Sentenza n. 292 del 2012

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SENTENZA N. 292

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                               Presidente

-           Franco                         GALLO                                                              Giudice

-           Luigi                           MAZZELLA                                                            "

-           Gaetano                      SILVESTRI                                                              "

-           Sabino                         CASSESE                                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                                "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                                      "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                                           "

-           Paolo                           GROSSI                                                                    "

-           Giorgio                       LATTANZI                                                               "

-           Aldo                           CAROSI                                                                    "

-           Marta                          CARTABIA                                                              "

-           Sergio                         MATTARELLA                                                        "

-           Mario Rosario             MORELLI                                                                 "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1, della legge della Regione Campania 14 dicembre 2011, n. 23 (Modifiche alla legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), nella parte in cui modifica l’art. 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, 237-vicies, 237-vicies-ter della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 16-20 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 22 febbraio 2012 ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;

udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2012 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Maria D’Elia per la Regione Campania.

Ritenuto in fatto

 

1.— Con ricorso notificato il 16 febbraio 2012 e depositato il successivo 22 febbraio, iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’articolo 1, comma 1, della legge della Regione Campania 14 dicembre 2011, n. 23 (Modifiche alla legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), nella parte in cui modifica l’art. 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, 237-vicies e 237-vicies-ter, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

1.1.— In particolare il ricorrente ritiene che il modificato art. 1, commi 237-undecies e 237-duodecies, della legge regionale della Campania n. 4 del 2011, nel prevedere la conferma dell’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private mediante decreto commissariale di presa d’atto e nello stabilire che la verifica dei requisiti di accreditamento avvenga successivamente alla citata presa d’atto, contrasti con i principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale di cui all’art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 42), secondo cui l’accreditamento istituzionale può essere rilasciato alle strutture autorizzate che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi regionali di programmazione e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Inoltre, sostiene il ricorrente, le medesime disposizioni configgono con l’art. 1, comma 796, lettera t), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), secondo cui «le procedure di accreditamento istituzionale definitivo devono concludersi entro il 31 dicembre 2010» per le strutture ospedaliere ed ambulatoriali. Il contrasto con i suddetti principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di tutela della salute determina, pertanto, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

1.2.— Allo stesso modo, ritiene il ricorrente che il modificato art. 1, comma 237-sexdecies, della legge regionale n. 4 del 2011, nel dilazionare i tempi per la definizione delle procedure di accreditamento definitivo rispetto al termine ultimo previsto all’art. 1, comma 796, lettera t), della legge n. 296 del 2006, determini un’ulteriore violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

1.3.— Il Presidente del Consiglio osserva poi che il modificato art. 1, comma 237-vicies, della legge regionale n. 4 del 2011, nella parte in cui consente alle strutture già provvisoriamente accreditate di fisiokinesiterapia di presentare domanda di accreditamento istituzionale per l’area socio-sanitaria, cioè per un’attività diversa da quella già autorizzata e provvisoriamente accreditata, si ponga in contrasto con gli artt. 8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, dai quali si evince il principio secondo cui il passaggio di una struttura dal regime di accreditamento provvisorio a quello definitivo possa avvenire solo con riguardo alla stessa tipologia di attività già preventivamente autorizzata. Discostandosi da questo principio, dunque, la disposizione impugnata determina anche un’ulteriore violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione per contrasto con i citati principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute.

1.4.— Lamenta, infine, il ricorrente che l’art. 1, comma 237-vicies-ter, della legge impugnata, nel prevedere la possibilità di attivare automaticamente, negli ambiti territoriali delle comunità montane, l’accreditamento istituzionale per le strutture sanitarie e socio-sanitarie in possesso del solo titolo autorizzativo e dei requisiti di accreditamento previsti dai regolamenti regionali, contrasti con l’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo il quale l’accreditamento è rilasciato solo al termine dei processi relativi alla strutture già in possesso dell’accreditamento provvisorio, così da comportare una violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di tutela della salute.

2.— Con atto di costituzione, depositato il 22 marzo 2012, si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o infondatezza del ricorso promosso dal Presidente del Consiglio per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Campania 14 dicembre 2011, n. 23, «limitatamente alla parte in cui modifica l’art. 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, della legge della Regione Campania n. 4 del 2011 per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione», in conformità al tenore letterale della delibera di Giunta regionale del 13 marzo 2012.

Successivamente, con memoria depositata il 30 ottobre 2012, la Regione Campania ha insistito per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza del ricorso. Più precisamente, la difesa ricostruisce la cronologia dei provvedimenti adottati in ambito regionale riguardanti le procedure di accreditamento con riferimento, in particolare, agli ultimi atti del Commissario ad acta e alle leggi regionali succedutesi in materia, segnatamente la legge della Regione Campania 4 agosto 2011, n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale), e i decreti del Commissario ad acta del 16 gennaio 2012, n. 2, del 7 marzo 2012, n. 19, del 16 maggio 2011, n. 31, del 4 febbraio 2010, n. 5, e del 30 dicembre 2009, n. 21.

2.1.— La difesa regionale ritiene, in primo luogo, inammissibile o improcedibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 237-vicies e 237-vicies-ter, della legge regionale n. 4 del 2011, come modificata dalla legge regionale n. 23 del 2011, in quanto concerne norme individuate come contrastanti con le previsioni del Piano di rientro dal disavanzo sanitario dal Commissario ad acta, che ha disposto la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti di esecuzione delle medesime. Più in generale la difesa osserva che il ricorso dovrebbe considerarsi inammissibile, poiché non tiene conto del fatto che le disposizioni legislative impugnate si inseriscono nel più ampio quadro emergenziale mirante all’attuazione del Piano di rientro, cui la Regione è vincolata e con il quale la normativa statale di principio in materia di accreditamento deve essere necessariamente coordinata.

2.2.— In secondo luogo, la Regione resistente ritiene inammissibile o infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 237-undecies e duodecies, della legge n. 4 del 2011, in quanto la corsia differenziata, prevista dalla legislazione regionale a favore delle strutture provvisoriamente accreditate per accedere all’accreditamento definitivo, rinviene la sua ratio nella precedente e comprovata affidabilità di tali strutture in termini di qualità delle prestazioni, che costituisce un dichiarato obiettivo dell’intero sistema configurato dalla normativa statale e regionale ai fini dell’accreditamento istituzionale. In tal senso la procedura regionale a formazione progressiva – che si articola dapprima attraverso una “presa d’atto” da parte del Commissario delle domande ammissibili e, successivamente prevede una fase di verifica dei requisiti, che si conclude, in caso di esito positivo, con un provvedimento di “conferma dell’accreditamento definitivo” – non contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma della Costituzione, né confliggerebbe con la normativa di principio la previsione che simili strutture provvisoriamente accreditate e inserite nel decreto di presa d’atto, come tali di comprovata affidabilità, continuino ad erogare prestazioni sanitarie in attesa della conferma dell’accreditamento definitivo.

Considerato in diritto

1.— Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’articolo 1, comma 1, della legge della Regione Campania 14 dicembre 2011, n. 23 (Modifiche alla legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011) nella parte in cui modifica l’art. 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, 237-vicies e 237-vicies-ter, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

In particolare il ricorrente ritiene che il modificato art. 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, 237-vicies e 237-vicies-ter, della legge regionale della Campania n. 4 del 2011, violi i principi fondamentali stabiliti dalla legge statale agli artt. 8-bis, 8-ter e 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 42) e all’art. 1, comma 796, lettera t), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), in materia di tutela della salute ex art. 117, terzo comma, della Costituzione.

2.— Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità prospettate dalla Regione Campania.

In generale, la difesa regionale osserva che il ricorso dovrebbe considerarsi inammissibile, perché non tiene conto del fatto che le disposizioni legislative impugnate si inseriscono nel più ampio quadro emergenziale mirante all’attuazione del Piano di rientro, cui la Regione è vincolata e con il quale la normativa statale in materia di accreditamento deve essere necessariamente coordinata.

La Regione resistente sostiene, inoltre, che le questioni relative all’art. 1, commi 237-vicies e 237-vicies-ter, sono inammissibili, perché riferite a norme per le quali il Commissario ad acta ha disposto, con decreto del 16 gennaio 2012, n. 2, la sospensione dell’efficacia dei relativi provvedimenti di esecuzione.

Le eccezioni di inammissibilità non possono essere accolte.

In primo luogo, infatti, l’eccezione di inammissibilità che si riferisce all’intero ricorso risulta del tutto generica e non adeguatamente motivata. Inoltre, la dedotta circostanza che la Regione sia vincolata agli obblighi assunti con il Piano di rientro dal disavanzo sanitario può incidere, in ipotesi, sul merito del giudizio, ma non costituisce un vizio di ammissibilità.

Anche l’eccezione riferita alle disposizioni di cui all’art. 1, commi 237-vicies e 237-vicies-ter, che fa leva sulla sospensione, disposta dal Commissario ad acta con decreto n. 2 del 2012, dell’efficacia di ogni provvedimento adottato in attuazione alle succitate disposizioni, è priva di fondamento. Anzitutto occorre sottolineare che l’autorizzazione della Giunta regionale a resistere nel presente giudizio (deliberazione della Giunta della Regione Campania 13 marzo 2012, n. 104) non include anche i commi 237-vicies e vicies-ter. In ogni caso, la dedotta sospensione amministrativa da parte del Commissario ad acta dei provvedimenti amministrativi di attuazione delle disposizioni impugnate non determina la cessazione della materia del contendere riguardo a tali disposizioni della legge regionale censurata, la cui validità non è, né potrebbe essere, incisa dal decreto commissariale. Ove, dunque, la sospensione venisse revocata, le disposizioni censurate potrebbero trovare applicazione, mentre nel frattempo sarebbero decorsi i termini, ai sensi dell’art. 127 Cost., per far valere la loro illegittimità.

3.— Nel merito, tutte le questioni prospettate nel ricorso sono fondate.

4.— Deve, infatti, ricordarsi come, in base alla giurisprudenza di questa Corte (anche recentemente ribadita con sentenza n. 260 del 2012), la competenza regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private debba senz’altro essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (sentenze n. 134 del 2006 e n. 200 del 2005).

Per verificare il rispetto da parte della legislazione regionale dei principi fondamentali stabiliti in materia dallo Stato occorre, peraltro, distinguere, dopo il riordino del sistema sanitario, gli aspetti che attengono all’“autorizzazione”, prevista per l’esercizio di tutte le attività sanitarie, da quelli che riguardano l’“accreditamento” delle strutture autorizzate.

Quanto all’“autorizzazione”, gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992 stabiliscono “requisiti minimi” di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie. Questa Corte ha riconosciuto che tali disposizioni rappresentano principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale che le Regioni devono rispettare indipendentemente dal fatto che la struttura intenda o meno chiedere l’accreditamento (sentenze nn. 245 e 150 del 2010).

Per l’“accreditamento” occorrono, invece, “requisiti ulteriori” (rispetto a quelli necessari all’autorizzazione) e l’accettazione del sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. I requisiti ulteriori, necessari per l’accreditamento, hanno natura di principi fondamentali, che le Regioni sono tenute a rispettare, non potendosi attribuire l’accreditamento ope legis a strutture di cui viene presunta la regolarità, indipendentemente dal possesso effettivo di tali requisiti (sentenza n. 361 del 2008).

Tuttavia, è stata la medesima legislazione statale a stabilire un passaggio graduale dal sistema precedente (convenzionale, basato sul pagamento dei fattori produttivi) a quello nuovo (basato sul pagamento delle prestazioni, previo accreditamento delle strutture). Si è così previsto un “accreditamento temporaneo” (art. 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica») per le strutture precedentemente convenzionate che avessero accettato il sistema di pagamento a prestazione, nonché un “accreditamento provvisorio” per le strutture nuove, o per attività nuove in strutture accreditate per altre attività, in attesa della verifica del volume e della qualità delle prestazioni (art. 8-quater, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992).

Peraltro, conseguenza della disciplina transitoria di cui sopra, già ritenuta legittima da questa Corte sin dalla sentenza n. 416 del 1995, è il fatto che, in attesa che si perfezioni il procedimento di verifica, potrebbero operare, addirittura in regime di accreditamento (temporaneo o provvisorio), strutture che poi si vedano negare, per mancanza dei requisiti, l’accreditamento definitivo o l’autorizzazione all’esercizio di ulteriori attività sanitarie; ciò sia in ragione di difetti strutturali, sia in conseguenza di eventuali violazioni dei tetti di spesa.

Per questo, il legislatore statale ha previsto che le Regioni avviino una procedura di accreditamento (definitivo o istituzionale) anche per le strutture temporaneamente accreditate (art. 8-quater, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992), da concludersi inderogabilmente entro un termine finale stabilito dalla legge. Tale termine è espressione di un principio fondamentale che le Regioni sono tenute a rispettare, dovendosi fare salve solo quelle discipline regionali di proroga che, in presenza di situazioni “eccezionali”, lungi dal costituire sanatoria di situazioni illegali, rappresentino un mezzo per consentire e promuovere la regolarizzazione delle posizioni dei soggetti privati ancora aperte, senza dover procedere alla revoca dell’autorizzazione (sentenza n. 93 del 1996).

Ancora, in ordine al termine finale per il passaggio dall’accreditamento provvisorio a quello definitivo, deve rilevarsi come, da ultimo, l’art. 1, comma 796, lettera t), della legge n. 296 del 2006, abbia previsto che tale passaggio debba avvenire entro il 1° gennaio 2010, scadenza poi prorogata al 1° gennaio 2011 dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2010), ulteriormente prorogata sino al 1° gennaio 2013 dall’art. 1 della legge 26 febbraio 2011, n. 10 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), mantenendo però fermo per le strutture ospedaliere e ambulatoriali il termine già fissato del 1° gennaio 2011.

5.— Ciò premesso, deve rilevarsi che i modificati commi 237-undecies e 237-duodecies dell’art. 1 della legge regionale n. 4 del 2011 prevedono una procedura di accreditamento che si articola in due fasi. La prima è rappresentata dalla conferma dell’accreditamento provvisorio mediante decreto commissariale di presa d’atto, per le domande regolarmente ammesse sulla piattaforma informatica applicativa. La seconda è costituita dalla verifica dei requisiti di accreditamento, che avviene in un momento successivo alla presa d’atto. In tal modo si finisce per riconoscere l’accreditamento definitivo senza previa verifica dei “requisiti ulteriori” richiesti dal legislatore statale, la cui mancanza determina significativamente, ai sensi della normativa qui in discussione (art. 1, comma 237-duodecies, della legge reg. n. 4 del 2011) la “revoca” dell’accreditamento, che perciò deve intendersi già riconosciuto sin dal momento della presa d’atto. Tale procedimento, che pospone la verifica dei requisiti al riconoscimento dell’accreditamento, confligge irrimediabilmente con il principio generale di cui all’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui l’accreditamento istituzionale definitivo può essere concesso solo dopo la verifica del possesso dei requisiti ulteriori (ex plurimis sentenza n. 361 del 2008).

Deve quindi ritenersi costituzionalmente illegittimo l’art. 1, commi 237-undecies e 237-duodecies, della legge regionale della Campania n. 4 del 2011, come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 23 del 2011, per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

L’accoglimento della questione sotto questo profilo risulta assorbente della ulteriore censura basata sull’art. 1, comma 796, lettera t), della legge n. 296 del 2006, riguardante il mancato rispetto del termine fissato nella legislazione statale per il passaggio all’accreditamento definitivo.

6.— Analogamente la previsione, contenuta nel modificato art. 1, comma 237-vicies-ter, dell'art. 1 della legge regionale n. 4 del 2011, della possibilità di attivare automaticamente, negli ambiti territoriali delle comunità montane, l’accreditamento istituzionale per le strutture sanitarie e socio-sanitarie in possesso del solo titolo autorizzativo e dei requisiti di accreditamento previsti dai regolamenti regionali, stabilisce un accreditamento istituzionale ex lege senza verifica caso per caso dei requisiti ulteriori, con conseguente violazione del principio generale di cui all’art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. Del resto, lo stesso Commissario ad acta ha disposto la sospensione dei provvedimenti di attuazione della disposizione qui in esame, con decreto n. 2 del 2012, proprio in ragione del fatto che essa stabilisce «l’attivazione automatica di nuovi accreditamenti istituzionali», in contrasto con i principi della legge dello Stato e contravvenendo altresì a precedenti atti del medesimo Commissario ad acta (decreto 16 maggio 2011, n. 31)

Deve quindi dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 237-vicies-ter, della legge regionale n. 4 del 2011, come aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 23 del 2011, per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

7.— In ordine al modificato art. 1, comma 237-sexdecies, della legge regionale n. 4 del 2011 va osservato che esso stabilisce una procedura che dilata la tempistica per la definizione delle procedure di accreditamento definitivo, in riferimento a talune ipotesi che riguardano accordi di riconversione di prestazioni sanitarie eccedenti il fabbisogno sanitario regionale, ai sensi del comma 237-nonies dell’art. 1 della medesima legge. La norma regionale censurata consente alle strutture sanitarie e socio-sanitarie ivi menzionate di continuare ad esercitare le proprie attività in deroga al termine ultimo fissato dalla legislazione nazionale per il passaggio dall’accreditamento provvisorio a quello definitivo. Infatti, la circostanza che il passaggio all’accreditamento definitivo non venga condizionato al rispetto del termine del 1° gennaio 2011 per le strutture ospedaliere e ambulatoriali (in realtà già scaduto) e del 1° gennaio 2013 per le altre strutture, così come stabilito dall’art. 1, comma 796, lettera t), della legge n. 296 del 2006, comporta la violazione di quest’ultima norma che, secondo la giurisprudenza costituzionale le Regioni sono tenute a rispettare.

Né ricorrono nella specie quelle circostanze eccezionali che possono giustificare una deroga, in quanto la Corte medesima ha già precisato come le deroghe regionali sul punto non possano fondarsi sull’esigenza di sanare situazioni di irregolarità, come quelle verificatesi nel caso di specie ed evidenziate proprio dal disavanzo sanitario regionale.

Pertanto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 237-sexdecies, della legge regionale n. 4 del 2011, come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 23 del 2012, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

8.— È stato altresì impugnato l’art. 1, comma 237-vicies, della legge regionale Campania n. 4 del 2011, che consente alle strutture di fisiokinesiterapia, già provvisoriamente accreditate, di presentare domanda di accreditamento istituzionale per l’area socio-sanitaria, cioè per un’attività più ampia e diversa da quella per la quale dette strutture sono state autorizzate e provvisoriamente accreditate.

Infatti, va ricordato che, secondo la legislazione statale (art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992), l’accreditamento provvisorio è concesso alle strutture già autorizzate che abbiano accettato il pagamento a prestazione. Le strutture provvisoriamente accreditate sono tutte già dotate di autorizzazione e, dunque, per esse la verifica dei “requisiti minimi” prevista dalla legge è stata effettuata; tuttavia, occorre rimarcare che tale verifica ha riguardato le sole attività per le quali è stata accordata l’autorizzazione.

Una disposizione come quella qui censurata, che consente alle strutture di fisiokinesiterapia di presentare domanda di accreditamento istituzionale per attività diverse e più ampie rispetto a quelle che sono state oggetto di autorizzazione, finisce per configurare una sorta di “autorizzazione implicita” in riferimento all’esercizio di quelle attività sanitarie che non autorizzate, determinando una situazione non compatibile con i principi della legislazione statale. Secondo la legislazione statale di riferimento (art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992), infatti, l’autorizzazione e la verifica dei “requisiti minimi” deve essere richiesta non solo al momento dell’avvio di una nuova struttura, ma anche ad ogni variazione che comporti l’adattamento di strutture già esistenti o la loro diversa utilizzazione, il loro ampliamento, trasformazione o trasferimento. Per queste ragioni, questa Corte ha già avuto modo di chiarire (sentenza n. 361 del 2008) che deve ritenersi costituzionalmente illegittima una norma regionale che preveda l’accreditamento di strutture che non abbiano l’autorizzazione.

Deve quindi dichiararsi l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 1, comma 237-vicies, della legge della Regione Campania n. 4 del 2011, come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 23 del 2012, per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 237-undecies, 237-duodecies, 237-sexdecies, 237-vicies e 237-vicies-ter, delle legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011), come modificato dall’art. 1, comma 1, della legge della Regione Campania 14 dicembre 2011, n. 23 (Modifiche alla legge regionale 15 marzo 2011, n. 4, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2011).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2012.