ORDINANZA N. 13
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), in combinato disposto con l’art. 330 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 14 settembre 2004 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento civile vertente tra Luigi Vassalli e Niki Hotel srl, iscritta al n. 1007 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2005 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che con ordinanza del 14 novembre 2004 la Corte d’appello di Milano – investita di un giudizio di appello da Luigi Vassalli nel procedimento civile dal medesimo introdotto in primo grado avanti al Tribunale di Milano contro la Niki Hotelsrl e conclusosi con sentenza di rigetto della domanda – ha sollevato d’ufficio, per violazione degli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, la questione di costituzionalità del «combinato disposto» degli articoli 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), e 330 del codice di procedura civile «nella parte in cui prevedono che l’atto di citazione in appello sia validamente notificato al procuratore costituito di controparte presso la cancelleria del giudice di primo grado, ove quel procuratore, esercente fuori della circoscrizione di quel Tribunale, non abbia eletto domicilio nella sede di causa»;
che, secondo quanto riferisce il giudice rimettente, il Vassalli ha impugnato la sentenza l’ultimo giorno utile del cosiddetto termine lungo, decorso nella specie in difetto di notifica della stessa, e – in applicazione del combinato disposto delle due norme impugnate – ha notificato la citazione in appello presso la cancelleria del Tribunale di Milano, nella quale si intendevano domiciliati in primo grado i due difensori della Niki Hotel, l’uno del foro di Crema e l’altra di quello di Lodi, in quanto in primo grado la società, all’atto della costituzione, aveva eletto domicilio presso lo studio di uno di essi in Casalpusterlengo, luogo compreso nel circondario di Lodi;
che la Corte rimettente, dato atto di essersi riservata di provvedere sulla dichiarazione della contumacia dell’appellata non costituita, osserva che l’individuazione del luogo di notificazione dell’impugnazione fatta dall’appellante presso la cancelleria del giudice di primo grado, in mancanza di elezione di domicilio nel suo circondario da parte dei due difensori aventi ufficio in altro circondario, è corretta al lume del “diritto vivente”, che – in casi del genere e in forza del combinato disposto impugnato – individua la cancelleria del giudice adito come luogo di notifica non solo della sentenza, ma anche dell’impugnazione;
che la rimettente rileva che (secondo il “diritto vivente”) dovrebbe dichiarare la contumacia dell’appellata, con il conseguente sacrificio di un reale contraddittorio nel giudizio d’appello;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato memoria, eccependo l’infondatezza della questione.
Considerato che, se nel corso di un giudizio viene sollevata una questione incidentale di legittimità costituzionale, 1’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte deve essere notificata, quando non ne sia stata data lettura nel pubblico dibattimento, alle «parti in causa» (art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87) e deve essere poi trasmessa alla Corte con la prova, oltre che delle comunicazioni prescritte, delle notificazioni destinate ad assicurare la conoscenza dell’ordinanza da parte dei soggetti che possono costituirsi per esercitare il loro diritto di difesa nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (art. 1 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 16 marzo 1956), decorrendo dall’avvenuta notificazione il termine per la costituzione nel giudizio davanti alla Corte (art. 25 della legge n. 87 del 1953, art. 3 delle norme integrative);
che sono «parti in causa», a ciascuna delle quali deve essere effettuata la notificazione dell’ordinanza, preordinata al giudizio incidentale di legittimità costituzionale, tutti i soggetti tra i quali è in corso il giudizio principale, anche se in esso siano rimasti contumaci (ordinanza n. 104 del 1999);
che il citato art. 23, quarto comma, della legge n. 87 del 1953 – secondo cui l’autorità giudiziaria che solleva la questione incidentale deve ordinare la notificazione dell’ordinanza «alle parti in causa» – è norma speciale del processo costituzionale incidentale, dettata in riferimento a qualsiasi tipo di processo nel quale la questione può essere sollevata e collega l’onere di notificazione alla sola circostanza che, in relazione al tipo di processo di cui trattasi, un soggetto se ne possa considerare parte;
che, in conseguenza, non ha alcun rilievo che nella specie la parte appellata del giudizio a quo non sia costituita e non sia stata dichiarata ancora contumace;
che l’ordinanza con cui la Corte d’appello di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale è stata notificata soltanto all’appellante e non anche all’appellato (non costituito né dichiarato contumace);
che quindi – essendo mancato un essenziale adempimento della procedura prevista dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953 – la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (ordinanze n. 395 del 1997, n. 372 del 1995, n. 202 de1 1983).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del «combinato disposto» degli articoli 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), e 330 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Milano, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2006.
Annibale MARINI, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2006.