SENTENZA N. 159
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15, 16 e 135, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento vertente tra Z.C. e Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con ordinanza dell’11 aprile 2013, iscritta al n. 164 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2014 il Giudice relatore Marta Cartabia.
1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato (r.o. n. 164 del 2013) questione di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione degli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della Costituzione, nonché, in subordine, degli artt. 13 – nella parte in cui qualifica come inderogabile la competenza territoriale –, 14, 15 e 16 del medesimo decreto legislativo, per violazione dell’art. 76 Cost.
In particolare, il rimettente ha precisato che, in un giudizio di impugnazione di un provvedimento con cui il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, con sede in Reggio Calabria, ha ordinato il rilascio di un appartamento oggetto di confisca disposta in via definitiva, l’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’incompetenza dell’adito TAR Calabria, rilevando che la controversia, ai sensi dell’art. 135, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 104 del 2010, rientra nella competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
Il giudice a quo ha riconosciuto, in sede cautelare, che la controversia rientra nel novero degli affari ricompresi nella competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio ai sensi degli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 104 del 2010, ma ha ritenuto di sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sopra riportate.
1.1.– Il TAR Calabria ha motivato la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 25 e 125, nonché 24 e 111 Cost. Il giudice rimettente ha ricostruito il quadro normativo anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, ricordando che la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) non conteneva una disciplina generale sulla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, limitandosi a prevedere una competenza residuale del TAR con sede a Roma per gli atti statali, e segnalando che il codice del processo amministrativo ha innovativamente optato per il regime della inderogabilità della competenza territoriale. Il giudice rimettente ha poi ricordato che l’introduzione di ipotesi di competenza funzionale a favore del TAR Lazio ha preso avvio negli anni Novanta, a partire dalla legge 12 aprile 1990, n. 74 (Modifica alle norme sul sistema elettorale e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), che la ha delineata per il ricorso, in primo grado, avverso i provvedimenti del Consiglio superiore della magistratura riguardanti i magistrati, così configurando una significativa deroga al principio della territorialità. Su questa disciplina era stata sollevata questione di legittimità costituzionale in base agli artt. 3, 24 e 125 Cost., che è stata rigettata con la sentenza n. 189 del 1992 della Corte costituzionale, sulla base della «particolare posizione che il Consiglio superiore della magistratura occupa nell’ordinamento costituzionale della Repubblica» e dello status «rivestito dai magistrati ordinari, particolare e differenziato, rispetto alla categoria degli altri pubblici dipendenti», oltre che dell’«esigenza largamente avvertita circa l’uniformità della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado». Il TAR Calabria ha quindi fatto presente che, sul modello di questa disciplina, numerose e variegate tipologie di controversie sono state successivamente attribuite alla competenza funzionale del TAR Lazio, sino a giungere alla positivizzazione di un’autonoma categoria concettuale nell’art. 14 del codice del processo amministrativo (rubricato «competenza funzionale inderogabile»), che rinvia al successivo art. 135, composto da ben diciotto punti, così determinando un ulteriore incremento delle liti davanti al TAR Lazio.
Il giudice rimettente ha perciò dubitato della legittimità costituzionale della disciplina del codice del processo amministrativo nella parte riguardante il sindacato sugli atti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (art. 135, comma 1, lettera p, del d.lgs. n. 104 del 2010), sottolineando come l’Agenzia abbia – per effetto di una scelta politica, giudicata peculiare e innovativa, volta a radicare la presenza delle istituzioni in una zona periferica dal punto di vista geografico, ma centrale e nodale dal punto di vista delle attività di contrasto alle organizzazioni criminali – la sua sede principale in Reggio Calabria.
Ne discenderebbe, ad avviso del giudice rimettente, una lesione del canone, desumibile dall’art. 3 Cost., di ragionevolezza e di coerenza dell’ordinamento giuridico, stante la mancanza di una ragione giustificatrice, idonea a sorreggere la deroga ai criteri ordinari ex art. 13 del codice del processo amministrativo, ai sensi del quale, per effetto degli indici di collegamento territoriale, la competenza spetterebbe in primis allo stesso giudice rimettente, ossia al TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria.
Nel caso di specie, infatti, ad avviso del giudice rimettente non vi sarebbe una situazione di straordinaria emergenza, come quella alla base delle misure dettate per il settore dei rifiuti nella Regione Campania – dove pure l’art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 gennaio 2006, n. 21, ha configurato una competenza funzionale del TAR Lazio –, in base alla quale la Corte costituzionale, nella sentenza n. 237 del 2007, ha riconosciuto la legittimità costituzionale di tale eccezionale spostamento: l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – i cui tratti essenziali sono stati richiamati dalla sentenza n. 34 del 2012 della Corte costituzionale – non godrebbe di una particolare posizione nell’ordinamento costituzionale della Repubblica o nell’organizzazione dei pubblici poteri, né i destinatari dei provvedimenti in questione presenterebbero un peculiare status. E neppure, infine, la costituzione dell’Agenzia potrebbe essere intesa come una misura eccezionale, visto che la cosiddetta «emergenza mafiosa» non costituirebbe un problema di carattere temporaneo.
Ad avviso del giudice rimettente, non sarebbe utilizzabile, nella specie, neanche l’argomento relativo all’uniformità della giurisprudenza sin dalle pronunce di primo grado, che in un ordinamento di civil law non si presterebbe ad essere invocato ex se, quale deroga autonoma al criterio di precostituzione del giudice. Esso, infatti, si scontrerebbe con la realtà di un TAR Lazio la cui struttura è stata nel frattempo decisamente ampliata (essendo oggi composto da ben dodici sezioni), anche a seguito dell’aumento delle sue competenze, per cui paradossalmente esso sarebbe il meno idoneo a svolgere una funzione nomofilattica, che è comunque attribuita al giudice di appello e in special modo all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (art. 99 del codice del processo amministrativo).
Le disposizioni del codice del processo amministrativo prima richiamate sarebbero, inoltre, secondo il TAR Calabria, contrastanti con l’art. 125 Cost., il quale sancisce il principio del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa, nell’ottica – che si ricaverebbe anche dai lavori dell’Assemblea Costituente – della necessaria prossimità del giudice ai fatti di cui è chiamato a conoscere. È alla luce di tale principio che il TAR Calabria ha ritenuto debba essere letto, per la giustizia amministrativa, la regola del «giudice naturale» affermata dall’art. 25 Cost.: la competenza dei giudici amministrativi dovrebbe, perciò, non solo essere predeterminata dalla legge, ma dovrebbe rispettare il principio di naturalità, come desumibile dal combinato disposto degli artt. 25 e 125 Cost., nel senso di una maggiore idoneità del giudice individuato su base regionale a fornire una adeguata risposta di giustizia. Per la giustizia amministrativa la deroga al criterio della competenza territoriale in favore di un unico altro tribunale altererebbe perciò profondamente l’equilibrio del controllo sugli atti amministrativi, che è stato pensato dai costituenti – diversamente dalla giustizia ordinaria, ex art. 102, secondo comma, Cost. – in maniera svincolata dalla specializzazione per singole materie.
Il TAR Calabria ha invitato poi a operare una nuova riflessione sull’orientamento fatto proprio dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 189 del 1992, alla luce dei mutamenti intervenuti nel sistema delle autonomie locali, in particolare con la riforma del Titolo V Cost., e nel sistema processuale amministrativo, specie alla luce dell’art. 125 Cost., che riconoscerebbe pari, oltre che piena, dignità a tutti i tribunali amministrativi regionali.
Infine, con riguardo al contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., il TAR Calabria ha sostenuto che la concentrazione nel TAR Lazio delle controversie sugli atti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata renderebbe assai più difficoltoso l’esercizio concreto del diritto di difesa e configgerebbe con il principio della ragionevole durata del processo. Infatti, quanto al diritto di difesa, si costringerebbe, da un lato, colui che intenda agire o resistere a tutela della propria posizione soggettiva ad affrontare spese aggiuntive, rispetto a quelle, già elevate, richieste comunque per l’accesso alla giustizia; e si renderebbe, dall’altro, più difficoltosa e meno tempestiva la stessa difesa dell’amministrazione resistente, avente la sua sede principale a Reggio Calabria. Quanto alla ragionevole durata del processo, l’incremento smisurato del contenzioso presso un unico TAR renderebbe inevitabilmente sempre più lungo il tempo medio di durata dei relativi processi, con gravi ricadute sull’efficienza del Paese e sulla spesa pubblica.
1.2.– Il giudice rimettente ha altresì prospettato, «in subordine», una diversa e più ampia questione di legittimità costituzionale – della quale la Corte costituzionale «d’ufficio, potrà cogliere l’eventuale “pregiudizialità logico-giuridica”» – che coinvolge l’intera disciplina della competenza contenuta nel Capo IV, Titolo I, del Libro I del codice del processo amministrativo (artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010), sospettata di essere in contrasto con l’art. 76 Cost., in quanto eccedente rispetto alla norma di delega legislativa di cui all’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile).
La questione di legittimità costituzionale della disciplina della competenza contenuta nel codice del processo amministrativo è stata giudicata rilevante dal giudice a quo, dal momento che la competenza funzionale, da sempre ritenuta, in via interpretativa, una competenza inderogabile, sarebbe divenuta da eccezione regola. Il legislatore delegato avrebbe così configurato, ad avviso del TAR Calabria, un sistema del tutto nuovo, nel quale la competenza, tanto territoriale quanto funzionale, è sempre inderogabile, sistema che sarebbe privo non solo di copertura costituzionale, ma altresì di qualsivoglia riscontro nella legge di delega.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, dopo aver richiamato alcuni orientamenti della giurisprudenza costituzionale riguardo alle deleghe legislative alla revisione, al riordino e al riassetto di norme preesistenti, come quella di cui al suddetto art. 44, in base ai quali l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente «è ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato» (sentenze n. 293 e n. 230 del 2010 della Corte costituzionale), si è specificamente soffermato sulla sentenza n. 162 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme del codice del processo amministrativo, per violazione dell’art. 76 Cost., nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB). Il giudice remittente ha sostenuto, infatti, che tra i principi della delega non ve ne sarebbe alcuno idoneo ad abilitare il legislatore delegato a riformare l’istituto della competenza, così come invece avrebbe fatto il codice del processo amministrativo, nel momento in cui ha reso inderogabile la competenza per territorio.
Oltre che su elementi tratti dai lavori preparatori del codice del processo amministrativo – in particolare, il fatto che la relazione illustrativa non abbia richiamato, in proposito, la delega legislativa e la circostanza che l’inderogabilità della competenza sia stata introdotta successivamente al lavoro della commissione speciale che ha elaborato il codice – il TAR Calabria ha fatto leva sulla ratio complessiva della legge di delega, ispirata all’intento di assicurare una maggiore effettività della tutela, osservando come la scelta di rendere inderogabile la competenza, oltre a non trovare addentellati nel sistema previgente, avrebbe irrigidito e reso più vischiosa la risposta di giustizia.
2.– Con atto depositato in data 30 luglio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto in giudizio, eccependo l’inammissibilità e la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità sollevate dal TAR Calabria.
L’Avvocatura generale dello Stato ha osservato, con riguardo alla censura per irragionevolezza, ancorata all’art. 3 Cost., che l’esigenza di una «prossimità» del giudice amministrativo alla vicenda sarebbe priva di rango costituzionale e comunque inidonea a limitare la discrezionalità del legislatore al riguardo. A supporto, viene richiamata la giurisprudenza costituzionale che, con riguardo a previsioni normative relative a situazioni emergenziali (in particolare, in materia di rifiuti), ha ribadito la spettanza di un’ampia potestà discrezionale in capo al legislatore nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela (sentenze n. 237 del 2007; n. 341 del 2006; n. 206 del 2004). Inoltre, sono invocati i contenuti della ordinanza 25 giugno 2012, n. 23 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella quale il giudice amministrativo di secondo grado, risolvendo in favore del TAR Lazio un regolamento di competenza, ha fatto leva sugli orientamenti della giurisprudenza costituzionale al fine di affermare che l’attribuzione al TAR Lazio delle controversie sui provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata risulta aderente a interessi generali, «nel quadro della lotta ai più complessi fenomeni criminali che impegna da tempo indivisibilmente lo Stato nelle sue varie espressioni organizzative». Da tutto ciò l’Avvocatura generale dello Stato ha ricavato che la censura di irragionevolezza della scelta legislativa dovrebbe essere respinta, in quanto essa sarebbe giustificata dalla peculiarità dell’esigenza sottesa ai provvedimenti amministrativi della suddetta Agenzia, ossia il contrasto economico ai fenomeni mafiosi, per i quali non potrebbe in alcun caso predicarsi la mera rilevanza locale.
Con riguardo alla pretesa lesione dei principi del giudice naturale precostituito per legge e del decentramento della giustizia amministrativa, di cui agli artt. 25 e 125 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato ha richiamato – riguardo al secondo dei parametri invocati – il tradizionale principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 237 del 2007 e n. 189 del 1992), secondo cui l’attribuzione della competenza al TAR Lazio non altererebbe il sistema di giustizia amministrativa, specie quando esistano ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di ripartizione della competenza tra gli organi di primo grado della giustizia amministrativa. Quanto all’art. 25 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato ha sottolineato come il principio del giudice naturale, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011), lungi da ancorarsi ad un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice alla vicenda da giudicare, deve interpretarsi unicamente come volto ad assicurare un giudice «precostituito per legge», ed è quindi osservato quando l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo nel rispetto della riserva di legge.
Quanto alla pretesa violazione dei canoni del diritto di difesa e della ragionevole durata del processo di cui agli artt. 24 e 111 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto la questione manifestamente infondata, negando, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale (da ultima, la sentenza n. 237 del 2007), che nella specie possa ravvisarsi o una condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost. o un ostacolo all’ottenimento di giustizia.
Infine, riguardo alla censura volta a lamentare l’eccesso di delega ex art. 76 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato ha considerato del tutto improprio il richiamo alla sentenza n. 162 del 2012 della Corte costituzionale, visto che con essa è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, non già della competenza territoriale interna al giudice amministrativo (nella specie, del TAR Lazio), bensì della configurazione di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Sempre in linea generale, ha osservato come le considerazioni del TAR Calabria si appuntino su una valutazione del tutto generale delle ipotesi di competenza funzionale dei TAR, che non sarebbero rilevanti in relazione alla fattispecie in esame.
Ad ogni modo, l’Avvocatura generale dello Stato ha reputato priva di fondamento la censura, posto che la previsione dell’inderogabilità della competenza del TAR Lazio sui provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata deriverebbe già dalla normativa precedente al codice del processo amministrativo: viene richiamato, in tal senso, l’art. 9, comma 1, del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), il quale nel testo originario disponeva che «Per tutte le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente decreto, ivi incluse quelle cautelari, è competente il tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d’ufficio». Già allora, dunque, la competenza del TAR Lazio, in quanto rilevabile d’ufficio, sarebbe stata configurata come «funzionale», secondo il modello poi adottato in via generale dal codice del processo amministrativo, il quale sul punto specifico non avrebbe operato alcun intervento autenticamente innovativo. Comunque, alla luce dei criteri di delega, tra i quali figura la concentrazione delle tutele, la scelta codicistica, limitatasi ad un coordinamento con il regime generale della inderogabilità delle ipotesi di competenza funzionale, dovrebbe ritenersi, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, «obbligata» dalla legge di delega.
1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, in un giudizio di impugnazione del provvedimento con cui il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, con sede in Reggio Calabria, ha ordinato il rilascio di un appartamento oggetto di confisca disposta in via definitiva, ha sollevato due questioni di legittimità costituzionale.
In primo luogo, ha prospettato il dubbio che gli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui prevedono la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, per le controversie relative all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, violino, anzitutto, l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto derogherebbero, in mancanza di una valida e sufficiente ragione giustificatrice, ai criteri ordinari di individuazione della competenza, legati agli indici di collegamento territoriale; indi, gli artt. 25 e 125 Cost., in quanto altererebbero l’equilibrio del controllo giurisdizionale sugli atti amministrativi e vanificherebbero l’articolazione su base regionale del sistema di giustizia amministrativa; infine, gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto renderebbero più difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa e confliggerebbero con il canone della ragionevole durata del processo.
Inoltre, il giudice remittente ha prospettato questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui disciplinano la competenza sia territoriale, sia funzionale dei tribunali amministrativi regionali, configurando entrambe come inderogabili, per violazione dell’art. 76 Cost., in quanto eccedenti la delega legislativa di cui all’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), limitata al riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo.
2. – La questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010 è inammissibile.
L’impugnativa delle suddette disposizioni coinvolge l’intera disciplina della competenza, territoriale e funzionale, dei tribunali amministrativi regionali, ridisegnata dal Capo IV, Titolo I, del Libro I del codice del processo amministrativo. L’elemento centrale di tale disciplina è contenuto nell’art. 13 del codice del processo amministrativo, rubricato “Competenza territoriale inderogabile”, il quale stabilisce, al comma 1, che «sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede». Il medesimo articolo prevede poi, al comma 2, che «per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio» e, al comma 3, che «negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto».
La regola dell’inderogabilità territoriale è ribadita all’art. 13, comma 4, il quale, nella formulazione derivante dalla modifica apportata dall’ art. 1, comma 1, lettera a), numero 1), del decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) – cosiddetto «secondo correttivo» al codice del processo amministrativo –, la prevede espressamente «anche in ordine alle misure cautelari», peraltro esplicitando una regola già contenuta, sin dall’inizio, nel successivo art. 16 del codice del processo amministrativo. A completare i criteri per la determinazione della competenza territoriale dei giudici amministrativi vale il successivo art. 13, comma 4-bis, aggiunto dal d.lgs. n. 160 del 2012, ove si precisa che «la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza».
Il successivo art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2010, impugnato dal ricorrente, riguarda invece la competenza funzionale dei tribunali amministrativi regionali, anch’essa qualificata inderogabile, e specificamente identifica quella del TAR Lazio, sede di Roma, e quella del TAR Lombardia, sede di Milano.
I seguenti artt. 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010, che completano il plesso di disposizioni impugnate con la presente questione, illustrano rispettivamente le modalità con cui deve essere rilevato e accertato il difetto di competenza, nonché la procedura per il regolamento preventivo di competenza, spettante al Consiglio di Stato.
Da quanto precede, appare evidente che l’impugnazione congiunta degli artt. 13, 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 104 del 2010 eccede di larga misura l’oggetto del giudizio a quo, essendo il giudice remittente chiamato esclusivamente a dare applicazione alle disposizioni concernenti la competenza funzionale del TAR Lazio in ordine alle controversie relative all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, disciplinata dai soli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo. Di conseguenza, la prospettata violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso di delega, da parte dell’intera disciplina contenuta nel Capo IV, Titolo I, del Libro I del codice del processo amministrativo è inammissibile per difetto di rilevanza.
3.– La questione di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 104 del 2010, non è fondata.
3.1.– Oggetto della prospettata questione di legittimità costituzionale è la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, sui provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Il giudice remittente ritiene che l’attribuzione di detta competenza al TAR Lazio determini la violazione di una pluralità di parametri costituzionali, e specificamente degli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 Cost., e reputa che la rimozione delle disposizioni che si assumono illegittime comporti la riespansione dei criteri generali sulla distribuzione territoriale delle competenze, indicati all’art. 13 del codice del processo amministrativo, che porterebbero, in tesi, a individuare in capo al medesimo TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, rimettente nel presente giudizio, il giudice naturale delle controversie in oggetto. Di qui la rilevanza della questione portata all’esame della Corte.
3.2.– L’impugnato art. 14 del codice del processo amministrativo stabilisce, per quanto rileva nel presente giudizio, che «sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie indicate dall’articolo 135 e dalla legge». A sua volta il richiamato art. 135 del codice del processo amministrativo enumera in una lunga lista – al comma 1, lettere da a) a q-quater) – le controversie attribuite alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio. Si tratta peraltro di un elenco non esaustivo, in quanto la medesima disposizione fa poi salve esplicitamente «ulteriori disposizioni di legge» attributive di competenze al TAR Lazio. Per effetto degli artt. 14 e 135 del codice del processo amministrativo si delinea, dunque, un elenco cospicuo e aperto di casi assoggettati al criterio della competenza funzionale, che comporta un considerevole incremento delle attribuzioni del TAR Lazio, con sede in Roma. L’unica ipotesi di competenza funzionale stabilita dal codice, diversa da quelle relative al TAR Lazio, è disposta a favore del TAR Lombardia, sede di Milano, al quale spetta la competenza funzionale inderogabile per le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010).
3.3.– Tra le questioni affidate al TAR Lazio, sede di Roma, figurano anche quelle relative ai provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (art. 135, comma 1, lettera p).
Quest’ultima disposizione, nel testo modificato dal decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69), attribuisce al TAR Lazio, sede di Roma la competenza funzionale inderogabile sulle «controversie attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del Titolo II del Libro III del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, relative all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata». Il testo originario dell’art. 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo era, in proposito, di tenore non dissimile, facendo riferimento alle «controversie derivanti dall’applicazione del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, relativo all’Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», decreto-legge poi abrogato dall’art. 120, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).
Occorre osservare che la competenza funzionale del TAR Lazio, sede di Roma, oggi in questione, era stata prevista sin dall’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, avvenuta con decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 31 marzo 2010, n. 50. Sul punto, dunque, il codice del processo amministrativo non ha apportato alcuna innovazione, ma ha confermato una scelta già operata dal legislatore sin dall’inizio. Infatti, l’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2010 originariamente disponeva che «per tutte le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente decreto, ivi incluse quelle cautelari, è competente il Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d’ufficio». Successivamente, tale comma è stato sostituito dall’art. 3, comma 24, dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010, a decorrere dal 16 settembre 2010, con il seguente: «avverso i provvedimenti previsti dal presente decreto la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo».
Ora quest’ultima disposizione è stata abrogata dall’art. 120, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, che ha incluso la relativa disciplina all’interno del suo art. 114, il quale, nella sua versione originaria, stabiliva che «per tutte le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente titolo, ivi incluse quelle cautelari, è competente il Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili d’ufficio». La versione attualmente vigente di tale comma, come sostituito dall’art. 3, comma 25-ter, dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010, e modificato dall’art. 1, comma 3, lettera a), numero 8), del d.lgs. n. 195 del 2011, è del seguente tenore: «per tutte le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente titolo, la competenza è determinata ai sensi dell’articolo 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo».
In sintesi, tutti i numerosi interventi legislativi susseguitisi in questa materia hanno sempre confermato la competenza funzionale del TAR Lazio sui provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
3.4.– La giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente affermato che in linea generale la disciplina degli istituti processuali è rimessa alle scelte del legislatore. Detto principio generale è stato richiamato da questa Corte anche in riferimento alla giustizia amministrativa e ai relativi criteri di distribuzione delle competenze tra i diversi organi giurisdizionali, dato che, si è detto, «spetta “al legislatore un’ampia potestà discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati” (così, da ultimo, la sentenza n. 341 del 2006); discrezionalità di cui il legislatore fruisce anche “nella disciplina della competenza” (così, nuovamente, la citata sentenza n. 341 del 2006 e, nello stesso senso, tra le tante, anche la sentenza n. 206 del 2004)» (sent. n. 237 del 2007, par. 5.3).
Ciò premesso, occorre altresì ricordare che, con specifico riferimento alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, questa Corte ha affermato che, tanto in ragione del suo carattere derogatorio dell’ordinario sistema di ripartizione della competenza tra i diversi organi di primo grado della giurisdizione amministrativa, quanto per il fatto che nel corso del tempo si sono concentrati presso il tribunale amministrativo romano numerosi e cospicui settori del contenzioso nei confronti della pubblica amministrazione, si pone «un delicato problema di rapporto con l’articolazione su base regionale, ex art. 125 Cost., del sistema di giustizia amministrativa». Di qui, la necessità di adottare un «criterio rigoroso» nella verifica di legittimità costituzionale della legislazione in materia di competenza funzionale del TAR Lazio (sent. 237 del 2007 – par. 5.3.1).
In effetti, il legislatore, a partire dal 1990, ha via via aggiunto numerose e variegate tipologie di controversie alla competenza funzionale del TAR Lazio, sede di Roma, che sono state tutte recepite e in alcuni casi ampliate dal decreto legislativo n. 104 del 2010. Inoltre, secondo le previsioni del codice del processo amministrativo sopra richiamate (art. 14 del d.lgs. n. 104 del 2010), l’enumerazione delle materie rientranti nella competenza del TAR Lazio, sede di Roma, non è tassativa, essendo suscettibile di ulteriore ampliamento ad opera del legislatore, che infatti è intervenuto in tal senso anche successivamente al 2010. Pertanto, anche alla luce di tali sviluppi normativi occorre ribadire che, con riferimento all’individuazione dell’ambito di cognizione degli organi di giustizia amministrativa di primo grado, la discrezionalità del legislatore incontra un suo limite espresso nel precetto di cui all’art. 125 Cost., ai sensi del quale «nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica». È chiaro, infatti, che là dove non sussistesse alcun limite alla previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, il suddetto precetto costituzionale – al quale il legislatore ha dato ritardata, ma coerente attuazione, anche sulla scorta della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 33 del 1968, n. 30 del 1967, n. 55 del 1966, n. 93 del 1965), con la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) – si esporrebbe al rischio di venire svuotato ad opera del legislatore statale, che potrebbe gradualmente vanificare l’articolazione regionale degli organi di giustizia amministrativa di primo grado.
Di conseguenza, questa Corte, in linea di continuità con quanto già precedentemente affermato riguardo alla necessità di sottoporre questo settore ad uno scrutinio rigoroso, è chiamata a valutare la proporzionalità di ogni deroga al criterio territoriale, a livello regionale, attuato prima con la richiamata legge n. 1034 del 1971 e oggi con l’art. 13 del d.lgs. n. 104 del 2010.
In particolare, la Corte deve accertare che ogni deroga al suddetto criterio sia disposta in vista di uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie); che la medesima deroga sia contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito; e che, infine, essa risulti necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa.
3.5.– Quanto alla competenza funzionale del TAR Lazio sulle controversie relative all’Agenzia di cui si discute nel caso in esame, la scelta compiuta dal legislatore sin dall’inizio e successivamente sempre reiterata è supportata da una pluralità di adeguate giustificazioni e non appare affatto stravolgere gli ordinari criteri di riparto della competenza.
Secondo quanto questa Corte ha già avuto modo di chiarire nella sentenza n. 34 del 2012, infatti, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata si configura come una articolazione dell’amministrazione centrale, la quale si avvale, per l’assolvimento dei suoi compiti, di altre amministrazioni dello Stato (a partire delle prefetture territorialmente competenti, ma anche dell’Agenzia del demanio e delle Agenzie fiscali: artt. 112, comma 3, e 113, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011). Essa ha assorbito le funzioni prima attribuite ai prefetti, agli uffici centrali e periferici dell’amministrazione finanziaria e al Commissario straordinario per i beni sequestrati e confiscati, ponendosi come snodo di raccordo tra l’autorità giudiziaria e gli organi amministrativi. Ha personalità giuridica di diritto pubblico e, pur essendo dotata di autonomia organizzativa e contabile, è posta sotto la vigilanza del Ministero dell’interno, sottoposta al controllo della Corte dei conti, inclusa nel sistema di tesoreria unica e domiciliata, per le relative controversie, presso l’Avvocatura generale dello Stato (artt. 110, comma 4, 113, comma 2, e 114, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011).
La sua competenza non è delimitata dal punto di vista territoriale, essendo chiamata a svolgere compiti relativi ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, anche a supporto dell’autorità giudiziaria, su tutto il territorio nazionale.
Benché la sua sede principale sia ubicata a Reggio Calabria, e siano previste altre sedi secondarie a Roma, Palermo, Milano e Napoli (individuate, nel numero massimo di sei, in applicazione dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 235 – Regolamento recante la disciplina sull’organizzazione e la dotazione delle risorse umane e strumentali per il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ai sensi dell’articolo 113, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), la sfera di azione delle diverse sedi non è circoscritta al relativo ambito regionale, ma può riguardare beni e soggetti situati su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, i provvedimenti dell’Agenzia, non diversamente da quelli dei commissari delegati a fronteggiare emergenze di protezione civile presi in esame da questa Corte nella sentenza n. 237 del 2007, ai fini della valutazione della legittimità costituzionale della competenza del TAR Lazio ad essi relativa, possono qualificarsi come «atti dell’amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali» (così la sentenza n. 237 del 2007), i quali attengono alla materia dell’ordine pubblico e della sicurezza (sentenza n. 34 del 2012).
Quanto agli effetti di tali provvedimenti, va considerato che essi riguardano, oltre che somme di danaro, aziende, beni mobili e immobili i quali, secondo quanto dispone il d.lgs. n. 169 del 2011, possono tra l’altro essere amministrati dall’Agenzia stessa, direttamente o tramite terzi, ed eventualmente devoluti al patrimonio dello Stato o a quello degli enti territoriali.
3.6.– Per queste ragioni, l’attribuzione alla competenza del TAR Lazio, sede di Roma, delle controversie sugli atti dell’Agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata, in deroga all’articolazione regionale dell’organizzazione della giustizia amministrativa di cui all’art. 125 Cost., supera lo scrutinio di proporzionalità. Per un verso, infatti, la concentrazione in un unico tribunale dell’esame di tali controversie appare rispondere all’esigenza di evitare che i singoli atti dell’Agenzia, anche se afferenti ad un’unica vicenda giudiziaria o riguardanti beni appartenenti ad un’unica organizzazione criminale, siano impugnabili davanti a diversi TAR locali, a seconda della regione in cui è collocato il bene confiscato o della sua destinazione ad un’amministrazione centrale o locale, a detrimento della visione d’insieme. Per altro verso, la scelta del legislatore di identificare tale unico organo giurisdizionale nel TAR Lazio, sede di Roma, appare giustificabile alla luce del fatto che, come si è detto, l’Agenzia ha carattere di amministrazione centrale dello Stato, i cui atti trascendono gli interessi delle comunità locali, e si articola in varie sedi, ciascuna delle quali espleta la propria competenza su beni dislocati su tutto il territorio nazionale.
Di qui consegue la non fondatezza delle censure prospettate dal TAR Calabria, in relazione agli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del codice del processo amministrativo.
3.7.– Si può ancora aggiungere che il principio del giudice naturale precostituito per legge ex art. 25 Cost., invocato a parametro del presente giudizio, secondo la giurisprudenza costituzionale, lungi dall’ancorarsi a un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice alla vicenda da giudicare, deve interpretarsi unicamente come volto ad assicurare l’individuazione del giudice competente in base a criteri predeterminati, in via generale, dalla legge. Tale precetto costituzionale è quindi osservato quando l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge e la sua competenza sia definita sulla base di criteri generali fissati in anticipo, nel rispetto della riserva di legge (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011).
In merito all’asserita lesione del diritto di difesa e del principio della ragionevole durata del processo di cui agli artt. 24 e 111 Cost., basti notare, a completamento delle osservazioni precedenti, che l’individuazione della competenza in capo al TAR Lazio, sede di Roma, non determina alcun impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost., né frappone un ostacolo significativo al corso tempestivo della giustizia, come richiesto dall’art. 111 Cost. Tanto più che i provvedimenti emessi dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata possono riguardare, come si è già sottolineato, beni e soggetti ubicati su tutto il territorio nazionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15 e 16 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recente delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, con riferimento all’art. 76 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 135, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata, con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2014.