SENTENZA N. 253
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosso dalla Regione Puglia con ricorso spedito per la notifica il 25 febbraio 2014, depositato in cancelleria il 7 marzo 2014 ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 novembre 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Puglia e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– La Regione Puglia, con ricorso spedito per la notifica il 25 febbraio 2014 e depositato il 7 marzo 2014, iscritto al n. 22 del registro ricorsi del 2014, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonché ai principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto.
L’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 modifica l’art. 6, comma 7, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), sostituendo le parole «a decorrere dal 2014», a loro volta introdotte dall’art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013) in sostituzione delle originarie «a decorrere dal 2013», – con le parole «a decorrere dal 2015». L’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 68 del 2011, nel testo risultante dalla modifica, dispone che «[l]e disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 si applicano a decorrere dal 2015».
Il citato art. 6 del d.lgs. n. 68 del 2011 contiene disposizioni sull’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e al comma 1 stabilisce che a decorrere dall’anno 2012 ciascuna Regione a statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota di base della suddetta addizionale entro i limiti percentuali ivi indicati.
Il comma 2 stabilisce che fino al 31 dicembre 2011 rimangono ferme le aliquote della addizionale regionale dell’IRPEF delle Regioni superiori all’aliquota di base alla data di entrata in vigore del decreto.
L’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 68 del 2011 contiene disposizioni concernenti il coordinamento tra la maggiorazione IRPEF e la riduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) eventualmente prevista dalle Regioni.
Il successivo comma 4 contiene disposizioni volte ad assicurare la razionalità del sistema tributario.
L’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, dispone che «[l]e regioni, nell’ambito dell’addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge, detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni previste dall’articolo 12 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. Le regioni adottano altresì con propria legge misure di erogazione di misure di sostegno economico diretto, a favore dei soggetti IRPEF, il cui livello di reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di cui al presente comma».
Il successivo comma 6 stabilisce che «al fine di favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, le regioni, nell’ambito dell’addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge, detrazioni dall’addizionale stessa in luogo dell’erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale».
Ai citati commi 3, 4, 5 e 6, si riferisce il comma 7, come modificato dall’impugnato art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013.
La ricorrente sostiene che l’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui produce l’effetto di posticipare l’applicazione della disciplina contenuta all’art. 6, commi 4 e 5, (rectius: 5 e 6) del d.lgs. n. 68 del 2011, contrasterebbe con gli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, Cost.
1.1.– La Regione Puglia affronta innanzitutto il problema della qualificazione giuridica dell’addizionale IRPEF e assume che, alla luce dell’art. 7, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), rientrerebbe nella categoria delle «addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali» (lettera b, numero 2). Si tratterebbe dunque di un tributo delle Regioni, in relazione al quale la lettera c) del citato comma 1 dispone che le Regioni possano «introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali», nonché «disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale».
La ricorrente, peraltro, rileva che l’art. 119 Cost. distinguerebbe solamente due tipologie di entrate tributarie delle Regioni: i «tributi propri» e le «compartecipazioni al gettito di tributi erariali» e richiama la giurisprudenza costituzionale, secondo la quale il criterio distintivo delle entrate tributarie delle Regioni, ai sensi dell’art. 119 Cost., sarebbe quello della legge istitutiva (si citano le sentenze n. 288, n. 99 e n. 50 del 2012, n. 455 del 2005, n. 311, n. 297 e n. 296 del 2003).
In base all’art. 119 Cost. e alla richiamata giurisprudenza costituzionale, nonostante la classificazione di cui alla legge n. 42 del 2009, l’addizionale IRPEF sarebbe, a giudizio della ricorrente, una «compartecipazione al gettito di tributi erariali» (si citano le sentenze n. 193 del 2007 e n. 381 del 2004).
Di conseguenza la Regione Puglia assume che l’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 violerebbe l’art. 119, primo e secondo comma, e l’art. 117, terzo e quarto comma, Cost. La disciplina ivi contenuta impedirebbe alla Regione di disporre della quota addizionale IRPEF ad essa assegnata quale compartecipazione al gettito del tributo erariale, in contrasto con l’autonomia di entrata e di spesa, in quanto impedirebbe all’ente di utilizzare una detrazione come strumento di spesa in luogo dell’erogazione attiva di prestazioni sociali a carico del proprio bilancio e delle proprie strutture amministrative e ledendo la potestà legislativa regionale in materia di entrate tributarie, con specifico riferimento al potere di disporre detrazioni all’addizionale IRPEF assegnata dalla legge statale alle Regioni.
1.2.– In via subordinata, la ricorrente, interpretando l’art. 119 Cost. alla luce dell’art. 7 della legge n. 42 del 2009 e qualificando di conseguenza l’addizionale IRPEF quale tributo proprio della Regione, sostiene l’illegittimità dell’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 per violazione dei parametri già evocati, poiché limiterebbe la possibilità per la Regione di stabilire ed applicare un tributo proprio nell’ambito dell’autonomia di entrata e di spesa, in quanto impedirebbe in assoluto alla Regione di scegliere liberamente lo strumento ritenuto più idoneo per la realizzazione delle politiche sociali, e poiché per mezzo di una disposizione di dettaglio – esaustiva e autoapplicativa, non giustificabile dall’esigenza di garantire l’equilibrio della finanza pubblica e come tale non qualificabile come principio di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario – l’articolo impugnato vincolerebbe illegittimamente la potestà legislativa della Regione nella materia dei tributi propri regionali. A giudizio della Regione Puglia questa soluzione sarebbe evidente alla luce dell’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 68 del 2011, il quale prevede che l’applicazione delle detrazioni previste ai commi 5 e 6 è esclusivamente a carico del bilancio della Regione che le dispone senza alcuna forma di compensazione da parte dello Stato e che in ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al comma 3, ultimo periodo. Quest’ultima dispone che l’aliquota dell’addizionale IRPEF stabilita dalla Regione deve assicurare un gettito che, unitamente a quello derivante dagli altri tributi regionali di cui all’art. 12, comma 2, non sia inferiore a quello all’ammontare dei trasferimenti regionali ai Comuni, soppressi in attuazione del medesimo art. 12. Le disposizioni citate conterrebbero delle clausole di salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica e del sistema tributario complessivo.
Inoltre la Regione Puglia censura l’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 per violazione degli artt. 119, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma, Cost., a prescindere dalla qualificazione dell’addizionale IRPEF, in quanto, posticipando per la terza volta consecutiva il termine iniziale di applicabilità di una norma attuativa dell’autonomia finanziaria e della relativa potestà legislativa che la Costituzione assegna alla Regione, introdurrebbe una disciplina che alla luce della giurisprudenza costituzionale (si citano le sentenze n. 417 del 2005, n. 381 e n. 36 del 2004) potrebbe giustificarsi in via eccezionale e per straordinarie esigenze di coordinamento della finanza pubblica, soltanto ove assuma un carattere transitorio. Quest’ultimo, nel caso di specie, sarebbe da escludere stante la ripetuta reiterazione della misura di proroga.
1.3.– Da ultimo la ricorrente lamenta l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3, primo comma, Cost., del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., nonché del principio di certezza del diritto e chiarezza normativa, in riferimento alle attribuzioni costituzionali spettanti alla Regione ai sensi degli artt. 119, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto la disciplina ivi contenuta impedirebbe alla Regione, senza alcuna ragionevole giustificazione, di disporre della quota addizionale IRPEF ad essa assegnata, al fine di perseguire politiche di sostegno sociale a favore di soggetti svantaggiati, mentre consentirebbe l’erogazione positiva di contributi e sussidi a favore degli stessi beneficiari e per le medesime finalità sociali, con conseguente necessità di apprestare organizzazione e attività amministrative. Infine, secondo la ricorrente, l’art. 1, comma 509, della legge n. 147 del 2013 determinerebbe un effetto di confusione normativa, poiché indurrebbe a ritenere che la Regione non potrebbe perseguire determinate politiche di sostegno sociale nei confronti di categorie di persone ritenute svantaggiate, quando in realtà le medesime politiche potrebbero essere comunque perseguite tramite strumenti differenti, ancorché più onerosi per le strutture amministrative e per il bilancio regionale. Ne risulterebbe leso il principio di chiarezza normativa, qualificato dalla Corte costituzionale in termini di «valore costituzionale» e come tale utilizzabile come parametro di legittimità costituzionale delle leggi sottoposte al suo scrutinio (si citano le sentenze n. 308 e n. 103 del 2013, n. 78 del 2012, n. 303 del 2003, n. 94 del 1995, n. 384 del 1994). Anche tale violazione, secondo la ricorrente, per il suo riferimento immediato alla limitazione dei poteri spettanti alla Regione in subiecta materia determinerebbe una palese violazione indiretta delle attribuzioni costituzionali regionali.
2.– Con atto di intervento si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato. Il resistente contesta la fondatezza delle doglianze avanzate dalla Regione Puglia, evidenziando – quanto alla natura giuridica dell’addizionale regionale all’IRPEF – che si tratterebbe di un’imposta istituita dall’art. 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), il cui gettito è devoluto alle Regioni tanto che la legge delega n. 42 del 2009 la colloca tra i tributi delle stesse. Trattandosi di un tributo erariale, l’esercizio del potere di proroga del termine non potrebbe che rientrare nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Le proroghe troverebbero giustificazione nella necessità, rappresentata dalle Regioni stesse, di predisporre adeguate politiche tributarie di entrata e di spesa. Ne conseguirebbe l’infondatezza della censura relativa agli artt. 117, secondo e terzo comma, Cost.
Inoltre, a giudizio della difesa statale, sarebbe parimenti infondata la violazione dell’autonomia di entrata e di spesa di cui all’art. 119, primo e secondo comma, Cost. e degli artt. 3 e 97 Cost., dal momento che il rinvio al 2015 della possibilità per le Regioni di attivare la leva fiscale attraverso la previsione di detrazioni per carichi di famiglia e in sostituzione di voucher, buoni di servizio ed altre misure di sostegno, non impedirebbe comunque alle medesime di poter perseguire, fino al termine indicato, le politiche di sostegno sociale a favore dei soggetti svantaggiati previste nell’ambito della gestione del proprio bilancio.
3.– La Regione Puglia con memoria depositata in data 27 ottobre 2015 ha sostanzialmente ribadito le ragioni già esposte nel ricorso introduttivo del presente giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione Puglia ha proposto questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonché ai principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto.
Il censurato comma 509, sostituendo nel comma 7 dell’art. 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) la locuzione «a decorrere dal 2014» con quella «a decorrere dal 2015», sostanzialmente differisce di un anno, tra l’altro, la possibilità per le Regioni a statuto ordinario, ai sensi dei commi 5 e 6 dello stesso articolo, di disporre con propria legge, nell’ambito dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), detrazioni all’addizionale medesima in favore delle famiglie o in luogo dell’erogazione diretta di misure di sostegno sociale altrimenti previste dalla legislazione regionale.
Detto differimento fa seguito a quello già introdotto a modifica dell’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 68 del 2011 dall’art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che aveva procrastinato l’originaria decorrenza dal 1° gennaio 2013 al 1° gennaio 2014, senza che la Regione avesse proposto impugnativa.
2.– Secondo la ricorrente la disposizione censurata violerebbe gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, Cost., ledendo la competenza legislativa della Regione in materia tributaria e la sua autonomia finanziaria.
2.1.– Sotto tali profili la questione non è fondata.
L’addizionale regionale all’IRPEF, istituita dall’art. 50, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), è determinata applicando l’aliquota fissata dalla Regione al reddito complessivo rilevante ai fini IRPEF al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale imposta (comma 2) ed è devoluta alla Regione medesima (comma 3).
Si tratta, all’evidenza, di un’addizionale sulla base imponibile di un tributo erariale, quale è indubitabilmente l’IRPEF (sentenza n. 381 del 2004).
In base alla giurisprudenza di questa Corte, la disciplina delle addizionali regionali, istituite con leggi statali sulle basi imponibili di tributi erariali, è riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. allo Stato – salvo comunque il limite di non alterare il rapporto tra complessivi bisogni regionali e mezzi finanziari per farvi fronte – con l’ulteriore conseguenza che, da un lato, il legislatore statale può introdurre norme non solo di principio, ma anche di dettaglio, e che, dall’altro, l’intervento del legislatore regionale può integrare detta disciplina solo entro i limiti stabiliti dalla legislazione statale stessa (sentenza n. 121 del 2013).
D’altra parte, in coerenza con tali assunti, l’art. 7, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) prevede, con riguardo alle addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali, che le Regioni, con propria legge, «possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale».
Dunque, con riferimento ai parametri evocati, legittimamente la norma censurata, adottata in un ambito di competenza esclusiva dello Stato, limita la potestà legislativa regionale, differendo nel tempo la possibilità per le Regioni di prevedere le detrazioni in considerazione.
3.– La Regione Puglia deduce anche il contrasto del citato comma 509 con gli artt. 3 (sotto il profilo della ragionevolezza) e 97 (sotto il profilo del buon andamento) Cost., nonché con i principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto. Anche con riferimento a detti parametri le questioni sollevate non sono fondate.
3.1.– Sotto il profilo della ragionevolezza la scelta del legislatore non è affatto implausibile.
L’art. 6, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 68 del 2011 prevede la possibilità per la Regione di disporre detrazioni sull’addizionale all’IRPEF a beneficio della famiglia o in luogo di altre misure di sostegno sociale.
Il rinvio di tale opzione legislativa, che comunque non integra una scelta costituzionalmente obbligata, ha il temporaneo effetto di ripristinare la regola generale contenuta nel principio di unità del bilancio «specificativo dell’art. 81 Cost. [secondo cui] tutte le entrate correnti, a prescindere dalla loro origine, concorrono alla copertura di tutte le spese correnti, con conseguente divieto di prevedere una specifica correlazione tra singola entrata e singola uscita» (sentenza n. 192 del 2012). Detta proroga comporta unicamente la temporanea devoluzione del gettito dell’addizionale IRPEF nella sua integralità al bilancio regionale. In tal modo non viene affatto precluso il tipo di sostegno sociale reclamato dalla Regione, la cui applicazione viene semplicemente rinviata, ma è piuttosto consentito alla Regione stessa di impiegare, ove lo ritenga, le risorse così percepite anche per obiettivi diversi da quelli previsti in relazione alle detrazioni in questione.
3.2.– Per ragioni parzialmente coincidenti non sussiste neppure la violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
Anzitutto, la proroga si limita a conferire al bilancio regionale una maggiore flessibilità in relazione alle scelte rimesse alla discrezionalità della Regione cosicché la sua temporanea applicazione potrebbe addirittura favorire il buon andamento dell’azione amministrativa.
In secondo luogo, anche la possibilità di disporre le detrazioni in considerazione non esimerebbe la Regione dall’onere di predisporre – ove non ne sia già dotata in base alla legislazione che prevede l’erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio ed altre misure di sostegno sociale che le detrazioni dovrebbero sostituire (art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 68 del 2011) – l’organizzazione necessaria alla prestazione diretta di sostegno economico a beneficio dei «soggetti IRPEF, il cui livello di reddito e la relativa imposta netta, calcolata anche su base familiare, non consente la fruizione delle detrazioni di cui al presente comma» (art. 6, comma 5, secondo periodo, del d.lgs. n. 68 del 2011).
3.3.– Nessun dubbio, infine, sussiste in ordine alla circostanza che la norma censurata incide esclusivamente sul regime dell’addizionale regionale all’IRPEF, cui si riferiscono i commi 3, 4, 5 e 6 dell’art. 6 – differendone nel tempo l’applicazione – senza nulla disporre in ordine agli ambiti di competenza attribuiti al legislatore regionale. Di conseguenza, non risultano violati i principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto evocati dalla ricorrente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 509, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo comma, della Costituzione, nonché ai principi di chiarezza normativa e di certezza del diritto, dalla Regione Puglia con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2014.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2015.