Ordinanza n. 102/2000

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ORDINANZA N. 102

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito delle ordinanze emesse dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano il 17 e 20 settembre 1999, in due procedimenti penali a carico dell'on. Cesare Previti, e delle successive decisioni, in quanto non considerano assoluto impedimento il diritto-dovere del deputato di assolvere il mandato parlamentare attraverso la partecipazione a votazioni in Assemblea, promosso dalla Camera dei deputati, con ricorso depositato il 19 novembre 1999 ed iscritto al n. 133 del registro ammissibilità conflitti.

 Udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 Ritenuto che, con ricorso depositato il 19 novembre 1999, la Camera dei deputati ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Giudice per le indagini preliminari, con funzione di giudice dell'udienza preliminare, presso il Tribunale di Milano, chiedendo alla Corte:

 a) di dichiarare che non spetta a quel giudice stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla comparizione del deputato alle udienze penali il diritto-dovere di assolvere il mandato parlamentare attraverso la partecipazione a votazioni in assemblea;

 b) di annullare, per l'effetto, con tutti gli atti consequenziali (impugnati «anche in quanto autonomamente viziati»), le ordinanze in data 17 settembre 1999 (nel procedimento n. 3384/98 R.G. GIP), 20 settembre 1999 (nel procedimento n. 5634/97 R.G. GIP), 22 settembre 1999, 5 ottobre 1999, 6 ottobre 1999, nonché le eventuali altre decisioni in data successiva, di identico contenuto, con cui lo stesso giudice aveva rigettato le istanze avanzate dalla difesa del deputato Previti di rinvio dell'udienza per impedimento parlamentare;

 che, secondo la ricorrente, nelle menzionate ordinanze il giudice, dopo aver preso atto dei numerosi rinvii dell'udienza preliminare dovuti (anche) all'impedimento a comparire del deputato Previti per impegni parlamentari, e dopo aver osservato che la quotidianità dei lavori parlamentari impediva il sollecito svolgimento dell'udienza, ha affermato, pur sulla premessa del pari valore costituzionale dell'attività parlamentare e di quella giurisdizionale, che gli impegni parlamentari non costituiscono un impedimento assoluto a comparire in udienza, ai sensi degli artt. 420, 485 e 486 cod. proc. pen., non integrando una priorità tale da rendere soccombente il principio dell'indefettibilità e dell'effettività della giurisdizione;

 che la stessa Camera dei deputati, nel denunciare così la lesione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, preliminarmente sottolinea l'ammissibilità del sollevato conflitto, sia sotto l'aspetto soggettivo della legittimazione propria e del giudice per le indagini preliminari (quali organi competenti, ciascuno, a dichiarare definitivamente la volontà del potere di cui sono espressione), sia sotto l'aspetto oggettivo della sussistenza di una controversia sulla delimitazione dei confini tra le attribuzioni costituzionali del potere legislativo e del potere giudiziario, sia infine sotto l'aspetto dell'interesse a ricorrere (in considerazione della lesione arrecata alle attribuzioni della Camera, nonostante l'estrinseca circostanza che il deputato Previti abbia effettivamente preso parte alle votazioni assembleari del 22 settembre, 5 ottobre e 6 ottobre del 1999);

 che, nel merito, la ricorrente rileva come il mancato riconoscimento giudiziale dell'assoluto impedimento a comparire all'udienza penale del deputato impegnato in una votazione assembleare - costringendo quest'ultimo all'alternativa tra esercizio del «diritto fondamentalissimo» alla difesa ed esercizio del diritto dovere del voto, non delegabile e da esercitarsi personalmente - ne ostacola la partecipazione alla votazione e quindi: a) comprime l'indipendenza e l'autonomia della Camera (in violazione degli artt. 64, 68 e 72 della Costituzione); b) pone a rischio la funzionalità dell'assemblea, compromettendo la formazione dei quorum strutturali e funzionali richiesti per la validità delle deliberazioni (con violazione dell'art. 64, terzo comma, Cost., in riferimento agli artt. 64, primo comma, 73, secondo comma, 79, primo comma, 83, terzo comma, 90, secondo comma, 138, primo e terzo comma, Cost., 12 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, 9, terzo comma, e 10, terzo comma, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1); c) coarta (ab extrinseco) la libertà dell'espletamento del mandato parlamentare (in violazione degli artt. 67 e 68 Cost.); d) sacrifica integralmente, nel conflitto tra valori di pari rango costituzionale - così violando l'art. 3 Cost. -, quelli dell'autonomia, indipendenza e funzionalità delle istituzioni parlamentari, rispetto a quello dell'efficienza del processo, senza consentire di raggiungere, attraverso il bilanciamento delle contrapposte esigenze ed il rispetto del principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato, un punto di equilibrio (reso possibile dal non quotidiano espletamento delle votazioni) idoneo a garantire la certezza del diritto, escludendo la mera discrezionalità del giudice nella valutazione dell'impedimento del deputato per impegni parlamentari a comparire.

 Considerato che la Corte è chiamata a decidere in camera di consiglio e senza contraddittorio, ai sensi dell'art. 37, commi terzo e quarto, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, sotto il profilo dell'esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza;

 che sussistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dal primo comma del citato art. 37, ai fini della configurabilità di un conflitto tra poteri dello Stato, restando impregiudicata - atteso il carattere meramente delibatorio della presente pronuncia - ogni ulteriore decisione anche in punto d’ammissibilità;

 che, infatti, sotto l'aspetto soggettivo, la Camera dei deputati è legittimata a sollevare conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, quale organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene;

 che, del pari, il giudice per le indagini preliminari, con funzioni di giudice dell'udienza preliminare, è legittimato ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, nell'àmbito delle funzioni giurisdizionali da lui esercitate, in conformità al principio, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parti in conflitti costituzionali di attribuzione;

 che, sotto l'aspetto oggettivo del conflitto, la ricorrente prospetta la lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite alla Camera dei deputati, per via del mancato riconoscimento giudiziale del "legittimo impedimento" a comparire all'udienza penale (ex art. 486, comma 1, cod. proc. pen.) di un parlamentare impegnato in votazioni assembleari;

 che dallo stesso ricorso si ricavano le ragioni del conflitto e le norme costituzionali che regolano la materia, come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 che, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della citata legge n. 87 del 1953, va disposta la notificazione anche al Senato della Repubblica, stante l'identità della posizione costituzionale dei due rami del Parlamento in relazione alle questioni di principio da trattare (v. ordinanze n. 269 del 1996 e n. 470 del 1995).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Camera dei deputati nei confronti del Giudice per le indagini preliminari, con funzione di giudice dell'udienza preliminare, presso il Tribunale di Milano, con il ricorso indicato in epigrafe;

 dispone:

 a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla Camera dei deputati ricorrente;

 b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Giudice per le indagini preliminari, con funzione di giudice dell'udienza preliminare, nonché al Senato della Repubblica, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 aprile 2000.