Sentenza n. 250 del 2014

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SENTENZA N. 250

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                               Presidente

-           Giuseppe                     FRIGO                                               Giudice

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          

-           Paolo                           GROSSI                                                   

-           Giorgio                        LATTANZI                                              

-           Aldo                            CAROSI                                                   

-           Marta                           CARTABIA                                             

-           Sergio                          MATTARELLA                                                  

-           Mario Rosario              MORELLI                                                

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            

-           Giuliano                       AMATO                                                   

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega legislativa), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con tre ordinanze del 21 giugno 2013 rispettivamente iscritte ai nn. 251, 257 e 258 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di costituzione di Fanna Francesco ed altro, dell’Associazione Parco Rurale delle Rogge Onlus, di Tovo Flavia Maria ed altri, della Regione Veneto nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Alfredo Bianchini per Fanna Francesco ed altro, Alessandra Ibba e Claudio De Portu per l’Associazione Parco Rurale delle Rogge Onlus e per Tovo Flavia Maria ed altri e l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Con tre ordinanze (n. 251, n. 257 e n. 258 del registro ordinanze del 2013) emesse il 21 giugno 2013 nell’ambito di altrettanti giudizi aventi identico oggetto, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega legislativa), nella parte in cui prevede che: «Restano fermi gli effetti [...] della deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 luglio 2009, in relazione al settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza, ivi inclusi quelli, rispettivamente [...]: b) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 14 agosto 2009, dei successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 luglio 2010, 17 dicembre 2010 e 13 dicembre 2011, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 23 luglio 2010, n. 3 del 5 gennaio 2011 e n. 300 del 27 dicembre 2011, della conseguente ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 agosto 2009, n. 3802, e dell’articolo 10 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 gennaio 2011, n. 3920, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 21 agosto 2009 e n. 33 del 10 febbraio 2011, nonché del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 dicembre 2011».

1.1.– Riferisce il rimettente di essere investito dei giudizi promossi, con distinti ricorsi, da Francesco e Paolo Fanna, dall’Associazione Parco Rurale delle Rogge - Onlus e da Silvino Tovo più 38 proprietari di aree interessate dalla realizzazione dell’opera, contro la Regione Veneto, il Commissario pro tempore delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico delle province di Treviso e Vicenza, il CIPE, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero per i beni e le attività culturali, e nei confronti dell’associazione temporanea di imprese tra il Consorzio stabile SIS - società consortile per azioni - e Itinere Infraestructuras S.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire pronunciare l’annullamento degli atti emessi dal Commissario delegato e dai sopra indicati resistenti nell’ambito del procedimento di approvazione del progetto definitivo della superstrada Pedemontana veneta (in seguito indicata con SPV), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, n. 40191, e dell’ordinanza n. 3802 del 2009 e delle rispettive proroghe, nonché di tutti i provvedimenti presupposti, conseguenti e comunque connessi all’esecuzione dell’opera. 

1.2.− Nella prima ordinanza (n. 6252 del 2013 reg. prov. coll.) il giudice a quo premette, in punto di fatto, che:

− il riassetto dell’assetto stradale che interessa la fascia pedemontana nel territorio di Vicenza e Treviso − al quale la Regione Veneto ha inteso dare sistemazione con i piani regionali dei trasporti del 1990 e del 2005 prevedendo la realizzazione del nuovo asse stradale denominato «Pedemontana Veneta» − è finanziato dal legislatore nazionale, che con la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2001), decideva di realizzare la strada pedemontana veneta «anche come superstrada» a pedaggio mediante concessione di costruzione e gestione;

− all’esito di una conferenza di servizi svoltasi nel marzo 2001, con deliberazione 21 dicembre 2001, n. 121, il CIPE introduceva l’opera tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale;

− la Regione avviava il procedimento per la progettazione, realizzazione e gestione in project financing della SPV e aggiudicava la concessione all’associazione temporanea di imprese con capogruppo Impregilo Spa. Impugnava l’esito della gara il Consorzio stabile SIS s.c.p.a., mandatario del raggruppamento Itinere Infraestructuras S.A., al quale la Regione è stata condannata ad assegnare la concessione, in conformità alla decisione del giudice amministrativo che ha annullato la precedente aggiudicazione;

− è stato poi adottato il d.P.C.m. 31 luglio 2009 nel quale «dopo avere rappresentato "che si è determinata una grave situazione emergenziale a causa della congestione del traffico automobilistico e dei mezzi pesanti circolante nel sistema viario a servizio dei comuni di Treviso e Vicenza”, al punto che "l’eccessivo volume di traffico che si registra giornalmente nella predetta area determina una situazione di rischio ambientale nonché di grave pericolo per la salute fisica e psichica dei cittadini”: situazione "suscettibile di ulteriore aggravamento, anche in considerazione del fatto che il territorio dei comuni di Treviso e Vicenza è uno dei più produttivi della regione Veneto con numerosissime aziende ivi insediatesi”, mentre "le misure e gli interventi attuabili in via ordinaria non consentono di affrontare l’emergenza, per cui tale situazione di pericolo deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari, senza l’adozione dei quali le condizioni di vita dei cittadini non potrebbero che peggiorare irrimediabilmente”» viene dichiarato «"ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 [...] lo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio dei comuni [sic] di Treviso e Vicenza”»;

− il termine finale di efficacia del provvedimento, definito «un fatto nuovo e singolare», inizialmente fissato al 31 luglio 2010, è stato prorogato al 31 dicembre 2014, senza soluzione di continuità, con i d.P.C.m. 9 luglio 2010, 17 dicembre 2010, 13 dicembre 2011 e 22 dicembre 2012. Mentre il d.P.C.m.  31 luglio 2009 e i successivi decreti di proroga si riferiscono ai Comuni di Treviso e Vicenza, l’o.P.C.m. 15 agosto 2009, n. 3802, che agli stessi dà attuazione, detta disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza;

− nonostante l’ampiezza dell’intitolazione, i provvedimenti emergenziali hanno il solo scopo di accelerare la realizzazione della SPV. A tal fine un commissario delegato, scelto d’intesa con la Regione, ha assunto il compito di adottare gli atti e i provvedimenti occorrenti e − in deroga alle norme di legge sul procedimento amministrativo e in materia di contratti pubblici e espropriazioni − ha approvato il progetto definitivo e il progetto esecutivo dell’opera, adottando «"ogni atto occorrente all’urgente compimento delle indagini e delle ricerche necessarie all’attività di progettazione, delle occupazioni di urgenza, e delle espropriazioni e per l’espletamento delle procedure di affidamento e realizzazione delle opere”»;

− i ricorrenti, proprietari di un complesso monumentale interessato dal tracciato della SPV, lamentano «"ripercussioni sull’area stessa, sia a livello di frammentazione dell’ambiente rurale circostante attualmente quasi integro [...] che di inquinamento acustico e atmosferico”», e per tale ragione impugnano il provvedimento commissariale di approvazione del progetto definitivo della superstrada e i provvedimenti emergenziali che alla procedura hanno dato avvio sul rilievo che l’annullamento degli stessi «comporterebbe un effetto caducante sul progetto e sulle successive attività esecutive giacché priverebbe il commissario del fondamento dei poteri esercitati»;

− i ricorrenti denunciano l’«uso distorto» delle previsioni contenute nell’art. 5, in relazione all’art. 2, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), assumendo che lo stato di emergenza − con il conferimento dei poteri eccezionali al commissario straordinario − è stato dichiarato su presupposti insussistenti in fatto e in diritto, non potendosi ricondurre la congestione del traffico nelle Province di Vicenza e Treviso alla nozione di evento eccezionale, ed in base a una motivazione inadeguata, quando era stata completata la procedura ordinaria per l’affidamento, la progettazione, la costruzione e la gestione dell’opera.

1.3.− Il Tribunale amministrativo regionale rappresenta di avere condiviso analoghe censure con la sentenza 2 febbraio 2012, n. 1140 (emessa in altro giudizio avverso gli stessi provvedimenti e sospesa dal Consiglio di Stato con ordinanza 13 marzo 2012, n. 1009), nella quale aveva stigmatizzato «l’insufficiente spessore motivazionale» del decreto presidenziale che «non reca alcuna compiuta esplicitazione delle ragioni che hanno determinato la Pubblica Autorità – successivamente all’intervenuto affidamento in concessione della progettazione e realizzazione dell’opera – alla dichiarazione dello stato di emergenza». La richiamata sentenza, ad avviso del rimettente, comproverebbe che la consistente antropizzazione e l’articolata presenza di attività produttive e commerciali nel territorio interessato dal tracciato della superstrada non è una situazione recente in quanto «la configurazione degli elementi da ultimo indicati rivela datata collocazione temporale», per cui «la dichiarazione dello stato emergenziale non fornisce adeguata contezza in ordine alla (evidentemente sopravvenuta) emersione di considerazioni ulteriori in ordine all’aggravamento della situazione alla quale l’opera è preordinata a fornire rimedio».

1.4.− Dopo avere così ricostruito i fatti di causa, il giudice a quo deduce che la gestione commissariale in esame non è stata in alcun modo incisa dalle restrizioni introdotte, nell’ambito del procedimento di dichiarazione ed attuazione dello stato di emergenza, dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, posto che il comma 2 dell’art. 6-ter impugnato stabilisce che le modifiche introdotte dal citato decreto-legge n. 59 del 2012 «non sono applicabili alle gestioni commissariali che operano in forza dei provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo», e che alle stesse gestioni non si applica neppure la limitazione alla proroga non oltre il 31 dicembre 2012, introdotta dal comma 2 dell’art. 3 del medesimo decreto-legge n. 59 del 2012.

1.5.− Ad avviso del rimettente, la locuzione «restano fermi gli effetti» di cui alla disposizione impugnata ha prodotto l’effetto di legificare i provvedimenti governativi richiamati, con la conseguenza che hanno assunto «forza di legge» sia la dichiarazione dello stato di emergenza, sia le previsioni contenute nell’OPCM del 15 agosto 2009, di nomina e attribuzione dei poteri al commissario delegato. Da ciò consegue che la sopravvenienza di una "legge-provvedimento”, ossia di un atto formalmente legislativo in luogo di provvedimenti amministrativi, disponendo, in concreto, su casi e rapporti specifici «dovrebbe determinare ex se "l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’originario atto amministrativo, in quanto il sindacato del giudice amministrativo incontra un limite insormontabile nell’intervenuta legificazione del provvedimento amministrativo” (così C.d.S., IV, 9 marzo 2012, n. 1349; conf. id. 19 ottobre 2004, n. 6727)». La giurisprudenza richiamata è consolidata nel ritenere che nei confronti delle leggi-provvedimento i diritti di difesa del soggetto leso non vengono ablati, ma si trasferiscono dalla giurisdizione amministrativa a quella costituzionale per il tramite del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge che riconosce al privato «una forma di protezione ed un’occasione di difesa pari a quella offerta dal sindacato giurisdizionale degli atti amministrativi», mediante la rimessione della questione alla Corte costituzionale sul presupposto che, come accade nel caso in esame, siano stati impugnati dinanzi al giudice amministrativo i successivi atti di esecuzione della legge-provvedimento.

1.6.− Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale amministrativo regionale ritiene rilevante la questione di costituzionalità dell’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012, sul rilievo che la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata − nella parte in cui legifica i provvedimenti riferiti all’emergenza traffico nel territorio delle Province di Vicenza e Treviso − privando di fondamento normativo primario l’atto commissariale di approvazione del progetto definitivo, consentirebbe di pronunciarne l’illegittimità in relazione alla censura originariamente riferita al d.P.C.m. 31 luglio 2009 e dell’OPCM 15 agosto 2009. Anche gli ulteriori atti impugnati riacquisterebbero natura oggettivamente e soggettivamente amministrativa, con conseguente sindacabilità degli stessi per invalidità derivata.

1.7.In punto di non manifesta infondatezza della questione il giudice a quo denuncia, in primo luogo, la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost., sotto il profilo dell’irragionevolezza dell’atto normativo che − attribuendo ad un organo amministrativo il potere di operare in deroga alle norme primarie per la realizzazione di un’opera pubblica − detta una disciplina speciale che cristallizza le «diseguaglianze tra situazioni corrispondenti» e, per realizzare un’opera stradale «imponente ma ordinaria», introduce una legislazione eccezionale nell’iter normativo ordinario che scandiva le fasi di un’opera il cui progetto preliminare era stato approvato con delibera CIPE del 2006, e per la quale vi erano sia una gara espletata dalla Regione Veneto sia una concessionaria già individuata.

In subordine, la norma viene censurata in relazione agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., sull’assunto che, attuando la legificazione di provvedimenti amministrativi, avrebbe ridotto la possibilità di annullamento degli atti lesivi della sfera giuridica dei ricorrenti, dei quali ha limitato il diritto di difesa creando una disparità di trattamento nei confronti degli altri soggetti generalmente incisi da provvedimenti amministrativi.

2.− Si sono costituiti Fanna Francesco e Fanna Paolo, ricorrenti nel giudizio principale, con atto di intervento depositato l’11 novembre 2013 e con memoria integrativa depositata il 17 dicembre 2013.

2.1.− Anche la parte privata, premessa la ricostruzione in fatto della vicenda che ha dato origine al giudizio a quo, si è soffermata sul contenuto della norma impugnata ribadendo come la stessa, essendo intervenuta nel corso del giudizio dinanzi al Tar, abbia non solo legificato, ma anche reso ultrattivi i provvedimenti dichiarativi dello stato di emergenza e di nomina del commissario delegato.

2.2.− In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza, i ricorrenti fanno proprie le argomentazioni e reiterano le censure contenute nell’ordinanza di rimessione, richiamando la sentenza di questa Corte n. 93 del 2011, a sostegno della disparità di trattamento e della lesione del diritto di difesa subiti per effetto della «positivizzazione legislativa dei provvedimenti amministrativi impugnati dinanzi al Giudice amministrativo».

3.− Con memoria depositata il 17 dicembre 2013 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione sollevata.

3.1.− Dopo avere ripercorso il contenuto dell’atto di rimessione, la difesa erariale invoca in primo luogo l’inammissibilità del ricorso per insufficiente motivazione sulla rilevanza della questione e per avere il giudice a quo omesso il «doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme censurate» (in proposito, tra le pronunce di questa Corte, cita l’ordinanza n. 154 del 2010, e, quanto alla genericità della motivazione, le ordinanze n. 137 del 2011 e n. 192 del 2010).

L’Avvocatura dello Stato eccepisce, altresì, l’inammissibilità della questione sul rilievo che, secondo l’orientamento di questa Corte (sentenze n. 80 e n. 85 del 2013, n. 311 del 1993 e n. 536 del 1990), laddove la legge richiama una normativa di rango inferiore ricorre la presunzione iuris tantum che si tratti di un rinvio meramente formale e non recettizio, salvo non si dimostri che il legislatore abbia inteso attribuire forza di legge formale all’atto richiamato. Nel caso in esame, la norma impugnata si è limitata a stabilire che «Restano fermi gli effetti» di alcuni decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e delle correlate ordinanze in assenza di alcun richiamo, neppure implicito, al contenuto precettivo degli atti richiamati. Di contro, ad avviso della difesa, la disciplina censurata ha l’obiettivo di scongiurare un’interpretazione diretta ad applicare ai decreti in questione le disposizioni restrittive introdotte con il d.l. n. 59 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 100 del 2012, come risulta dal dettato del secondo comma dell’art. 6-ter impugnato, che ha inteso evitare l’insorgere di dubbi sulla retroattività del succitato d.l. n. 59 del 2012.

3.2.− Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri contesta la fondatezza della questione.

Deduce che il Tribunale rimettente non ha considerato che la congestione del traffico nell’area pedemontana non rappresenta un evento eccezionale, ma una condizione ordinaria che richiede di essere fronteggiata con poteri straordinari per comprimere il più possibile i tempi di percorrenza. A fronte del prevedibile aumento degli attuali flussi di traffico, il governo, del tutto ragionevolmente e in ossequio al principio di prevenzione, ha pronunciato la dichiarazione d’emergenza e regolamentato la situazione di urgenza con i provvedimenti gravati, a fronte dei presupposti di rischio ambientale e di grave pericolo per la salute dei cittadini di cui dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, e dello stato di pericolo di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), della medesima legge.

3.3.− La difesa dello Stato sostiene che il giudice a quo non ha spiegato in che modo l’art. 6-ter possa violare l’art. 3 Cost., omettendo di considerare che al «coacervo di interessi, anche collettivi, sottostanti alla deliberazione dello stato di emergenza, possa far ragionevolmente seguito una disciplina diversa (e non deteriore come argomentato dal rimettente) in virtù della quale, in una prospettiva di bilanciamento di interessi, la posizione del singolo inevitabilmente trova compressione a favore della collettività, in ragione di diritti di preminente rilevanza incidenti sulla salubrità ambientale e sugli aspetti di natura socio-economica». Peraltro, la tesi per cui la dichiarazione emergenziale non potrebbe intervenire laddove si ricolleghi a situazioni risalenti nel tempo, risulta smentita dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui non è significativo che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, ma ciò che è rilevante è la sussistenza della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi da tutelare. Lo stesso Consiglio di Stato, in relazione allo stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilità nella città di Roma, nella sentenza n. 2591 del 2012 ha affermato che «la cronicità e la persistenza del problema» non impedisce il ricorso alle misure straordinarie di natura commissariale, il che contribuisce, nel caso in esame, a spiegare l’oggettiva sussistenza della situazione cui i provvedimenti emergenziali hanno inteso porre definitivo rimedio, e, di conseguenza, la congruità della norma di legge censurata.

3.4.− Ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, la non fondatezza delle censure formulate in relazione agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo comma, Cost., discende, infine, dall’insegnamento di questa Corte (sentenze n. 289 del 2010 e n. 267 del 2007) in base al quale non è precluso alla legge ordinaria, né a quella regionale, la possibilità di attrarre alla propria sfera di disciplina materie normalmente affidate all’autorità amministrativa, senza che ciò comporti un vulnus al diritto di difesa del privato, la cui posizione soggettiva troverà adeguata tutela sul piano non della giurisdizione amministrativa bensì di quella costituzionale.

4.− Con «memoria unica» depositata il 6 dicembre 2013 è intervenuta in giudizio la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, o infondata nel merito.

4.1.− Dopo aver ricostruito l’iter che ha dato luogo al contenzioso amministrativo con i proprietari degli immobili interessati dalla realizzazione dell’opera stradale e con l’Associazione Parco Rurale delle Rogge - Onlus, preposta alla tutela degli interessi dell’area territoriale, la difesa regionale passa in rassegna le argomentazioni del giudice a quo e rappresenta che il Consiglio di Stato ha sospeso l’esecuzione della sentenza n. 1140 del 2012 − emessa dal Tribunale rimettente in altro giudizio avverso gli stessi provvedimenti − in accoglimento dell’istanza cautelare presentata dalla Regione Veneto sul presupposto che «nelle more della definizione del giudizio nel merito va assegnata prevalenza all’interesse pubblico alla prosecuzione dei lavori per la realizzazione dell’opera infrastrutturale per cui è causa».

4.2.− Quanto al profilo di illegittimità dedotto in via principale − in base al quale con l’introduzione della norma censurata il legislatore statale, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, avrebbe irragionevolmente cristallizzato gli effetti dei provvedimenti emergenziali − la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità della questione per avere il giudice rimettente non sufficientemente motivato sulla rilevanza della stessa, né posto in essere il doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina censurate.

4.3.− Nel merito, invocando la giurisprudenza amministrativa indicata dalla difesa erariale, la Regione Veneto contesta il ragionamento del Tribunale amministrativo regionale, secondo il quale difetterebbero, nel caso di specie, le condizioni eccezionali cui far fronte con i poteri straordinari azionati nel settore della viabilità nell’area pedemontana veneta, e sostiene la non fondatezza della censura.

Parimenti, sulla base della richiamata giurisprudenza costituzionale, contesta la censura secondo la quale, in violazione degli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., l’intervenuta legificazione dei provvedimenti emergenziali avrebbe privato il privato della possibilità di difendersi, avverso i suddetti atti amministrativi, in sede giurisdizionale.

5.− Con la seconda ordinanza (n. 6254 del 2013 reg. prov. coll.) il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio − premesso di essere investito del giudizio di impugnazione degli stessi provvedimenti commissariali promosso, nei confronti dei medesimi soggetti, dall’Associazione Parco Rurale delle Rogge - Onlus − ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 131 del 2012, per violazione del principio di ragionevolezza degli atti legislativi di cui all’art. 3, primo comma, Cost., e, in subordine, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost.

5.1.− Dopo essersi soffermato sulla legittimazione dell’Associazione ricorrente − portatrice di un interesse volto alla tutela dell’area adibita a parco nella quale il progetto approvato della SPV prevede il passaggio di un tratto di strada e di una rotatoria − il giudice a quo ripropone le stesse censure formulate nella prima ordinanza di rimessione. Con un ulteriore rilievo pone in luce che mentre il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contiene il riferimento ai Comuni di Treviso e Vicenza, l’ordinanza susseguente si riferisce alle relative Province: in tal modo il provvedimento attuativo avrebbe indebitamente ampliato l’area dell’intervento emergenziale in violazione dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, che nel testo all’epoca vigente stabiliva la competenza del Consiglio dei ministri a deliberare lo stato di emergenza «determinandone durata ed estensione territoriale». Per questo motivo sostiene che il commissario straordinario non avrebbe avuto il potere di approvare un progetto al di fuori del territorio compreso nei due comuni, ed illegittimamente sarebbe stata interessata l’area del Parco.

6.− Con atto del 16 dicembre 2013 si è costituita in giudizio l’Associazione Parco Rurale delle Rogge – Onlus, in persona del Presidente pro tempore, chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata in base alle stesse argomentazioni svolte dal giudice rimettente.

7.− Nel presente giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, con memoria contenente argomentazioni identiche a quelle formulate nel giudizio originato dall’ordinanza n. 251 del 2013, ha eccepito l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della questione.

8.− È intervenuta anche la Regione Veneto, in persona del presidente pro tempore, con la «memoria unica» depositata il 6 dicembre 2013, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, o infondata nel merito.

9.− Identica questione di legittimità costituzionale, in relazione agli stessi parametri, è stata sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con la terza ordinanza (n. 6255 del 2013 reg. prov. coll.), emessa nel giudizio promosso, avverso i medesimi provvedimenti, da Silvino Tovo più 38 proprietari di altrettante aree interessate dalla realizzazione della SPV.

10.− In data 17 dicembre 2013 i soggetti privati si sono costituiti in giudizio con distinti atti di intervento, chiedendo, in base alle stesse argomentazioni adottate dal giudice rimettente, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione n. 131 del 2012.

11.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel presente giudizio eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione, con memoria nella quale ha reiterato le considerazioni e le conclusioni formulate nel giudizio originato dalle ordinanze n. 251 e 257 del 2013.

12.− È intervenuta anche la Regione Veneto, in persona del presidente pro tempore, con la «memoria unica» depositata il 6 dicembre 2013, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, o infondata nel merito.

13.− In prossimità dell’udienza, la Regione Veneto e le parti private del giudizio originato dall’ordinanza n. 258 del 2013 hanno depositato memorie illustrative con le quali, riproducendo le argomentazioni svolte nelle rispettive difese, hanno insistito nelle richieste di rito e di merito in precedenza formulate. 

Considerato in diritto

1.− Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le tre ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe (n. 251, n. 257 e n. 258 del registro ordinanze del 2013) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega legislativa), nella parte in cui prevede, in relazione al settore del traffico e della mobilità nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza, che «Restano fermi gli effetti» della deliberazione del Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, e, segnatamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 40191 del 31 luglio 2009 (e successive proroghe) nonché dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3801 del 15 agosto 2009, provvedimenti che hanno, rispettivamente, dichiarato la situazione emergenziale ed attuato la gestione commissariale nell’ambito dei lavori per la realizzazione dell’opera viaria denominata strada pedemontana veneta (in seguito indicata con SPV).

Il rimettente premette di essere stato adito dai soggetti portatori degli interessi lesi dall’esecuzione dell’intervento in esame (Francesco e Paolo Fanna; Associazione Parco Rurale delle Rogge – onlus; Silvino Tovo e 38 proprietari di aree riguardate dalla realizzazione della strada) per l’annullamento degli atti del Commissario delegato di approvazione dei progetti, sia definitivo sia esecutivo, dell’opera, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 40191 del 2009 e della conseguente ordinanza n. 3802 del 2009 e relative proroghe, nonché di tutti i provvedimenti presupposti, conseguenti e comunque connessi alla realizzazione dell’opera.

Ad avviso del giudice a quo l’art. 6-ter comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012, nella parte in cui dispone che «Restano fermi gli effetti» dei provvedimenti governativi che sono stati adottati allo scopo di accelerare il compimento dei lavori relativi alla SPV, già aggiudicati dalla Regione Veneto, ha «legificato» sia la dichiarazione dello stato di emergenza sia le conseguenti previsioni di nomina e attribuzione dei poteri al Commissario delegato, così violando: l’art. 3, primo comma, Cost., per avere dettato una disciplina che ha irragionevolmente cristallizzato il regime derogatorio che era stato adottato per la realizzazione di un’opera che stava avvenendo in base ad un iter normativo ordinario; gli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., per avere ridotto l’ambito del diritto di difesa dei ricorrenti nei giudizi a quibus, limitando la possibilità di ottenere l’annullamento di provvedimenti illegittimi e creando, per costoro, una disparità di trattamento nei confronti di tutti gli altri soggetti lesi dall’attività amministrativa.

2.− I giudizi promossi con le tre ordinanze in scrutinio hanno lo stesso oggetto e riguardano questioni identiche, per cui i relativi giudizi di legittimità costituzionale vanno riuniti per essere definiti con unica decisione.

3.− In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità genericamente sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri per avere il giudice a quo omesso il tentativo di interpretare la norma censurata in modo conforme alla Costituzione, non avendo la difesa erariale indicato quale sarebbe l’interpretazione omessa dal rimettente.

4.− L’Avvocatura generale dello Stato invoca, altresì, l’inammissibilità della questione deducendo che il giudice a quo avrebbe non sufficientemente motivato sulla rilevanza della stessa.

Neppure tale eccezione può essere accolta, in quanto le ordinanze di rimessione sono sorrette da un adeguato e specifico impianto argomentativo idoneo ad individuare con esattezza la pretesa sostanziale fatta valere dai ricorrenti nei giudizi a quibus e la correlazione tra tale pretesa e la norma censurata (ex plurimis, sentenze n. 107 e n. 99 del 2013, e ordinanze n. 93, n. 84 e n. 38 del 2012). Invero, sul presupposto della legificazione dei provvedimenti emergenziali da parte della norma censurata, il Tribunale rimettente rappresenta che il sopravvenuto «limite insormontabile» per il sindacato del giudice amministrativo ha comportato il trasferimento dei diritti di difesa del soggetto leso alla giurisdizione costituzionale, sostenendo al contempo che «l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’originario atto amministrativo» possa venir meno per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale, che priverebbe di fondamento normativo sia l’atto commissariale di approvazione del progetto definitivo dell’opera, sia gli ulteriori atti impugnati (cita in proposito le pronunce del Consiglio di Stato n. 1349 del 2012 e n. 6727 del 2004).

5.− Nel merito, la questione non è fondata.

In tutte le ordinanze di rimessione il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio muove dal presupposto che la norma sospettata di incostituzionalità abbia, come si è detto, «legificato» gli effetti dei provvedimenti emergenziali − tra i quali si collocano quelli relativi alla realizzazione della SPV − emessi in relazione al settore del traffico nelle Province di Treviso e Vicenza.

In base ad un ulteriore e connesso passaggio argomentativo il rimettente inquadra il censurato comma 1 dell’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012 nel genus delle leggi-provvedimento, convenendo sulla circostanza che la gestione commissariale in esame non è stata incisa dalle restrizioni introdotte dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, nell’ambito del procedimento di dichiarazione ed attuazione dello stato di emergenza. Rammenta, infatti, che il comma 2 dell’art. 6-ter prevede che le modifiche introdotte dal citato d.l. n. 59 del 2012 «non sono applicabili alle gestioni commissariali che operano in forza dei provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo», e che alle medesime gestioni non si applica neppure la limitazione delle proroghe al 31 dicembre 2012, introdotta dal comma 2 dell’art. 3 del medesimo d.l. n. 59 del 2012.

Su tali premesse il giudice a quo ravvisa nella disposizione impugnata «un atto formalmente legislativo che tiene, tuttavia, luogo di provvedimenti amministrativi, in quanto dispone in concreto su casi e rapporti specifici».

6.− Deve rammentarsi che l’Avvocatura generale dello Stato ha contrapposto a quella fatta propria dal rimettente un’interpretazione della locuzione «Restano fermi gli effetti» − adottata dalla disposizione impugnata − che, prescindendo da richiami al contenuto precettivo degli atti citati, è tesa unicamente a scongiurare che alle gestioni commissariali contemplate, tra cui rientra quella in scrutinio, possano applicarsi le disposizioni restrittive, in materia di riordino della protezione civile, introdotte con il d.l. n. 59 del 2012. A sostegno di tale diverso approccio interpretativo, anche la difesa erariale invoca il disposto del comma 2 dell’art. 6-ter impugnato, sostenendo che esso è stato dettato proprio per escludere l’insorgenza di dubbi sull’applicazione retroattiva della novella.

7.− È, dunque, prioritario stabilire se sia corretto il presupposto del ragionamento del giudice rimettente in base al quale la disposizione censurata − facendo salvi gli effetti dei provvedimenti emergenziali del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di traffico e mobilità nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza − ha «legificato» le prescrizioni in essi contenute, con la conseguenza che la stessa, in quanto legge-provvedimento, può essere sottoposta al sindacato di legittimità costituzionale.

Il punto centrale della questione rievoca la distinzione, in tema di rapporti tra previsione legislativa ed atto amministrativo richiamato, tra rinvio recettizio (materiale) e rinvio non recettizio (formale), laddove la tecnica di confezionamento della legge contempli un rimando ad un atto normativo preesistente e di rango subordinato.

7.1.− Per stabilire la natura del rinvio la dottrina ha fatto riferimento al livello di innovatività giuridica del richiamo (basso, se la norma richiamante intenda coordinarsi con quella richiamata lasciando immutata la disciplina della materia, o alto, nel caso in cui con il richiamo si voglia determinare un effetto di sanatoria) ovvero al suo effetto, osservando che mentre il rinvio recettizio opera una novazione della fonte che eleva la norma richiamata al rango primario, la funzione del rinvio non recettizio non è quella di incorporare il contenuto della norma richiamata, bensì di indicare la fonte competente a regolare una determinata materia, tant’è che correntemente lo si definisce anche come rinvio di produzione, che non muta forza e valore della norma richiamata.

7.2.− Risale alla sentenza n. 304 del 1986 di questa Corte la distinzione tra «significato normativo» e «dichiarativo» del richiamo attuato dalla legge ad un atto alla stessa sottordinato.

Anche la differenza tra rinvio materiale e rinvio formale è stata recepita dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalle sentenze n. 536 del 1990, n. 199 e n. 311 del 1993. Più di recente, nella sentenza n. 232 del 2006 si trova affermato che mentre il rinvio meramente formale «concerne [cioè] la fonte e non la norma», per aversi rinvio recettizio (o materiale) occorre che il richiamo «sia indirizzato a norme determinate ed esattamente individuate dalla stessa norma che lo effettua». 

Quanto ai criteri per distinguere la natura del rinvio, nella sentenza n. 80 del 2013 questa Corte ha affermato che «l’effetto − che produce una forma di recezione o incorporazione della norma richiamata in quella richiamante − non può essere riconosciuto a qualsiasi forma di rimando, ma è ravvisabile soltanto quando la volontà del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti. Non è sufficiente rilevare che una fonte ne richiama testualmente un’altra, per concludere che la prima abbia voluto incidere sulla condizione giuridica della seconda o dei suoi contenuti». Nel solco tracciato dalla dottrina tradizionale, anche la Corte ha ritenuto operante una presunzione di rinvio formale. Nella recente sentenza n. 85 del 2013 si precisa, infatti, che «La giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto l’esistenza di una presunzione di rinvio formale agli atti amministrativi, ove gli stessi siano richiamati in una disposizione legislativa, tranne che la natura recettizia del rinvio stesso emerga in modo univoco dal testo normativo (sentenza n. 311 del 1993); circostanza, questa, che non ricorre necessariamente neppure quando l’atto sia indicato in modo specifico dalla norma legislativa (sentenze n. 80 del 2013 e n. 536 del 1990)».

8.− Per accertare la natura del rinvio e il significato che ad esso deve attribuirsi è dunque necessario desumere «dal testo della disposizione censurata, l’intento del legislatore» (così la sentenza n. 85 del 2013 appena citata).

8.1.− Posta tale premessa, è dal dibattito parlamentare che ha accompagnato l’approvazione delle «Disposizioni concernenti gli effetti di deliberazioni del Consiglio dei Ministri in materia di viabilità» (così la rubrica della norma censurata) che si traggono elementi idonei a dimostrare come l’introduzione dell’art. 6-ter in sede di conversione del d.l. n. 79 del 2012 con la legge 7 agosto 2012, n. 131, sia stata motivata con l’esigenza di effettuare una ricognizione delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione per stabilire quali fossero, in relazione alle stesse, le gestioni commissariali da sottrarre alla sfera di applicazione da tutte le modifiche (anche ulteriori rispetto alla delimitazione della durata della dichiarazione dello stato di emergenza ed alla data massima di scadenza per le proroghe e i rinnovi, fissata al 31 dicembre 2012) introdotte dal d.l. n. 59 del 2012 recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile. Tra le succitate opere è rientrata la superstrada a pedaggio pedemontana veneta, in quanto inserita, peraltro, nel programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive).

In tale quadro, nella ricerca del significato da attribuire alla locuzione «Restano fermi gli effetti», adottata nel censurato comma 1 dell’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012, non si può dunque prescindere dal dettato del comma 2 dello stesso articolo, il quale − stabilendo che «Le modifiche introdotte dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non sono applicabili alle gestioni commissariali che operano in forza dei provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo» e che «Inoltre a tali gestioni non si applica quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100» − sottrae al nuovo regime di riordino temporale degli interventi di protezione civile l’opera di realizzazione della strada pedemontana veneta, individuata attraverso il rinvio ai provvedimenti emergenziali costituenti la fonte della sua disciplina.

8.2.− Sotto connesso profilo, i lavori preparatori all’approvazione del decreto-legge in scrutinio fanno riferimento alla natura ricognitiva dei richiami alla normativa vigente, attuati ricorrendo ad espressioni quali «fermo restando» e «fatta salva».

Peraltro, la volontà di limitarsi a non modificare col censurato comma 1 dell’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012 la disciplina preesistente risulta avvalorata dal contenuto del comma 3 dello stesso articolo, in base al quale l’attuazione della disposizione gravata è comunque vincolata all’invarianza finanziaria, essendo escluso che «dall’attuazione [di detto] articolo» possano derivare, per la finanza pubblica, oneri nuovi o maggiori rispetto a quelli contemplati dalla gestione commissariale interessata. 

8.3.− Un non ininfluente elemento sintomatico del significato da attribuire alla disposizione in scrutinio è rappresentato dalla concomitanza tra le date di approvazione delle leggi di conversione del d.l. n. 79 del 2012 (7 agosto 2012) e del d.l. n. 59 del 2012 (12 luglio 2012). Tale evenienza − nel rafforzare il collegamento teleologico tra i due provvedimenti − comprova ulteriormente che la clausola di salvezza degli effetti prevista dal comma 1 dell’art. 6-ter, introdotto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131, ha inteso evitare che le restrizioni previste dalla coeva disciplina di riordino della protezione civile potessero essere riferite ad alcune opere infrastrutturali o di importanza strategica − tra le quali rientra, appunto, la strada pedemontana veneta − e, conseguentemente, impedirne il completamento.  

Un siffatto scopo non avrebbe potuto essere conseguito se non sottraendo i provvedimenti che di detta opera disciplinano i presupposti e le modalità attuative − che sono, rispettivamente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e successive proroghe, e l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri richiamati dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 6-ter in esame − dagli effetti che la nuova normativa in materia di protezione civile avrebbe indiscriminatamente prodotto su tutte le gestioni commissariali che all’epoca erano in corso.

9.− Per tutte le considerazioni che precedono si deve escludere, contrariamente a quanto prospettato dal giudice a quo, che con la disposizione contenuta nel comma 1, l’art. 6-ter del d.l. n. 79 del 2012 aggiunto dalla legge di conversione n. 131 del 2012 abbia inteso effettuare un rinvio materiale − con effetto di novazione della fonte − alla disciplina emergenziale e all’attività compiuta dal Commissario delegato nell’ambito del procedimento di realizzazione della SPV.

In senso contrario alla natura ricettizia del rinvio militano, come si è detto, numerosi fattori, tra i quali − oltre alla portata meramente ricognitiva della locuzione «Restano fermi gli effetti» desunta dall’analisi complessiva della norma nel contesto della sua genesi − rilevano l’eterogeneità dei provvedimenti richiamati dalle lettere a) e b) del comma 1 della disposizione gravata; la volontà del legislatore di selezionare le gestioni commissariali meritevoli di essere tenute indenni dalle limitazioni introdotte dal precedente d.l. n. 59 del 2012 col quale si era attuato il riordino della protezione civile,  in relazione all’importanza dell’opera o alla rilevanza dell’interesse inciso; l’assenza, in tali casi, di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; la mancata previsione di effetti sananti, espressi o desumibili dalla finalità della norma.

10.− Da quanto esposto consegue la non fondatezza delle censure sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe, in quanto il valore normativo primario della disposizione non è, contrariamente a quanto dedotto dal rimettente, nel senso di «legificare» detti provvedimenti, ma di escludere l’applicabilità della nuova normativa dettata dal d.l. n. 59 del 2012 a detti provvedimenti amministrativi.

Giova, quindi, rimarcare che la disciplina impugnata non ha inciso sulle situazioni sostanziali gravate né ha mutato il livello normativo della fonte da cui derivano la dichiarazione di emergenza ed i poteri commissariali in relazione all’opera in esame, per cui il protrarsi nel tempo della disciplina derogatoria rispetto al precedente d.l. n. 59 del 2012 introdotta dai provvedimenti richiamati dall’art. 6-ter, comma 1, del d.l. n. 79 del 2012, non viene ad interferire con la questione della legittimità o meno dei provvedimenti impugnati rispetto alla legislazione vigente al momento della loro adozione.

10.1.− Parimenti non fondata deve essere dichiarata la questione in relazione alla  violazione degli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, Cost., dedotta sull’assunto della compressione, sotto più profili, del diritto di difesa dei ricorrenti nel giudizio a quo.

Anche in questo caso erra il rimettente nell’incentrare i propri dubbi sulla costituzionalità della disposizione normativa censurata, posto che, come si è detto, la protrazione degli effetti della situazione di emergenza sottesa alle determinazioni del Presidente del Consiglio dei ministri dalla stessa richiamati costituisce la risultante di una fattispecie che continua ad essere interamente regolamentata in via amministrativa (sentenze n. 137 del 2011, n. 289 del 2010 e n. 237 del 2007).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79 (Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile. Differimento di termine per l’esercizio di delega legislativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2014.

F.to:

Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente e Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2014.