SENTENZA N. 74
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge della Regione Campania 22 aprile 2003, n. 8 (Realizzazione, organizzazione, funzionamento delle Residenze Sanitarie Assistenziali Pubbliche e Private – RR.SS.AA.), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, nel procedimento vertente tra I.S.D. srl e Azienda sanitaria locale di Caserta e altri, con ordinanza del 2 maggio 2022, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione di G. srl;
udita nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2023 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
udito l’avvocato Eduardo Romano per G. srl;
deliberato nella camera di consiglio del 22 febbraio 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 2 maggio 2022, e iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge della Regione Campania 22 aprile 2003, n. 8 (Realizzazione, organizzazione, funzionamento delle Residenze Sanitarie Assistenziali Pubbliche e Private – RR.SS.AA.), nella parte in cui prevede che il fabbisogno di centri diurni per anziani sia «non superiore ad una [struttura] per ogni distretto sanitario di base», per violazione degli artt. 3, 32, 41 e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione ai principi fondamentali della materia «tutela della salute» recati dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
2.– In punto di fatto, il rimettente riferisce che il giudizio principale è stato instaurato su ricorso introduttivo di I.S.D. srl per l’annullamento della deliberazione del Direttore generale dell’Azienda sanitaria locale di Caserta, del 14 ottobre 2020, n. 1314, con il relativo allegato (nota del Direttore del Dipartimento di prevenzione dell’ASL del 4 settembre 2020).
Il provvedimento impugnato esprimeva parere non favorevole all’istanza con cui la parte ricorrente, in data 30 aprile 2018, chiedeva l’autorizzazione a realizzare una nuova struttura socio-sanitaria per l’erogazione di prestazioni semiresidenziali in regime ambulatoriale diurno con dotazione di sessanta posti letto.
2.1.– Il giudice a quo riporta che la «Commissione aziendale, istituita ai sensi della Delibera della Giunta Regionale della Campania n. 7301/2001, rendeva inizialmente parere favorevole» in ordine sia ai requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi, sia al fabbisogno territoriale.
Di seguito, con nota del 31 gennaio 2020, il Presidente della Commissione regionale contestava al Direttore generale dell’ASL, nonché alla Commissione aziendale, presieduta dal Direttore del Dipartimento di prevenzione dell’ASL, l’assenza «di un articolato parere dell’Azienda sanitaria relativamente al fabbisogno e alla localizzazione dell’istanza» e segnalava la sussistenza di criteri, alla luce della legge reg. Campania n. 8 del 2003 e del decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale (SSR) campano 31 ottobre 2019, n. 83 (Piano Regionale della Rete di Assistenza Sanitaria Territoriale 2019 – 2021), che la ASL non avrebbe considerato in vista di «una migliore distribuzione dei servizi, soprattutto diurni, sul territorio aziendale, al fine di garantire la migliore accessibilità e disponibilità per la tutela della salute dei pazienti».
Il Direttore generale della ASL accertava, dunque, con il provvedimento n. 1314 del 2020, la «non autorizzabilità di ulteriori posti rispetto a quelli già autorizzati, ai sensi dell’art. 8, comma 2, legge Regione Campania n. 8/2003».
2.2.– Il rimettente riporta, di seguito, che detto provvedimento, con il relativo allegato, veniva impugnato e ne veniva chiesto l’annullamento per violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 e del decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro del SSR n. 83 del 2019, nonché per «falsa applicazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia».
Con ricorso per motivi aggiunti, la stessa società ricorrente impugnava, con argomentazioni «sostanzialmente sovrapponibili» a quelle sopra menzionate, il parere non favorevole reso dalla Commissione dell’ASL di Caserta, che riteneva esaurito il fabbisogno «per il DS n. 17 nel rispetto della Delibera ASL Caserta n. 1314/2020».
2.3.– Il rimettente evidenzia l’immediata lesività dei provvedimenti impugnati, alla luce dell’iter procedimentale delineato dalla disciplina regionale, che richiede, ai fini della verifica di compatibilità da parte della Regione Campania, il previo parere espresso da una commissione dell’ASL, nominata dal Direttore generale e presieduta dal responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’ASL.
3.– Così esposte le premesse in fatto, il giudice a quo si sofferma sul contenuto dell’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003, il quale, «nel precisare che il fabbisogno non può essere superiore ad una struttura per ogni distretto sanitario di base, preclude[rebbe] l’apertura di più centri nello stesso distretto».
Pertanto, secondo il rimettente, la ASL avrebbe ritenuto esaurito il fabbisogno, in ragione di quanto disposto dall’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003.
Di conseguenza, il giudice a quo, dopo aver rilevato la sussistenza di una «potenziale questione di incompatibilità eurounitaria del dato normativo», solleva dubbi di legittimità costituzionale, in riferimento a plurimi parametri costituzionali: artt. 3, 32, 41 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione ai principi fondamentali della materia «tutela della salute» recati dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992.
4.– In punto di rilevanza, il TAR Campania afferma di non poter risolvere il giudizio principale indipendentemente dalle citate questioni di legittimità costituzionale.
Facendo applicazione della disposizione regionale censurata, il rimettente dovrebbe respingere il ricorso, non potendo essere autorizzato più di un operatore economico per ciascun distretto. Viceversa, l’eventuale accoglimento delle questioni sollevate consentirebbe di valutare diversamente l’annullabilità dei provvedimenti impugnati, spiegando un effetto diretto nel giudizio principale.
5.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente svolge la sua argomentazione a partire da una disamina del contenuto della norma posta a confronto con il quadro normativo statale.
5.1.– L’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 – a detta del giudice a quo – ostacolerebbe la «possibilità per un operatore economico di essere autorizzato all’apertura di una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) semiresidenziale in regime ambulatoriale diurno, qualora altra struttura sia già stata autorizzata nel medesimo distretto base, introducendo un limite, astratto e generale, non previsto dalla legislazione nazionale».
Tale previsione regionale si iscriverebbe nella cornice della disciplina statale, che definisce i rapporti fra pubblico e privato «secondo un sistema progressivo, in base al quale i soggetti che intendono erogare prestazioni sanitarie devono essere autorizzati e solo se autorizzati possono chiedere l’accreditamento istituzionale».
In particolare, il rimettente richiama l’8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 quale fonte di disciplina dell’autorizzazione, che «si articola sul duplice versante della realizzazione della struttura e dell’esercizio dell’attività sanitaria».
L’autorizzazione sarebbe «subordinata alla verifica, da parte della Regione interessata, della realizzabilità della struttura in relazione alla localizzazione territoriale, tenuto conto del fabbisogno complessivo di assistenza che considera anche le prestazioni extra livelli essenziali di assistenza» (è citata la sentenza n. 7 del 2021 di questa Corte), e «al possesso dei requisiti minimi di tipo strutturale, tecnologico e organizzativo».
Infine, sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte (sono richiamate le sentenze n. 7 del 2021, n. 106 del 2020 e n. 292 del 2012), il giudice a quo qualifica gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, quali principi fondamentali della legislazione statale nell’ambito della potestà legislativa concorrente nella materia «tutela della salute», e sottolinea come l’autorizzazione richieda la sussistenza di «requisiti minimi di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie», che «le Regioni [sarebbero] tenute ad osservare “indipendentemente dal fatto che la struttura intenda o meno chiedere l’accreditamento”» (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 292 del 2012, nonché n. 245 e n. 150 del 2010).
5.2.– Ciò premesso, il rimettente motiva il dubbio di legittimità costituzionale che pone l’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 anzitutto in riferimento all’art. 41 Cost.
Secondo il giudice a quo, la norma regionale penalizzerebbe «l’iniziativa economica non consentendo, anche per periodi illimitati, agli operatori economici interessati di essere autorizzati a svolgere attività di assistenza sanitaria per anziani o adulti non autosufficienti, qualora altra struttura operante nel settore sia già stata autorizzata per il medesimo comparto all’interno dello stesso distretto base dell’Asl».
Si realizzerebbero, dunque, «posizioni di concentramento di potere e di indubbio e irragionevole privilegio in capo alle strutture già presenti», che comporterebbero un vulnus alla libertà di iniziativa economica anche sotto il profilo della concorrenza, con conseguente sacrificio della possibilità per gli operatori di perseguire «livelli più elevati di qualità della prestazione».
5.3.– Il giudice a quo ritiene, inoltre, che la norma censurata contrasti con l’art. 32 Cost., «in quanto potrebbe non garantire livelli adeguati di prestazione e incidere sul diritto alla salute, specie di soggetti deboli come gli anziani o gli adulti non autosufficienti».
5.4.– Di seguito, il rimettente asserisce che la norma regionale censurata vìoli il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nella misura in cui, vincolando all’apertura di una sola struttura per distretto base, adotterebbe «una soluzione unica che potrebbe non essere adatta in relazione alle diverse caratteristiche dei singoli distretti base», tenuto conto che vi sarebbero «spesso notevoli e rilevanti differenze tra i vari distretti della Regione Campania».
A dimostrazione di tale assunto, il giudice a quo ricostruisce il quadro legislativo statale e regionale in materia di distretti sanitari, dal quale desume che la disposizione censurata sia «irragionevole e sproporzionata», là dove àncora «la soddisfazione del fabbisogno, legandolo alla logica una struttura/un distretto base, senza che si possano verificare in concreto le reali esigenze della popolazione ed eventualmente consentire a più strutture di farvi fronte».
L’irragionevole disparità di trattamento sarebbe resa evidente proprio dalla eterogeneità fra i diversi distretti, venendo «adottata una soluzione unica in relazione a esigenze tanto diverse».
Per connesse ragioni, la disposizione regionale porrebbe dubbi, ad avviso del rimettente, anche di compatibilità con il principio di proporzionalità, in quanto il legislatore regionale avrebbe «adottato una soluzione eccessivamente limitativa» senza perseguire in maniera congrua «gli obiettivi di adeguata copertura sanitaria e di soddisfazione delle esigenze dei cittadini».
Per converso, in base all’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, il comune, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni, dovrebbe acquisire una verifica di compatibilità del progetto da parte della regione, che sia effettuata – come dispone espressamente la citata previsione – «in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture».
Ad avviso del rimettente, il legislatore statale avrebbe previsto una verifica sia in relazione al fabbisogno sia alla localizzazione territoriale, che andrebbe sempre «effettuata in concreto e mai in astratto o in via presuntiva».
Lo stesso diritto dell’Unione europea – aggiunge il rimettente – (viene richiamata la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, 10 marzo 2009, in causa C-169/07, Hartlauer Handelsgesellschaft mbH) avrebbe giustificato in materia un meccanismo di programmazione che richiede la previa autorizzazione, in quanto potenzialmente «indispensabile per colmare eventuali lacune nell’accesso alle cure ambulatoriali e per evitare una duplicazione nell’apertura delle strutture, in modo che sia garantita un’assistenza medica che si adatti alle necessità della popolazione, ricomprenda tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate».
Tuttavia, secondo la ricostruzione del giudice a quo, il Consiglio di Stato, sulla scorta delle indicazioni provenienti dal giudice europeo, avrebbe ribadito che un regime di previa autorizzazione amministrativa sarebbe giustificato, in deroga a libertà fondamentali garantite dai Trattati e dal diritto dell’Unione, solo ove «fondato “su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantisc[a]no la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali” (§ 64 della sentenza della Corte di Giustizia, Grande Camera, 10 marzo 2009, C-169/07)».
Da tale indirizzo giurisprudenziale il rimettente ricava che sarebbe richiesta una valutazione del fabbisogno accurata e attualizzata, preceduta da idonea istruttoria sull’esistenza di una determinata domanda sanitaria sul territorio e della correlativa offerta da parte di strutture private, non potendosi ammettere un blocco, come quello che sarebbe stato introdotto dalla norma censurata, a tempo indeterminato, all’accesso di ogni nuovo operatore sul mercato. Tale «blocco» – secondo il giudice a quo – violerebbe, dunque, anche «i principi del diritto eurounitario affermati dalla Corte di Giustizia in riferimento alla pur ampia discrezionalità del legislatore in materia sanitaria».
5.5.– Infine, secondo la ricostruzione del rimettente, l’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 colliderebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto introdurrebbe un limite all’accesso di nuove strutture sanitarie, in contrasto con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia «tutela della salute».
Come già precisato dal ricorrente nella ricostruzione iniziale relativa al quadro normativo statale, gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, recanti principi fondamentali della materia, detterebbero requisiti minimi di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie, che non troverebbero corrispondenza nella previsione della possibilità di autorizzare «una sola struttura per distretto-base».
6.– Con atto depositato il 28 giugno 2022, si è costituita in giudizio la società G. srl, controinteressata nel giudizio principale, che ha eccepito l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle questioni sollevate con l’ordinanza indicata in epigrafe.
In particolare, la società G. srl ha contestato il difetto di rilevanza, in quanto l’invocata declaratoria di illegittimità costituzionale non risulterebbe «sufficiente ad assicurare al soggetto amministrato […] il conseguimento di quel bene della vita o di quella posizione giuridica soggettiva che la stessa ha posto a fondamento della sua impugnativa». Nel caso specifico, la presenza di altre strutture che erogano il medesimo servizio per cui il ricorrente nel giudizio principale chiede l’autorizzazione costituirebbe «elemento di preventiva valutazione da parte delle Amministrazioni Pubbliche coinvolte nel campo sanitario» e verrebbe «delibata in funzione della programmazione del fabbisogno delle singole realtà territoriali di riferimento».
Alla luce di tale valutazione, la difesa della parte eccepisce che i provvedimenti adottati dalle varie amministrazioni coinvolte comproverebbero che «gli aspetti programmatori e quelli correlati con l’analisi del fabbisogno concreto nell’ambito del distretto aversano dell’A.S.L. di Caserta non consentirebbero, egualmente, l’apertura ex novo di un ulteriore Centro Semiresidenziale in regime Ambulatoriale Diurno», attestando l’irrilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
7.– La Regione Campania non è intervenuta in giudizio.
8.– All’udienza pubblica del 22 febbraio 2023 la difesa di G. srl ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza depositata il 2 maggio 2022, e iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003, nella parte in cui prevede che il fabbisogno di centri diurni per anziani sia «non superiore ad una [struttura] per ogni distretto sanitario di base», per violazione degli artt. 3, 32, 41 e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione ai principi fondamentali della materia «tutela della salute» recati dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992.
2.– In punto di fatto, il rimettente riferisce che il giudizio principale è stato instaurato, su ricorso di I.S.D. srl, per l’annullamento di provvedimenti, che esprimevano pareri non favorevoli all’istanza presentata dalla parte ricorrente, la quale chiedeva di essere autorizzata a realizzare una nuova struttura socio-sanitaria per l’erogazione di prestazioni semiresidenziali in regime ambulatoriale diurno.
Il giudice a quo riporta che i citati pareri motivavano la non sussistenza di un fabbisogno nel distretto, per il quale era stata avanzata l’istanza di autorizzazione dalla parte ricorrente, facendo applicazione dell’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003, secondo cui «[i]l fabbisogno di centri diurni per anziani è pari ad almeno una struttura per ASL e non superiore ad una per ogni distretto sanitario di base».
3.– Il rimettente, dopo aver rilevato la sussistenza di una «potenziale questione di incompatibilità eurounitaria del dato normativo», solleva dubbi di legittimità costituzionale in riferimento a plurimi parametri.
3.1.– In contrasto con l’art. 41 Cost., la disposizione censurata limiterebbe – a detta del giudice a quo – l’iniziativa economica privata di operatori interessati a svolgere attività di assistenza sanitaria per anziani o adulti non autosufficienti, inibendo l’autorizzazione, in presenza di altra struttura operante per il medesimo comparto nell’ambito dello stesso distretto. Specularmente, a detrimento della concorrenza, verrebbero a determinarsi «posizioni di concentramento di potere e di indubbio e irragionevole privilegio in capo alle strutture già presenti», non giustificate dalle ragioni sottese ai meccanismi autorizzatori nel settore sanitario.
Così operando, la disposizione regionale determinerebbe – secondo il ricorrente – anche riverberi negativi sul livello delle prestazioni e, in violazione dell’art. 32 Cost., andrebbe a ledere il diritto alla salute di soggetti deboli come gli anziani o gli adulti non autosufficienti.
Al contempo, la previsione di un limite astratto e generale, qual è quello dell’autorizzazione di una sola struttura per distretto, prospetterebbe una soluzione incapace di adattarsi «alle diverse caratteristiche dei singoli distretti base […], senza che si possano verificare in concreto le reali esigenze della popolazione ed eventualmente consentire a più strutture di farvi fronte». Ne deriverebbe un vulnus all’art. 3 Cost. sotto i profili della ragionevolezza e della proporzionalità della soluzione adottata dal legislatore regionale.
3.2.– Infine, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto l’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 violerebbe i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia «tutela della salute», di cui agli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992. Questi ultimi detterebbero requisiti minimi di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie, che non troverebbero corrispondenza nella previsione regionale censurata.
4.– Con atto depositato il 28 giugno 2022, si è costituita in giudizio la società G. srl, controinteressata nel giudizio principale, che ha eccepito l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle questioni sollevate.
4.1.– In via preliminare, è opportuno precisare che, essendo stato proposto il ricorso dinanzi al TAR rimettente anche nei confronti della società G. srl, questa, benché non costituita in quel giudizio nel momento in cui il giudice a quo ha rimesso le odierne questioni di legittimità costituzionale, è da ritenersi parte del giudizio principale, ai fini del processo costituzionale.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte «sono infatti “parti in causa”, cui va notificata l’ordinanza di rimessione, “tutti i soggetti fra i quali è in corso il giudizio principale”, “restando ininfluente se la parte si sia costituita” (v. ordinanze n. 377 e n. 13 del 2006)» (sentenza n. 270 del 2010).
4.2.– In rito, la difesa della parte ha eccepito l’irrilevanza delle questioni, osservando che, anche ove la Corte dichiarasse l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, che impedisce la coesistenza di due strutture sanitarie omogenee nello stesso distretto, ciò non sarebbe «sufficiente ad assicurare al soggetto amministrato […] il conseguimento di quel bene della vita o di quella posizione giuridica soggettiva che la stessa ha posto a fondamento della sua impugnativa». Infatti, la presenza di una struttura che eroga il medesimo servizio potrebbe essere valutata dalla Regione come elemento per ravvisare in concreto l’esaurimento del fabbisogno.
5.– L’eccezione non è fondata.
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate contestano proprio la rigida predeterminazione dell’esaurimento del fabbisogno, disposta dalla previsione regionale, ostativa a una possibile valutazione in concreto delle condizioni per concedere l’autorizzazione rispetto alla programmazione regionale.
L’eccezione di inammissibilità si fonda, dunque, da un lato, su uno scenario meramente ipotetico, quello secondo cui l’amministrazione potrebbe comunque ritenere il fabbisogno esaurito in concreto, e, da un altro lato, su una ricostruzione del requisito della rilevanza non in linea con la giurisprudenza di questa Corte.
Come è stato in più occasioni osservato (da ultimo, sentenze n. 139 e n. 88 del 2022, n. 172 del 2021), tale requisito attiene all’applicabilità della disposizione censurata nel giudizio a quo, ma non al sicuro conseguimento di un’utilità diretta per effetto dell’applicazione della norma nel processo principale.
6.– Prima di passare all’esame del merito, occorre altresì premettere che il rimettente sostiene che la norma censurata porrebbe «dubbi di compatibilità con la Costituzione e con il diritto dell’Unione europea»; e, tuttavia, il giudice non circostanzia in alcun modo questa seconda affermazione.
In particolare, omette di motivare le ragioni specifiche in virtù delle quali la disposizione regionale interferirebbe con qualsivoglia norma dettata dall’Unione europea e, senza neppure porre la questione in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 15 del 2023 e ordinanza n. 215 del 2022), non indica alcun elemento idoneo a far ritenere che la controversia principale abbia carattere transfrontaliero. Al contrario, gli indici desumibili dall’ordinanza di rimessione e dalla memoria della parte suggeriscono l’assenza di una tale connotazione.
Del resto, lo stesso rimettente definisce come «potenziale» la «questione di incompatibilità eurounitaria», tant’è che si limita a generici richiami alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di deroghe alla libertà di stabilimento, nella motivazione della questione posta in riferimento all’art. 41 Cost.
7.– Venendo, dunque, all’esame nel merito delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3, 32, 41 e 117, terzo comma, Cost., questa Corte ritiene di dover esaminare la censura relativa all’art. 41 Cost. nella sua inscindibile connessione con quella concernente l’art. 3 Cost.
Risultano, infatti, ancillari, per come prospettate, le ulteriori questioni poste in riferimento agli artt. 32 e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992.
8.– Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. sono fondate.
L’art. 8 della legge reg. Campania n. 8 del 2003 disciplina il fabbisogno e la dislocazione territoriale delle residenze sanitarie per anziani.
Al comma 1, indica il «fabbisogno di posti residenziali di RR.SS.AA. per anziani, nelle more del redigendo piano ospedaliero regionale»; al comma 2, specifica, ai fini della dislocazione territoriale, che il «fabbisogno di centri diurni per anziani» è di «almeno una struttura per ASL» e – come prevede il frammento di disposizione censurata – «non superiore a una [struttura] per ogni distretto sanitario di base».
8.1.– La previsione regionale si colloca nel contesto della disciplina che attiene alla autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie, i cui tratti fondamentali sono delineati dal d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419).
Quest’ultimo ha «significativamente rimodulato», nel solco di una logica programmatoria, il sistema sanitario, che configura i rapporti fra pubblico e privato «secondo un sistema progressivo» (sentenza n. 195 del 2021).
Esso contempla l’autorizzazione, per poter realizzare strutture sanitarie e per poter esercitare, in regime privatistico, attività sanitarie e sociosanitarie; l’accreditamento, che presuppone l’autorizzazione e rende il soggetto potenziale erogatore di prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale; e l’accordo, che consente di effettuare tali prestazioni, nei limiti di spesa ivi previsti.
Simile progressione si fonda su una netta autonomia tra il procedimento di autorizzazione e quello di accreditamento, in quanto quest’ultimo non segue necessariamente il primo, si limita ad avere fra i suoi presupposti l’autorizzazione e richiede differenti verifiche, incentrate, fra l’altro, su un diverso parametro di fabbisogno (in tal senso, ancora sentenze n. 195 e n. 7 del 2021).
Sul versante dell’attività svolta in regime privatistico, l’art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 prevede, in particolare, due distinte e autonome autorizzazioni, che sono necessarie affinché i soggetti, individuati nel medesimo articolo, possano, rispettivamente, realizzare nuove strutture ed esercitare attività sanitarie e sociosanitarie.
L’autorizzazione all’esercizio delle attività è subordinata, ai sensi dell’art. 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, al rispetto di requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi, che vengono specificati dall’atto di indirizzo e coordinamento emanato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, e approvato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private).
Quanto all’autorizzazione alla realizzazione di strutture – disciplinata dall’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992 – essa viene rilasciata dal comune, competente in materia di urbanistica e di edilizia, sul presupposto che la regione abbia verificato la «compatibilità del progetto […] in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale».
La duplice autorizzazione serve, dunque, a filtrare nello specifico settore delle prestazioni sanitarie, l’accesso all’esercizio dell’iniziativa economica privata.
Nel caso dell’autorizzazione all’esercizio, il controllo relativo ai requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi opera in via di automatismo ed è direttamente correlato alla tutela della sicurezza dei pazienti e alla protezione del diritto alla salute.
Relativamente, invece, all’autorizzazione alla realizzazione delle strutture sanitarie, il provvedimento comunale è subordinato a una valutazione discrezionale di compatibilità del progetto, che risulta finalizzata «anche […a] meglio garantire l’accessibilità ai servizi e [a] valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture».
8.2.– Proprio a questa disciplina, prevista dall’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, si collega, specificamente, l’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003.
La disposizione censurata determina per legge, ai fini della verifica regionale di compatibilità del progetto che condiziona il rilascio da parte del comune dell’autorizzazione alla realizzazione di una nuova struttura, la localizzazione delle residenze diurne per anziani, individuando il fabbisogno delle stesse in una sola struttura per distretto sanitario di base.
Simile automatismo palesa, immediatamente, i tratti di una irragionevole e sproporzionata compressione dell’iniziativa economica privata, che si pone in aperto contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost.
Nel correlare il fabbisogno di residenze diurne per anziani alla mera presenza di un’altra struttura nel medesimo «distretto sanitario di base», la disposizione regionale prevede un criterio, che risulta irragionevolmente insensibile al fabbisogno effettivo del singolo distretto, il quale può significativamente variare in funzione della differente dimensione di tale segmento territoriale.
Il legislatore statale all’art. 3-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 229 del 1999, assegna alle regioni il compito di determinare l’articolazione per distretti, limitandosi a stabilire che essi debbano garantire «una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente».
In particolare, quanto alla Regione Campania, l’art. 10, comma 16, della legge della Regione Campania 3 novembre 1994 n. 32 (Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni, riordino del Servizio sanitario regionale), come sostituito dall’art. 3, comma 1, della legge della Regione Campania 28 novembre 2008, n. 16 (Misure straordinarie di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro dal disavanzo), prevede che «[c]iascun distretto deve, di norma, coincidere con ogni ambito avente una popolazione non inferiore a 50.000 abitanti e non superiore a 120.000 abitanti», fermo restando che nella «definizione degli ambiti distrettuali va tenuto conto delle aree montuose, delle isole e dei territori a bassa densità abitativa».
Ne deriva una notevole variabilità della popolazione potenzialmente afferente a un singolo distretto, sicché il fabbisogno effettivo di residenze per anziani, pur a fronte di una struttura già presente nel territorio, potrebbe risultare in concreto non esaurito, in ragione dell’elevato numero di abitanti o della consistente popolazione di anziani, ivi residenti, e questo tanto più ove la struttura preesistente avesse dimensioni contenute o offrisse limitate tipologie di prestazioni.
Alla irragionevole limitazione dell’iniziativa economica privata, che deriva da una disposizione insensibile al fabbisogno effettivo, si unisce il carattere sproporzionato del relativo sacrificio. L’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi e di valorizzare nuovi insediamenti è, infatti, perseguito con un criterio di dislocazione territoriale, imposto in via di automatismo, che si dimostra eccessivo, se il distretto per il quale è presentata l’istanza risulta ancora carente sotto il profilo del fabbisogno concreto.
Al contempo, una simile limitazione, sproporzionata e irragionevole, operante nel contesto di un meccanismo, qual è quello dell’autorizzazione che premia la priorità delle richieste, determina un ingiustificato effetto discriminatorio, che non appare coerente neppure con un regime di concorrenza “amministrata”.
In definitiva, la disposizione regionale censurata, nel determinare in maniera rigida la localizzazione delle strutture sanitarie, attraverso un parametro di fabbisogno associato a un criterio impermeabile a ogni verifica in concreto, limita in maniera irragionevole e sproporzionata, oltre che discriminatoria, l’iniziativa economica privata.
Chiaramente, è appena il caso di precisare che l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata opera nel senso che resta possibile una valutazione in concreto, vòlta a verificare la compatibilità del progetto in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture già presenti, in relazione agli obiettivi di cui all’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992 (sul carattere concreto di tale accertamento la giurisprudenza amministrativa si è, molte volte, pronunciata: Consiglio di Stato, sezione terza, sentenze 23 novembre 2022, n. 10315; 30 settembre 2022, n. 8427; 18 maggio 2022, n. 3917; 15 febbraio 2022, n. 1123; 10 febbraio 2021, n. 1249; sezione sesta, sentenza 17 marzo 2021, n. 2301; sezione terza, sentenze 16 dicembre 2020, n. 8083 e 7 marzo 2019, n. 1589).
9. – In conclusione, l’art. 8, comma 2, della legge reg. Campania n. 8 del 2003 è costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost., limitatamente alle parole «e non superiore ad una per ogni distretto sanitario di base».
Restano assorbite le ulteriori censure formulate dal rimettente.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge della Regione Campania 22 aprile 2003, n. 8 (Realizzazione, organizzazione, funzionamento delle Residenze Sanitarie Assistenziali Pubbliche e Private – RR.SS.AA.), limitatamente alle parole «e non superiore ad una per ogni distretto sanitario di base».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2023.