ORDINANZA N. 62
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA;
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito dell’acquisizione e dell’utilizzo di intercettazioni telefoniche del senatore Stefano Esposito, disposti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino nonché dal Giudice per le indagini preliminari e dal Giudice dell’udienza preliminare presso il medesimo Tribunale, nell’ambito del procedimento penale iscritto al n. 24047 del registro delle notizie di reato del 2015 e al n. 1900 del registro dell’ufficio del giudice per le indagini preliminari del 2021, promosso dal Senato della Repubblica con ricorso depositato in cancelleria il 28 ottobre 2022 e iscritto al n. 13 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2022, fase di ammissibilità, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio dell’8 marzo 2023.
Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2023 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2023.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 28 ottobre 2022 (reg. confl. poteri n. 13 del 2022), il Senato della Repubblica ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino e del Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale, per avere essi acquisito agli atti del procedimento penale iscritto al n. 24047 del registro delle notizie di reato del 2015, a carico del senatore Stefano Esposito e altri, e utilizzato come fonti di prova a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio del 29 luglio 2021, il contenuto di plurime intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto il medesimo senatore, e nei confronti del Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torino, per avere posto a fondamento del decreto che dispone il rinvio a giudizio del 1° marzo 2022 le stesse intercettazioni, senza che alcuna autorizzazione sia mai stata richiesta al Senato della Repubblica, con la conseguente lesione dell’attribuzione a quest’ultimo riconosciuta dall’art. 68, terzo comma, della Costituzione;
che il procedimento penale trae origine da più inchieste condotte dalla Procura della Repubblica di Torino, aventi ad oggetto presunti illeciti volti a favorire l’attività imprenditoriale di uno degli imputati;
che il ricorrente deduce che Stefano Esposito, senatore nella XVII legislatura, sarebbe stato informato dell’esistenza di attività di indagine a suo carico nel novembre 2017 e che solo in data 19 ottobre 2020 gli sarebbe stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il quale riportava un elenco di intercettazioni telefoniche che lo coinvolgevano in qualità di interlocutore di altri soggetti titolari di utenze soggette a captazione;
che, tra queste, centoventisei intercettazioni sarebbero state effettuate nel periodo in cui il senatore ricopriva il mandato parlamentare e sarebbero state ritenute rilevanti dal pubblico ministero;
che, in data 29 luglio 2021, nei confronti del senatore veniva richiesto il rinvio a giudizio per concorso nel delitto di turbata libertà degli incanti, nonché per i delitti di corruzione per atti contrari al dovere d’ufficio e traffico di influenze illecite, indicando, tra le fonti di prova, un totale di centotredici intercettazioni;
che, prosegue il ricorrente, nel corso dell’udienza preliminare la difesa del senatore Esposito avrebbe eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche che lo vedevano quale interlocutore, in ragione della mancata richiesta al Senato della Repubblica, da parte dell’autorità procedente, delle autorizzazioni previste dagli artt. 4 e 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), per l’eventualità che le intercettazioni in questione dovessero essere qualificate come «indirette» o, in subordine, «casuali»;
che analoga eccezione sarebbe stata avanzata in relazione ad alcuni messaggi riferibili al senatore Esposito, trasmessi mediante la piattaforma WhatsApp, acquisiti tramite la copia forense dei dati contenuti nello smartphone in uso ad uno dei coimputati, in esito a una perquisizione avvenuta in data 18 marzo 2018;
che, riferisce ancora il ricorrente, il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torino, nel corso dell’udienza del 30 novembre 2021, avrebbe ritenuto che tali istanze difensive attenessero «all’utilizzabilità di singoli atti processuali», e che quindi non vi fosse in relazione ad esse la «necessità di decidere anticipatamente rispetto al merito», riservando ogni decisione all’esito dell’udienza preliminare; e che, tuttavia, disponendo il rinvio a giudizio in data 1° marzo 2022, il Giudice procedente non si sarebbe pronunciato sulla richiesta di inutilizzabilità delle captazioni effettuate nei confronti del senatore Esposito, e anzi avrebbe esplicitamente annoverato queste ultime tra le fonti di prova rilevanti;
che, poste tali premesse, il ricorso lamenta, in via principale, la lesione dell’art. 68, terzo comma, Cost. assumendo che l’attività di intercettazione posta in essere nei confronti del senatore Esposito avrebbe imposto all’autorità giudiziaria di richiedere previamente l’autorizzazione al suo svolgimento, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003, in quanto avente ad oggetto comunicazioni intercorse con un coimputato al quale il medesimo senatore «era legato da uno stabile rapporto di amicizia di durata ultraventennale e di pubblico dominio e, quindi, facilmente annoverabile tra i suoi interlocutori abituali»;
che, alla luce di ciò, ad avviso del ricorrente si dovrebbe ritenere che l’autorità giudiziaria procedente abbia identificato sin da subito il senatore Esposito come interlocutore abituale di uno degli imputati, con l’effetto che la prosecuzione dell’attività di captazione delle comunicazioni del parlamentare denoterebbe lo «sviamento della direzione dell’atto investigativo», finalizzato a eludere la garanzia costituzionale rappresentata dalla necessaria, previa, autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare all’effettuazione dell’attività d’indagine in parola;
che, in via subordinata, il ricorso lamenta la violazione del medesimo parametro costituzionale, ma in relazione alla mancata richiesta di autorizzazione imposta dall’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 in vista dell’utilizzazione, in sede processuale, degli atti menzionati nel comma 1 dello stesso articolo, in cui figurano le attività di intercettazione di conversazioni alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, intendendosi per tali quelle meramente «casuali», cioè non qualificate da una direzione dell’atto di indagine idonea a far ritenere che il destinatario dell’attività in questione sia anche il parlamentare, e non solo il terzo intercettato.
Considerato che, con ricorso depositato il 28 ottobre 2022 (reg. confl. poteri n. 13 del 2022), il Senato della Repubblica ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino e del Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale, per avere essi acquisito agli atti del procedimento penale iscritto al n. 24047 del registro delle notizie di reato del 2015, a carico del senatore Stefano Esposito e altri, e avere utilizzato come fonti di prova a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio del 29 luglio 2021, il contenuto di plurime intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto il medesimo senatore Esposito, e nei confronti del Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torino, per avere posto a fondamento del decreto che dispone il rinvio a giudizio del 1° marzo 2022 le stesse intercettazioni, senza che alcuna autorizzazione sia mai stata richiesta al Senato della Repubblica, con ciò ledendo l’attribuzione riconosciuta al ricorrente dall’art. 68, terzo comma, Cost.;
che, nella presente fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata ogni ulteriore questione anche in punto di ammissibilità;
che, quanto al requisito soggettivo, il Senato della Repubblica è legittimato ad essere parte del conflitto di attribuzione, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che esso impersona, in relazione all’applicabilità della prerogativa di cui all’art. 68, terzo comma, Cost. (ordinanze n. 261 del 2022, n. 276 e n. 275 del 2008);
che la medesima natura di potere dello Stato deve altresì essere riconosciuta al pubblico ministero – e, in particolare, al procuratore della Repubblica (sentenza n. 1 del 2013, ordinanza n. 193 del 2018) – in quanto investito dell’attribuzione, costituzionalmente garantita, inerente all’esercizio obbligatorio dell’azione penale (art. 112 Cost.), cui si connette la titolarità diretta ed esclusiva delle indagini ad esso finalizzate (ex plurimis, sentenze n. 88 e n. 87 del 2012; ordinanze n. 273 del 2017, n. 217 del 2016, n. 218 del 2012, n. 241 e n. 104 del 2011, n. 276 del 2008 e n. 124 del 2007): funzione con riferimento alla quale il pubblico ministero, organo non giurisdizionale, deve ritenersi competente a dichiarare definitivamente, in posizione di piena indipendenza, la volontà del potere giudiziario cui appartiene (sentenza n. 183 del 2017 e ordinanza n. 261 del 2022);
che la legittimazione ad essere parte del presente giudizio deve essere riconosciuta anche in capo al Giudice per le indagini preliminari e al Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torino, in quanto organi giurisdizionali collocati in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competenti a dichiarare in via definitiva, per il procedimento di cui sono investiti, la volontà del potere cui appartengono (ordinanze n. 1 del 2023, n. 250 e n. 157 del 2022, n. 19 del 2021);
che, quanto al profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni presidiata dall’art. 68, terzo comma, Cost., che richiede l’autorizzazione della Camera di appartenenza per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, ovvero per utilizzarle in giudizio (sentenza n. 38 del 2019);
che sussistono, quindi, i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, promosso dal Senato della Repubblica nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino nonché del Giudice per le indagini preliminari e del Giudice dell’udienza preliminare presso il medesimo Tribunale;
2) dispone:
a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Senato della Repubblica;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano notificati, a cura del ricorrente, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Torino nonché al Giudice per le indagini preliminari e al Giudice dell’udienza preliminare presso il medesimo Tribunale, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2023.