Sentenza n. 80 del 2013

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SENTENZA N. 80

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Luigi                           MAZZELLA                         Presidente

-           Gaetano                      SILVESTRI                             Giudice

-           Giuseppe                    TESAURO                                    "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                             "

-           Giuseppe                    FRIGO                                           "

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                "

-           Paolo                          GROSSI                                        "

-           Giorgio                       LATTANZI                                   "

-           Aldo                           CAROSI                                        "

-           Marta                          CARTABIA                                  "

-           Sergio                         MATTARELLA                            "

-           Mario Rosario             MORELLI                                     "

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 105 della legge della Regione siciliana 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010), promossi dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con quattro ordinanze del 19 dicembre 2011 e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, con ordinanza del 24 maggio 2012, rispettivamente iscritte ai numeri 66, 67, 68, 83 e 192 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 17, 20 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visti gli atti di costituzione della Regione siciliana, della S.E.R. Società Energie Rinnovabili s.p.a., della S.E.R. 1 Società Energie Rinnovabili 1 s.p.a. e della Alin s.p.a.;

udito nell’udienza pubblica del 13 marzo 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi gli avvocati Marina Valli per la Regione siciliana, Carlo Comandé per la S.E.R. Società Energie Rinnovabili s.p.a. e per la S.E.R. 1 Società Energie Rinnovabili 1 s.p.a. e Francesco Surdi per l’Alin s.p.a.

Ritenuto in fatto

1.— Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza del 19 dicembre 2011 (r.o. n. 66 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41, 117, secondo e terzo comma, 120 della Costituzione, nonché all’articolo 14 dello statuto della detta Regione, approvato con Regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 105 della legge della Regione siciliana approvata il 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010). Tali disposizioni, a parere del rimettente, determinerebbero una «legificazione» delle Linee Guida al Piano Energetico Ambientale della Regione Sicilia (d’ora in avanti PEARS), approvate con deliberazione della Giunta regionale del 3 febbraio 2009 e si porrebbero in contrasto con i suddetti parametri costituzionali, nella parte in cui prevedono:

– alla lettera d), del punto 2, l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione, da parte di primaria Compagnia di assicurazione, della disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi da mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete;

– alla lettera e), del punto 2, l’obbligo della comunicazione, ai fini della celerità dei procedimenti, della sede legale istituita dal richiedente in Sicilia e l’impegno al suo mantenimento nel territorio della Regione per il tempo di efficacia dell’autorizzazione;

– al punto 10, l’obbligo per il soggetto autorizzato di rilasciare, anteriormente all’inizio dei lavori e pena l’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione;

– al punto 21, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW debbano essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione (r.o. n. 66 del 2012).

2.— Il rimettente riferisce che la dante causa della società S.E.R. 1 Società Energie Rinnovabili 1 s.p.a., con due istanze presentate nell’anno 2007, ha richiesto il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), per la realizzazione di due impianti eolici destinati alla produzione di energia elettrica; che, nelle more del procedimento istruttorio, è entrato in vigore il PEARS, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanata con decreto del Presidente della Regione siciliana in data 9 marzo 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 13 del 27 marzo 2009, del quale era espressamente prevista l’applicabilità anche alle domande già in itinere.

La S.E.R. 1 s.p.a., con ricorso presentato al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sede di Palermo (d’ora in avanti, TAR), ha impugnato gli atti di approvazione del PEARS, sostenendo, in via principale, l’inapplicabilità delle prescrizioni previste dal nuovo piano alle domande di autorizzazione in precedenza presentate ed, in via gradata, l’illegittimità di molteplici disposizioni.

Il TAR, accogliendo pressoché in toto il ricorso, ha in primo luogo stabilito che il Piano, avendo natura regolamentare, non era applicabile a domande presentate prima della sua entrata in vigore, pena la violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; inoltre, nonostante il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, ha annullato le seguenti prescrizioni: necessità per l’impresa richiedente di stabilire una sede legale in Sicilia; necessità di documentazione attestante la disponibilità giuridica dell’area dell’impianto; necessità di comunicazione del gestore della rete attestante la capacità di quest’ultima di ricevere l’energia prodotta dal nuovo impianto; necessità della partecipazione alla Conferenza dei servizi, in ogni caso, della Soprintendenza ai Beni Culturali Ambientali; possibile imposizione da parte della Conferenza di misure di mitigazione ambientale e compensazione; necessità di allegare alla richiesta l’impegno di una Compagnia di assicurazione di rilasciare, in caso di autorizzazione, adeguata copertura assicurativa; prestazione di idonee garanzie a favore della Regione prima dell’inizio dei lavori; necessità di una distanza di almeno 10 Km tra impianti di potenza superiore a 10 MW.

Il rimettente prosegue esponendo che la sentenza del TAR è stata impugnata con atto di appello dalla soccombente Amministrazione regionale, la quale ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’esecutività.

Nel giudizio a quo si è costituita la società appellata chiedendo il rigetto del gravame.

Il Consiglio rimettente, con suo provvedimento, ha sospeso la esecutività della sentenza impugnata; le parti hanno presentato memorie e repliche, insistendo nelle conclusioni.

All’udienza dell’ 8 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In punto di diritto il Consiglio osserva che, al fine di enucleare i punti salienti della controversia in esame, si deve porre in evidenza che, con la sentenza indicata, il TAR ha ritenuto il PEARS atto di natura regolamentare. Inoltre, in virtù del principio d’irretroattività delle norme regolamentari, ha dichiarato l’inapplicabilità del piano stesso alle richieste di autorizzazione per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili o alternative, presentate prima dell’approvazione di esso, come quella della società appellata; ha, tuttavia, scrutinato la coerenza di alcune previsioni del piano rispetto alla normativa primaria statale ed ha annullato le prescrizioni innanzi indicate.

Con il primo motivo di impugnazione l’Amministrazione regionale pone in evidenza l’errore in cui è incorso il TAR allorché ha qualificato l’intero PEARS come atto regolamentare. Oltre che delle Linee Guida dettate dalla Giunta, delle quali sarebbe pacifica la natura regolamentare, il piano consterebbe di un documento (elaborato con il contributo di vari Dipartimenti Universitari) che affronta l’intero spettro delle problematiche relative allo sviluppo della domanda e dell’offerta di energia elettrica in ambito regionale in chiave programmatica e, dunque, con valenza essenzialmente conformativa.

Al riguardo, il rimettente osserva come le considerazioni svolte dall’Amministrazione appellante siano condivisibili, ma non rilevanti, dal momento che la sentenza del TAR – ad avviso del rimettente – avrebbe ad oggetto esclusivo le Linee Guida approvate dalla Giunta in sostituzione di quelle contenute nell’allegato A al progetto di PEARS sottoposto alla Giunta stessa dal competente assessore.

Il presente giudizio concernerebbe esclusivamente le Linee Guida e cioè l’atto avente valenza normativa e non il PEARS inteso quale documento programmatorio.

Con il secondo motivo, l’amministrazione appellante sostiene che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere le Linee Guida inapplicabili alle istanze proposte prima della loro entrata in vigore.

Al riguardo il rimettente osserva che «questo mezzo è da ritenersi fondato in base alla regola della immediata applicabilità nel procedimento in corso della norma sopravvenuta».

In ossequio al principio tempus regit actum ciascuna fattispecie dovrebbe realizzarsi nell’osservanza della norma vigente al momento in cui questa si perfeziona, con la conseguenza che ciascuno degli atti che si susseguono nella sequenza procedimentale dovrebbe essere posto in essere nel rispetto della norma vigente al momento dell’emissione.

Pertanto, l’atto finale del procedimento, cioè l’autorizzazione – in difetto di norme transitorie – dovrebbe essere adottato nel rispetto di quanto previsto dal nuovo regolamento, risultando irrilevante sotto questo specifico motivo l’affidamento maturato dal titolare dell’interesse pretensivo alla luce del vecchio quadro normativo (restando impregiudicate eventuali questioni risarcitorie derivanti dalla pretesa inosservanza dell’originario termine di conclusione del procedimento). Come, poi, rilevato dall’Avvocatura, anche le Linee Guida statali (Decreto ministeriale adottato ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003) risulterebbero generalmente applicabili ai procedimenti in corso, con obbligo del proponente di integrare la documentazione originariamente presentata.

Ad avviso del rimettente, alla luce delle argomentazioni esposte, resterebbero assorbite tutte le osservazioni svolte dall’appellante in ordine all’errore in procedendo in cui sarebbe incorso il TAR, allorché ha inteso comunque scrutinare le singole disposizioni del piano, pur avendone decretato l’inapplicabilità alle iniziative della ricorrente.

Sarebbe evidente che la sentenza impugnata (richiamando il criterio legittimante dell’operatore di settore che sembra non pertinente alla fattispecie) non si è data cura di verificare adeguatamente se la ricorrente vantasse un interesse processualmente qualificato all’ulteriore impugnazione di norme a lei non applicabili.

Ciò posto, osserva il giudice a quo che, una volta stabilita l’applicabilità del regolamento alle iniziative non ancora valutate dalla Conferenza, da un lato la richiamata questione processuale perderebbe rilevanza, dall’altro, lo scrutinio delle singole disposizioni si imporrebbe trattandosi – diversamente da quanto sostiene l’Avvocatura – di norme impugnabili direttamente a causa del loro contenuto analitico e immediatamente precettivo.

Tanto premesso, in relazione all’originaria natura ed alla immediata applicabilità con conseguente diretta impugnabilità delle Linee Guida regionali, dovrebbe rilevarsi che, nelle more della definizione del giudizio di appello, è entrata in vigore (quando l’esecutività della sentenza di primo grado era già stata sospesa) la legge della Regione siciliana n. 11 del 2010, e quindi l’art. 105, comma 5, di essa.

Ad avviso del Collegio, si tratterebbe di una disposizione che – con il rinvio recettizio, nella parte finale, al decreto del Presidente della Regione 9 marzo 2009, avente ad oggetto la emanazione della delibera della Giunta regionale 3 febbraio 2009, n. 1, e quindi con il richiamo alle Linee Guida del PEARS – avrebbe prodotto l’effetto di «legificare» sostanzialmente le suddette Linee Guida, come sostenuto dall’Avvocatura. «Non può infatti ragionevolmente negarsi – come fa invece l’appellata nella approfondita memoria del 18 maggio 2011 – che le disposizioni del regolamento trovino oramai adeguata copertura legislativa». Pertanto, premessa l’applicabilità delle Linee Guida all’iniziativa della società appellata e preso atto del sopravvenuto recepimento a livello normativo superiore dell’originaria fonte regolamentare, il rimettente osserva che «dovrebbe limitarsi ad accogliere l’appello dell’amministrazione e ad annullare la sentenza impugnata, essendo evidente, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’impraticabilità di un sindacato di legittimità amministrativa nei confronti di un atto normativo primario».

Ciò posto, il rimettente osserva che, come chiarito dalla Corte costituzionale (è citata la sentenza n. 241 del 2008) con riferimento all’ipotesi affine delle leggi provvedimento (volte, cioè, a legificare scelte di regola spettanti all’autorità amministrativa), la tutela dei soggetti incisi da tali atti viene a connotarsi, stante la preclusione di un sindacato da parte del giudice amministrativo, secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale.

Dovendo, quindi, fare applicazione dell’art. 105 della legge reg. Sicilia n. 11 del 2010, il Consiglio di giustizia amministrativa riconosce, «in linea generale e salvo quanto poi si dirà», la fondatezza delle critiche svolte dall’appellante alla sentenza impugnata, svolgendo al riguardo una serie di considerazioni. All’esito dichiara di dubitare della legittimità costituzionale di alcune disposizioni contenute nelle Linee Guida citate e ritiene dimostrata, alla luce di quanto sopra osservato, la rilevanza delle relative questioni.

«Infatti, l’annullamento della sentenza impugnata per effetto della legificazione delle norme regolamentari da essa annullate presuppone la legittimità costituzionale –sui punti che ora si esamineranno – della norma legificante».

Il Collegio precisa che alla Corte costituzionale debbono essere sottoposte solo «quelle problematiche concretamente controverse nel presente giudizio», dovendosi ritenere irrilevante ogni pur possibile dubbio di costituzionalità riguardante profili delle Linee Guida non evocati in questa fase del giudizio (quale, ad esempio, quello della priorità dell’esame delle iniziative a filiera interamente regionale).

In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo reputa necessario premettere alcuni rilievi sulle competenze legislative della Regione Sicilia in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Come osservato dal TAR, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 383 del 2005, la materia in oggetto sarebbe riconducibile alla «produzione trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e sarebbe, quindi, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Ciò varrebbe, ai sensi dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, anche per le Regioni il cui statuto speciale non contempli l’indicato ambito materiale (è citata la sentenza n. 168 del 2010).

Ad avviso del rimettente, questo sarebbe il caso anche della Regione Sicilia, non potendosi condividere la tesi dell’Avvocatura, secondo cui la materia in esame andrebbe ricondotta a quella dell’industria e commercio, oggetto di competenza esclusiva legislativa regionale, ai sensi dell’art. 14, comma primo, lettera d), dello statuto.

Ne conseguirebbe che la competenza legislativa esercitata dalla Regione Sicilia, là dove con l’art. 105 citato ha recepito a livello primario le Linee Guida regolamentari, sarebbe di tipo concorrente e, quindi, subordinata al rispetto dei principi sanciti in detta materia dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003.

Ciò posto con riferimento al punto 2, della lettera d), il rimettente pone in rilievo che il TAR ha annullato tale prescrizione rilevando che la stessa non appare funzionale alla tutela di un interesse pubblico di cui sia titolare la Regione.

Al riguardo il rimettente osserva che detta disposizione per un verso esorbita – oltre che dalle competenze legislative regionali di cui all’art. 14 dello statuto – dalle attribuzioni autorizzatorie che l’art. 12 del citato d.lgs. demanda alle Regioni; per l’altro «impinge direttamente nell’ambito dei rapporti contrattuali tra produttori di energia e gestore della rete, disciplinato in modo uniforme a livello nazionale».

Pertanto, l’art. 105 della legge regionale n. 11 del 2010, nel recepire il punto 2, lettera d) delle Linee Guida – ad avviso del rimettente – risulterebbe in contrasto con l’art. 14 dello statuto regionale e con l’art.117, secondo comma, Cost., il quale riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ordinamento civile; inoltre, sarebbe in contrasto con lo stesso art. 117, terzo comma, Cost. nella parte in cui demanda alla competenza legislativa concorrente delle Regioni la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

Con riferimento alla lettera e) del punto 2 delle Linee Guida, il Consiglio pone in rilievo che il TAR ha annullato detta disposizione, ritenendola in contrasto, oltre che con i principi comunitari in tema di libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, anche con il criterio di ragionevolezza, in quanto l’adempimento richiesto sarebbe sproporzionato rispetto all’esigenza di garantire celeri comunicazioni procedimentali.

Ad avviso del rimettente detta prescrizione, anche interpretata secondo tale limitato senso, introdurrebbe in ogni caso una ingiustificata e protezionistica discriminazione tra le imprese su base territoriale, un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni e, comunque, una sia pure larvata limitazione della libertà economica dell’impresa appellata, la quale risulta avere una sede legale e operativa in altra Regione. Detta prescrizione verrebbe a configurare una condizione di ammissibilità della richiesta non contemplata dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e irragionevolmente destinata ad essere mantenuta anche dopo il rilascio dell’autorizzazione.

Ne conseguirebbe che la norma censurata, recependo detta prescrizione – ad avviso del collegio rimettente – si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 41 e 120 Cost. e con lo stesso art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui demanda alla competenza legislativa concorrente delle Regioni la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

Con riferimento al punto 10 delle Linee Guida, il rimettente rileva che il Tar ha ritenuto viziata detta disposizione per assoluta indeterminatezza, non essendo chiaro quale tipologia di garanzia sia richiesta e rispetto a quale parametro possa valutarsene la congruità. Ad avviso dell’appellante tale prescrizione realizza l’esigenza di garantire l’effettiva costruzione dell’impianto autorizzato.

Al riguardo, osserva il Collegio che detta disposizione, oltre a demandare alla Regione un apprezzamento irragionevolmente discrezionale, esorbiterebbe dalle competenze autorizzatorie che l’art. 12 del d.lgs. citato demanda alle Regioni. La disposizione censurata, inoltre, subordinerebbe l’efficacia del titolo ad un adempimento contrattuale da parte del beneficiario (la prestazione di garanzia in favore della Regione autorizzante) non previsto a livello nazionale e del quale non si comprenderebbe la finalità.

Sussisterebbe, pertanto, contrasto con gli artt. 3, 117, secondo e terzo comma, Cost., in materia di ordinamento civile, e in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

Con riferimento, infine, al punto 21 delle Linee Guida, in tema di limiti di potenza e distanze, il rimettente osserva che il TAR – il quale ha annullato la prescrizione perché viziata per eccesso di potere e disparità di trattamento – ha ritenuto che il criterio adottato in merito alle distanze minime non risulterebbe ancorato ad alcun plausibile parametro scientifico.

Il giudice a quo, invece, afferma che la individuazione della distanza minima, come sostiene l’appellata, non risulterebbe effettuata sulla scorta di criteri predefiniti, idonei a dimostrarne l’effettiva ragionevolezza e congruità.

A parte tale profilo, osserva il Collegio come sia noto che, in base all’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, l’indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti potrebbe avvenire soltanto sulla base di Linee Guida approvate nella Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie e i compiti di interesse comune delle Regioni, delle Province e dei Comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali.

Come affermato in più occasioni dalla Corte costituzionale, l’emanazione delle Linee Guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti sarebbe da ritenere espressione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente.

Ne conseguirebbe che l’individuazione – in un momento in cui le Linee Guida nazionali non erano state adottate – di criteri di distribuzione territoriale preclusivi all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, non ottemperando alla necessità di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in questo ambito in ossequio al principio di leale cooperazione, risulterebbe in contrasto con il citato art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003.

Pertanto, a giudizio del Collegio, sussisterebbe contrasto con l’art. 3 e con l’art. 117, terzo comma, Cost. nella parte in cui rinvia alla competenza legislativa concorrente delle Regioni in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

Sulla base delle considerazioni che precedono, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 105, comma 5, della legge reg. sic. n. 11 del 2010, recante «legificazione delle Linee Guida al PEARS approvate con deliberazione della G. R. n. 1 del 3 febbraio 2009», nei termini sopra indicati.

3.— Con atto depositato in data 11 maggio 2012, si è costituita nel presente giudizio di legittimità costituzionale la Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura regionale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

Dopo aver proceduto ad un riepilogo delle argomentazioni del collegio rimettente, la difesa della Regione siciliana, in punto di diritto osserva quanto segue.

In ordine alla questione pregiudiziale, il rimettente non avrebbe posto in essere il tentativo di interpretare la disposizione impugnata in modo da renderla conforme al dettato costituzionale, atteso che il principio di conservazione degli atti giuridici comporta che le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime se esiste la possibilità di dare loro un significato compatibile con i precetti costituzionali (ex plurimis viene citata l’ordinanza n. 115 del 2005); al riguardo sono, altresì, evocate le ordinanze nn. 464 e 85 del 2007 e n. 89 del 2005.

Ad avviso della difesa regionale – posto che la norma impugnata rinvia al dettagliato regolamento di cui alle Linee Guida, aventi natura e finalità amministrative con le garanzie proprie del giusto procedimento, e che la predetta legge regionale di mero rinvio alle stesse non attribuisce ad esse valore di legge e non assume il significato di conversione dell’atto contenente le Linee Guida – gli eventuali vizi dei provvedimenti di emanazione adottati dalla Giunta regionale, nonché le eventuali violazioni dello specifico procedimento amministrativo di formazione, adozione, verifica e partecipazione non rimarrebbero sottratti all’ordinario sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative incidenti su situazioni giuridiche soggettive (sul punto sono evocate le sentenze n. 226 del 1999 e n. 143 del 1989).

Inoltre, l’ordinanza di rimessione non fornirebbe alcuna spiegazione circa le ragioni per le quali la norma impugnata – sopravvenuta rispetto all’instaurazione del giudizio di appello, il cui atto introduttivo è stato depositato il 13 aprile 2010 – dovrebbe trovare applicazione nel medesimo giudizio, carenza che si tradurrebbe in vizio di carente motivazione sulla rilevanza della questione (sotto tale profilo è richiamata l’ordinanza n. 101 del 2011).

Sempre in punto di inammissibilità, la Regione osserva che il rimettente sembra avere esaurito la potestà decisionale non risultando, dal contenuto dell’ordinanza di rimessione, se la concessa misura cautelare si sia fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale (è citata la sentenza n. 25 del 2006), poiché in tal caso la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato sarebbe di carattere provvisorio sino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l’incidente di legittimità costituzionale.

Ancora, per quanto concerne i parametri che si assumono violati, la difesa regionale rileva come le motivazioni addotte a fondamento della loro violazione siano apodittiche e non pertinenti, sicché le censure dovrebbero essere dichiarate inammissibili per assoluta genericità.

Analoghe considerazioni sarebbero valide per la violazione dell’art. 14 dello statuto; si tratterebbe di censure generiche che non consentirebbero di individuare quale materia di competenza esclusiva della Regione Sicilia sia stata violata. Ne conseguirebbe ulteriormente l’impossibilità di valutare la rilevanza della questione ai fini della decisione del giudizio a quo (è richiamata la sentenza n. 360 del 2010).

Sempre in punto di inammissibilità, in ordine ai parametri di cui agli artt. 117, secondo comma (ordinamento civile) e terzo comma, (produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia), e 120 Cost., si osserva che l’ordinanza «sembra sottrarsi all’insegnamento di codesta Corte la quale ha costantemente ribadito, sin dalla sentenza n. 213 del 2003, la necessità di tenere conto, nell’individuazione del parametro di costituzionalità, della perdurante vigenza delle forme e condizioni di autonomia stabilite negli Statuti speciali e, dunque, l’impossibilità di invocare direttamente ed unicamente norme del Titolo V della Costituzione senza argomentare sull’applicabilità dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001». Al riguardo, la difesa regionale prosegue osservando che in tale ipotesi sarebbero inammissibili i ricorsi dello Stato nei confronti di leggi delle Regioni autonome a statuto speciale i quali, nel caso in cui intendano far valere la violazione del riparto di competenze, dovrebbero essere fondati sulla ricostruzione di un parametro articolato, nel quale siano considerate sia le attribuzioni riconosciute alle titolari della potestà legislativa dagli statuti speciali, sia quelle loro spettanti in seguito alla riforma costituzionale del 2001. Sotto tale profilo è richiamata la sentenza n. 8 del 2004.

Ebbene, la medesima censura di inammissibilità refluirebbe sui ricorsi delle Regioni autonome a statuto speciale, ove invochino norme del nuovo Titolo V senza argomentare circa l’applicabilità, ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, di tali disposizioni (è richiamata la sentenza n. 424 del 2009).

A ciò farebbe eccezione il parametro costituito dal quinto comma dell’art. 117 Cost., il quale fa esplicito riferimento, tra i suoi destinatari, anche alle Regioni speciali (è citata la sentenza n. 239 del 2004).

Pertanto, in ossequio al detto orientamento ribadito anche con l’ordinanza n. 250 del 2007 e la sentenza n. 360 del 2010, in relazione a questioni incidentali, il rimettente – ad avviso della difesa regionale – avrebbe dovuto «fornire elementi riguardo alla possibile estensione anche alla Regione Siciliana delle disposizioni contenute nella Costituzione in ordine alla suddivisione delle competenze legislative tra lo Stato e la Regione stessa (sentenza n. 360 del 2010). L’ordinanza di rimessione, invece, prescinderebbe dall’indicare le ragioni per le quali le disposizioni costituzionali garantirebbero una maggiore autonomia della regione e sarebbero perciò applicabili, in luogo di quelle statutarie, ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001».

Infine, nel merito, la difesa regionale osserva che dall’esame del disposto della norma sospettata di illegittimità costituzionale, risulterebbe palese che il legislatore regionale non ha travalicato il limite posto dall’art. 14 dello statuto – genericamente individuato – che circoscrive l’esercizio delle competenze legislative esclusive della Regione siciliana.

4.— Con atto depositato in data 16 maggio 2012, si è costituita nel presente procedimento la società S.E.R. 1 Società Energie Rinnovabili 1 s.p.a., chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, se ritenuta ammissibile, fondata.

In primo luogo, la parte privata osserva che l’art. 105 della legge regionale n. 11 del 2010 non può considerarsi idoneo a «legificare» le disposizioni recate dalla delibera della Giunta regionale n. 1 del 2009, trattandosi di norma che si limita a disporre l’ultrattività della applicazione della predetta delibera sino alla adozione del nuovo regolamento recante le linee guida regionali in materia di fonti rinnovabili. Le disposizioni in esame, quindi, continuerebbero ad avere natura regolamentare, e, pertanto, configurandosi come atti amministrativi a contenuto generale, sarebbero soggette al sindacato del giudice amministrativo e non della Corte costituzionale. Da ciò discenderebbe l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale in esame.

In subordine, se ritenuta ammissibile, la questione sarebbe fondata, in ragione dell’evidente contrasto esistente tra le disposizioni oggetto del presente giudizio e i principi recati dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, principi che dovrebbero costituire il limite all’esercizio della potestà legislativa della Regione siciliana nella materia della produzione, distribuzione e trasporto dell’energia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Inoltre, le disposizioni di asserita «legificazione» della lettera d) del punto 2 e del punto 10 della detta delibera sarebbero in contrasto anche con l’art. 117, secondo comma, lett. l) Cost.

5.— Con memoria depositata in data 18 febbraio 2013 la Società S.E.R. 1 Società Energie Rinnovabili s.p.a. ha ribadito quanto dedotto nella memoria di costituzione.

6.— In prossimità dell’udienza di discussione la difesa della Regione siciliana ha depositato una memoria con la quale ha ulteriormente sviluppato le argomentazioni in precedenza svolte. In particolare, essa si sofferma sul decreto presidenziale del 18 luglio 2012, n. 48, col quale è stato emanato il nuovo regolamento, recante norme di attuazione dell’art. 105, comma 5, della legge reg. Sicilia n. 11 del 2010. Al riguardo, rileva come la questione debba essere dichiarata inammissibile, in quanto lo stesso art. 105, nel fare richiamo all’art. 12 dello statuto regionale, dispone che il provvedimento debba avere la forma del regolamento, che in quanto tale potrebbe essere censurato solo in sede di conflitto. È richiamata, inoltre, la norma transitoria di cui all’art. 13, alla luce della quale il nuovo regolamento si applica alla fattispecie oggetto del giudizio a quo, nonché l’art. 1 del detto nuovo regolamento il cui contenuto non fa che richiamare la normativa statale in conformità con le previsioni del d.m. del 10 settembre 2010. Alla luce di queste considerazioni chiede che la Corte voglia disporre la restituzione degli atti al giudice rimettente perché rivaluti la rilevanza della questione, e, nel merito, ribadisce le argomentazioni già svolte.

7.— Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza del 19 dicembre 2011, solleva, in riferimento agli articoli 3, 117, secondo e terzo comma, Cost. ed all’art. 14 dello Statuto della Regione Siciliana, approvato con r.d.l. n. 455 del 1946, questione di legittimità costituzionale dell’art. 105 della legge reg. Sicilia n. 11 del 2010, recante, a parere del rimettente, «legificazione» delle Linee Guida al Piano Energetico Ambientale della Regione Sicilia (PEARS), approvate con deliberazione della Giunta regionale del 3 febbraio 2009, nella parte in cui prevedono:

– alla lettera d) del punto 2, l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione da parte di primaria Compagnia di Assicurazione della disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi di mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete;

– al punto 10, l’obbligo per il soggetto autorizzato di rilasciare, anteriormente all’inizio del lavori e pena l’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione;

– al punto 21, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione (r.o. n. 67 del 2012).

8.— In punto di fatto il giudice rimettente premette di pronunziare la citata ordinanza nell’ambito del giudizio di appello proposto dalla Presidenza della Regione siciliana, dalla Giunta regionale siciliana e dall’Assessorato regionale all’industria (oggi dell’energia e dei servizi di pubblica utilità), contro la S.E.R. – Società energie rinnovabili s.p.a. – per l’annullamento della sentenza del TAR per la Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, del 12 febbraio 2010, n.1850.

Ciò posto, il rimettente riferisce che la dante causa della società appellata, con due istanze presentate nell’anno 2007, ha richiesto il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 per la realizzazione nei comuni di San Mauro Castelverde (PA) e Castronovo di Sicilia (PA) di due impianti eolici per la produzione di energia elettrica; che, nelle more del procedimento istruttorio, è entrato in vigore il Piano Energetico Ambientale della Regione Siciliana (PEARS), approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanato con decreto del Presidente della Regione siciliana in data 9 marzo 2009, pubblicato in G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2009, del quale è espressamente prevista l’applicabilità anche alle domande già in itinere.

La S.E.R. 1 s.p.a., con ricorso presentato al TAR di Palermo, ha impugnato gli atti di approvazione del PEARS sostenendo, in via principale, l’inapplicabilità delle prescrizioni previste dal nuovo piano alle domande di autorizzazione in precedenza presentate, ed in via gradata l’illegittimità di molteplici disposizioni.

Il TAR con la sentenza in epigrafe indicata, accogliendo pressoché in toto il ricorso, ha in primo luogo stabilito che il Piano, avendo natura regolamentare, non è applicabile a domande presentate prima della sua entrata in vigore, pena la violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; inoltre, nonostante il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, il TAR ha annullato le seguenti prescrizioni: necessità di documentazione attestante la disponibilità giuridica dell’area dell’impianto; necessità di comunicazione del gestore della rete attestante la capacità di quest’ultima di ricevere l’energia prodotta dal nuovo impianto; necessità della partecipazione, in ogni caso, della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali alla Conferenza dei Servizi; possibile imposizione da parte della Conferenza di misure di mitigazione ambientale e compensazione; necessità di allegare alla richiesta l’impegno di una Compagnia di assicurazione di rilasciare, in caso di autorizzazione, adeguata copertura assicurativa; prestazione di idonee garanzie a favore della Regione prima dell’inizio dei lavori; necessità di una distanza di almeno 10 Km tra impianti di potenza superiore a 10 MW.

Il rimettente, dunque, dà atto che detta sentenza è stata impugnata con l’atto di appello in esame dalla soccombente amministrazione regionale, la quale ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’esecutività.

Nel giudizio a quo si è costituita la società appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 438 del 28 aprile 2010, il Consiglio rimettente ha sospeso la esecutività della sentenza impugnata; le parti hanno presentato memorie e repliche, insistendo nelle conclusioni.

All’udienza dell’ 8 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In punto di diritto il rimettente formula argomentazioni identiche a quelle svolte nell’ordinanza di rimessione r.o. n. 66 del 2012, con esclusivo riferimento al punto 2, della lettera d), al punto 10, ed al punto 21, delle Linee Guida.

9.— Con atto depositato in data 11 maggio 2012 si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura regionale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e/o infondata, formulando argomentazioni identiche a quelle già esposte nel giudizio originato dall’ordinanza n. 66 del 2012.

10.— Con atto depositato in data 16 maggio 2012, si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la società S.E.R. Società Energie Rinnovabili s.p.a., chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, se ritenuta ammissibile, fondata, formulando argomentazioni identiche a quelle esposte in relazione all’ordinanza r.o. n. 66 del 2012.

11.— Con memoria depositata in data 18 febbraio 2013, la detta società ha ribadito quanto dedotto nell’atto di costituzione, svolgendo le medesime considerazioni esposte nella memoria prodotta nell’ambito del giudizio originato dall’ordinanza r.o. n. 66 del 2012.

In prossimità dell’udienza la difesa della Regione siciliana ha depositato una memoria contenente argomentazioni identiche a quelle svolte nell’atto depositato in relazione al giudizio di legittimità costituzionale originato dall’ordinanza n. 66 del 2012

12.— Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza del 19 dicembre 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 117, secondo e terzo comma, Cost., ed all’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana approvato con r.d.l. n. 455 del 1946, questione di legittimità costituzionale dell’art. 105 della legge della detta Regione n. 11 del 2010, ritenuta «di legificazione» delle Linee Guida al Piano Energetico Ambientale della Regione Sicilia, (PEARS), approvate con deliberazione della Giunta regionale del 3 febbraio 2009, nella parte in cui prevedono:

– alla lettera d) del punto 2, l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione, da parte di primaria Compagnia di assicurazione, di disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi di mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete;

– al punto 10, l’obbligo per il soggetto autorizzato di rilasciare, anteriormente all’inizio del lavori e pena l’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione;

– al punto 21, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione (r.o. n. 68 del 2012).

13.— In punto di fatto il giudice rimettente premette di pronunziare la presente ordinanza nell’ambito del giudizio di appello proposto dalla Presidenza della Regione siciliana, dalla Giunta regionale siciliana e dall’Assessorato regionale all’industria (oggi dell’energia e dei servizi di pubblica utilità), contro la ZEFIRA s.r.l. e nei confronti di D.M. e L.M. (interventori ad adiuvandum nel giudizio di primo grado), per l’annullamento della sentenza n. 1775 del TAR per la Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, in data 9 febbraio 2010.

Ciò posto, il rimettente riferisce che la società appellata, con istanza presentata nel mese di novembre 2005, ha richiesto il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 per la realizzazione, nei comuni di Centuripe (En) e Paternò (CT), di un impianto eolico per la produzione di energia elettrica; che all’esito di un procedimento particolarmente complesso, in data 31 marzo 2009, è stata convocata la Conferenza dei servizi competente a pronunciarsi sull’autorizzazione; che in quella sede l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente – ARTA – ha formulato un parere negativo all’accoglimento dell’istanza, rilevando, tra l’altro, l’incoerenza del progetto e della documentazione ad esso allegata rispetto alle prescrizioni del Piano Energico Ambientale della Regione siciliana (PEARS), medio tempore approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanato con decreto del Presidente della Regione siciliana in data 9 marzo 2009, pubblicato in G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2009; che, trattandosi di dissenso qualificato di una amministrazione preposta alla tutela dell’ambiente, il procedimento era stato sospeso e la decisione finale era rimessa, ai sensi dell’art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2012, alla Giunta regionale.

La ZEFIRA s.r.l., con ricorso presentato al Tar di Palermo, ha impugnato gli atti di approvazione del PEARS sostenendo, in via principale, l’inapplicabilità delle prescrizioni previste dal nuovo piano alle domande di autorizzazione in precedenza presentate, ed in via gradata l’illegittimità di molteplici disposizioni.

Il TAR, con la sentenza impugnata, accogliendo pressoché in toto il ricorso, ha in primo luogo stabilito che il Piano, avendo natura regolamentare, non è applicabile a domande presentate prima della sua entrata in vigore, pena la violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; inoltre, nonostante il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, il TAR ha annullato le seguenti prescrizioni: necessità di documentazione attestante la disponibilità giuridica dell’area dell’impianto; necessità di comunicazione del gestore della rete, attestante la capacità di quest’ultima di ricevere l’energia prodotta dal nuovo impianto; necessità della partecipazione, in ogni caso, della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali alla Conferenza dei Servizi; possibile imposizione, da parte della Conferenza, di misure di mitigazione ambientale e compensazione; necessità di allegare alla richiesta l’impegno di una Compagnia di assicurazioni di rilasciare, in caso di autorizzazione, adeguata copertura assicurativa; prestazione di idonee garanzie a favore della Regione prima dell’inizio dei lavori; necessità di una distanza di almeno 10 Km tra impianti di potenza superiore a 10 MW.

Il rimettente, dunque, dà atto che detta sentenza è stata impugnata con l’atto di appello in esame dalla soccombente amministrazione regionale, la quale ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’esecutività.

Nel giudizio a quo si è costituita la società appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

Si sono costituiti i soggetti già intervenuti ad adiuvandum nel giudizio di primo grado.

Con ordinanza n. 273 del 22 marzo 2010 il Consiglio rimettente ha sospeso la esecutività della sentenza impugnata; le parti hanno presentato memorie e repliche, insistendo nelle conclusioni.

All’udienza dell’ 8 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In punto di diritto il rimettente formula le medesime considerazioni svolte nelle ordinanze n. 66 e 67 del 2012.

14.— Con atto depositato in data 11 maggio 2012 si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura regionale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata. Al riguardo ha formulato argomentazioni identiche a quelle già espresse nei giudizi di legittimità costituzionale originati dalle ordinanze nn. 67 e 66 del 2012.

In prossimità dell’udienza la difesa della Regione siciliana ha depositato una memoria contenente argomentazioni identiche a quelle svolte nell’atto depositato in relazione ai giudizi di legittimità costituzionale originati dalle ordinanze nn. 66 e 67 del 2012.

15.— Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza del 19 dicembre 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, ed all’art. 14 dello Statuto della Regione Sicilia approvato con r.d.l. n. 455 del 1946, questione di legittimità costituzionale dell’art. 105 della legge della Regione suddetta n. 11 del 2010, ritenuta «di legificazione» delle Linee Guida al Piano Energetico Ambientale della Regione Sicilia, (PEARS) approvate con deliberazione della Giunta regionale del 3 febbraio 2009, nella parte in cui prevedono:

– alla lettera d) del punto 2, l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione da parte di primaria Compagnia di assicurazioni della disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi derivanti da mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete;

– al punto 10, l’obbligo per il soggetto autorizzato di rilasciare, anteriormente all’inizio del lavori e pena l’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione;

– al punto 21, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione (r.o. n. 83 del 2012).

16.— In punto di fatto il giudice rimettente premette di pronunziare la presente ordinanza nell’ambito del giudizio di appello proposto dalla Presidenza della Regione siciliana, dalla Giunta regionale siciliana e dall’Assessorato regionale all’industria (oggi dell’energia e dei servizi di pubblica utilità), contro la SOLARENERGY s.r.l. per l’annullamento della sentenza n. 1852 del TAR per la Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, del 12 febbraio 2010.

Ciò posto, il rimettente riferisce che la società appellata, ha richiesto il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 per la realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica; che nelle more del procedimento autorizzatorio è entrato in vigore il Piano Energetico Ambientale della Regione Siciliana, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanato con decreto del Presidente della Regione siciliana in data 9 marzo 2009, pubblicato in G.U.R.S. n. 13 del 27 marzo 2009, del quale è espressamente prevista l’applicabilità anche alle domande già in itinere.

La SOLARENERGY s.r.l., con ricorso presentato al TAR di Palermo, ha impugnato gli atti di approvazione del PEARS sostenendo, in via principale, l’inapplicabilità delle prescrizioni previste dal nuovo piano alle domande di autorizzazione in precedenza presentate, ed in via gradata l’illegittimità di molteplici disposizioni.

Il TAR, con la sentenza indicata, accogliendo pressoché in toto il ricorso, ha in primo luogo stabilito che il Piano, avendo natura regolamentare, non è applicabile a domande presentate prima della sua entrata in vigore, pena la violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; inoltre, nonostante il sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, ha annullato le seguenti prescrizioni: necessità di documentazione attestante la disponibilità giuridica dell’area dell’impianto; necessità di comunicazione del gestore della rete, attestante la capacità di quest’ultima di ricevere l’energia prodotta dal nuovo impianto; necessità della partecipazione, in ogni caso, della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali alla Conferenza dei Servizi; possibile imposizione, da parte della Conferenza, di misure di mitigazione ambientale e compensazione; necessità di allegare alla richiesta l’impegno di una Compagnia di assicurazioni di rilasciare, in caso di autorizzazione, adeguata copertura assicurativa; prestazione di idonee garanzie a favore della Regione prima dell’inizio dei lavori; necessità di una distanza di almeno 10 Km tra impianti di potenza superiore a 10 MW.

Il rimettente, dunque, dà atto che detta sentenza è stata impugnata con l’atto di appello in esame dalla soccombente amministrazione regionale, la quale ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’esecutività.

Nel giudizio a quo si è costituita la Società appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 434 del 30 aprile 2010 il Consiglio di giustizia amministrativa ha sospeso la esecutività della sentenza impugnata; le parti hanno presentato memorie e repliche, insistendo nelle conclusioni.

All’udienza dell’8 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In punto di diritto il rimettente formula le medesime considerazioni svolte nelle ordinanze nn. 66, 67 e 68 del 2012.

17.— Con atto depositato in data 31 maggio 2012 si è costituita nel presente giudizio di legittimità costituzionale la Regione siciliana, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura regionale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e/o infondata. Al riguardo ha formulato argomentazioni identiche a quelle già formulate nei giudizi di legittimità costituzionale originati dalle ordinanze nn. 66, 67 e 68 del 2012.

In prossimità dell’udienza la difesa della Regione siciliana ha depositato una memoria contenente argomentazioni identiche a quelle svolte negli atti depositati in relazione ai giudizi di legittimità costituzionale originati dalle ordinanze n. 66, 67 e 68 del 2012.

18.— Il Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia, con ordinanza del 24 maggio 2012, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. e all’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, dell’art. 105 della legge di detta Regione n. 11 del 2010, nella parte in cui prevede al punto 28 delle Linee Guida del Piano Energetico Ambientale della Regione siciliana, l’obbligo per il produttore di energia di rifornirsi di biomasse (per almeno il 50 per cento del fabbisogno) da aree dislocate in un raggio non superiore a Km 70 dall’impianto; e nel caso in cui tali biomasse non siano disponibili entro tale perimetro, di rifornirsi esclusivamente di biomasse provenienti dal territorio regionale (r.o. n. 192 del 2012).

19.— Il rimettente espone che in data 21 maggio 2010 la società Alin s.p.a. presentava allo sportello unico per le attività produttive del Comune di Termini Imerese una richiesta di autorizzazione per la costruzione e gestione di un impianto di produzione di energia elettrica, alimentato a biomasse, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003; che l’istanza era inoltrata direttamente al Comune in cui ricadeva l’area industriale nella quale doveva essere localizzato l’insediamento produttivo, in conformità a quanto previsto dall’art. 28, comma 3, della delibera di Giunta regionale n. 1 del 2009, con cui è stato approvato il PEARS, il quale dettava una procedura semplificata per l’acquisizione di autorizzazioni alla realizzazione di impianti che «utilizzano biocombustibili ottenuti da piante oleaginose anche no food per la cogenerazione di energia elettrica e calore»; che, contestualmente, era presentata istanza di rilascio dei prescritti pareri e /o nulla osta alle varie Amministrazioni preposte alla cura ed alla tutela degli interessi coinvolti; che, però, l’Assessorato all’Energia comunicava al Comune di Termini l’intenzione di avocare a sé la competenza al rilascio dell’autorizzazione, pur essendo già stata avviata la procedura semplificata prevista dal comma 3 dell’art. 28 del PEARS; che il Comune di Termini Imerese comunicava la predetta circostanza alla società Alin s.p.a.; che, pertanto, quest’ultima, con nota protocollo n. 14364 del 28 ottobre 2010, formulava una nuova istanza di rilascio dell’autorizzazione direttamente all’Assessorato all’Energia, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 (nella specie, una istanza diretta ad ottenere l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto alimentato integralmente a biocombustibile – olio vegetale – di tipo cogenerativo, della potenza termica di 6,348 Mwt e della potenza elettrica di 2,709 Mwe, situato in contrada Notarbartolo, nella zona industriale del Comune di Termini Imerese), che, con nota protocollo n. 15023 del 20 aprile 2011, l’Assessorato Regionale all’Energia invitava tutte le Amministrazioni, a diverso titolo coinvolte nel procedimento, ad esprimere i pareri e o i nulla osta di propria competenza, nonché a partecipare all’adunanza della Conferenza di Servizi per l’adozione della determinazione conclusiva; che in data 29 aprile 2011 era celebrata l’adunanza della Conferenza di Servizi indetta a tale scopo, nella quale si constatava il positivo rilascio dei pareri favorevoli (alcuni condizionati) e/o nulla osta da parte di tutte le Amministrazioni coinvolte; che l’Amministrazione regionale dava, altresì, atto che Alin s.p.a. aveva documentato il possesso dei requisiti di cui alla delibera della Giunta Regionale n. 1 del 3 febbraio 2009; che la Conferenza dei Servizi dichiarava positivamente concluso l’iter autorizzativo, raccomandando il rispetto delle prescrizioni e dei vincoli impartiti e vincolando il definitivo rilascio dell’autorizzazione esclusivamente a taluni pareri ritenuti imprescindibili (pareri dell’Agenzia delle Dogane e dell’Assessorato alle Infrastrutture, che venivano rilasciati in data 5 maggio 2011).

Il rimettente aggiunge che, infine, con DRS n. 311 del 28 giugno 2011, l’Assessorato Regionale provvedeva al rilascio della "autorizzazione unica” per la realizzazione e gestione dell’impianto, ma subordinava l’efficacia del provvedimento autorizzatorio al rispetto del vincolo previsto dal comma 2, punto 28, del PEARS (sopra riportato); che detta condizione non era stata deliberata in sede di Conferenza dei Servizi decisoria (ed anzi l’Amministrazione regionale aveva originariamente escluso l’applicabilità di tale cosiddetto "vincolo di approvvigionamento territoriale”, in quanto si era ritenuto che l’impianto rientrasse nel regime speciale di cui al comma 3 del punto 28 del PEARS, recante un regime derogatorio rispetto a quello generale di cui al comma 2); che, pertanto, la società Alin s.p.a., con note del 4 luglio 2011 e del 20 settembre 2011, aveva contestato l’apposizione di tale prescrizione, ma, non avendo ottenuto positivo riscontro, l’aveva impugnata con il ricorso introduttivo, chiedendo l’annullamento della prescrizione stessa.

Tutto ciò premesso, il TAR riferisce i motivi proposti dalla ricorrente ed espone che l’Amministrazione si è ritualmente costituita, adducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’impugnazione.

Osserva, poi, che – come affermato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana nell’ordinanza n. 1024 del 19 dicembre 2012 – con l’art. 105 della legge della Regione siciliana n. 11 del 2010, il legislatore siciliano ha «legificato», ovvero approvato con legge regionale e dunque elevato al rango di legge, il PEARS e le sue Linee Guida; il TAR, inoltre, rileva che il punto 28 delle dette Linee Guida, «divenuto oramai norma di legge regionale», introduce l’obbligo per il produttore di energia che intenda realizzare biomasse, di rifornirsi di queste ultime, per almeno il 50 per cento del fabbisogno, da aree dislocate in un raggio non superiore a Km 70 dall’impianto; e, nel caso in cui non siano disponibili entro tale perimetro, di rifornirsi esclusivamente di biomasse provenienti dal territorio regionale.

Il TAR prosegue deducendo che l’art. 14 dello statuto siciliano attribuisce alla Regione potestà legislativa esclusiva in materia di «industria e commercio», ma che in tale materia non può essere fatta rientrare anche la disciplina della «produzione di energia», perché l’art. 117, terzo comma, Cost. la considera oggetto specifico di potestà legislativa concorrente; e ciò vale, come chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 2010, anche per le Regioni a statuto speciale – come la Regione siciliana – che non l’abbiano riservata espressamente alla propria potestà legislativa esclusiva.

Ne consegue, ad avviso del rimettente, che in detta materia la potestà legislativa della Regione siciliana deve essere esercitata nel rispetto dei principi sanciti dalla legislazione statale e, nella specie, dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003. Osserva, ancora, il TAR che il «vincolo di approvvigionamento territoriale» si concreta in una cosiddetta «riserva di fornitura» in favore dei produttori regionali ed è certamente più rigido rispetto a quelli contemplati dall’art. 12 del d.lgs. citato. Detto vincolo, inoltre, costituendo una forma di «aiuto alle imprese locali» finisce con l’alterare il regime della libera concorrenza e quindi pregiudica l’impresa ricorrente.

Pertanto la disposizione in esame si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. e con l’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, che non contempla tra le materie oggetto di potestà legislativa esclusiva la disciplina della produzione di energie.

In punto di rilevanza, il TAR rileva che la soluzione della questione di legittimità costituzionale sarebbe pregiudiziale ai fini della decisione della causa in quanto da essa dipenderebbe il destino del vincolo di approvvigionamento.

Infine, in punto di non manifesta infondatezza il rimettente osserva che l’introduzione di norme non qualificabili come norme di dettaglio, per di più volte a derogare norme di principio poste dallo Stato, costituisce una evidente rottura del regime di riparto delle competenze legislative.

Alla luce di tali considerazioni il TAR solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 105 della legge regionale n. 11 del 2010 nei termini sopra indicati.

20.— Con atto depositato in data 12 ottobre 2012, è intervenuta nel presente giudizio di costituzionalità la Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore.

La difesa regionale, dopo aver riepilogato le argomentazioni del rimettente, rileva che successivamente al deposito dell’ordinanza presso la Cancelleria del Tar è stato pubblicato il decreto presidenziale 18 luglio 2012, n. 48 (Regolamento recante norme di attuazione dell’art. 105, comma 5, della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11), che ha adeguato la disciplina regionale in materia di procedimenti autorizzativi aventi ad oggetto biomasse, bioliquidi e biocarburi.

Alla luce della sopravvenienza di detto regolamento la difesa regionale osserva che la Corte costituzionale, in ossequio a costante orientamento giurisprudenziale, dovrebbe disporre la restituzione degli atti al rimettente per ius superveniens.

Il nuovo regolamento avrebbe adeguato la disciplina regionale in materia di procedimenti autorizzativi aventi ad oggetto biomasse, bioliquidi e biocarburi ai dettami della disciplina statale. L’art. 1 del citato decreto presidenziale contiene un espresso richiamo alle disposizioni statali che disciplinano i requisiti per l’installazione di impianti di generazione elettrica alimentati da biomasse; ciò comporta che alla fattispecie sottoposta all’esame del giudice rimettente sia applicabile il disposto dell’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003, secondo cui «l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province».

Poiché detta disciplina – ad avviso della difesa regionale – è applicabile ai sensi dell’art. 13 ai procedimenti in corso, la Corte dovrebbe disporre la restituzione degli atti al TAR perché proceda ad una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza.

In via gradata chiede che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata.

21.— Con atto depositato in data 16 ottobre 2012 si è costituita nel presente giudizio di legittimità costituzionale Alin s.p.a., chiedendo alla Corte di dichiarare l’inammissibilità della questione e, in subordine, la fondatezza della stessa.

L’esponente osserva come la norma di cui all’art. 105 della legge regionale impugnata non conferirebbe al PEARS rango di norma primaria, limitandosi a costituire base giuridica postuma ad un atto amministrativo chiamato in via suppletiva e transitoria a fornire le prescrizioni di dettaglio nelle more dell’emanazione del nuovo regolamento d’attuazione.

L’intenzione del legislatore regionale si è, infatti, tradotta nel dettare, a regime, le modalità di realizzazione degli interventi previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003 mediante l’adozione di un regolamento di attuazione che, per sua natura, certamente non possiede il rango di norma primaria; regolamento, appunto, approvato con la deliberazione della Giunta regionale n. 202 del 21 giugno 2012, esternata con decreto del Presidente della Regione Siciliana del 18 luglio 2012, n. 48 (Regolamento recante norme di attuazione dell'art. 105, comma 5, della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11), pubblicato sulla GURS del 17 agosto 2012, n. 34.

Il PEARS, ad avviso della parte privata, avrebbe, dunque, mantenuto il rango di atto di normazione secondaria anche successivamente all’entrata in vigore dell’art. 105 della legge reg. Sicilia n. 11 del 2010.

Nel merito, l’esponente osserva come il dettato dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, regolante la realizzazione e gestione degli impianti, al quale il legislatore regionale fa espresso rinvio, è univoco nell’escludere che le Regioni possano introdurre limiti o divieti alla realizzazione degli impianti al di fuori dell’indicazione di aree e siti non idonei all’ubicazione degli stessi.

Ciò trova conferma anche nelle Linee Guida nazionali di cui al d.m. 10 settembre 2010 che, al punto 14.5., prevedono che l’eventuale superamento di eventuali vincoli di tipo programmatico contenuti nel PEARS sia inidoneo a precludere la conclusione del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica.

Pertanto, la previsione del cosiddetto vincolo di approvvigionamento della biomassa si rivelerebbe sprovvista di adeguata copertura legislativa, non potendosi desumere dall’analisi delle finalità e dei contenuti della disciplina di settore alcuna previsione idonea a fondare l’introduzione di una regola derogatoria.

Il vincolo in questione, ad avviso dell’esponente, non si tradurrebbe nell’asserita promozione e incentivazione dell’agricoltura regionale, ma in un blocco alla realizzazione degli impianti, integrante una indebita restrizione della libertà di iniziativa economica, della concorrenza e della libera circolazione delle merci. Il punto 28 del PEARS configurerebbe, poi, un invalicabile divieto alla installazione di impianti di energia alimentati a biomasse sul territorio regionale, pregiudicando il libero accesso al mercato. Detto vincolo sarebbe anche in contrasto con gli obiettivi che gli Stati membri sono chiamati a conseguire, in ossequio alla corretta applicazione dei principi contenuti nelle direttive 2001/77/CE e 29/2009/CE.

In punto di diritto l’esponente osserva come la legificazione della norma regolamentare impugnata sia in contrasto con gli articoli 3, 41 e 117 Cost. e con l’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana e con le norme del Trattato CE.

Ciò posto, la difesa della parte privata sostiene che il vincolo posto dal punto 28 del PEARS stride irrimediabilmente con le prerogative che l’art. 12 del d.lgs. citato demanda alle Regioni e viola i principi generali per l’incentivazione delle energie rinnovabili fissati dall’art. 2, comma 145, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2008).

La preclusione in via generale dell’utilizzo della biomassa prodotta fuori dal territorio regionale, inoltre, violerebbe anche l’art. 23 del Trattato CE e l’art. 117, Cost. interferendo nel mercato dei biocombustibili e degli oli vegetali, anch’esso soggetto alla disciplina della concorrenza ed al regolamento (CE) del Consiglio n. 73 del 2009.

Infine, l’esponente osserva che, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, con deliberazione della Giunta regionale n. 202 del 21 giugno 2012, emanata con DPRS n. 48 del 2012, la Regione siciliana ha adottato il nuovo regolamento recante norme di attuazione dell’art. 105, comma 5, della legge regionale n. 11 del 2010 (linee guida regionali in materia di energie rinnovabili) che, all’art. 9, nel disciplinare la realizzazione degli interventi nel settore delle biomasse, non contempla più l’obbligo di approvvigionamento della biomassa regionale. Tuttavia, ai sensi dell’art. 13, la nuova regolamentazione troverebbe applicazione solo ai procedimenti avviati successivamente all’entrata in vigore del regolamento o «ancora in corso e non ancora definiti con Conferenza dei servizi».

Detto atto di resipiscenza, ad avviso dell’esponente, troverebbe fondamento nelle osservazioni contenute nel parere reso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione consultiva, n. 184 del 2012, reso nell’Adunanza del 6 marzo 2012, e nella nota protocollo n. 3815 – 286.4 del 23 dicembre 2011 dell’ufficio legislativo e legale, con cui venivano evidenziati profili di illegittimità costituzionale sulla riproposizione, anche nel nuovo regolamento, del «vincolo di approvvigionamento».

22.— In prossimità dell’udienza di discussione Alin s.p.a. ha depositato una memoria, con la quale ribadisce le argomentazioni in precedenza svolte. In particolare, nell’atto in questione si sofferma sulla sopravvenienza del regolamento approvato con d. Pres. reg. sic. n. 48 del 2012, sostenendo che esso, alla luce dell’art. 13, non troverebbe applicazione nel caso di specie, essendo applicabile ai soli procedimenti ancora in corso e non ancora definiti con conferenza di servizi decisoria. Da ciò conseguirebbe la perdurante rilevanza della questione dal momento che il punto 28 del PEARS dovrebbe ritenersi applicabile al caso di specie.

Considerato in diritto

1.— Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con le quattro ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe (r.o. nn. 66, 67, 68 e 83 del 2012), ha sollevato – in riferimento agli articoli 3, 41, 117, secondo e terzo comma, 120 della Costituzione, nonché all’articolo 14 dello Statuto della Regione siciliana approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455 – questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 105 della legge della Regione suddetta 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010), recante, ad avviso del rimettente, «legificazione delle linee guida al PEARS approvate con deliberazione della G. R. n. 1 del 3 febbraio 2009», nella parte in cui esse prevedono: alla lettera d), del punto 2, l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione, da parte di primaria compagnia di assicurazioni, della disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi di mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete; alla lettera e), del punto 2, l’obbligo della comunicazione, ai fini della celerità dei procedimenti, della sede legale istituita dal richiedente in Sicilia ed impegno al suo mantenimento nel territorio della Regione per il tempo di efficacia dell’autorizzazione (questo punto è censurato soltanto con l’ordinanza n. 66 del 2012); al punto 10, l’obbligo per il soggetto autorizzato di rilasciare, anteriormente all’inizio dei lavori e pena l’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione; al punto 21, che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione.

Il rimettente, come s’è detto, muove dal presupposto che il citato art. 105 della legge reg. Sicilia n. 11 del 2010, attraverso il rinvio recettizio contenuto nel comma 5 (parte finale) della norma ora menzionata, abbia sostanzialmente «legificato» le Linee Guida al piano energetico ambientale della Regione suddetta, con la conseguenza che esse troverebbero ormai adeguata copertura legislativa. Alcune di tali disposizioni, peraltro, si porrebbero in contrasto con la Costituzione.

In particolare, il Collegio sottopone allo scrutinio di questa Corte le seguenti questioni:

a) se l’art. 105 della citata legge regionale, rinviando alla lettera d), del punto 2, delle indicate Linee Guida, che prevede l’obbligo di allegare alla richiesta di autorizzazione la dichiarazione, da parte di primaria compagnia di assicurazioni, della disponibilità alla copertura assicurativa dei rischi di mancata erogazione del servizio di fornitura elettrica all’ente gestore di rete, violi: 1) l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto si tradurrebbe in un’ingerenza nei rapporti contrattuali tra produttori dell’energia e gestore della rete, disciplinati in modo uniforme a livello nazionale, così invadendo la potestà legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell’ordinamento civile; 2) l’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, in quanto detta disposizione esulerebbe dalle competenze legislative regionali ivi previste; 3) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, vertendosi nella materia a competenza legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», detta previsione esorbiterebbe dai principi sanciti dall’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e, segnatamente, dalle «attribuzioni autorizzatorie» che detta norma demanda alle Regioni;

b) se l’art. 105 della citata legge regionale, rinviando alla lettera e), del punto 2, delle indicate Linee Guida, la quale prevede l’obbligo della comunicazione, ai fini della celerità dei procedimenti, della sede legale istituita dal richiedente in Sicilia e l’impegno al suo mantenimento nel territorio della Regione per il tempo di efficacia dell’autorizzazione (questione posta soltanto con l’ordinanza n. 66 del 2012), violi: 1) gli artt. 3, 41 e 120 Cost., in quanto introdurrebbe una ingiustificata e protezionistica discriminazione tra le imprese su base territoriale, un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni e una limitazione della libertà economica delle imprese che risultano avere una sede legale e operativa in altra Regione: ciò anche se detta previsione sia interpretata quale necessità di «mera indicazione di una sede operativa o recapito in ambito regionale»; 2) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto introdurrebbe una condizione di ammissibilità della richiesta di autorizzazione non contemplata dall’art. 12 del decreto legislativo del 29 dicembre, 2003 n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) – costituente principio fondamentale nella materia, di competenza legislativa concorrente, della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» – ed irragionevolmente destinata ad essere mantenuta anche dopo il rilascio dell’autorizzazione;

c) se l’art. 105 della legge regionale citata, rinviando al punto 10 delle dette Linee Guida, il quale impone al soggetto autorizzato l’obbligo di rilasciare, anteriormente all’inizio dei lavori e sotto pena d’inefficacia dell’autorizzazione, idonee garanzie a favore della Regione, violi: 1) l’art. 3 Cost., in quanto demanderebbe alla Regione un apprezzamento irragionevolmente discrezionale; 2) l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto subordinerebbe l’efficacia del titolo ad un adempimento contrattuale da parte del beneficiario, consistente nella prestazione di garanzie in favore della Regione autorizzante, così invadendo la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile; 3) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, vertendosi nella materia di competenza legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», la prescrizione de qua esulerebbe dai principi sanciti dall’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e, in particolare, dalle "attribuzioni autorizzatorie” che detta norma demanda alle Regioni;

d) Se l’art. 105 della citata legge regionale, rinviando al punto 21 delle dette Linee Guida, secondo cui gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione, violi: 1) l’art. 3 Cost., in quanto l’individuazione della distanza minima non risulta effettuata sulla scorta di criteri predefiniti, idonei a dimostrarne l’effettiva ragionevolezza e congruità; 2) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto l’individuazione, in un momento in cui le linee guida nazionali non erano state adottate, di criteri di distribuzione territoriale preclusivi all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, non ottemperando alla necessità di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in quest’ambito, in ossequio al principio di leale cooperazione, risulterebbe in contrasto con l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, secondo cui l’indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti può avvenire solo sulla base di linee guida approvate nella Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali.

2.— Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (d’ora in avanti TAR), con l’ordinanza indicata in epigrafe (r.o n. 192 del 2012), ha sollevato, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. e all’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, questione di legittimità costituzionale dell’art. 105 della legge della medesima Regione n. 11 del 2010, «nella parte in cui prevede, al punto 28 delle linee guida del Piano Energetico Ambientale della Regione Siciliana, l’obbligo per il produttore di energia di rifornirsi di biomasse (per almeno il 50% del fabbisogno) da aree dislocate in un raggio non superiore a km 70 dall’impianto; e, nel caso in cui tali biomasse non siano disponibili entro tale perimetro, di rifornirsi esclusivamente di biomasse provenienti dal territorio regionale».

Il TAR premette che è stato chiamato a pronunciare sull’impugnazione proposta da una società avverso un provvedimento dell’Assessorato regionale all’energia che, all’esito di un complesso procedimento, aveva rilasciato alla medesima società l’autorizzazione unica per la realizzazione e gestione di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato a biomasse, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003; che l’efficacia del detto provvedimento autorizzatorio era stata subordinata al rispetto del vincolo previsto dal comma 2, punto 28, del PEARS; che, ad avviso della società ricorrente, l’apposizione di tale prescrizione era illegittima, onde andava annullata; che, come affermato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con l’art. 105 della legge della Regione n. 11 del 2010 il legislatore regionale aveva "legificato” (id est: «approvato con legge regionale e dunque elevato al rango di legge») il piano energetico e ambientale della Regione siciliana (PEARS) e le sue linee guida.

Su tali premesse il rimettente ritiene che l’art. 105 della citata legge regionale, nella parte in cui prevede – al punto 28 delle Linee Guida del PEARS – l’obbligo suddetto per il produttore di energia, violi: 1) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con i principi generali stabiliti dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, nella materia di potestà legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», poiché introdurrebbe un «vincolo di approvvigionamento territoriale» più rigido rispetto ai vincoli contemplati dalla menzionata disposizione statale e, costituendo una forma di aiuto alle imprese locali, altererebbe il regime della libera concorrenza; 2) l’art. 14 dello Statuto della Regione siciliana, il quale non contempla tra le materie oggetto di potestà legislativa esclusiva quella della produzione di energie.

3.— Le cinque ordinanze indicate in epigrafe, e richiamate nei punti che precedono, riguardano questioni analoghe o strettamente connesse. Pertanto, i relativi giudizi di legittimità costituzionale vanno riuniti, per essere definiti con unica decisione.

4.— Le questioni di legittimità costituzionale sono inammissibili.

Punto di partenza comune è l’assunto, enunciato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e fatto proprio dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, secondo cui «Per effetto delle norme trascritte e del rinvio recettizio in esse contenuto le Linee Guida al PEARS risultano sostanzialmente legificate, secondo quanto esattamente sostiene l’Avvocatura.

Non può infatti ragionevolmente negarsi, come fa invece l’appellata nella approfondita memoria del 18 maggio 2011, che le disposizioni del regolamento trovino ormai adeguata copertura legislativa».

Il Collegio, però, dubita della legittimità costituzionale di alcune disposizioni contenute nelle citate Linee Guida, sulle quali richiede lo scrutinio di questa Corte, perché «l’annullamento della sentenza impugnata per effetto della legificazione delle norme regolamentari da essa annullate presuppone la legittimità costituzionale – sui punti che ora si esamineranno – della norma legificante».

Questa tesi non può essere condivisa.

L’art. 105 della legge regionale sic. n. 11 del 2010, nei primi quattro commi, costituisce e regola il fondo regionale di garanzia per l’installazione di impianti fotovoltaici. Nel comma 5, poi, così dispone: «Il Presidente della Regione disciplina con proprio decreto le modalità di attuazione nel territorio della Regione degli interventi da realizzarsi per il raggiungimento degli obiettivi nazionali, derivanti dall’applicazione della direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001, del Parlamento e del Consiglio pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea serie 283 del 27 ottobre 2001, e nel rispetto del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 di recepimento della predetta direttiva. Tale decreto definisce, altresì, le misure di cui all’art. 1, commi 4 e 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239 ed è adottato nella forma prevista dall’art. 12 dello statuto regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla data di entrata in vigore del suddetto decreto trova applicazione il D. P. Reg. 9 marzo 2009, di emanazione della Delib. G. R. 3 febbraio 2009, n. 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 27 marzo 2009, n. 13».

Come si vede, la norma ora trascritta (quella sulla quale fanno leva i rimettenti per sostenere la presunta legificazione delle linee guida al piano energetico ambientale della Regione siciliana – PEARS – in forza dell’asserito rinvio recettizio nella norma medesima contenuto) nei primi due periodi prevede l’atto normativo da emanare, recante le modalità di attuazione nel territorio della Regione siciliana degli interventi e degli obiettivi previsti dalla disciplina comunitaria e nazionale e finalizzati alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (d.lgs. n. 387 del 2003).

Si tratta, senza alcun dubbio, di un atto avente forma e natura di regolamento e come tale, infatti, è stato adottato con decreto del Presidente della Regione in data 18 luglio 2012, n. 48, sotto il titolo «Regolamento recante norme di attuazione dell’art, 105, comma 5, della legge regionale 12 maggio 2010, n.11».

Il terzo periodo, invece, reca una disposizione di carattere transitorio, stabilendo che, fino alla data di entrata in vigore del nuovo atto regolamentare, si applica il decreto del Presidente della Regione 9 marzo 2009, avente ad oggetto l’emanazione della delibera della Giunta regionale n. 1 del 2009.

Ciò posto, si deve escludere che, con tale disposizione, il citato art. 105 abbia inteso effettuare un rinvio recettizio o materiale, con efficacia novatrice della fonte, alle regole richiamate. Un tale effetto – che produce una forma di recezione o incorporazione della norma richiamata in quella richiamante – non può essere riconosciuto a qualsiasi forma di rimando, ma è ravvisabile soltanto quando la volontà del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti. Non è sufficiente rilevare che una fonte ne richiama testualmente un’altra, per concludere che la prima abbia voluto incidere sulla condizione giuridica della seconda o dei suoi contenuti.

Nel caso in esame, non soltanto i suddetti elementi mancano, ma dal dettato della norma asseritamente rinviante si desumono argomenti che inducono ad escludere l’ipotizzato effetto di recezione.

Infatti, sul piano del testuale dettato dell’art. 105, comma 5, ultimo periodo, della legge regionale Sicilia n. 11 del 2010, esso si limita a disporre che, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui ai periodi precedenti, trova applicazione il decreto del Presidente della Regione del 9 marzo 2009. Non si è in presenza, dunque, di un rinvio recettizio o materiale, ma piuttosto della sola indicazione della fonte destinata a disciplinare il settore nel periodo transitorio, senza alcun elemento idoneo a rivelare un intento del legislatore regionale diretto ad incorporare il testo regolamentare in quello legislativo. Si tratta piuttosto di una norma che si limita a disporre l’ultrattività del decreto del Presidente della Regione, ora citato, fino all’adozione del nuovo regolamento recante le linee guida regionali in materia di fonti rinnovabili.

L’assenza di un intento del legislatore regionale, diretto a conferire rango di fonte primaria alla disciplina contenuta nell’atto di approvazione del PEARS trova riscontro, peraltro, nel rilievo che all’art. 105 della legge regionale, come sopra si è notato, è stata data attuazione mediante l’emanazione di un altro regolamento (18 luglio 2012, n. 48), recante le nuove Linee Guida regionali in materia di autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Invero, non è logico ritenere che il legislatore regionale abbia inteso, da un lato, regolare in via definitiva la materia attraverso l’adozione di un atto certamente avente natura regolamentare e, al contempo, «legificare» un atto amministrativo in via transitoria e con efficacia limitata nel tempo.

Da quanto esposto consegue che le questioni di legittimità costituzionale, sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe, devono essere dichiarate inammissibili. Invero, non vertendosi in tema di rinvio recettizio o materiale, ma di mera indicazione della fonte della disciplina sostanziale applicabile nell’arco di tempo considerato (né rileva, in tale sede, approfondire se si tratti o meno di rinvio formale), le disposizioni denunciate sono contenute in un atto che, essendo sprovvisto di forza di legge, non è suscettibile di essere oggetto di giudizio incidentale di legittimità costituzionale (ex plurimis; sentenza n. 311 del 1993; ordinanza n. 484 del 1993).

Ogni altro profilo resta assorbito.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 105 della legge della Regione siciliana 12 maggio 2010, n. 11 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2010), sollevate, in riferimento agli articoli 3, 41, 117, secondo e terzo comma, 120 della Costituzione, nonché all’articolo 14 dello Statuto della Regione siciliana approvato con regio decreto-legge del 15 maggio 1946, n. 455, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2013.

F.to:

Luigi MAZZELLA, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2013.