Ordinanza n. 19 del 2021

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ORDINANZA N. 19

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Stefano PETITTI, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito del decreto del Presidente facente funzioni del Tribunale ordinario di Taranto del 4 maggio 2020, n. 36 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19) e del decreto del Presidente f.f. del Tribunale ordinario di Taranto e del magistrato collaboratore al coordinamento dei giudici di pace di Taranto del 13 maggio 2020, n. 38, promosso dal Giudice di pace di Taranto con ricorso depositato in cancelleria il 28 agosto 2020 ed iscritto al n. 11 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2020, fase di ammissibilità.

Udita nella camera di consiglio del 27 gennaio 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

deliberato nella camera di consiglio del 28 gennaio 2021.

Ritenuto che, con ricorso depositato in data 28 agosto 2020, il Giudice di pace di Taranto ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Tribunale ordinario di Taranto, in persona del già Presidente facente funzioni, in qualità di organo amministrativo, e, ove occorra, in persona del Presidente in carica, per sentir dichiarare «l’illegittima usurpazione e menomazione dell’esercizio [delle] funzioni giurisdizionali del […] giudice di pace, e quindi, della giurisdizione del giudice di pace, in ragione della mancata preventiva informazione, convocazione, consultazione e partecipazione all’organizzazione giudiziaria dell’Ufficio del Giudice di pace di Taranto»;

che il conflitto avrebbe tratto origine da due provvedimenti del Presidente del Tribunale di Taranto f.f.: il decreto del 4 maggio 2020, n. 36 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), emanato ai sensi dell’art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modifiche, che ha disposto la sospensione delle udienze penali, con conseguenti rinvii al 31 luglio 2020, e, insieme al magistrato collaboratore al coordinamento dei giudici di pace di Taranto, il successivo decreto del 13 maggio 2020, n. 38, recante diffida al Giudice di pace ricorrente nel presente conflitto di attribuzione, dall’adottare provvedimenti organizzativi dell’attività giurisdizionale di sua competenza in violazione delle disposizioni adottate con il summenzionato decreto n. 36 del 2020;

che, ad avviso del ricorrente, il Presidente f.f., nel disporre la sospensione delle udienze penali, non avrebbe informato né fatto partecipare al procedimento amministrativo de quo i giudici di pace della giurisdizione penale, a differenza di altre magistrature, e avrebbe così violato il principio di leale collaborazione e il principio di buon andamento amministrativo, di cui all’art. 97 della Costituzione;

che il ricorrente, a quanto riferisce l’atto introduttivo, avrebbe sospeso la celebrazione dei processi penali, così come disposto dal decreto del Presidente del Tribunale f.f., «pur contestando formalmente le violazioni procedurali, in ordine alla mancata informazione, partecipazione e consultazione della giurisdizione penale proprio in ordine all’Organizzazione dell’Ufficio giudiziario de quo, e, quindi, alla regolamentazione delle udienze penali, nell’ambito della tutela delle prerogative della giurisdizione stessa, ed in ordine anche all’attività giudiziaria in tema di immigrazione»;

che, cionondimeno, lo stesso Presidente del Tribunale f.f. e il magistrato coordinatore dell’ufficio del Giudice di pace, con decreto 13 maggio 2020, n. 38, hanno diffidato il ricorrente dall’adottare provvedimenti organizzativi dell’attività giurisdizionale e trasmesso, tra gli altri, l’atto al Presidente della Corte d’appello di Lecce, che ha successivamente avviato, ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), il procedimento per la revoca dalle funzioni del ricorrente di cui al presente conflitto;

che il ricorrente chiede «l’annullamento, previa sospensione, dei […] Decreti presidenziali n. 36 e n. 38 del 2020 ed eventuali atti conseguenziali»;

che, secondo il ricorrente, i comportamenti assunti dal Presidente del Tribunale f.f. avrebbero determinato un’ingerenza nelle sue «competenze […] per quanto statuito dall’art. 470 e seg. c.p.p.» nonché la violazione delle prerogative spettanti al giudice ai sensi degli artt. 25, 101, 104, 108 e 111 della Costituzione, con conseguente pregiudizio per l’indipendenza della magistratura di pace;

che tale menomazione della funzione giurisdizionale del giudice di pace avrebbe, altresì, comportato riflessi pregiudizievoli in termini sia sanitari, sia economici;

che, sotto il primo profilo, si adduce la «mancata regolamentazione da parte del Presidente f.f. del piano di rischio sanitario previsto dalla legge n. 81 del Decreto legislativo 9 aprile 2008 [recte: decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81]» (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) relativamente alla situazione legata alla pandemia da COVID-19, con ripercussioni sulla «tutela della salute del personale e degli stessi giudici di pace, in violazione dell’art. 32 Cost.»;

che, quanto all’aspetto economico, il decreto recante la sospensione delle udienze avrebbe privato il giudice di pace ricorrente della possibilità di svolgere la sua attività lavorativa «con conseguente privazione della giusta retribuzione» nonché lesione dell’art. 36 Cost.;

che il mancato coinvolgimento dei giudici di pace della giurisdizione penale dell’ufficio del giudice di pace nel procedimento amministrativo de quo avrebbe integrato una violazione della leale collaborazione e, nello specifico, dell’art. 275 del Codice dell’organizzazione degli uffici giudiziari, là dove stabilisce che «[i] magistrati hanno diritto di essere coinvolti nelle scelte organizzative dell’Ufficio che incidono sulla loro attività lavorativa», nonché dell’art. 15, commi 4 e 5, del decreto del Ministro della giustizia 23 febbraio 2018 (Adozione del Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero della giustizia), ove affermano che «[i]l dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare ed imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa» e che «il dirigente [...] assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni». Risulterebbero, inoltre, violate le norme della delibera del Consiglio superiore della magistratura 26 marzo 2020 (Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all’emergenza COVID-19 integralmente sostitutive delle precedenti assunte), in cui, ad avviso del ricorrente, si «evidenzia la necessità di far partecipare al citato procedimento i magistrati» e quelle della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), nella parte in cui prevedono la partecipazione al procedimento amministrativo del soggetto destinatario del provvedimento.

Considerato che il Giudice di pace di Taranto ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del già Presidente facente funzioni, in qualità di organo amministrativo, e, ove occorra, in persona del Presidente in carica del Tribunale ordinario di Taranto, in relazione alla decisione di quest’ultimo di disporre la sospensione delle udienze a causa dell’emergenza sanitaria, adottata senza il coinvolgimento nel procedimento amministrativo del giudice di pace ricorrente, e che questi ha chiesto, altresì, l’annullamento del provvedimento che ha disposto tale sospensione così come di quello con il quale il ricorrente è stato diffidato all’adottare atti in contrasto con il provvedimento di sospensione delle udienze;

che, nell’attuale fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare sulla sussistenza dei requisiti, soggettivi e oggettivi, stabiliti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), vale a dire a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali;

che, quanto ai requisiti soggettivi, il ricorso si limita ad affermare che il «Giudice di pace fa parte della giurisdizione di primo grado […], in posizione di chiara indipendenza» e ad affermare che «il ricorso è diretto ad impegnare l’intero Organo giudiziario penale de quo, oltre a quello civile, così come avvenuto per il P.M. nella tutela dell’esercizio dell’azione penale ex art. 112 Cost.»;

che questa Corte ha più volte affermato che i singoli organi giurisdizionali sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione, e alla loro competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, ma che tale legittimazione sussiste «limitatamente all’esercizio dell’attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale» (ordinanze n. 366 del 2008, n. 338 del 2007, n. 340 e n. 244 del 1999, e n. 87 del 1978); che questa Corte ha escluso l’ammissibilità di conflitti che coinvolgano «organi appartenenti, entrambi, al potere giudiziario» (ordinanza n. 296 del 2013); che, nel ricorso in esame, il conflitto sorge dall’esercizio di funzioni non giurisdizionali tra organi appartenenti, entrambi, al potere giudiziario, ed è pertanto inammissibile;

che, quanto ai requisiti oggettivi, la lamentata violazione delle prerogative giurisdizionali non sussiste, in quanto discende, a ben vedere, da un provvedimento del Presidente del Tribunale espressamente autorizzato dall’art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modifiche, a prevedere la sospensione delle udienze per far fronte all’emergenza sanitaria generata dalla pandemia da COVID-19;

che, pertanto, la doglianza del giudice di pace si risolve nella sua mancata partecipazione al procedimento amministrativo, con il quale è stata disposta tale sospensione;

che, in definitiva, il ricorrente contesta l’illegittimità degli atti amministrativi adottati con gli indicati decreti n. 36 e n. 38 del 2020;

che sussiste un’ontologica differenza tra atto meramente illegittimo e atto costituzionalmente invasivo (ex plurimis, ordinanza n. 84 del 2020; sentenze n. 255 del 2019, n. 10 del 2017, n. 260 e n. 104 del 2016);

che, pertanto, risultano carenti, insieme ai requisiti soggettivi, anche quelli oggettivi del conflitto, posto che la materia trattata nel ricorso, e lo stesso petitum che ne costituisce l’epilogo, si pongono palesemente al di fuori del rigoroso perimetro entro il quale può svolgersi il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Emanuela NAVARRETTA, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2021.