omessa richiesta di autorizzazione allo scarico, che costituisce violazione di un obbligo formale, sarebbe punita con una sanzione penale, mentre l'effettuazione di uno scarico che supera i limiti di accettabilità, da considerare più grave, sarebbe punita, a seconda dei casi, come illecito amministrativo o con una sanzione penale più lieve.
Anche il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Trieste, con ordinanza emessa il 24 agosto 1995 (reg. ord. n. 718 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n. 172 del 1995, nella parte in cui, modificando l'art. 21, terzo comma, della legge n. 319 del 1976, prevede solo una sanzione amministrativa per l'inosservanza dei limiti di accettabilità stabiliti dalle Regioni per scarichi diversi da quelli provenienti da insediamenti produttivi. Il giudice rimettente prospetta la violazione degli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10 e 11 della Costituzione, in termini analoghi a quelli sopra indicati.
Lo stesso dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 17 maggio 1995, n. 172 (recte: dell'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172) e' stato sollevato dal Pretore di Pistoia, sezione distaccata di Pescia, in riferimento agli artt.3, 32 e 41 della Costituzione, con ordinanza emessa il 30 giugno 1995 (reg. ord. n. 616 del 1995).
Analoga questione ha anche sollevato il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Livorno, con ordinanza emessa il 1° settembre 1995 (reg. ord. n. 786 del 1995), denunciando, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 9, secondo comma, 10, primo comma, 32 e 41 della Costituzione, l'art. 21, terzo comma, primo periodo, della legge 10 maggio 1976, n. 319, nella parte in cui prevede, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, che e' punita con la sanzione amministrativa, ove non costituisca reato o circostanza aggravante, l'inosservanza dei limiti di accettabilità stabiliti dalle Regioni nell'ambito dei piani di risanamento delle acque.
1.10. -- Con ordinanza emessa il 28 settembre 1995 (reg. ord. n. 896 del 1995) nel corso di un procedimento penale per scarico eccedente i limiti di accettabilità, il vice Pretore della Pretura circondariale di Palmi ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n.172 del 1995, che ha sostituito, tra l'altro, l'art. 21, terzo comma, della legge n. 319 del 1976, per contrasto con gli artt. 3, 9, 10 e 32 della Costituzione, proponendo argomentazioni analoghe a quelle contenute nell'ordinanza di rimessione del Pretore di Grosseto (reg. ord. n. 895 del 1995).
1.11. -- Nel corso di un procedimento penale per scarico non autorizzato da insediamento civile, il Pretore di Perugia, sezione distaccata di Assisi, con ordinanza emessa il 27 giugno 1995 (reg. ord. n.537 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 6 della legge 17 maggio 1995, n. 172 (recte: degli artt. 3 e 6 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172).
Il giudice rimettente, con argomentazioni analoghe a quelle enunciate da precedenti ordinanze che hanno sollevato le medesime questioni, ritiene mancanti i requisiti di necessità ed urgenza per l'adozione del decreto-legge, violata la riserva di legge in materia penale, lesa la protezione costituzionale dell'ambiente e della salute, violate le norme comunitarie in materia di tutela dall'inquinamento.
Con le stesse argomentazioni, ed in rapporto ai medesimi parametri costituzionali, il Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi, con ordinanza emessa il 30 giugno 1995 (reg. ord. n. 584 del 1995), ha sollevato un'altra questione di legittimità costituzionale, riferita però all'art. 1, comma 2, della legge 17 maggio 1995, n. 172, che rende validi gli atti ed i provvedimenti adottati e fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei vari decreti- legge, dal n. 454 del 1993 al n. 9 del 1995, non convertiti in legge per decorrenza dei termini costituzionali.
Il dubbio e' sorto nel corso di un procedimento penale nel quale era stato chiesto il rinvio del dibattimento per consentire all'amministrazione comunale di esaminare la domanda di sanatoria presentata il 9 maggio 1995, sotto il vigore del decreto-legge n. 79 del 1995.
1.12. -- Con ordinanza emessa il 26 giugno 1995 (reg. ord. n. 688 del 1995) nel corso di un procedimento penale promosso per l'attivazione di uno scarico da pubbliche fognature senza autorizzazione ed eccedente i limiti di accettabilità, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pisa ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3 e 6 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n. 172 del 1995, nella parte in cui introducono un regime differenziato degli scarichi delle pubbliche fognature, denunciando la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) e del diritto all'ambiente salubre (art. 32 della Costituzione).
1.13. -- Con due ordinanze emesse il 26 settembre 1995 ed il 4 ottobre 1995 (reg. ord. n. 807 e 809 del 1995), nel corso di altrettanti procedimenti penali per scarico da pubblica fognatura non autorizzato ed eccedente i limiti di accettabilità (art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319 del 1976), il Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 25, 32, 41 e 77 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 6, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172.
Il giudice rimettente ritiene violato il principio di eguaglianza, perchè i titolari di scarichi da insediamenti produttivi, che superino i limiti di accettabilità stabiliti alle tabelle A e C allegate alla legge n. 319 del 1976, sarebbero discriminati rispetto ai titolari di scarichi da pubbliche fognature i quali, nella stessa situazione, sono soggetti solo ad una sanzione amministrativa pecuniaria. Non vi sarebbe alcuna giustificazione per questo differente trattamento giuridico, perchè la pubblica fognatura altro non sarebbe che la somma degli scarichi civili e produttivi che in essa confluiscono.
Il giudice rimettente ritiene che anche l'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1995 violi il principio di eguaglianza, giacche' l'apertura di un nuovo scarico da pubblica fognatura, senza che sia stata richiesta la prescritta autorizzazione, e' punita solo con una sanzione amministrativa, mentre rimarrebbe sanzionata penalmente (art.23 della legge n. 319 del 1976) l'attivazione dello stesso scarico dopo che e' stata richiesta l'autorizzazione, ma prima che questa sia stata rilasciata.
L'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, nel testo risultante dalla legge di conversione, avrebbe introdotto una causa personale di totale esclusione della sanzione per i pubblici amministratori che, alla data di accertamento della violazione, dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque. Questa norma sarebbe irragionevole, perchè assicura, per la medesima attività e per scarichi con le stesse caratteristiche, un trattamento privilegiato all'amministratore pubblico rispetto all'imprenditore privato. Inoltre, l'esistenza di un progetto esecutivo cantierabile, finalizzato alla depurazione, si tradurrebbe in una autorizzazione tacita ed implicita a tempo indeterminato, non essendo previsto un termine per la realizzazione delle opere.
Il giudice rimettente ritiene anche violati il diritto alla salute, la tutela del paesaggio, la libertà di iniziativa economica privata e l'obbligo di rispettare le norme comunitarie.
Analoghe questioni, concernenti rispettivamente l'art. 3 o l'art. 6, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sono state sollevate dallo stesso Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, con ordinanze emesse il 26 settembre 1995 (reg. ord. n.808 del 1995) ed il 13 dicembre 1995 (reg. ord. n. 112 del 1996), nel corso di due procedimenti penali riguardanti, l'uno, uno scarico di pubblica fognatura eccedente i limiti di accettabilità, l'altro uno scarico di pubblica fognatura in assenza dell'autorizzazione, mai richiesta.
Nella seconda ordinanza il Pretore prospetta il dubbio di legittimità costituzionale esclusivamente in riferimento agli artt. 10, 11, 25 e 77 della Costituzione.
Nel corso di procedimenti penali per scarico da pubblica fognatura con superamento dei limiti di tollerabilità, il Pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato, con due ordinanze di identico tenore emesse entrambe il 13 ottobre 1995 (reg. ord. n. 919 e 920 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt.1, 2 e 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, 32 e 41 della Costituzione, in termini analoghi a quelli in precedenza indicati.
La disciplina sanzionatoria dello scarico da pubbliche fognature, senza autorizzazione, forma oggetto delle questioni di legittimità costituzionale dell'art.6, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce, con due ordinanze di identico contenuto, emesse l'8 ed il 3 novembre 1995 (reg. ord. nn. 60 e 131 del 1996), che propongono argomentazioni analoghe a quelle prospettate da altre precedenti ordinanze che hanno sollevato la medesima questione.
1.14. -- Il Pretore di Trento, con ordinanza emessa il 12 ottobre 1995 (reg. ord. n. 9 del 1996), ha sollevato, in riferimento gli artt.25 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge 10 maggio 1976, n.319, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172.
La disposizione, della cui legittimità costituzionale si dubita, stabilisce che le sanzioni altrimenti previste non si applicano nei confronti dei pubblici amministratori che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque.
La questione di legittimità costituzionale e' ritenuta rilevante perchè il procedimento penale riguarda il reato di scarico con superamento dei limiti di accettabilità e sono imputati l'assessore di un comune ed i direttori di un macello comunale.
Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata violerebbe il principio di tassatività della fattispecie penale, perchè la lingua italiana non conoscerebbe la parola "cantierabile".
Sarebbe violato anche il principio di eguaglianza, in quanto il legislatore avrebbe inteso privilegiare l'amministratore pubblico, che commette un fatto previsto dalla legge come reato, rispetto ad altri soggetti, egualmente coinvolti nella medesima condotta, con la conseguenza che, in caso di concorso nel reato dell'amministratore pubblico e di altri privi di tale qualifica, solo il primo beneficerebbe della non punibilità.
1.15. -- Nel corso di un procedimento penale per il reato di violazione dei limiti di accettabilità da parte di uno scarico produttivo preesistente all'entrata in vigore della legge n. 319 del 1976, con recapito in pubblica fognatura, il Pretore di Vicenza, con ordinanza emessa il 17 luglio 1995 (reg. ord. n. 776 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 77 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n. 172 del 1995, nella parte in cui depenalizza il superamento dei limiti di accettabilità da parte degli scarichi produttivi esistenti con recapito in pubblica fognatura dotata di impianto centralizzato di depurazione funzionante.
Il Pretore di Vicenza interpreta la disposizione denunciata nel senso che essa avrebbe depenalizzato la violazione, da parte di uno scarico produttivo esistente che recapita in pubblica fognatura, dei limiti di accettabilità stabiliti, dopo l'attivazione dell'impianto centralizzato di depurazione, dai comuni o dai consorzi che gestiscono tale servizio (art. 13, primo comma, numero 2, lettera b), della legge n. 319 del 1976).
Il principio di tassatività dei reati e delle pene non consentirebbe, secondo il giudice rimettente, l'estensione analogica della fattispecie incriminatrice all'ipotesi in questione. Ma, così interpretata, la norma sarebbe irrazionale ed in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perchè tratterebbe in modo irragionevolmente diseguale situazioni del tutto analoghe.
L'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995 contrasterebbe anche con gli artt. 10 e 11 della Costituzione, per violazione di norme comunitarie in materia di tutela ambientale.
Il dubbio di legittimità costituzionale e' prospettato anche in riferimento all'art. 77 della Costituzione, in quanto nel preambolo del decreto-legge n.79 del 1995 mancherebbe qualsiasi riferimento alle ragioni di necessità ed urgenza che consiglierebbero di depenalizzare il superamento dei limiti di accettabilità da parte degli scarichi produttivi preesistenti che recapitano in fognatura.
Secondo il giudice rimettente, la decisione di incostituzionalità non creerebbe nuove figure di illecito penale, ma ripristinerebbe reati previsti in precedenza da una norma irrazionalmente abrogata o derogata. Il Pretore di Vicenza considera sufficiente una sentenza additiva, che inserisca, nel nuovo testo dell'art. 21, terzo comma, della legge n. 319 del 1976, dopo le parole "dell'art.12", le parole "e del numero 2), lettera b), del primo comma dell'art.13". L'omissione del richiamo all'art. 13 della legge sarebbe frutto di un errore che può essere riparato da un intervento correttivo della Corte.
2. -- In alcuni giudizi (reg. ord. nn. 776, 786, 807, 808, 809, 895, 896, 916, 920 del 1995; reg. ord. nn.9, 60, 112 e 131 del 1996) e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle questioni, prospettando, nei diversi atti di intervento, argomentazioni analoghe o complementari.
L'Avvocatura anzitutto osserva che la questione di legittimità costituzionale che investe l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995 e' stata sollevata prima della legge di conversione. Gli atti dovrebbero, pertanto, essere restituiti, perchè sia valutato se la questione sia ancora rilevante dopo le modifiche introdotte, in sede di conversione, dalla legge n. 172 del 1995.
Nel merito, e con riferimento alla varie questioni sollevate, l'Avvocatura ritiene inesatto considerare irragionevolmente differenziata la disciplina normativa degli scarichi provenienti da pubbliche fognature rispetto a quelli provenienti da insediamenti produttivi. Numerosi sarebbero gli elementi di distinzione tra questi due tipi di scarico: le loro caratteristiche oggettive, la fonte normativa che li disciplina, il contenuto dei limiti di accettabilità ed il sistema dei controlli, la pericolosità sociale della mancata denuncia o autorizzazione. Si tratta di elementi liberamente apprezzati dal legislatore e che giustificano un differenziato trattamento sanzionatorio.
L'Avvocatura ritiene che l'art. 10 della Costituzione non possa essere in alcun modo assunto a parametro di valutazione della legittimità costituzionale della legge, in quanto esso riguarderebbe le norme di diritto internazionale consuetudinario e non quelle di origine pattizia. Se si ritiene, con riferimento all'art. 11 della Costituzione, che vi sia violazione del diritto comunitario, le questioni non sarebbero rilevanti, dovendo questo eventuale contrasto essere risolto dal giudice, che dovrebbe disapplicare la norma statale. Tuttavia l'Avvocatura ritiene che non sussista alcun contrasto con la direttiva 91/271/CEE, indicata dai giudici rimettenti, giacche' essa impone di garantire l'effettiva osservanza degli obblighi da essa previsti, ma rimane alla competenza statale stabilire le eventuali sanzioni, penali o amministrative, da applicare.
Ad avviso dell'Avvocatura sarebbero, inoltre, del tutto generiche ed infondate le questioni prospettate in riferimento agli artt. 9 e 32 della Costituzione, ed inconferenti i richiami agli artt. 25, secondo comma, e 77 della Costituzione.
Intervenendo nel giudizio promosso dal Pretore di Vicenza (reg. ord. n.776 del 1995), e concludendo anche in questo caso per la infondatezza della questione, l'Avvocatura non condivide l'interpretazione del giudice rimettente, secondo il quale la configurazione degli illeciti e le sanzioni previste dall'art. 21 della legge n. 319 del 1976, quale risulta a seguito dell'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, lascerebbero del tutto impunita la violazione dei limiti di accettabilità da parte di scarichi da insediamenti produttivi preesistenti che recapitano in pubbliche fognature. L'art. 3 del decreto-legge si riferirebbe a tutti gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi che recapitano in pubbliche fognature, senza distinguere tra nuovi e preesistenti.
Inammissibili per irrilevanza sarebbero i dubbi di legittimità costituzionale -- sollevati dai Pretori di Trento (reg. ord. n. 9 del 1996) e Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco (reg. ord. nn. 807 e 809 del 1995) -- relativi all'art. 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n. 79 del 1995 ovvero all'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge n. 319 del 1976, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, in quanto mancherebbe la motivazione sull'esistenza o meno di progetti esecutivi, che, in ipotesi, dovrebbe escludere la punibilità dei fatti.
Considerato in diritto
1.1. -- Tutte le questioni di legittimità costituzionale investono le innovazioni alle norme per la tutela delle acque dall'inquinamento (legge 10 maggio 1976, n. 319), introdotte con il decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172.
1.2. -- Alcuni dei dubbi di legittimità costituzionale coinvolgono l'intero decreto-legge n. 79 del 1995, in riferimento agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione. Le ordinanze di rimessione, emesse prima della legge di conversione n. 172 del 1995, sottolineano che dal 15 novembre 1993 si sono succeduti decreti-legge non convertiti, con contenuto parzialmente diverso, i quali hanno modificato il regime delle sanzioni in materia di scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature. In particolare alcune condotte illecite non sono più configurate come reato, ma come illecito amministrativo punito con sanzioni pecuniarie.
I giudici rimettenti ritengono che il decreto-legge n. 79 del 1995 sia stato adottato in assenza degli indispensabili requisiti di necessità ed urgenza, in una materia, quella penale, nella quale l'uso del decreto- legge dovrebbe essere del tutto eccezionale, per evitare il rischio di sottrarre al Parlamento una funzione ad esso esclusivamente attribuita.
Ad avviso dei giudici rimettenti, inoltre, la successione di decreti-legge dal contenuto parzialmente diverso determinerebbe una disparità di trattamento, giacche' la stessa condotta potrebbe essere sanzionata in modo diverso, in ragione della casualità delle decisioni secondo il tempo in cui sono emesse, cioé sotto la vigenza dell'uno o dell'altro decreto-legge.
1.3. -- Altre questioni di legittimità costituzionale riguardano il merito della disciplina degli scarichi provenienti da insediamenti civili e da pubbliche fognature, con riferimento al trattamento sanzionatorio per essi previsto, che e' differenziato rispetto a quello degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi.
Le questioni investono specificamente:
a) le modifiche che l'art. 3, comma 1, del decreto- legge n. 79 del 1995 (nel testo originario o in quello risultante a seguito della conversione nella legge n. 172 del 1995) apporta all'art. 21, terzo comma, della legge n.319 del 1976: per gli scarichi diversi da quelli provenienti da insediamenti produttivi l'inosservanza dei limiti di accettabilità stabiliti dalle Regioni con i piani di risanamento delle acque (art. 14, secondo comma, della stessa legge) costituisce illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria (da tre a trenta milioni di lire), anzichè reato ;
b) le modifiche che l'art. 6, comma 2, del decreto- legge n. 79 del 1995 apporta all'art. 21 della legge n.319 del 1976, con l'aggiunta di un ultimo comma che colpisce con sanzione pecuniaria amministrativa (da dieci a cento milioni di lire), anzichè con sanzione penale, l'apertura o l'effettuazione di scarichi civili e delle pubbliche fognature senza avere richiesto la prescritta autorizzazione, ovvero dopo che l'autorizzazione e' stata negata o revocata;
c) l'esclusione dell'applicabilità, per gli scarichi da pubbliche fognature, delle sanzioni amministrative nei confronti dei pubblici amministratori che dispongano di progetti esecutivi cantierabili per opere destinate alla depurazione delle acque (art. 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995; art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge n. 319 del 1976, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995);
d) le modifiche che l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995 reca alla disciplina delle sanzioni per il superamento dei limiti di accettabilità da parte di scarichi provenienti da insediamenti produttivi, punito con la pena alternativa dell'ammenda o dell'arresto, anziche' con la sola pena dell'arresto, come era invece previsto nel testo originario dell'art. 21, terzo comma, della legge n.319 del 1976;
e) ancora l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995, nella parte in cui depenalizza il superamento dei limiti di accettabilità da parte degli scarichi produttivi esistenti con recapito in pubblica fognatura dotata di impianto centralizzato di depurazione funzionante;
f) il procedimento di regolarizzazione degli scarichi in esercizio (art. 7, commi 2, 3 e 5, del decreto-legge n.79 del 1995, soppressi in sede di conversione in legge);
g) l'art. 1, comma 2, della legge n. 172 del 1995, che, nel convertire in legge il decreto-legge n. 79 del 1995, rende validi gli atti ed i provvedimenti adottati e fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge succedutisi in materia, dal n.454 del 1993 al n. 9 del 1995, non convertiti in legge nei termini costituzionalmente previsti.
Il contrasto delle disposizioni denunciate con la Costituzione viene essenzialmente riferito:
a) al principio di eguaglianza e ragionevolezza (art.3), giacche' la diversità di sanzioni (amministrative per gli scarichi provenienti da insediamenti civili e da pubbliche fognature, penali per gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi) sarebbe fondata non sulla diversa gravità dei fatti, ma sulla differente qualifica di chi effettua lo scarico;
b) alla tutela del paesaggio (art. 9) e della salute (art. 32), in quanto la depenalizzazione di alcuni comportamenti, che egualmente determinano inquinamento idrico, e la riduzione della gravità delle sanzioni diminuirebbero il livello di protezione della salubrità dell'ambiente;
c) agli artt. 101 e 112, in quanto la depenalizzazione di talune condotte, introdotta con decreto- legge, inciderebbe sull'obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale e comporterebbe una soggezione del giudice al potere esecutivo, anzichè alla legge;
d) all'obbligo di assicurare il rispetto delle norme comunitarie (artt. 10 e 11 della Costituzione), emanate in particolare con la direttiva 91/271/CEE;
e) alla libertà di iniziativa economica (art. 41), giacche' le imprese che non recapitano i loro scarichi in pubbliche fognature sarebbero svantaggiate, avendo dovuto affrontare rilevanti investimenti per adeguare i propri impianti alla normativa in vigore.
Alcune questioni, pur concernendo specifici aspetti della disciplina sostanziale dettata dal decreto-legge n.79 del 1995, e senza coinvolgere l'atto nella sua interezza, fanno riferimento agli artt. 25 e 77 della Costituzione, per denunciare il contrasto con il principio di riserva di legge in materia penale e la mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza.
2. -- Tutte le ordinanze di rimessione riguardano il decreto-legge n. 79 del 1995, nell'intero testo o in alcune sue disposizioni, o l'art. 21 della legge n. 319 del 1976, nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate con il decreto-legge n. 79 del 1995, oppure la legge di conversione n. 172 del 1995.
Essendo le questioni identiche o analoghe, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3.1. -- Il primo gruppo di questioni investe la validità del decreto-legge n. 79 del 1995 nella sua interezza. Viene, difatti, denunciata la lesione dei principi costituzionali in materia di decretazione di urgenza, sia in relazione alle condizioni che legittimano il Governo ad adottare tale atto, sia in relazione alla materia, quella penale, da esso disciplinata (artt. 77 e 25 della Costituzione).
Le questioni sono infondate.
Il decreto-legge n. 79 del 1995 e' l'ultimo di una serie di analoghi atti aventi forza di legge, decaduti e reiterati. Esso e' stato convertito in legge e le situazioni alle quali, nei giudizi principali, deve essere applicato precedono tutte la legge di conversione.
La valutazione preliminare dell'esistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, richiesti dall'art.77 della Costituzione, e' riferita solo alla fase della decretazione d'urgenza esercitata dal Governo e non si estende alle norme adottate dal Parlamento (sentenza n.391 del 1995). Questa valutazione riguarda esclusivamente la evidente mancanza di quei presupposti, tale cioe' da far palesemente ritenere che l'atto sia stato adottato dal Governo al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste per il decreto- legge (sentenza n. 29 del 1995).
Nel caso del decreto-legge n. 79 del 1995 non ricorre quella "evidente mancanza" dei requisiti, che deve essere affermata per giustificare una pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenze n. 84 del 1996 e n.161 del 1995). Il decreto-legge in esame, difatti, pur succedendo ad altri precedenti, analoghi atti non convertiti e decaduti, e' sostenuto da una specifica motivazione, resa esplicita nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge di conversione.
Quanto al dubbio di legittimità costituzionale del decreto-legge n. 79 del 1995, prospettato in relazione alla materia penale che ne costituisce l'oggetto, non si può affermare, in linea di principio, che i decreti-legge non possano toccare fattispecie e sanzioni penali. Se così fosse, verrebbe introdotto un limite al contenuto dei decreti-legge non previsto dall'art. 77 della Costituzione e che non può essere desunto dal principio di riserva di legge in materia penale (art. 25 della Costituzione), venendo tale riserva osservata anche da atti aventi forza di legge (cfr. sentenza n. 184 del 1974), purchè nel rigoroso rispetto dei presupposti costituzionali ad essi inerenti.
Il rischio di sottrazione al Parlamento del potere e della responsabilità delle scelte in materia penale, che i giudici rimettenti ritengono possa derivare dall'uso del decreto-legge come atto di normazione penale del tutto precario e non imputabile alla volontà del legislatore, non ha, comunque, ragion d'essere per il decreto-legge n.79 del 1995, che e' stato convertito in legge.
3.2. -- Altri dubbi di legittimità costituzionale che investono l'intero decreto-legge sono stati prospettati in riferimento all'art.3 della Costituzione.
Alcune ordinanze di rimessione considerano che la successione di atti normativi diversi, dotati di vigenza precaria, possa portare alla mutevolezza delle norme da applicare, determinando una varietà di decisioni giurisdizionali, che dipende dal tempo della loro pronuncia.
Questi esiti irragionevoli non possono, tuttavia, essere riferiti al decreto-legge in esame, che, convertito in legge, ha acquistato stabile e definitivo valore normativo. Ne' può essere assunta quale elemento di comparazione, per la disciplina da esso dettata, quella contenuta in precedenti decreti-legge non convertiti, che hanno ormai perso efficacia ed i cui effetti, già prodotti solo in via eccezionale, sono stati, poi, sanati nel contesto della legge di conversione.
4.1. -- Le questioni attinenti a singoli contenuti normativi della disciplina dettata dal decreto-legge n. 79 del 1995, e dalla legge di conversione n. 172 del 1995, riguardano anzitutto la natura e l'entità delle sanzioni per le condotte qualificate come illecite; sanzioni che le ordinanze di rimessione considerano inadeguate e tali da determinare incoerenze nella tutela delle acque dall'inquinamento, come delineata dalla legge n. 319 del 1976.
I vizi di legittimità costituzionale discenderebbero, difatti, essenzialmente dal differente trattamento degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi, rispetto a quelli provenienti da insediamenti civili e da pubbliche fognature. L'apertura, l'effettuazione o il mantenimento senza la prescritta autorizzazione costituisce solo per i primi reato, mentre per i secondi si configura come illecito amministrativo, sanzionato con pene pecuniarie. Anche l'effettuazione di scarichi che superano i limiti di accettabilità continua ad essere configurata come reato solo per quelli provenienti da insediamenti produttivi. L'unificazione delle figure, previste in ogni caso come reato senza che assuma rilievo la provenienza dello scarico, e' mantenuta invece per il superamento dei limiti di accettabilità inderogabili per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile.
La distinzione dei tipi di scarico (provenienti da insediamenti civili e da pubbliche fognature, da un lato, o provenienti da insediamenti produttivi, dall'altro), e la conseguente diversità nella natura delle sanzioni, costituiscono una scelta di fondo del legislatore, inter venuto a seguito del mutato orientamento della giurisprudenza nell'interpretazione dell'art. 21 della legge n. 319 del 1976, le cui sanzioni penali, previste per gli scarichi non autorizzati o che superano i limiti di accettabilità, si riteneva in precedenza fossero riferite solo agli scarichi da insediamenti produttivi.
Dopo che la giurisprudenza, stabilizzata dal più recente e ripetuto orientamento della Corte di cassazione a sezioni unite, ha affermato l'uniformità della disciplina per tutti gli scarichi, applicando le sanzioni previste dall'art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319 del 1976 anche a quelli provenienti da pubbliche fognature e da insediamenti civili, il legislatore ha ritenuto di attuare una correzione normativa del sistema. E' stata, così, introdotta l'espressa differenziazione di trattamento sanzionatorio degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi rispetto a quelli provenienti da pubbliche fognature e da insediamenti civili. L'apertura, l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza la prescritta autorizzazione, ed il superamento dei limiti di accettabilità (eccettuati quelli previsti per i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, il cui superamento e' sempre sanzionato penalmente), rimangono configurati come reato solo per i primi, mentre per i secondi costituiscono illecito amministrativo, sanzionato con pene pecuniarie.
Venuta meno la possibilità di definire gli scarichi delle pubbliche fognature come scarichi indiretti degli insediamenti a monte, acquista specifico rilievo la fissazione dei limiti di accettabilità determinati dalle Regioni nell'ambito dei piani di risanamento, di loro competenza, e dai regolamenti dell'autorità locale;
mentre l'assoluta uniformità di disciplina rimane per i limiti inerenti ai parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile.
Diversamente, configurando come reato il superamento dei limiti di accettabilità fissati dalle Regioni nell'ambito dei piani di risanamento delle acque, l'autonomia attribuita alle stesse nello stabilire tali limiti, affermata sul piano amministrativo, non potrebbe essere esercitata, ritenendosi necessario rendere uniforme, quanto ai limiti di accettabilità, la configurazione delle condotte penalmente sanzionate.
4.2. -- I dubbi di legittimità costituzionale investono, in particolare, gli artt. 3 e 6 del decreto- legge n. 79 del 1995, che, sostituendo il testo del terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319 del 1976, ed aggiungendo ad esso un ultimo comma, configurano come illecito amministrativo, sanzionato con pena pecuniaria, l'apertura, l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico non autorizzato o il superamento dei limiti di accettabilità da parte di scarichi provenienti da insediamenti civili o da pubbliche fognature, mentre rimane reato l'apertura, l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico non autorizzato o il superamento dei limiti tabellari, se proveniente da insediamenti produttivi.
La scelta del legislatore e' contestata dalle ordinanze di rimessione, le quali assumono, sostanzialmente, come necessaria la statuizione di sanzioni penali, e non solo amministrative, per le condotte considerate e ritengono irragionevole il differente trattamento, per esse, rispetto a quello previsto per gli stessi comportamenti riferiti agli scarichi provenienti da insediamenti produttivi. Come pure e' posta in discussione la prevista attenuazione delle sanzioni penali (ammenda come possibile alternativa all'arresto) per il superamento dei limiti di accettabilità per scarichi provenienti da insediamenti produttivi.
Ancor prima di valutare la fondatezza delle questioni che vengono prospettate, in relazione ai molteplici profili proposti, ne deve essere rilevata l'inammissibilità.
Le questioni tendono ad introdurre, o reintrodurre, figure di reato e aggravamenti di pena, chiedendo una pronuncia che esula dai poteri spettanti a questa Corte, giacche' il potere di creare fattispecie penali o di aggravare le pene e' esclusivamente riservato al legislatore, in forza del principio di stretta legalità dei reati e delle pene, sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione (tra le molte, da ultimo, sentenza n. 411 del 1995 e, nella materia della tutela delle acque dall'inquinamento idrico, sentenze nn. 314 e 226 del 1983; ordinanze nn. 132 e 25 del 1995).
5. -- Il Pretore di Vicenza (reg. ord. n. 776 del 1995) dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3 (comma 1, secondo periodo) del decreto-legge n. 79 del 1995, ritenendo che tale disposizione abbia depenalizzato il superamento dei limiti di accettabilità da parte degli scarichi produttivi esistenti, che recapitano in pubbliche fognature dotate di impianto centralizzato di depurazione funzionante.
Il dubbio di legittimità costituzionale e' prospettato in relazione agli artt. 3, 10, 11, 77 e 25 della Costituzione.
La disposizione denunciata richiama l'art. 12, primo comma, numero 2, della legge n. 319 del 1976 solo per stabilire che gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi che recapitano in pubbliche fognature devono, prima dell'entrata in funzione dell'impianto centralizzato di depurazione, rispettare i limiti di accettabilità previsti dalla legge n. 319 del 1976 (tabella C); mentre dopo l'entrata in funzione dell'impianto di depurazione gli stessi scarichi si devono adeguare ai limiti di accettabilità stabiliti, in relazione alla capacità dell'impianto di depurazione, dalle amministrazioni che provvedono alla gestione di tale servizio. Il richiamo all'art. 12 non e' diretto a distinguere tra scarichi nuovi o preesistenti, ma individua i criteri di determinazione dei limiti di accettabilità in relazione all'esistenza o meno di un impianto di depurazione. Questa interpretazione rispecchia, del resto, l'orientamento della Corte di cassazione, che ha ritenuto non rilevante, ai fini ora considerati, la distinzione tra scarichi nuovi o preesistenti.
La questione e', dunque, infondata per erroneità del presupposto interpretativo.
6. -- Alcune questioni di legittimità costituzionale investono la disposizione che stabilisce la non applicabilità delle sanzioni, relative all'inosservanza dei limiti di accettabilità per gli scarichi da pubbliche fognature, nei confronti dei pubblici amministratori che, alla data di accertamento della violazione, dispongano di progetti esecutivi cantierabili, finalizzati alla depurazione delle acque.
Le questioni sono poste individuando questa norma nell'art. 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n.79 del 1995, convertito con modificazioni nella legge n.172 del 1995 (Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, ordinanze n. 807 e n. 809 del reg. ord. del 1995), ovvero nell'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge n. 319 del 1976, il cui testo e' stato appunto sostituito con l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995 (Pretore di Trento, ordinanza n. 9 del reg.ord. del 1996).
I dubbi di legittimità costituzionale sono prospettati in riferimento all'art. 25 della Costituzione per la indeterminatezza della fattispecie penale, che non preciserebbe la nozione di progetto "cantierabile".
E' anche denunciata la violazione dell'art. 3 della Costituzione, tanto per disparità di trattamento degli amministratori pubblici nei confronti di ogni altro soggetto in possesso di progetti esecutivi per depuratori da realizzare, quanto per l'irrazionale indeterminatezza dei limiti temporali previsti per la realizzazione delle opere.
Le questioni sono inammissibili.
Le ordinanze di rimessione, difatti, non motivano la rilevanza che la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale avrebbe nei giudizi principali. In questi erano imputati pubblici amministratori, ma non viene in alcun modo valutato se esistessero quei progetti esecutivi, idonei a far escludere l'applicabilità delle sanzioni penali.
7. -- Alcune questioni di legittimità costituzionale investono l'art. 7 (più precisamente, i commi 2, 3 e 5) del decreto-legge n. 79 del 1995, che prevede un procedimento di regolarizzazione degli scarichi in esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (consentendo ai titolari degli stessi di presentare, entro novanta giorni da tale data, la relativa domanda) e dispone che il rilascio dell'autorizzazione estingue i reati previsti dall'art.21, primo e secondo comma, della legge n. 319 del 1976.
I dubbi di legittimità costituzionale sono prospettati in riferimento agli artt. 3, 9, 32, 25 e 77 della Costituzione.
La norma denunciata e' stata soppressa dalla legge n.172 del 1995 in sede di conversione del decreto-legge, senza che sia prevista la salvezza degli effetti prodotti.
Le questioni sono, pertanto, inammissibili (cfr. ordinanza n. 84 del 1993).
8. -- Il Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 9, 10 e 32 della Costituzione, anche dell'art. 1, comma 2, della legge n.172 del 1995.
La disposizione denunciata fa salvi gli atti, i provvedimenti adottati e gli effetti prodottisi in base ai precedenti decreti-legge non convertiti e decaduti.
Il giudice rimettente ritiene che la sanatoria si riferisca anche alle domande di autorizzazione presentate, in base all'art. 7 del decreto-legge n. 79 del 1995, nel tempo della sua vigenza. Ma questa interpretazione non può essere seguita, giacche' in sede di conversione l'art. 7 (commi 2 e seguenti) del decreto-legge n. 79 del 1995 e' stato soppresso, senza che ne siano stati salvaguardati gli effetti.
La questione e', pertanto, infondata per erroneità del presupposto interpretativo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, 1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale:
a) del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, dal Pretore di Ferrara, sezione distaccata di Comacchio, e dal Pretore di Ferrara con le ordinanze indicate in epigrafe;
b) dell'art. 3, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 25 e 77 della Costituzione, dal Pretore di Vicenza con l'ordinanza indicata in epigrafe;
c) dell'art. 1, comma 2, della legge 17 maggio 1995, n. 172 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, recante modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature), sollevata, in riferimento agli artt. 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, dal Pretore di Perugia, sezione distaccata di Todi, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale: a) degli artt. 1, 2 e 3, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, ovvero dell'art. 21, terzo comma, primo periodo, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 25, 32, 41, 77, 101 e 112 della Costituzione, dai Pretori di Busto Arsizio, Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere, Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo, Trento, Udine, Grosseto, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine, dal Pretore di Pistoia, sezione distaccata di Pescia, dal Giudice per le indagini preliminari presso le Preture circondariali di Pisa, Trieste e Livorno, dai Pretori di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, Palmi e Pisa, sezione distaccata di San Miniato, con le ordinanze indicate in epigrafe;
b) dell'art. 3, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, dai Pretori di Perugia, sezione distaccata di Todi, e Grosseto con le ordinanze indicate in epigrafe;
c) dell'art. 3, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, ovvero dell'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge 10 maggio 1976, n. 319, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dai Pretori di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, e Trento con le ordinanze indicate in epigrafe;
d) dell'art. 6 del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11 25, 32, 77, 101 e 112 della Costituzione, dai Pretori Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere, Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo, Trento, Brescia, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lecce, dal Pretore di Perugia, sezione distaccata di Assisi, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pisa, e dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, con le ordinanze indicate in epigrafe;
e) dell'art. 7, commi 2, 3 e 5, del decreto- legge 17 marzo 1995, n.79, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 32, 25 e 77 della Costituzione, dai Pretori di Perugia, sezione distaccata di Todi, Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere, Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo, e Trento con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/96.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 29/07/96.