Sentenza n. 193 del 2023

SENTENZA N. 193

ANNO 2023

Commento alla decisione di

Francesco Sanchini

Lo “spettacolo” nella perenne conflittualità tra Stato e Regioni: la Corte costituzionale prova (nuovamente) a mettere ordine

per g.c. dell'Osservatorio costituzionale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 6, 6, comma 2, lettera c), e 7 della legge 15 luglio 2022, n. 106 (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo), promossi dalle Regioni Campania, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte con ricorsi notificati il 3 ottobre 2022, depositati in cancelleria il primo il 6 ottobre 2022, il secondo e il terzo il 10 ottobre 2022, il quarto, il quinto e il sesto il 7 ottobre 2022, iscritti rispettivamente ai numeri 70, 72, 73, 74, 75 e 76 del registro ricorsi 2022 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 45, 46 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2023 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

uditi gli avvocati Maria Imparato per la Regione Campania, Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per le Regioni Veneto e Emilia-Romagna, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e per le Regioni Lombardia e Piemonte e l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 21 giugno 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Le Regioni Campania, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte hanno promosso ricorsi in via principale avverso alcune disposizioni della legge 15 luglio 2022, n. 106 (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo), che, nell’ambito di un intervento di complessiva riforma del settore dello spettacolo, è intervenuta a disciplinare, tra l’altro, l’Osservatorio per lo spettacolo (art. 5), il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo (art. 6) e gli osservatori regionali (art. 7).

2.– Con ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 6 ottobre 2022 e iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2022, la Regione Campania ha impugnato, in particolare, l’art. 7 della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 della Costituzione.

2.1.– La disposizione impugnata – dopo aver sancito che le regioni «concorrono all’attuazione dei principi generali di cui all’articolo 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione» – delinea il contenuto e le finalità di alcune specifiche azioni regionali in materia, da esercitarsi «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»: la promozione di «osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attività dello spettacolo dal vivo» (lettera a); la verifica, anche attraverso tali osservatori, della «efficacia dell’intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attività di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l’Osservatorio dello spettacolo» (lettera b); la promozione e il sostegno delle attività dello spettacolo dal vivo «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato» (lettera c).

2.2.– Ad avviso della ricorrente, l’art. 7 della legge n. 106 del 2022 si porrebbe innanzitutto in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., venendo a invadere – attraverso la previsione di una disciplina di dettaglio volta a regolare «specifiche attività» delle regioni – la competenza legislativa concorrente nella materia «promozione e organizzazione di attività culturali», la quale ricomprende anche la materia dello spettacolo (come chiarito sin dalla richiamata sentenza di questa Corte n. 255 del 2004).

Inoltre, la disposizione impugnata, nell’imporre l’istituzione degli osservatori regionali, si porrebbe anche in violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost., invadendo la materia dell’organizzazione amministrativa regionale. Sarebbero altresì violati gli artt. 81, terzo comma, e 119 Cost., poiché la disposizione determinerebbe nuovi oneri alle regioni senza prevedere un’adeguata copertura finanziaria degli stessi.

Infine, è denunciata la violazione degli artt. 118 e 120 Cost., in ragione del fatto che la disposizione impugnata assegnerebbe alle regioni, «titolari delle funzioni e competenze amministrative» in materia, «la scelta organizzativa della istituzione e conformazione degli osservatori regionali», sulla base di una disciplina statale «completa ed autoapplicativa», che non distinguerebbe «fra principi e dettagli». Ad avviso della ricorrente, qualora lo Stato avesse voluto procedere «mediante una “chiamata in sussidiarietà” della organizzazione delle funzioni amministrative» in materia, avrebbe dovuto assicurare – alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia (a partire dalla richiamata sentenza n. 303 del 2003) – un adeguato coinvolgimento delle regioni attraverso lo strumento dell’intesa. Ne discenderebbe, quindi, una violazione del principio di leale collaborazione.

3.– La Regione Veneto, con ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 10 ottobre 2022 e iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2022, ha impugnato gli artt. 5, comma 6, 6, comma 2, lettera c), 7, comma 1, primo periodo, 7, comma 1, secondo periodo, e 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, commi primo e secondo, e 120, secondo comma, Cost. Le medesime disposizioni sono impugnate, in riferimento agli stessi parametri e sulla base dei medesimi motivi, anche dalla Regione Emilia-Romagna (ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 10 ottobre 2022 e iscritto al n. 73 del registro ricorsi 2022) e dalla Regione Piemonte (ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 7 ottobre 2022 e iscritto al n. 76 del registro ricorsi 2022).

3.1.– Viene in primo luogo impugnato dalle ricorrenti l’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, il quale affida ad un decreto ministeriale, da adottarsi «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», la definizione della «composizione» e delle «modalità di funzionamento» dell’Osservatorio dello spettacolo (istituito, ai sensi dell’art. 5, comma 1, presso il Ministero della cultura). Inoltre, con decreto ministeriale dovranno essere definite anche le «modalità di raccolta e pubblicazione» delle informazioni in materia di spettacolo (dati sull’andamento delle attività, sulla spesa annua, sulle condizioni di lavoro), «le modalità operative di realizzazione, gestione e funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, nonché la composizione e le modalità di funzionamento» della commissione tecnica che – ai sensi dell’art. 5, comma 5, della legge n. 106 del 2022 – provvederà alla tenuta del registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo.

Le Regioni ricorrenti – pur non contestando «la determinazione del legislatore statale di istituire, ben oltre il mero coordinamento informativo, un sistema a rete complessivamente orientato alla promozione delle iniziative nel settore dello spettacolo», né «il ruolo generale di coordinamento assegnato all’Osservatorio nazionale nel sistema a rete» – lamentano la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in ragione del fatto che la disposizione impugnata prevede, nell’ambito di una materia di legislazione concorrente, che il decreto ministeriale volto a disciplinare, tra l’altro, l’Osservatorio dello spettacolo, sia adottato «sentita la Conferenza permanente», anziché «d’intesa con la Conferenza permanente», e, quindi, senza la necessaria «condivisione» con le Regioni in relazione alle scelte riguardanti la «struttura e composizione del baricentro del sistema comune». Risulterebbe pertanto violato anche il principio di leale collaborazione sancito dall’art. 120, secondo comma, Cost.

3.2.– Le ricorrenti impugnano, in secondo luogo, l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, che affida ad un decreto ministeriale – da adottarsi «previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» – la disciplina delle «modalità operative di realizzazione e funzionamento» del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo. Tale sistema è stato istituito, ai sensi del precedente comma 1 dello stesso art. 6, «[a]l fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attività» e si compone dell’Osservatorio statale di cui all’art. 5 e degli osservatori regionali di cui al successivo art. 7.

La disposizione è impugnata in via cautelativa «per l’ipotesi che l’oggetto “modalità operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale” – Sistema del quale […] fanno parte l’Osservatorio nazionale dello spettacolo, di cui all’articolo 5, e gli Osservatori regionali dello spettacolo, di cui all’articolo 7 – comprenda anche la disciplina degli Osservatori regionali». Secondo le ricorrenti, qualora si accedesse ad una simile interpretazione della disposizione impugnata, risulterebbe violato innanzitutto l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché si determinerebbe un’indebita invasione nella materia di competenza legislativa residuale dell’organizzazione amministrativa regionale.

Inoltre, qualora la disposizione fosse intesa nel senso di legittimare un intervento statale sugli osservatori regionali, risulterebbe violato anche l’art. 117, sesto comma, Cost., il quale riconosce una competenza regolamentare allo Stato solo «nelle materie di legislazione esclusiva», e si determinerebbe altresì un contrasto con i «principi costituzionali in materia di rapporti tra fonti statali e fonti regionali, derivanti dalla natura di legge della fonte regionale, assoggettata ad uno specifico sistema di limiti di carattere legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma, Cost.)». Tali principi, infatti, non consentirebbero alla fonte secondaria statale di vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale, né di incidere su disposizioni regionali preesistenti (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 22 del 2003).

Infine, l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022 violerebbe anche il «principio di legalità, fondato nella riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici, sancita dall’art. 97, secondo comma Cost.», perché la disposizione – qualora legittimasse un intervento sulla disciplina degli osservatori regionali – consentirebbe ad un atto regolamentare di condizionare l’organizzazione regionale, con conseguente «ridondanza» del vizio sulle competenze legislative delle regioni in materia di organizzazione degli uffici (art. 117, quarto comma, Cost.) e in materia di spettacolo (art. 117, terzo comma, Cost.).

3.3.– È impugnato inoltre l’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, secondo il quale «[n]ell’ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza, prossimità ed efficacia, concorrono all’attuazione dei princìpi generali di cui all’articolo 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione».

Tale disposizione violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché il legislatore statale, sulla base di «una dichiarazione programmatica», verrebbe a definire «riduttivamente la posizione costituzionale della Regione nella materia dello spettacolo, ascritta alla “promozione e organizzazione di attività culturali”». Poiché nelle materie di competenza concorrente l’intervento statale è limitato alla definizione dei «principi fondamentali» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 282 del 2002), la disposizione statale non potrebbe qualificare la competenza legislativa regionale «in termini di mero “concorso” all’attuazione di tali principi» e, ove volesse attrarre alcune funzioni in capo allo Stato, dovrebbe rispettare le «regole sancite sin dalla sentenza n. 303 del 2003».

D’altra parte, il declassamento della potestà concorrente ad una «minore potestà legislativa regionale» sarebbe confermato – ad avviso delle ricorrenti – anche dal fatto che, per ciò che riguarda la distribuzione delle funzioni nel territorio della Regione, «ogni valutazione di sussidiarietà, adeguatezza, prossimità ed efficacia» dovrebbe spettare non già al legislatore statale, ma a quello regionale; inoltre, lo stesso riferimento al limite «delle risorse disponibili» – contenuto nell’art. 7, comma 1 – potrebbe riferirsi «soltanto alle assegnazioni sull’apposito fondo, ma non può incidere sull’autonomia di spesa della Regione».

3.4.– È altresì impugnato l’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, il quale prevede che le regioni intervengano in materia di spettacolo – anche attraverso le azioni indicate dal legislatore statale nelle successive lettere a), b) e c) – «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

Ad avviso delle ricorrenti, la disposizione violerebbe innanzitutto l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché assoggetterebbe l’esercizio della legislazione regionale nella materia «promozione e organizzazione di attività culturali» ad un «presupposto e un vincolo derivanti da un atto amministrativo di carattere politico, qual è l’accordo raggiunto in Conferenza». Secondo le Regioni, infatti, tali accordi – in quanto riconducibili a quelli previsti dall’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali) – non potrebbero vincolare l’esercizio della funzione legislativa, essendo la loro efficacia limitata al piano politico (sono richiamate, di questa Corte, la sentenza n. 437 del 2001, nonché le sentenze n. 137 del 2018, n. 237 del 2017 e n. 176 del 2016). Da ciò discenderebbe anche la violazione dei principi costituzionali che regolano i rapporti tra atti statali e fonti regionali, impliciti nella attribuzione alla regione di potere legislativo (art. 117, primo, terzo e quarto comma, Cost.) e nella regola costituzionale sul riparto della potestà regolamentare (art. 117, sesto comma, Cost.).

Infine, poiché attraverso l’accordo si verrebbero a imporre specifiche soluzioni organizzative alle regioni (gli osservatori regionali), risulterebbe anche violato l’art. 117, quarto comma, Cost., per invasione della potestà legislativa residuale in materia di organizzazione regionale, nonché l’art. 97, secondo comma, Cost., per lesione della riserva di legge in materia di organizzazione degli uffici.

3.5.– È infine censurato l’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, il quale prevede che le regioni promuovono e sostengono le attività dello spettacolo dal vivo «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni».

Secondo le ricorrenti, il legislatore statale si sarebbe intromesso nell’organizzazione amministrativa regionale, in violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost., avendo attribuito funzioni direttamente ad un ufficio regionale: ciò si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza costituzionale che impone al legislatore statale di assegnare le funzioni all’ente e non ad uno specifico organo regionale (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 293 del 2012 e n. 387 del 2007). In questa prospettiva, la disposizione impugnata precluderebbe alle regioni la possibilità di adottare soluzioni organizzative diverse dall’istituzione dell’osservatorio regionale per l’esercizio delle funzioni di promozione dello spettacolo dal vivo. D’altra parte, la disposizione, nel regolare una «funzione finale», come è quella di promozione e sostegno dello spettacolo, si rivelerebbe del tutto irragionevole e sproporzionata rispetto allo stesso obiettivo della legge statale di favorire, ai sensi degli artt. 5 e 6 della legge n. 106 del 2022, il coordinamento informativo tra i sistemi regionali e l’osservatorio statale.

Ad avviso delle ricorrenti, inoltre, essendo prevista come «necessaria la partecipazione di province, città metropolitane e comuni all’esercizio delle funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo», sarebbero altresì violati gli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118, secondo comma, Cost. Il legislatore statale, infatti, avrebbe illegittimamente predeterminato «una scelta di allocazione delle funzioni» amministrative che, invece, spetterebbe alla regione alla luce della sua titolarità di competenze legislative in materia di promozione e sostegno dello spettacolo.

4.– Con ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 7 ottobre 2022 e iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2022, anche la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato gli artt. 5, comma 6, 6, comma 2, lettera c), 7, comma 1, primo periodo, 7, comma 1, secondo periodo, e 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, commi primo e secondo, e 120, secondo comma, Cost., in virtù della cosiddetta clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché in riferimento agli artt. 4, primo comma, numeri 1), 1-bis) e 14), e 8, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).

Le censure, pur essendo di analogo tenore a quelle promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, sono riferite anzitutto a specifiche disposizioni statutarie inerenti al riparto di competenze con lo Stato.

4.1.– In particolare, la ricorrente rivendica innanzitutto la titolarità di una competenza legislativa primaria in materia di spettacolo, la quale sarebbe ricompresa nella materia «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale» (art. 4, primo comma, numero 14, dello statuto speciale). D’altra parte, osserva la ricorrente, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia eserciterebbe da «oltre cinquant’anni» funzioni legislative e amministrative in materia, anche alla luce del trasferimento di «tutte le funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di istituzioni culturali, che abbiano sede nel territorio regionale e vi svolgano prevalentemente la loro attività», operato dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia).

4.2.– Alla luce di tale prospettazione, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in relazione all’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, lamenta quindi anche la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale. La disposizione impugnata, infatti, nel prevedere che il decreto ministeriale (volto a regolare, tra le altre cose, le modalità di funzionamento dell’Osservatorio statale per lo spettacolo) sia adottato «sentita la Conferenza permanente», anziché «d’intesa con la Conferenza permanente», si porrebbe in violazione della competenza legislativa primaria in materia di spettacolo, dal momento che – ad avviso della ricorrente – «ogni “ritaglio” di funzioni in materia statutaria, quando si tratti di materia che è regionale anche nell’art. 117 Cost. novellato» dovrebbe essere rispettoso dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. È altresì denunciata la violazione dell’art. 8 dello statuto speciale, il quale prevede che la Regione eserciti «le funzioni amministrative nelle materie in cui ha potestà legislativa a norma degli articoli 4 e 5 salvo quelle attribuite agli enti locali dalle leggi della Repubblica».

4.3.– Con riferimento all’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, la Regione Friuli-Venezia Giulia – per l’ipotesi in cui si ritenesse che l’oggetto del decreto ministeriale possa ricomprendere anche la disciplina degli osservatori regionali – denuncia anche la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale (ovvero dell’art. 117, quarto comma, Cost., ove applicabile, in quanto più favorevole, in forza della clausola di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). La disposizione impugnata, infatti, verrebbe a invadere la competenza legislativa primaria nella materia «ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione», affidando ad una legge statale l’organizzazione di un ufficio regionale. Al contempo, nel consentire ad un atto «sublegislativo» di disciplinare l’osservatorio regionale, la disposizione impugnata violerebbe anche la competenza legislativa primaria nella materia «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale» (art. 4, primo comma, numero 14, dello statuto speciale).

4.4.– In riferimento all’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022 – il quale prevede che le regioni «concorrono all’attuazione dei principi generali», di cui all’art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175 (Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia), quali principi fondamentali della materia –, la ricorrente denuncia anche la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale, posto che la disposizione impugnata degraderebbe a «potestà concorrente» la competenza legislativa primaria della Regione autonoma in materia di «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale».

Inoltre, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 Cost., per contrasto con il principio di ragionevolezza, poiché la disposizione impugnata imporrebbe alla Regione autonoma l’osservanza di norme di principio contenute nell’art. 1 della legge n. 175 del 2017, la quale, invece, all’art. 6, aveva fatto espressamente salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale vizio si rifletterebbe, infine, anche sulla competenza legislativa primaria in materia di spettacolo (riconducibile all’art. 4, primo comma, numero 14, dello statuto speciale) e sulle corrispondenti funzioni amministrative (in virtù di quanto previsto dall’art. 8 dello statuto di autonomia).

4.5.– In relazione all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, la Regione Friuli-Venezia Giulia censura altresì la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale (così come dell’art. 117, quarto comma, Cost., applicabile, in quanto più favorevole, in forza della clausola di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), dal momento che la disposizione impugnata assoggetterebbe la competenza legislativa primaria nella materia «ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione» ad un vincolo derivante da un accordo di carattere politico, come è quello raggiunto in Conferenza permanente. Per le medesime ragioni è inoltre denunciata la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale, poiché la disposizione interferirebbe con la competenza legislativa primaria in materia di «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale».

4.6.– Quanto all’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, viene anche denunciata la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto di autonomia (così come dell’art. 117, quarto comma, Cost., applicabile, in quanto più favorevole, in forza dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). Ad avviso della ricorrente, infatti, la disposizione invaderebbe illegittimamente la competenza legislativa primaria nella materia «ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione», in ragione dell’assegnazione di funzioni amministrative non già all’ente, ma ad un organo determinato (l’osservatorio regionale).

Inoltre, viene lamentata la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 1-bis), dello statuto speciale, che affida alla Regione autonoma la competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», poiché la disposizione impugnata – nella parte in cui «prevede come necessaria la partecipazione di province, città metropolitane e comuni» – verrebbe a predeterminare una scelta di allocazione delle funzioni di promozione delle attività di spettacolo, la quale, invece, spetterebbe solo alla medesima Regione (anche alla luce dell’art. 4, primo comma, numeri 1 e 14, dello statuto speciale).

5.– Con ricorso notificato il 3 ottobre 2022, depositato il 7 ottobre 2022 e iscritto al n. 75 del registro ricorsi 2022, la Regione Lombardia ha impugnato gli artt. 5, comma 6, 7, comma 1, primo periodo, e 7, comma 1, secondo periodo, lettere a), b) e c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, commi primo e secondo, e 120, secondo comma, Cost. Le censure, pur non riguardando le medesime disposizioni, sono in larga misura corrispondenti a quelle fatte valere dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e, ad esclusione degli evocati parametri statutari, dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.

5.1.– Peraltro, in relazione all’impugnazione dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, la Regione Lombardia impugna anche le disposizioni di cui alle lettere a), b) e c), le quali definiscono le azioni e gli interventi regionali in materia e, quindi, delineano l’ambito su cui dovranno incidere i criteri definiti dai suddetti accordi.

In particolare, la ricorrente – oltre a denunciare che il legislatore statale avrebbe assoggettato ad accordi di rilievo politico la potestà legislativa concorrente in materia di «promozione e organizzazione di attività culturali» – lamenta la violazione dell’art. 117, commi terzo e quarto, Cost., posto che la disposizione impugnata non solo imporrebbe l’istituzione degli osservatori regionali dello spettacolo (lettera a), ma «pretenderebbe di attribuire a tali uffici anche il compito di verificare l’efficacia dell’intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attività di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l’Osservatorio dello spettacolo (lett. b), nonché la funzione di promuovere e sostenere, anche con la partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attività dello spettacolo dal vivo (lett. c)». Una tale riduzione del margine di autonomia della Regione si rivelerebbe incoerente con la stessa logica del sistema a rete, il quale non potrebbe legittimare interferenze sulle scelte regionali in ordine alle modalità di valutazione dell’efficacia dell’intervento pubblico e di finanziamento delle attività.

5.2.– Inoltre, in relazione all’impugnazione dell’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, la Regione Lombardia denuncia anche la violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost., per contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione: ad avviso della ricorrente, infatti, la disposizione impugnata assegnerebbe funzioni di amministrazione attiva (promozione e sostegno dello spettacolo) ad un ufficio – quale è l’osservatorio regionale – che dovrebbe invece essere preordinato ad una diversa finalità di raccolta e di analisi dei dati.

6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in ciascuno dei giudizi instaurati con i predetti ricorsi, chiedendo che le relative questioni siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

6.1.– La difesa statale ha innanzitutto richiamato la giurisprudenza costituzionale che, anche in materia di spettacolo, ha legittimato la possibilità per lo Stato di avocare in sussidiarietà le funzioni amministrative, là dove emerga l’esigenza di assicurarne l’esercizio unitario e, al contempo, si voglia evitare il rischio di un’eccessiva frammentazione degli interventi pubblici in tale settore (sono richiamate le sentenze n. 255 del 2004 e n. 285 del 2005). D’altra parte, sottolinea l’Avvocatura dello Stato, la chiamata in sussidiarietà è stata ammessa dalla giurisprudenza costituzionale anche in materie riconducibili alla competenza legislativa residuale, ove si è ritenuto legittimo il rinvio, da parte della legge, ad atti regolamentari statali finalizzati a disciplinare la materia, in quanto giustificato da esigenze di unitarietà e comunque conforme a criteri di proporzionalità (sono richiamate le sentenze n. 214 del 2006 e n. 88 del 2007).

6.2.– Quanto agli obiettivi e ai contenuti della legge n. 106 del 2022, l’Avvocatura dello Stato, dopo aver ricostruito la genesi e il percorso parlamentare che ha condotto alla sua approvazione, ha sottolineato che le disposizioni impugnate (artt. 5, 6 e 7) rispondono alla comune esigenza di delineare un Sistema nazionale a rete dello spettacolo che sia in grado di assicurare, attraverso l’integrazione tra il livello statale e quello regionale, una maggiore «omogeneità ed efficacia all’azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attività». In questa prospettiva, oltre al riordino delle funzioni di un Osservatorio già esistente presso il Ministero della cultura (art. 5), è stata prevista la creazione di un Sistema nazionale a rete per la migliore condivisione delle informazioni tra lo Stato e le regioni (art. 6): e ciò, dando seguito alle stesse istanze che, anche a livello locale, auspicavano da tempo un maggiore coordinamento tra i diversi osservatori costituiti in molte regioni (Campania, Puglia, Emilia-Romagna, Basilicata, Veneto, nonché Regione Siciliana e Regione autonoma Sardegna).

Tuttavia, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’esigenza di unitarietà e di uniformità nella raccolta e condivisione delle informazioni sullo spettacolo non si sarebbe spinta sino ad imporre alle regioni l’istituzione di un osservatorio regionale, posto che esse rimarrebbero libere sia di istituire tali osservatori, sia di adeguare quelli esistenti, al fine di provvedere al loro inserimento all’interno della rete nazionale.

6.3.– Con specifico riguardo alle censure rivolte dalla Regione Friuli-Venezia Giulia a tutte le disposizioni indicate e riferite all’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale, la difesa erariale contesta la riconducibilità delle competenze legislative regionali in materia di spettacolo alla competenza statutaria di rango primario. Secondo l’Avvocatura dello Stato, infatti, lo statuto speciale limiterebbe la potestà legislativa primaria della Regione alle sole «istituzioni culturali», e quindi alla disciplina di tali soggetti, senza attribuire alla stessa alcuna potestà in merito ai settori di attività nei quali le medesime istituzioni operano. Si tratterebbe, pertanto, di una formulazione assai differente da quella di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che fa riferimento al più ampio ambito della promozione e organizzazione delle attività culturali e che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, ricomprende al suo interno la materia dello spettacolo.

In ragione di ciò, in forza dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, anche per la Regione Friuli-Venezia Giulia troverebbe applicazione l’art. 117, terzo comma, Cost., con conseguente non fondatezza di tutti i motivi di ricorso in cui viene lamentata la violazione dell’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale.

6.4.– Quanto alle singole disposizioni impugnate, l’Avvocatura dello Stato deduce, in primo luogo, la non fondatezza delle questioni promosse dalla Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia nei confronti dell’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022. In particolare, il decreto ministeriale previsto dalla disposizione impugnata riguarderebbe la composizione e le modalità di funzionamento di un «organo incardinato presso il Ministero della cultura». Poiché, quindi, la disciplina «attiene all’organizzazione di strutture amministrative statali», essa andrebbe al di là delle competenze regionali in materia, non risultando necessaria, né giustificata, la previsione di un’intesa, la quale «implicherebbe la compartecipazione a pieno titolo delle Regioni stesse alle scelte attinenti all’organizzazione amministrativa statale». In ogni caso, sottolinea la difesa erariale, la disposizione ha comunque previsto una forma di coinvolgimento delle regioni nella forma del parere.

6.5.– Quanto alle questioni promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia avverso l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, l’Avvocatura dello Stato evidenzia che il decreto contemplato dalla disposizione impugnata – per la cui adozione peraltro si prevede l’acquisizione dell’intesa in Conferenza permanente – è volto unicamente a disciplinare le modalità operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale: e ciò, al fine «di realizzare un sistema omogeneo a livello nazionale, in grado di assicurare l’efficacia dell’azione conoscitiva del settore dello spettacolo». In questa prospettiva, non emergerebbe una lesione delle competenze legislative e regolamentari delle regioni, posto che «la disposizione censurata non si presta a essere interpretata come ipotizzato – sia pure in via meramente cautelativa –» dalle Regioni ricorrenti.

6.6.– In relazione alle questioni promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia avverso l’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, l’Avvocatura dello Stato eccepisce innanzitutto l’inammissibilità dei ricorsi per il loro «contenuto generico e indeterminato»: ad avviso della difesa erariale, infatti, non è chiaro in cosa si sostanzierebbe la lesione delle prerogative spettanti alle regioni, né i ricorsi avrebbero chiarito in maniera adeguata in che modo la disposizione impugnata sarebbe andata oltre l’indicazione di principi fondamentali.

D’altra parte, ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, il “concorso” delle regioni all’attuazione dei «principi fondamentali» sanciti dall’art. 1 della legge n. 175 del 2017 sarebbe da intendersi innanzitutto in una dimensione «orizzontale» (ovvero tra le regioni medesime) e poi anche in senso «verticale» con lo Stato (sebbene solo in relazione ai compiti attribuiti all’Osservatorio nazionale).

Nel merito, la censura sarebbe comunque non fondata, posto che i principi contenuti nell’art. 1 della legge n. 175 del 2017 concernono la promozione e lo sviluppo della cultura e sono qualificabili come principi fondamentali della materia, come previsto dall’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022. Inoltre, tale disposizione andrebbe letta in correlazione con la seconda, che riguarda le modalità con cui le regioni concorreranno all’attuazione dei principi generali della materia: da questo punto di vista, la stessa istituzione degli osservatori regionali sarebbe solo una delle possibili modalità con cui potrà realizzarsi il concorso all’attuazione dell’art. 1 della legge n. 175 del 2017.

6.7.– In relazione alla impugnazione dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, da parte delle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, la difesa statale evidenzia innanzitutto che l’intervento legislativo in esame – in quanto funzionale a ricondurre i tanti osservatori già presenti a livello regionale «a un sistema unitario, integrato con quello statale e così idoneo ad assicurare omogeneità ed efficacia all’azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attività» – sarebbe ascrivibile all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., ossia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale». In ogni caso, anche là dove si ravvisassero aspetti eccedenti tale competenza, viene richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha legittimato la chiamata in sussidiarietà dello Stato al fine di assicurare l’esercizio unitario delle funzioni nel settore dello spettacolo.

Con specifico riguardo alla previsione degli accordi, essi avrebbero natura politica e, quindi, sarebbero di carattere non vincolante. D’altra parte, tali strumenti, in quanto funzionali a «determinare unicamente i criteri necessari al fine di realizzare il coordinamento tra Stato e Regioni delle modalità di funzionamento complessivo degli osservatori regionali, ove istituiti, al fine di assicurare l’operatività del sistema a rete», non sarebbero in grado di condizionare «in via immediata e diretta» la potestà legislativa della regione, essendo piuttosto «diretti a orientarne complessivamente l’azione, anzitutto sul piano delle potestà amministrative» (come risulterebbe evidente dal riferimento alle attività di «verifica», «monitoraggio» e «valutazione»).

6.8.– Quanto alla impugnazione dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, lettera c), della legge n. 106 del 2022, l’Avvocatura dello Stato ribadisce che tale disposizione non prevede un obbligo per le regioni di istituire gli osservatori, dovendo le stesse solo “promuoverne” l’istituzione (ai sensi della lettera a). In ragione di ciò, anche le azioni di «promozione» e «sostegno» delle attività dello spettacolo dal vivo – indicate alla lettera c) – «ben possono essere assicurate dalla Regione con diverse modalità, senza necessariamente l’istituzione di osservatori», i quali rappresentano solo uno dei possibili canali di promozione delle attività dello spettacolo.

Anche con riferimento alle censure che si concentrano sull’obbligo di partecipazione a tali funzioni delle province, delle città metropolitane e dei comuni, la difesa erariale sottolinea che non sussisterebbe alcun obbligo, ritenendo il coinvolgimento di tali enti «meramente eventuale».

6.9.– Relativamente, infine, al ricorso della Regione Campania – avente ad oggetto l’impugnazione dell’intero art. 7 della legge n. 106 del 2022 –, l’Avvocatura dello Stato ne eccepisce l’inammissibilità e la non fondatezza per le medesime ragioni prospettate con riguardo all’impugnazione delle singole disposizioni di cui consta l’art. 7 da parte delle altre ricorrenti.

Con specifico riguardo alla denunciata adozione di una normativa di dettaglio da parte dello Stato, l’Avvocatura sottolinea che, proprio in virtù del rinvio operato dall’art. 7 ai «criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», questa normativa di dettaglio «non solo […] è correttamente rimessa alle Regioni ma anche la definizione dei criteri, ossia dei principi attribuiti alla potestà legislativa statale nelle materie di competenza concorrente, avviene in modalità concertata sulla base di accordi sanciti in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni». In definitiva, proprio la previsione di un accordo in sede di Conferenza permanente dovrebbe assicurare un maggior coinvolgimento delle regioni sin dal momento della definizione dei criteri e dei principi che dovranno ispirare i successivi interventi regionali.

Per ciò che concerne le specifiche censure della Regione Campania in merito alla violazione degli artt. 81, terzo comma, e 119 Cost., da un lato, si evidenzia che le regioni, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge n. 106 del 2022, sono chiamate a concorrere all’attuazione dei principi generali dettati in materia di spettacolo dall’art. 1 della legge n. 175 del 2017 «nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente» e, quindi, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili; dall’altro, proprio la facoltatività dell’istituzione dell’osservatorio da parte delle regioni renderebbe prive di pregio le censure in esame, posto che lo Stato non avrebbe imposto nessun nuovo o maggiore onere a carico della finanza pubblica regionale.

7.– In prossimità dell’udienza, le ricorrenti hanno presentato memorie in replica alle difese dell’Avvocatura dello Stato.

7.1.– In particolare, con memorie di analogo tenore, le Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia hanno ribadito che, alla luce della stessa giurisprudenza costituzionale in materia di spettacolo citata dal Presidente del Consiglio dei ministri (è citata la sentenza n. 255 del 2004), non sarebbe costituzionalmente legittima la previsione di un decreto ministeriale sottoposto al mero parere della Conferenza permanente al fine di disciplinare l’Osservatorio statale dello spettacolo (come previsto, invece, dall’impugnato art. 5, comma 6, della legge n. 105 del 2022). Ad avviso delle ricorrenti, infatti, non si tratterebbe della mera disciplina di un organo riconducibile all’organizzazione statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., ma piuttosto di una modalità con cui lo Stato ha disciplinato una funzione regionale attratta in sussidiarietà per esigenze di coordinamento delle politiche in materia di spettacolo. Di qui, la necessità che sia prevista l’intesa con le regioni anche in relazione alle modalità con cui verrà definita la disciplina regolamentare dell’Osservatorio nazionale. Né varrebbe ad escludere una simile esigenza il fatto che – come sostenuto invece dall’Avvocatura dello Stato – le Regioni rimarrebbero libere di istituire gli osservatori regionali dello spettacolo e di aderire al Sistema nazionale a rete: secondo le ricorrenti, infatti, «proprio il carattere collaborativo e paritetico del sistema imporrebbe la condivisione delle decisioni sulla organizzazione centrale del sistema».

7.2.– In relazione alla censura formulata in via «cautelativa» avverso l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, le ricorrenti – nel prendere atto della posizione del Presidente del Consiglio dei ministri in merito all’inidoneità di tale disposizione ad incidere sull’organizzazione degli osservatori regionali – hanno ribadito l’interesse ad una pronuncia interpretativa di questa Corte che fughi definitivamente i dubbi relativi ad una possibile lesione delle prerogative regionali in materia di organizzazione amministrativa: e ciò, anche alla luce del fatto che la disposizione non ha ancora avuto attuazione, non essendo stato adottato il decreto che dovrà disciplinare il concreto funzionamento del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo.

7.3.– In relazione all’impugnazione dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, le ricorrenti ribadiscono che le censure sono dirette a denunciare l’illegittimità costituzionale della disposizione ove la stessa consentisse un «concorso verticale» dello Stato nell’attuazione normativa o amministrativa dei principi fondamentali. Peraltro, le Regioni – prendendo atto della tesi dell’Avvocatura dello Stato sulla natura meramente «orizzontale» del “concorso” prefigurato dalla disposizione impugnata e sul fatto che l’intervento statale sarebbe comunque limitato «ai compiti dell’Osservatorio nazionale» – evidenziano che una simile interpretazione potrebbe essere idonea ad escludere la lesione denunciata.

7.4.– Con riferimento alle contestazioni avverso l’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, le ricorrenti evidenziano che – alla luce della tesi dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui la disposizione impugnata non vincolerebbe le regioni ad istituire gli osservatori e secondo cui il vincolo dell’accordo si esplicherebbe soprattutto «sul piano amministrativo, somministrando criteri di azione per la verifica, il monitoraggio e la valutazione dell’intervento pubblico di sostegno al settore» – la disposizione potrebbe andare esente dalle censure formulate nei rispettivi motivi di ricorso. Tuttavia, ad avviso delle ricorrenti, la disposizione non si giustificherebbe sulla base di una «chiamata in sussidiarietà» da parte dello Stato – come invece sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri – dal momento che il carattere volontario della partecipazione al sistema escluderebbe «logicamente che si sia in presenza di interessi che imprescindibilmente esigono un esercizio unitario». Di qui, peraltro, l’esigenza di chiarire, anche sul piano interpretativo, che la norma debba essere intesa come «programmatica in molte sue parti, come ad esempio nelle lettere a) e c)», le quali eccedono dai compiti di coordinamento informativo dello Stato.

La Regione Lombardia, inoltre, contesta la fungibilità – sostenuta dall’Avvocatura dello Stato – tra la legge e gli accordi nella determinazione dei principi fondamentali, posto che la riserva di legge costituirebbe un istituto di garanzia anche per le autonomie territoriali, non rappresentando d’altra parte la partecipazione regionale «un succedaneo dell’intervento del Parlamento».

7.5.– Infine, relativamente all’impugnazione dell’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, tutte le ricorrenti – prendendo atto della tesi dell’Avvocatura dello Stato in merito all’assenza di un obbligo di istituire gli osservatori regionali – evidenziano che, qualora la disposizione lasciasse effettivamente libere le regioni di mantenere la propria organizzazione delle funzioni e le proprie modalità di finanziamento, nonché di regolare i rapporti tra i livelli territoriali nell’esercizio delle funzioni amministrative in materia, sarebbe priva di carattere lesivo.

7.6.– La Regione Friuli-Venezia Giulia ha inoltre specificatamente contestato la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo la quale la competenza legislativa primaria di cui all’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale sarebbe riferibile unicamente alla disciplina delle «istituzioni culturali» e non comprenderebbe quella delle attività culturali e, quindi, dello spettacolo. In particolare, la Regione evidenzia che il trasferimento – operato dall’art. 3 del d.P.R. n. 902 del 1975 – delle «funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di istituzioni culturali, che abbiano sede nel territorio regionale e vi svolgano prevalentemente la loro attività» includeva non solo la disciplina dei soggetti, ma anche le stesse attività dello spettacolo.

A riprova di ciò, la ricorrente fa rilevare di avere disciplinato anche antecedentemente alla riforma del Titolo V della Costituzione il proprio sistema di sovvenzioni alle attività dello spettacolo e di essere intervenuta con molteplici leggi a regolare la materia: tale «criterio storico-normativo» confermerebbe il fatto che la competenza legislativa primaria in materia di istituzioni culturali «si è estesa, da sempre e pacificamente, anche alla disciplina del sostegno alle attività dello spettacolo». Né potrebbe sostenersi – come fatto dall’Avvocatura dello Stato – che la competenza legislativa della Regione autonoma si esplichi solo in riferimento ai soggetti e non con riguardo alle attività, posto che, in tal caso, la competenza legislativa primaria della Regione verrebbe ad essere eccessivamente limitata, stante la titolarità in capo allo Stato di competenze legislative in materia di ordinamento civile che investono la disciplina delle istituzioni culturali (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 153 del 2011, in materia di fondazioni lirico sinfoniche).

7.7.– La Regione Campania ha infine presentato una memoria in cui, nel replicare alle difese dell’Avvocatura dello Stato, ha ribadito che l’art. 7 della legge n. 106 del 2022 avrebbe in realtà una «portata precettiva e obbligatoria», non potendosi quindi sostenere – come fatto invece dal Presidente del Consiglio dei ministri – «la sussistenza di una mera facoltà in capo alle Regioni di promuovere l’istituzione degli Osservatori regionali dello spettacolo».

D’altra parte, trattandosi di un’ipotesi di «chiamata in sussidiarietà» da parte dello Stato, tali funzioni amministrative si sarebbero dovute svolgere a livello centrale «secondo i contenuti concertati con le Regioni in considerazione della potestà concorrente delle stesse sulla materia coinvolta»: cosa che, tuttavia, non è avvenuta, dal momento che lo Stato avrebbe imposto alle regioni specifiche modalità di esercizio delle funzioni in materia di spettacolo, sia attraverso l’obbligo di istituire gli osservatori regionali, sia prevedendo il necessario coinvolgimento degli enti locali.

Infine, l’assenza di facoltatività nella istituzione degli osservatori regionali confermerebbe un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, la quale – comportando nuovi oneri per le regioni senza la previsione delle necessarie coperture – violerebbe il principio dell’equilibrio di bilancio e la stessa autonomia finanziaria regionale nell’allocazione delle spese.

Considerato in diritto

1.– Con separati ricorsi, iscritti rispettivamente ai numeri 70, 72, 73, 74, 75 e 76 del registro ricorsi 2022, le Regioni Campania, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte hanno proposto giudizi in via principale avverso alcune disposizioni contenute negli artt. 5, 6 e 7 della legge n. 106 del 2022.

In particolare, le Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte impugnano, in primo luogo, l’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, commi primo e secondo, e 120, secondo comma, Cost. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia denuncia la violazione dei medesimi parametri in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nonché la violazione degli artt. 4, primo comma, numero 14), e 8 dello statuto speciale.

Le Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte impugnano, in secondo luogo, l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, e 117, commi terzo, quarto e sesto, Cost. La Regione Friuli-Venezia Giulia denuncia la violazione dei medesimi parametri in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nonché il contrasto con l’art. 4, primo comma, numeri 1) e 14), dello statuto speciale.

Le Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte impugnano, in terzo luogo, l’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. La Regione Friuli-Venezia Giulia impugna la medesima disposizione per violazione degli artt. 4, numero 14), e 8 dello statuto, dell’art. 3 del d.P.R. n. 902 del 1975, e dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché del principio di ragionevolezza (art. 3); in subordine, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

Le Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte impugnano, in quarto luogo, l’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, Cost., nonché per violazione dei principi costituzionali sui rapporti tra atti normativi statali e fonti regionali (ricavabili dall’art. 117, commi primo, terzo, quarto e sesto, Cost.). La Regione Friuli-Venezia Giulia denuncia la violazione dei medesimi parametri in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nonché la violazione dell’art. 4, primo comma, numeri 1) e 14), dello statuto speciale. La Regione Lombardia, nell’ambito di un motivo di ricorso di tenore analogo a quello illustrato dalle altre regioni in riferimento all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, impugna anche le successive lettere a), b) e c), lamentando il contrasto con l’art. 117, commi terzo e quarto, Cost.

Le stesse ricorrenti impugnano, da ultimo, l’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 117, commi terzo e quarto, e 118, commi primo e secondo, Cost. La Regione Friuli Venezia-Giulia lamenta anche il contrasto con gli artt. 4, primo comma, numeri 1), 1-bis) e 14), e 8 dello statuto speciale. La Regione Lombardia contesta altresì la violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost.

Infine, la Regione Campania impugna l’intero art. 7 della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 Cost.

2.– Considerata la parziale identità delle disposizioni impugnate e delle questioni promosse, i ricorsi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione.

3.– Occorre innanzitutto esaminare le questioni proposte dalla Regione Friuli-Venezia Giulia aventi ad oggetto gli artt. 5, comma 6, 6, comma 2, lettera c), 7, comma 1, primo e secondo periodo, e 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 4, primo comma, numero 14), e 8 dello statuto speciale.

3.1.– In relazione a tutte le disposizioni impugnate, infatti, la ricorrente lamenta l’invasione da parte del legislatore statale della competenza legislativa primaria sullo spettacolo, la quale sarebbe ricompresa nella materia «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale» (art. 4, comma 1, numero 14, dello statuto speciale), nonché della connessa competenza amministrativa (art. 8 dello statuto speciale).

3.2.– La questione non è fondata.

La materia dello spettacolo, che la giurisprudenza di questa Corte ha ricondotto alla competenza legislativa concorrente concernente la «promozione e organizzazione di attività culturali», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sin dalla sentenza n. 255 del 2004), ha una portata ben più ampia, e comunque non sovrapponibile, rispetto a quella delle «istituzioni culturali» cui fa riferimento l’art. 4, primo comma, numero 14), dello statuto speciale. Infatti, la disciplina giuridica delle «istituzioni culturali» non esaurisce certamente l’ambito della regolazione pubblicistica in materia di «promozione e organizzazione di attività culturali». D’altra parte, il concetto di «istituzione culturale» è riferibile soprattutto alla dimensione soggettiva di quegli enti che operano nel settore della cultura sulla base di un collegamento, più o meno intenso, con il settore pubblico, in termini di direzione, vigilanza, o mero finanziamento. La disciplina della «promozione e organizzazione di attività culturali», invece, concerne una dimensione oggettivo-funzionale e si riferisce alle attività che possono essere realizzate da una pluralità di soggetti, non necessariamente riconducibili al perimetro delle istituzioni culturali.

A riprova dell’impossibilità di far coincidere la materia «istituzioni culturali» della Regione autonoma con la complessiva disciplina della «promozione e organizzazione di attività culturali», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., appare significativo che altri statuti speciali facciano esplicito riferimento, oltreché alle istituzioni culturali, anche alla promozione delle attività culturali: è così, ad esempio, per lo statuto speciale per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»), ove è affidato alle Province autonome, oltre alla materia «usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale», anche il distinto e più esteso ambito materiale delle attività culturali («manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali […]», di cui all’art. 8, comma 1, numero 4, dello statuto speciale).

Infine, non appare dirimente il fatto che la Regione Friuli-Venezia Giulia sia da tempo intervenuta con legge nella materia dello spettacolo, anche attraverso la previsione di autonome forme di finanziamento del settore. Tale circostanza non consente di differenziare la posizione della Regione Friuli-Venezia Giulia da quella delle altre regioni a statuto ordinario, le quali, pur avendo da tempo legiferato in materia di spettacolo (anche istituendo specifiche forme di finanziamento), non sono titolari, per ciò solo, di competenza legislativa residuale in tale materia (come chiarito sin dalla sentenza n. 255 del 2004).

In ragione di tutto ciò, deve ritenersi che, in virtù della clausola di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nella materia dello spettacolo anche la Regione Friuli-Venezia Giulia sia titolare di una potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

3.3.– Stante l’assenza di una competenza legislativa primaria in materia di spettacolo, vanno rigettate anche le censure che, in relazione agli artt. 5, comma 6, 7, comma 1, primo periodo, e 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022, lamentano la compressione delle funzioni amministrative della Regione autonoma, invocando l’art. 8 dello statuto speciale, il quale sancisce la regola del “parallelismo” tra la titolarità di funzioni amministrative e la titolarità di competenze legislative primarie.

3.4.– Le ulteriori questioni promosse dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, che fanno valere tanto la violazione di altre norme dello statuto speciale, quanto la violazione di specifici parametri costituzionali, saranno scrutinate in occasione dell’esame delle singole disposizioni impugnate.

4.– Vengono in primo luogo in considerazione le censure promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, nei confronti dell’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022.

4.1.– L’art. 5 della legge n. 106 del 2022, dopo aver sancito l’istituzione presso il Ministero della cultura dell’Osservatorio dello spettacolo «[a]l fine di promuovere le iniziative nel settore dello spettacolo, anche mediante la disponibilità di informazioni, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, completezza e affidabilità» (comma 1), demanda ad uno o più decreti ministeriali la definizione della «composizione» e delle «modalità di funzionamento» di tale Osservatorio, nonché, tra l’altro, le modalità di raccolta e pubblicazione delle informazioni sul settore e di funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo (comma 6). In particolare, i decreti ministeriali sono adottati dal Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano […]».

4.2.– Le Regioni ricorrenti – pur non contestando la scelta del legislatore statale di istituire un sistema a rete per la promozione delle iniziative nel settore dello spettacolo e di affidare all’Osservatorio il ruolo di coordinamento di tale sistema – lamentano che la disposizione impugnata, intervenendo in una materia affidata alla potestà legislativa concorrente, avrebbe dovuto prevedere, nel rispetto del principio di leale collaborazione, il coinvolgimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano attraverso il modulo procedimentale dell’intesa in luogo del parere.

4.3.– Le questioni sono fondate.

La legge n. 106 del 2022 costituisce il primo intervento di sistema in materia di spettacolo successivamente alla riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione di cui alla legge cost. n. 3 del 2001. Un simile intervento era stato da tempo ritenuto da questa Corte una «necessità ineludibile» al fine di adeguare la disciplina statale al mutato assetto costituzionale, che vede indubbiamente un più ampio coinvolgimento delle regioni nell’attività di promozione e sostegno delle attività dello spettacolo (sentenza n. 255 del 2004).

Dalla riconducibilità delle disposizioni impugnate alla materia di legislazione concorrente deriva che le norme dettate dallo Stato possano trovare legittimazione se ne stabiliscono i principi fondamentali, secondo quanto previsto dall’art. 117, terzo comma, Cost., o se dettate per effetto della chiamata in sussidiarietà. In quest’ultimo caso, è necessario che la previsione di poteri statali funzionali a garantire l’esercizio unitario e, quindi, la maggiore omogeneità dell’intervento pubblico in materia, sia conforme alle regole sostanziali e procedurali che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, devono guidare la chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato (a partire dalle sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).

Nel caso in esame, sulla base della citata giurisprudenza, non è dubbia la sussistenza dei presupposti sostanziali che giustificano la chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato, sia dal punto di vista delle esigenze di unitarietà, sia con riguardo alla conformità ai principi di ragionevolezza e di proporzionalità dell’intervento legislativo statale. Peraltro, le stesse ricorrenti non hanno mai messo in discussione tale profilo.

Per quel che riguarda i requisiti procedurali della chiamata in sussidiarietà, questa Corte ha individuato nello strumento dell’intesa tra lo Stato e le regioni la forma necessitata di concreta declinazione del principio di leale collaborazione, da prevedersi non già rispetto alla fase di adozione della legge statale, ma rispetto al concreto esercizio delle funzioni amministrative disciplinate dalla legge medesima (tra le altre, sentenze n. 6 del 2023, n. 179 e n. 114 del 2022).

Alla luce di tale giurisprudenza, anche rispetto alla fase di definizione, con decreto statale, della «composizione» e delle «modalità di funzionamento» dell’Osservatorio dello spettacolo, nonché, tra l’altro, delle concrete modalità di raccolta e pubblicazione delle informazioni in materia di spettacolo e di funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo (ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022), lo Stato avrebbe dovuto garantire il più ampio coinvolgimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano attraverso il modulo procedimentale dell’intesa.

D’altra parte, va evidenziato che l’Osservatorio statale costituisce l’organo nevralgico per il concreto funzionamento del sistema a rete (previsto dal successivo art. 6). Pertanto, le modalità con cui lo stesso sarà costituito e verrà ad operare sono in grado di incidere sul concreto esercizio delle funzioni regionali in materia di spettacolo.

Infine, non può sostenersi che la disciplina dell’Osservatorio statale sia da ricondursi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello State e degli enti pubblici nazionali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. Come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, infatti, tale competenza «non può assumere le caratteristiche di un titolo “trasversale” in grado di legittimare qualsivoglia intervento legislativo indipendentemente dalle specifiche funzioni che ad un determinato ente pubblico vengano in concreto attribuite e dalle materie di competenza legislativa cui tali funzioni afferiscano» (sentenza n. 270 del 2005).

Peraltro, come si è già evidenziato, nel caso di specie i decreti ministeriali previsti dalla disposizione impugnata disciplinano non solo le modalità di composizione e funzionamento dell’Osservatorio statale, ma anche la raccolta e pubblicazione delle informazioni relative al settore dello spettacolo, la tenuta del registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo, le modalità operative di realizzazione, gestione e funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, nonché la composizione e il funzionamento della commissione tecnica che provvede alla tenuta del registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo. Il contenuto dei decreti ministeriali previsti dalla disposizione impugnata è quindi molto ampio e incide anche su profili funzionali che, lungi dal potersi ricondurre alla mera disciplina organizzativa di un ufficio statale, hanno un inevitabile impatto sulle competenze delle regioni in materia di spettacolo.

4.4.– In ragione di tutto ciò, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, e 120, secondo comma, Cost., nella parte in cui stabilisce che i decreti del Ministro della cultura debbano essere adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza.

5.– Occorre ora esaminare la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, che è stata promossa dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia.

5.1.– L’art. 6 della legge n. 106 del 2022 affida ad un decreto ministeriale – da adottarsi «previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» (comma 2) – la disciplina delle «modalità operative di realizzazione e funzionamento» del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo (comma 2, lettera c). Di tale sistema – istituito «[a]l fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attività» – fanno parte «l’Osservatorio dello spettacolo, di cui all’articolo 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all’articolo 7» (art. 6, comma 1).

5.2.– Le ricorrenti non contestano la chiamata in sussidiarietà operata dallo Stato, né dal punto di vista dei presupposti sostanziali, né dal punto di vista della concreta declinazione procedurale del principio di leale collaborazione. La disposizione è invece impugnata, «in via cautelativa», poiché si teme che il decreto ministeriale concernente le «modalità operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» possa incidere sulla disciplina degli osservatori regionali. In questo caso, infatti, sarebbero lesi la competenza legislativa residuale in materia di organizzazione regionale, la riserva di legge in materia di organizzazione degli uffici (art. 97, secondo comma, Cost.), nonché l’art. 117, sesto comma, Cost., e i principi costituzionali che precludono alla fonte secondaria statale di vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale.

5.3.– Le questioni non sono fondate, nei termini di seguito precisati.

Come emerge dal tenore letterale della disposizione impugnata, il decreto ministeriale è chiamato a definire unicamente le concrete modalità di funzionamento del Sistema nazionale a rete, senza potersi occupare della disciplina e della concreta organizzazione degli osservatori regionali.

È vero che – ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge n. 106 del 2022 – di tale Sistema nazionale a rete «fanno parte» gli osservatori regionali. Tuttavia, tale disposizione, non impone alle regioni l’istituzione di specifici uffici così denominati, venendo semmai a richiedere che, all’interno del sistema a rete, siano necessariamente operative strutture regionali, che possano garantire, sul piano funzionale, un maggiore coordinamento informativo in materia di spettacolo, attraverso la periodica condivisione di dati e informazioni sul settore. Tutto ciò, soprattutto nella prospettiva di rafforzare la conoscenza dell’intervento pubblico nelle diverse realtà regionali e rendere, per questa via, meno frammentarie, e quindi più efficaci, le politiche pubbliche concernenti le attività dello spettacolo.

Una simile prospettiva risulta peraltro confermata da altre disposizioni dell’art. 6 della legge n. 106 del 2022 – che non sono state oggetto di impugnazione –, ove si fa riferimento alla necessaria definizione, da parte dei decreti ministeriali, delle «modalità di coordinamento e di indirizzo dell’Osservatorio dello spettacolo nell’ambito del Sistema nazionale» (art. 6, comma 2), nonché delle «modalità operative per lo svolgimento di attività a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi, nel territorio di rispettiva competenza» (art. 6, comma 2, lettera a).

Anche alla luce di tali disposizioni, deve quindi ritenersi che il decreto che definirà «le modalità operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» non potrà imporre specifiche soluzioni organizzative alle regioni, ma dovrà disciplinare, sul piano funzionale, le regole che garantiranno la più efficace condivisione di informazioni e dati da parte dello Stato e delle regioni all’interno del Sistema nazionale a rete, sulla base di quella «comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei» (sentenza n. 179 del 2022), che appare imprescindibile ai fini della migliore conoscenza, e governo, del settore dello spettacolo e che è sorretta anche dalla competenza legislativa dello Stato nella materia «coordinamento informativo» (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.).

5.4.– In ragione di quanto si è detto, le questioni di legittimità costituzionale promosse dalle ricorrenti nei confronti dell’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022 non sono fondate.

6.– Vanno ora esaminate le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, che sono state promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia.

6.1.– L’art. 7 della legge n. 106 del 2022 (intitolato «Osservatori regionali dello spettacolo») individua, al primo periodo del comma 1, i principi fondamentali della materia ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, viene chiarito che le regioni, «[n]ell’ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, […] in applicazione dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza, prossimità ed efficacia, concorrono all’attuazione dei princìpi generali di cui all’articolo 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione».

6.2.– La disposizione è impugnata nella parte in cui prevede che le regioni «concorrono» all’attuazione dei principi fondamentali della materia contenuti nell’art. 1 della legge n. 175 del 2017. Ad avviso delle ricorrenti, tale disposizione violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché il legislatore statale, sulla base di «una dichiarazione programmatica», avrebbe definito in maniera riduttiva il ruolo delle regioni, prevedendo un concorso statale all’attuazione dei principi fondamentali della materia. D’altra parte, tanto il riferimento alle esigenze di «sussidiarietà, adeguatezza, prossimità ed efficacia», quanto il riferimento al limite «delle risorse disponibili» determinerebbero una indebita compressione della potestà legislativa regionale.

La Regione Friuli-Venezia Giulia contesta, inoltre, l’irragionevolezza della disposizione poiché essa impone anche alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano il rispetto dei principi contenuti nell’art. 1 della legge n. 175 del 2017, mentre l’art. 6 di tale legge prevede che le relative disposizioni si applichino «compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione». La Regione autonoma promuove altresì questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

6.3.– In via preliminare, non possono accogliersi le eccezioni di inammissibilità dell’Avvocatura dello Stato, poiché i ricorsi superano quella «“soglia minima di chiarezza e di completezza” che rende ammissibile l’impugnativa proposta (sentenze n. 52 e n. 42 del 2021)» (sentenza n. 95 del 2021).

Va invece dichiarata l’inammissibilità della questione promossa dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in riferimento all’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, poiché del tutto sprovvista di motivazione.

6.4.– Nel merito le questioni non sono fondate.

Il legislatore statale, nel definire per la prima volta i «principi fondamentali» della materia dello spettacolo ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., si è posto in linea con la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione di cui alla legge cost. n. 3 del 2001, riconoscendo in maniera inequivoca la competenza delle regioni nell’adozione della normativa di dettaglio attuativa di tali principi, fatte salve le ipotesi di chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato.

In questa prospettiva, non può ritenersi lesivo delle competenze regionali il fatto che il legislatore abbia utilizzato il verbo “concorrere” con riferimento al ruolo delle regioni nell’attuazione dei principi fondamentali. Infatti, la ratio di questa norma è quella di promuovere una cooperazione fra le diverse realtà regionali, per una più efficace realizzazione del sistema complessivo di governo dello spettacolo.

La non fondatezza delle questioni in esame appare peraltro confermata dal fatto che le stesse ricorrenti definiscono la disposizione impugnata come espressione di una «dichiarazione programmatica» da parte del legislatore statale, con ciò implicitamente escludendone la portata immediatamente lesiva delle prerogative regionali. Una simile lesione sarebbe potuta venire in rilievo, ai fini di una declaratoria di illegittimità costituzionale, solo qualora le ricorrenti avessero dimostrato, in concreto, l’indebita adozione da parte dello Stato di una normativa di dettaglio non riconducibile alla definizione dei principi fondamentali della materia: cosa che, con riguardo alla censura in esame, non è avvenuta.

6.5.– Infine, non può ritenersi che la disposizione sia affetta da irragionevolezza – come prospettato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia – per contrasto con la clausola di salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano che è contenuta nell’art. 6 della legge n. 175 del 2017.

Come si è detto, la Regione Friuli-Venezia Giulia non è titolare di una competenza legislativa primaria in materia di spettacolo e, pertanto, non è ravvisabile alcuna distonia tra la disposizione impugnata e la clausola di salvaguardia di cui all’art. 6 della legge n. 175 del 2017.

6.6.– In ragione di quanto precisato, le questioni di legittimità costituzionale promosse dalle ricorrenti nei confronti dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, non sono fondate.

7.– Occorre ora esaminare le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 7, comma 1, secondo periodo, lettera c), della legge n. 106 del 2022, che sono state promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Inoltre, anche il ricorso della Regione Campania, pur riguardando l’intero art. 7 della legge n. 106 del 2022, concentra le sue censure principalmente sulla previsione contenuta nella lettera c), facendo valere la violazione anche di ulteriori parametri costituzionali.

7.1.– L’art. 7, comma 1, secondo periodo, lettera c), della legge n. 106 del 2022 prevede che le regioni promuovono e sostengono le attività dello spettacolo dal vivo «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni».

7.2.– In relazione a tale disposizione, viene innanzitutto denunciata l’invasione, da parte del legislatore statale, delle competenze legislative regionali in materia di organizzazione amministrativa (art. 117, quarto comma, Cost. e art. 4, primo comma, numero 1, dello statuto speciale). Inoltre, la disposizione, nel regolare una «funzione finale», qual è quella di promozione e sostegno dello spettacolo, si rivelerebbe del tutto irragionevole e sproporzionata rispetto al principale obiettivo dell’intervento legislativo, consistente nel favorire il coordinamento tra i sistemi regionali e lo Stato. Tale profilo è specificamente censurato anche dalla Regione Lombardia, la quale fa valere la violazione dell’art. 97, secondo comma, Cost., per contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione. La Regione Campania denuncia altresì che l’obbligo di istituire gli osservatori regionali determinerebbe anche una violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., per assenza di adeguata copertura finanziaria a fronte di nuovi oneri imposti alle regioni, e dell’art. 119 Cost., poiché sarebbe compromesso l’equilibrio di bilancio e l’autonomia finanziaria regionale nella allocazione delle spese.

7.3.– Infine, tutte le ricorrenti lamentano anche la violazione degli artt. 117, commi terzo e quarto, 118, primo e secondo comma, Cost., poiché il legislatore statale, nel fare riferimento alla partecipazione delle province, delle città metropolitane e dei comuni all’esercizio delle funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo, avrebbe effettuato una scelta sull’allocazione delle funzioni amministrative che spetterebbe, invece, alle singole regioni. Tale censura è formulata anche dalla Regione Friuli˗Venezia Giulia, che lamenta la violazione della propria competenza legislativa primaria nella materia «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 4, primo comma, numero 1˗bis, dello statuto).

7.4.– Le questioni sono fondate per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost.

Il legislatore statale ha disciplinato l’assetto organizzativo che deve caratterizzare la funzione di amministrazione attiva per la promozione e il sostegno delle attività dello spettacolo. Dal tenore letterale della disposizione impugnata – secondo cui le regioni «promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, […] le attività dello spettacolo dal vivo» – si evince, infatti, che le stesse funzioni regionali di promozione e sostegno delle attività dello spettacolo, e non quelle finalizzate al mero scambio di informazioni all’interno del Sistema nazionale a rete, dovranno necessariamente svolgersi «attraverso gli osservatori regionali».

Questa Corte ha in più occasioni censurato interventi statali che avevano affidato funzioni amministrative non già alla regione, ma a specifici organi o enti regionali (sentenze n. 22 del 2012, n. 95 del 2008 e n. 387 del 2007). In particolare, è stata dichiarata «l’illegittimità di norme statali che provvedevano a indicare specificamente l’organo regionale titolare della funzione amministrativa» (sentenza n. 293 del 2012, che richiama, tra le altre, la sentenza n. 387 del 2007).

Alla luce di tale giurisprudenza, la disposizione impugnata si pone pertanto in contrasto con la competenza legislativa regionale in materia di organizzazione degli uffici (riconducibile all’art. 117, quarto comma, Cost.). D’altra parte, come evidenziato dalle ricorrenti, sino ad ora le regioni hanno adottato soluzioni molto diverse sul piano organizzativo, sia in merito all’istituzione degli osservatori regionali, sia in merito alla scelta di attribuire le funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo ad uno specifico ufficio dell’amministrazione regionale.

Va inoltre evidenziato che proprio l’attribuzione agli osservatori regionali non solo di funzioni informative (come quelle previste alla lettera a), ma anche di funzioni di amministrazione attiva (come quelle di promozione e sostegno dello spettacolo previste dalla lettera c), non consente di ricondurre la disposizione impugnata alla competenza legislativa esclusiva nella materia «coordinamento informativo» (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.).

Resta comunque ferma – al fine di non vanificare la ratio di fondo del Sistema nazionale a rete istituito dall’art. 6 della legge n. 106 del 2022 – l’esigenza che sia garantita da parte delle regioni medesime, con strutture da esse individuate, la periodica condivisione di dati e informazioni concernenti l’intervento pubblico in materia di spettacolo, con il coordinamento dell’Osservatorio statale istituito presso il Ministero della cultura.

7.5.– Si deve dichiarare, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, lettera c), della legge n. 106 del 2022, per violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost.

Sono assorbite le questioni di legittimità costituzionale promosse in riferimento agli ulteriori parametri costituzionali.

8.– Va ora esaminata la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, che è stata promossa dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia.

8.1.– Questa disposizione prevede che le regioni intervengano in materia di spettacolo – nell’ambito delle azioni indicate dal legislatore statale nelle successive lettere a) e b) – «sulla base dei criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

8.2.– Secondo le ricorrenti la previsione di tali accordi violerebbe innanzitutto l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché assoggetterebbe l’esercizio della legislazione regionale in materia di spettacolo ad un presupposto e ad un vincolo derivanti da «un atto amministrativo di carattere politico», quale sarebbe l’accordo raggiunto in Conferenza. Inoltre, l’accordo lederebbe anche la potestà legislativa in materia di organizzazione regionale (art. 117, quarto comma, Cost. e art. 4, primo comma, numero 1, dello statuto speciale), poiché verrebbe a imporre «specifiche soluzioni organizzative», con conseguente violazione della stessa riserva di legge in materia di organizzazione degli uffici (ricavabile dall’art. 97, secondo comma, Cost.). Viene denunciata anche la violazione dei principi costituzionali in materia di rapporti tra atti nazionali e regionali, confermati anche dall’art. 117, sesto comma, Cost.

8.3.– Va esaminata congiuntamente, poiché di analogo tenore, la questione promossa dalla Regione Lombardia, la quale ha altresì impugnato le lettere a) e b) della medesima disposizione in riferimento all’art. 117, commi terzo e quarto, Cost. Oltre ai profili di illegittimità riconducibili alla previsione dell’accordo, la ricorrente contesta il fatto che le specifiche azioni indicate alle lettere a) e b) comprimerebbero indebitamente l’autonomia regionale in materia di spettacolo: infatti, la lettera a) imporrebbe l’istituzione degli osservatori regionali, mentre la successiva lettera b) pretenderebbe di attribuire a tali uffici, tra l’altro, il compito di verificare l’efficacia dell’intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti.

8.4.– La Regione Campania, infine, nell’impugnare l’intero art. 7 della legge n. 106 del 2022, fa valere anch’essa l’illegittimità costituzionale del riferimento agli «accordi» contenuto nell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, nonché l’illegittimità costituzionale delle successive disposizioni di cui alle lettere a) e b), per violazione dell’art. 117, terzo e quarto comma, Cost.

8.5.– Le questioni non sono fondate.

8.6.– L’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022 non costituisce un’ipotesi di chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative da parte dello Stato, poiché le funzioni di cui si tratta – indicate alle menzionate lettere a) e b) – sono e restano nella titolarità delle regioni.

Piuttosto, la disposizione si pone come principio fondamentale della materia «promozione e organizzazione di attività culturali» con l’obiettivo di favorire una maggiore omogeneità tra i diversi sistemi regionali che operano per la promozione e il sostegno delle attività dello spettacolo, al fine di rafforzare la complessiva efficacia dell’intervento pubblico nel settore.

Lo Stato, in sede di determinazione dei principi fondamentali della materia ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., ha inteso promuovere, tramite i menzionati accordi, forme di azione condivisa tra le diverse regioni, e tra queste e lo Stato medesimo, ai fini del miglior esercizio di talune funzioni regionali in materia di spettacolo. Tali funzioni hanno un contenuto essenzialmente amministrativo: la lettera a), infatti, fa riferimento alla «condivisione» e allo «scambio di dati e di informazioni sulle attività dello spettacolo dal vivo»; la lettera b) fa riferimento alle attività di verifica della «efficacia dell’intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attività di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l’Osservatorio dello spettacolo».

Si tratta, a ben vedere, di funzioni tipicamente amministrative, in relazione alle quali lo Stato ha legittimamente previsto la definizione di accordi per la condivisione con le regioni, all’interno della Conferenza permanente, dei «criteri» omogenei che dovranno guidare l’attività amministrativa regionale sia dal punto di vista dello scambio dei dati e delle informazioni per la migliore conoscenza del settore (lettera a), sia dal punto di vista delle politiche di monitoraggio e valutazione dell’efficacia dell’intervento pubblico in materia di spettacolo (lettera b).

D’altra parte, gli accordi previsti dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, rispondono alla logica di promuovere – in maniera condivisa e, quindi, su un piano paritetico tra lo Stato e le regioni – la coerenza e l’omogeneità, anche tecnica, dell’attività amministrativa, al fine di rafforzare l’integrazione e, quindi, la complessiva efficacia delle politiche pubbliche in materia di spettacolo.

Ne discende la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, Cost., nonché all’art. 4, primo comma, numero 1), dello statuto speciale della Regione Friuli˗Venezia Giulia.

8.7.– Parimenti non fondate sono le ulteriori censure promosse dalla Regione Lombardia specificamente avverso le lettere a) e b) dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022.

La lettera a), lungi dall’imporre l’istituzione degli osservatori regionali, si limita a prevedere che le regioni, anche sulla base dei criteri definiti negli accordi approvati in sede di Conferenza Stato-regioni, «promuovono l’istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attività dello spettacolo dal vivo». Appare, quindi, evidente che non vi sia alcun obbligo per le regioni di affidare a specifici uffici denominati «osservatori regionali» le funzioni informative in materia di spettacolo.

Quanto alle censure dirette nei confronti della lettera b), va ribadito che la disposizione impugnata si propone di favorire la diffusione di pratiche per il monitoraggio e la valutazione degli interventi pubblici in materia di spettacolo, sulla base dei criteri definiti negli accordi approvati in sede di Conferenza Stato-regioni. Rispetto a tale finalità – che appare imprescindibile per valutare l’efficacia degli interventi e, quindi, per rafforzare la coerenza della stessa attività di programmazione nel settore dello spettacolo –, lo Stato si è limitato a prevedere che tali funzioni potranno essere affidate agli osservatori regionali. Tuttavia, non è stato previsto alcun obbligo per le regioni, come risulta evidente dall’utilizzo dell’avverbio «anche».

Ne discende, in definitiva, la non fondatezza delle questioni proposte dalla Regione Lombardia aventi ad oggetto le lettere a) e b) dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022.

8.8.– Per le stesse ragioni, va dichiarata la non fondatezza delle questioni promosse dalla Regione Campania avverso le medesime disposizioni.

9.– Infine, sono parimenti non fondate le ulteriori questioni promosse dalla Regione Campania volte a denunciare l’illegittimità costituzionale dell’intero art. 7 della legge n. 106 del 2022, per violazione degli artt. 118 e 120 Cost.

9.1.– Ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata conterrebbe una disciplina «completa ed autoapplicativa», che non rispetterebbe le modalità procedurali della «chiamata in sussidiarietà» da parte dello Stato.

9.2.– Va ribadito, in proposito, che l’art. 7 della legge n. 106 del 2022 non costituisce un’ipotesi di chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato. Come si è detto, la disposizione impugnata, nel definire i principi fondamentali della materia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., ha promosso anche la definizione condivisa tra Stato e regioni delle modalità e dei criteri che dovranno ispirare tanto l’attività informativa, quanto l’attività di verifica e monitoraggio degli interventi in materia di spettacolo, al fine di rafforzare l’omogeneità e la coerenza dell’attività amministrativa di promozione e sostegno pubblico del settore.

Non sussiste, in definitiva, la lamentata violazione del principio di leale collaborazione, con conseguente non fondatezza della questione promossa dalla Regione Campania avente ad oggetto l’art. 7 della legge n. 106 del 2022.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della legge 15 luglio 2022, n. 106 (Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo), nella parte in cui stabilisce che i decreti del Ministro della cultura debbano essere adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2022;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, promossa dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all’art. 118, commi primo e secondo, Cost.;

4) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, 118, commi primo e secondo, 120, secondo comma, della Costituzione, nonché dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia anche in riferimento all’art. 4, primo comma, numeri 1) e 14), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., nonché dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia anche in riferimento agli artt. 4, primo comma, numero 14), e 8), dello statuto speciale e all’art. 3 Cost.;

6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 106 del 2022, promosse dalle Regioni Veneto, Emilia- Romagna e Piemonte, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 117, commi terzo, quarto e sesto, Cost., nonché dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia anche in riferimento all’art. 4, primo comma, numeri 1) e 14), dello statuto speciale;

7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, lettere a) e b), della legge n. 106 del 2022, promosse dalla Regione Lombardia in riferimento all’art. 117, commi terzo e quarto, Cost.;

8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge n. 106 del 2022, promosse dalla Regione Campania in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 120 Cost.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Marco D'ALBERTI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2023