ORDINANZA N. 104
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto in seguito all’apertura delle indagini da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, alle successive richieste di rinvio a giudizio, dell’11 maggio 2009 (R.G.N.R. n. 8213/2009) e del 2 febbraio 2010 (R.G.N.R. n. 5736/2010), da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e all’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli del 20 ottobre 2010, promosso dal Senato della Repubblica con ricorso depositato in cancelleria il 21 dicembre 2010 ed iscritto al n. 12 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 21 dicembre 2010, il Senato della Repubblica ha sollevato un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e del Giudice dell’udienza preliminare di quest’ultimo tribunale, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spettava a tali procuratori «esperire indagini a carico dell’on. Mario Clemente Mastella, Ministro all’epoca dei fatti contestati, omettendo di trasmettere, ai sensi dell’art. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, gli atti al Collegio per i reati ministeriali di cui al successivo articolo 7» e che «non spettava al Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli (…) rigettare con l’ordinanza del 20 ottobre 2010 l’eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale di Napoli a giudicare il Ministro della giustizia on. Mario Clemente Mastella, e di procedere secondo il rito ordinario»;
che, in seguito alle indagini iniziate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e concluse da quella di Napoli e ad altre indagini di questa procura, senza che, in entrambi i casi, gli atti fossero stati trasmessi al tribunale dei ministri, sono state formulate due richieste di rinvio a giudizio a carico del Ministro Mastella (l’una dell’11 maggio 2009, nel procedimento penale di cui al R.G.N.R. n. 8213/09; l’altra, del 2 febbraio 2010, nel procedimento penale di cui al R.G.N.R. n. 5736/10);
che, con ordinanza del 20 ottobre 2010, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli ha ritenuto che «i reati dall’accusa attribuiti a Mastella, pur se riferibili ad un periodo in cui questi era Ministro della giustizia, in nulla sono collegabili all’esercizio di quelle funzioni», ha rigettato l’eccezione di incompetenza funzionale e ha disposto «procedersi oltre»;
che, secondo il Senato, con tali omissioni e con tali atti, di cui si chiede l’annullamento, l’Autorità giudiziaria avrebbe menomato le attribuzioni costituzionali spettanti al ricorrente in base all’art. 96 della Costituzione, in forza delle quali la Camera competente a deliberare sull’autorizzazione ivi prevista dovrebbe venire informata della pendenza di qualsiasi procedimento penale, se relativo a fatti attribuiti a chi abbia rivestito, al tempo di essi, la qualità di ministro, e avrebbe titolo a pretendere che, in tali casi, gli atti siano trasmessi, in base all’art. 6 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione), al tribunale dei ministri, quale «unico organo giudiziario legittimato ad indagare sulla notizia di reato addebitato al Ministro ed a qualificare, all’esito delle indagini, la natura del reato»;
che, secondo il Senato, solo per tale via, infatti, il ramo competente del Parlamento sarebbe in grado di esprimere la propria valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale del reato, in relazione all’art. 96 Cost.;
che, nel caso di specie, viceversa, il Senato, ignaro della pendenza del procedimento, sarebbe stato «posto nella condizione inammissibile di dovere ricercare altrimenti le informazioni necessarie all’esercizio dei suoi poteri di prerogativa», dapprima, attivando il Ministro della giustizia pro tempore, in data 22 dicembre 2009 e 17 giugno 2010, affinché acquisisse ogni elemento conoscitivo utile; in seguito, in data 30 ottobre 2010, richiedendo la trasmissione degli atti direttamente al Presidente del Tribunale di Napoli, che, il 16 novembre 2010, avrebbe dato atto dell’intervenuta trasmissione, in data 2 novembre 2010, da parte del Procuratore della Repubblica al Ministro, a seguito di richiesta del secondo risalente al precedente 4 ottobre;
che, osserva il ricorrente, fin dalle origini l’ordinamento repubblicano, pur devolvendo alla Corte costituzionale il giudizio sui reati ministeriali, aveva avvertito la necessità di «una disciplina analitica dei rapporti fra la giurisdizione penale costituzionale e la giurisdizione penale comune», disposta sia con gli artt. da 10 a 14 della legge 25 gennaio 1962, n. 20 (Norme sui procedimenti e giudizi di accusa), sia con l’art. 8 della legge 10 maggio 1978, n. 170 (Nuove norme sui procedimenti d’accusa di cui alla legge 25 gennaio 1962, n. 20): in particolare, si era stabilito che, in caso di inizio dell’azione penale a carico di un ministro, il pubblico ministero fosse tenuto a darne notizia al Presidente della Camera, che ne informava la Commissione parlamentare inquirente; veniva poi demandata a questa Corte la risoluzione di eventuali conflitti tra Commissione e Autorità giudiziaria;
che, a seguito della revisione dell’art. 96 Cost., a parere del Senato, permane la medesima esigenza di coinvolgere in ogni caso la Camera competente, ove sia avviato un procedimento penale a carico di un ministro, come questa Corte avrebbe riconosciuto con la sentenza n. 241 del 2009, sulla base dell’art. 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989;
che, per tale ragione e al fine di consentire l’eventuale esercizio del potere di autorizzazione previsto dall’art. 96 Cost., «il Collegio per i reati ministeriali costituisce il raccordo indefettibile per la regolazione dei rapporti dell’autorità giudiziaria con le Camere rappresentative»: esso, perciò, andrebbe investito ai sensi dell’art. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989 di ogni notizia di reato concernente un ministro, affinché eserciti la propria valutazione anche in ordine al carattere ministeriale del reato e attivi, in tal caso, la Camera competente, ovvero, qualora il reato sia ritenuto di natura comune, disponga la cosiddetta archiviazione anomala e ne informi, in base all’art. 8 della medesima legge, la Camera per consentirle l’esercizio delle proprie attribuzioni;
che dovrebbe viceversa escludersi, a parere del Senato, l’esistenza (secondo quanto avrebbe affermato, in particolare, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli) di «una sorta di competenza esclusiva sulla competenza del potere parlamentare», esercitabile dall’Autorità giudiziaria: tale sarebbe la conclusione, invece, ove quest’ultima potesse procedere avverso un ministro nelle forme ordinarie, eludendo le attribuzioni del collegio per i reati ministeriali, e conseguentemente quelle, ad esse collegate da “un nesso strettissimo”, della Camera;
che ciò si sarebbe, invece, verificato nel caso di specie, da parte sia delle procure, sia del giudice dell’udienza preliminare, il quale avrebbe dovuto prendere atto di tale circostanza, al fine di «quanto meno (…) provvedere autonomamente» ad informare il Senato;
che, secondo il ricorrente, non sarebbe discutibile la propria legittimazione a sollevare il conflitto, in quanto il Senato della Repubblica è la Camera competente a concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro Mastella, sia per la posizione di senatore dallo stesso rivestita all’epoca dei fatti, sia per la circostanza che quando l’azione penale è stata esercitata nei suoi confronti egli aveva cessato di appartenere al Parlamento; né sarebbe contestabile la legittimazione delle autorità giudiziarie coinvolte, nella specie il Tribunale di Napoli, Sezione Gip/Gup, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, a resistervi;
che ricorrerebbe, parimenti, il requisito oggettivo del conflitto, che riguarda la menomazione della sfera di attribuzioni direttamente conferite al Senato della Repubblica dalla Costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, determinata dalla condotta degli organi giudiziari predetti, che avrebbero omesso il compimento di adempimenti processuali, previsti a tutela delle prerogative del Senato, svolgendo le indagini e disponendo la prosecuzione del procedimento nelle “forme ordinarie”;
che, infine, il ricorrente osserva di avere interesse a proporre il ricorso, dal momento che l’illegittima procedura con cui l’Autorità giudiziaria ordinaria ha qualificato come non ministeriali i reati addebitati al Ministro Mastella lo avrebbe privato di ogni possibilità di partecipazione e di coinvolgimento nel procedimento, indispensabili per il compimento delle proprie valutazioni al riguardo.
Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte è chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine all’ammissibilità del conflitto di attribuzione, sotto il profilo della sussistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore e diversa valutazione, anche in punto di ammissibilità;
che, quanto alla sussistenza dei requisiti soggettivi, il Senato della Repubblica è legittimato a sollevare conflitto, al fine di difendere le attribuzioni che gli spettano ai sensi dell’art. 96 Cost. (sentenze n. 241 del 2009 e n. 403 del 1994; ordinanze n. 211 del 2010; n. 8 del 2008; n. 217 del 1994);
che la legittimazione a resistere nel presente conflitto va riconosciuta al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente, nel procedimento di cui è investito, la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell’esercizio di funzioni giurisdizionali svolte in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita (da ultimo, ordinanza n. 211 del 2010);
che, parimenti, sono legittimati a resistere nel conflitto i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali di Santa Maria Capua Vetere e di Napoli, in quanto direttamente investiti delle funzioni previste dall’art. 112 Cost. e dunque gravati dall’obbligo non solo di esercitare l’azione penale, ma anche di svolgere le attività di indagine a questa finalizzate (ordinanze n. 276 del 2008; n. 73 del 2006; n. 404 del 2005);
che, con riguardo ai presupposti oggettivi, il ricorso è indirizzato a garanzia di una sfera di attribuzioni costituzionali, desumibili, secondo la prospettazione del Senato della Repubblica, dall’art. 96 Cost. e dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1;
che, ai sensi dell’art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, va disposta la notificazione del ricorso e della presente ordinanza anche alla Camera dei deputati, stante l’identità della posizione costituzionale dei due rami del Parlamento in relazione alle questioni di principio da trattare (sentenza n. 7 del 1996; ordinanze n. 211 del 2010; n. 8 del 2008; n. 102 del 2000; n. 470 del 1995).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Senato della Repubblica nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con il ricorso in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Senato della Repubblica;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, nonché alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni dall’ultima notificazione, a norma dell’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2011.