ORDINANZA N. 377
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2190 del codice civile, promosso con ordinanza del 26 aprile 2005 dal Giudice del registro delle imprese del Tribunale di Milano, sull’istanza proposta dal Conservatore del registro delle imprese c/o la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2006 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Giudice del registro delle imprese del Tribunale di Milano, con ordinanza del 26 aprile 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2190 del codice civile, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione;
che, secondo il rimettente, in virtù dell’art. 2190 cod. civ., nel caso in cui non sia stata richiesta un’iscrizione obbligatoria, l’ufficio del registro delle imprese invita l’imprenditore a richiederla entro un congruo termine, decorso il quale il giudice del registro può ordinarla con decreto;
che, a suo avviso, la norma impugnata, stabilendo siffatto «diretto intervento» del giudice e la sola reclamabilità del provvedimento da questi pronunciato, priverebbe la parte interessata di una fase della cognizione giurisdizionale di primo grado, «normalmente articolata nelle due fasi della cognizione del Giudice del Registro e della cognizione del Collegio del reclamo», ponendosi in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, inoltre, l’onerosa procedura di iscrizione d’ufficio da parte del giudice –caratterizzata dalla fissazione di udienze in contraddittorio con gli interessati e dai relativi avvisi da inoltrare ai medesimi – sarebbe priva di giustificazione, con conseguente violazione anche del principio di ordinata ed efficiente organizzazione della funzione giurisdizionale, sancito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione.
Considerato che, se nel corso di un giudizio viene sollevata una questione incidentale di legittimità costituzionale, l’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte deve essere notificata, quando non ne sia stata data lettura nel pubblico dibattimento, alle «parti in causa» (art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87) e deve essere poi trasmessa alla Corte con la prova, oltre che delle comunicazioni prescritte, delle notificazioni destinate ad assicurare la conoscenza dell’ordinanza da parte dei soggetti che possono costituirsi per esercitare il loro diritto di difesa nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (art. 1 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), decorrendo dall'avvenuta notificazione il termine per la costituzione nel giudizio davanti alla Corte (art. 25 della legge n. 87 del 1953, art. 3 delle norme integrative);
che sono «parti in causa», a ciascuna delle quali deve essere effettuata la notificazione dell’ordinanza, preordinata al giudizio incidentale di legittimità costituzionale, tutti i soggetti tra i quali è in corso il giudizio principale (ordinanze n. 13 del 2006 e n. 104 del 1999) ed il citato art. 23, quarto comma, della legge n. 87 del 1953 – secondo cui l’autorità giudiziaria che solleva la questione incidentale deve ordinare la notificazione dell’ordinanza «alle parti in causa» – è norma speciale del processo costituzionale incidentale, dettata in riferimento a qualsiasi tipo di processo nel quale la questione può essere sollevata e collega l’onere di notificazione alla sola circostanza che, in relazione al tipo di processo di cui trattasi, un soggetto se ne possa considerare parte;
che l’ordinanza in esame, della quale il rimettente non ha disposto la notificazione alla parte privata, non risulta ritualmente notificata a quest’ultima e, quindi, essendo mancato un essenziale adempimento della procedura prevista dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (ordinanze n. 13 del 2006; n. 395 del 1997), indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla legittimazione del rimettente a sollevare questione di legittimità costituzionale.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2190 del codice civile, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice del registro delle imprese del Tribunale di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
Franco BILE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2006.