ORDINANZA N. 56
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
- Giorgio LATTANZI “
- Aldo CAROSI “
- Marta CARTABIA “
- Sergio MATTARELLA “
- Mario Rosario MORELLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 15, comma 5, 16, comma 1, e 135, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promossi dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con tre ordinanze del 17 novembre 2010, una del 9 marzo 2011 e una del 27 gennaio 2011, rispettivamente iscritte ai numeri 91, 92, 93, 150 e 151 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 23 e 28, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visti gli atti di costituzione di Esogest Ambiente srl nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2012 e nella camera di consiglio del 25 gennaio 2012 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
uditi l’avvocato Lucio Iannotta per la Esogest Ambiente srl e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Campania (d’ora in avanti, TAR), con cinque ordinanze, le prime tre emesse il 17 novembre 2010 (r.o. n. 91, n. 92 e n. 93 del 2011), e le altre due il 9 marzo 2011 (r.o. n. 150 del 2011) ed il 27 gennaio 2011 (r.o. n.151 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli, 3, 24, 25, 76, 111 e 125 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 135, comma 1, lettera e), 16, comma 1, e 15, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante Delega al governo per il riordino del processo amministrativo);
che, nell’ordinanza r.o. n. 91 del 2011, il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto da C.G.I. contro la Regione Campania e E.A. s.r.l., per l’annullamento: a) del decreto dirigenziale della Regione Campania dell’Area Generale Coordinamento, A.G.C. 5 Ecologia, tutela dell’ambiente, disinquinamento protezione civile, Settore 2, Servizio 2, numero 781 del 9 luglio 2010; b) della nota prot. n. 21832 del 12 gennaio 2010 del settore T.A.P. di Caserta; c) del parere dell’A.G.C. Avvocatura espresso in data 28 aprile 2010, prot. 368736; d) di tutti gli altri atti e provvedimenti connessi, preordinati e conseguenti;
che, come il TAR riferisce, il ricorrente, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 781 del 9 luglio 2010, con cui la Regione Campania ha autorizzato la E.A. srl, con sede legale ed impianto in Pastorano (CE), alla strada Torre Lupara n. 1, all’esercizio dell’impianto di stoccaggio provvisorio (R 13 – messa in riserva) di rifiuti speciali non pericolosi, rilevando profili di violazione di legge ed eccesso di potere, per inesistenza della presupposta autorizzazione alla realizzazione dell’impianto (d.d. n. 211 del 28 giugno 2006), perché in precedenza revocata e sostituita con altro provvedimento, poi annullato in sede giurisdizionale, nonché per inosservanza del procedimento di valutazione d’impatto ambientale e successiva conferenza di servizi;
che il rimettente pone in evidenza che la E.A. srl preliminarmente ha dedotto la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sul ricorso in questione;
che, in tema di non manifesta, infondatezza, il giudice a quo osserva come, a mente dell’ art. 135, comma 1, lettera e), in relazione all’art. 14, comma 1, del codice del processo amministrativo, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, comma 1, lettera p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a «(….) le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti (…)», sia devoluta alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma;
che il giudice a quo richiama il contenuto dell’art. 16 del codice del processo amministrativo, secondo cui «la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari» (comma 1) e «il difetto di competenza è rilevato anche d’ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente» (comma 2); e quello dell’art. 15, comma 5, dello stesso codice, per il quale «quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell’art. 16, comma 2, richiede di ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente»;
che, ad avviso del rimettente, l’art. 135, comma 1, lettera e), cod. proc. amm. è in contrasto con l’art. 76 Cost., là dove stabilisce che l’esercizio della funzione legislativa delegata al Governo deve essere aderente ai principi e criteri stabiliti dal Parlamento;
che l’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non contempla, secondo il giudice a quo, tra i principi ed i criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale del TAR Lazio, limitandosi a prevedere «di razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale» (comma 2, lettera e); né «l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla finalità di assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo» (comma 2, lettera a), o inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, commi 1 e 2;
che, inoltre, la disposizione censurata si pone in conflitto «con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge», poiché la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi TAR, fondati sull’efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante, non appare, ad avviso del rimettente, sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo;
che il rimettente, a tal riguardo, osserva che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 189 del 1992, nel riconoscere al legislatore ampia discrezionalità nell’operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha rimarcato l’esigenza di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza;
che il giudice a quo pone in evidenza come in quella circostanza la disposizione sia stata dichiarata immune da vizi di legittimità costituzionale, in quanto era stato riscontrato un adeguato fondamento giustificativo della deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza;
che, invece, non costituirebbe una giustificazione razionale della disciplina in esame la presunta esigenza di uniformità di indirizzo giurisprudenziale, poiché nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; né, inoltre, sembrerebbe ipotizzabile «una diversa qualità del TAR del Lazio insediato nella capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi periferici, portata da una proliferazione di materie che sono state progressivamente accentrate nel Tribunale romano, fino ad arrivare all’attuale art. 135 del codice del processo amministrativo»;
che «un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi, che andrebbe ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l’incidere sull’assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell’art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello»;
che, inoltre, secondo il rimettente, l’assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al TAR Lazio, slegata da un razionale criterio di collegamento con il giudice designato, determina il contrasto della disposizione censurata anche con il principio del giudice naturale di cui all’art. 25, primo comma, Cost.;
che, sotto tale profilo, il giudice a quo osserva come – sebbene i lavori preparatori della Costituzione non chiariscano il significato del termine “naturale” accanto a quello “precostituito”, contenuti nell’art. 25 Cost. – l’introduzione del testo attuale della norma, dopo che entrambe le Sottocommissioni dell’Assemblea Costituente avevano abbandonato il termine “naturale” in favore di quello “precostituito”, deporrebbe nel senso di negare l’identificazione tra i due termini;
che tale formula, pertanto, non rappresenterebbe un’endiadi, ma implicherebbe la necessità che la precostituzione del giudice ad opera del legislatore «avvenga nel rispetto di un principio di naturalità, nel senso di razionale maggior idoneità del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie»; sicché, nel caso della competenza territoriale, l’individuazione del giudice razionalmente più idoneo a decidere la controversia non potrebbe prescindere dalla considerazione dell’esistenza di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l’organo giurisdizionale, idoneo ad individuare i limiti della discrezionalità del legislatore;
che, ad avviso del rimettente, ciò risulterebbe ancora più evidente quando, come nella specie, «si tratta di servizi aventi rilievo esclusivamente locale con riferimento ad interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno nessun aggancio con una circoscrizione territoriale extraregionale»;
che, peraltro, «l’allontanamento del giudice competente a conoscere della controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali, non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall’efficacia ultra regionale dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del TAR del Lazio»;
che, secondo il giudice a quo, quanto rilevato incide anche sull’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, in considerazione della maggiore difficoltà e dei maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per esercitare l’azione o per resistere innanzi al TAR Lazio;
che il rimettente dubita della legittimità costituzionale degli artt. 15, comma 5, e 16, comma 1, cod. proc. amm., in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 111, primo comma, Cost., nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia;
che, infatti, il TAR Campania osserva come la tutela cautelare sia garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi, dovendo evitare che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave ed irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione, con la conseguenza che la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni;
che la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contraria ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo;
che, in punto di rilevanza, il rimettente osserva come la controversia riguardi la materia dei rifiuti e come le norme richiamate inibiscano la decisione sull’impugnativa e sull’istanza cautelare, imponendo la rilevazione di ufficio della incompetenza funzionale;
che, con atto depositato in data 21 giugno 2011, si è costituita nel procedimento la E.A. srl chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile e/o infondata;
che, preliminarmente, la parte privata rileva come l’art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile), convertito, con modificazioni, in legge 27 gennaio 2006, n. 21, abbia stabilito che «In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma»;
che al TAR Lazio, ad avviso della società, è stata attribuita una competenza funzionale, concernente ordinanze e provvedimenti commissariali adottati in situazioni di emergenza, rientrante nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, come emerge dalla formulazione letterale del comma 2-bis dell’art. 3 d.l. n. 245 del 2005, che qualifica la competenza del TAR Lazio, sede di Roma, come competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze e dei consequenziali provvedimenti commissariali;
che l’art. 4, comma 1, decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 luglio 2008, n. 123, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati; detta disposizione ha, inoltre, stabilito che la giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati;
che, pertanto, l’art. 4 d.l. del n. 90 del 2008 ha tenuto ferma la competenza funzionale del TAR del Lazio di cui all’art. 3 del d.l. n. 245 del 2005, come successivamente convertito, devolvendo alla giurisdizione esclusiva le controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti;
che, ad avviso della parte privata, detta ipotesi di giurisdizione esclusiva, in base al medesimo art. 4 del d.l. n. 90 del 2008, risultava, quindi, ripartita tra il TAR Lazio, sede di Roma, per quanto concernente le situazioni di emergenza, e gli altri TAR, compreso quello del Lazio, sede di Roma, secondo il criterio della competenza territoriale, quanto alle situazioni di amministrazione ordinaria;
che il decreto-legge n. 90 del 2008 è, quindi, sintomatico dell’accresciuta rilevanza nazionale del tema dei rifiuti, soprattutto in Campania, per le ripercussioni, come risulta dal preambolo dello stesso d.l. n. 90 del 2008, sull’ambiente e sull’ordine pubblico, cioè su materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere h) e s), e sui diritti costituzionalmente tutelati, della cui salvaguardia lo Stato è il principale garante (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.);
che la società osserva come la rilevanza ambientale della gestione dei rifiuti sia stata confermata dalla direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, recepita dall’Italia con decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, (Attuazione della direttiva 2008/98/CE – Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), la quale ha adeguato la disciplina comunitaria sui rifiuti all’impostazione secondo cui «(…) le principali operazioni di gestione dei rifiuti sono ormai disciplinate dalla normativa comunitaria in materia di ambiente» (Considerando n. 9) e, dopo aver ridefinito le operazioni di recupero e smaltimento (Considerando n. 19) per garantire una netta distinzione tra questi due concetti, ha offerto un’ampia definizione di gestione dei rifiuti intesa come la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di questi, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commercianti o intermediari (art. 3, comma 9, della direttiva del 2008);
che, ad avviso della parte privata, alla luce di detto contesto deve essere valutata la delega conferita al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, con l’art. 44, comma 1, della legge n. 69 del 2009, secondo i principi e criteri direttivi indicati dallo stesso art. 44, comma 2, tra i quali a) assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo; b) riordinare le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni con particolare riferimento, per quanto concerne le norme in esame, alle finalità generali della delega tra le quali assicurare la concentrazione delle tutele sancita dal comma 1 dell’art. 44;
che, dunque, le norme censurate debbono essere valutate alla luce della legge delega, inserita nel contesto normativo nazionale ed europeo sopra delineato;
che, infatti, l’art. 135, comma 1, lettera e), cod. proc. amm. si riferisce a controversie che – come riferito nell’ordinanza del Consiglio di Stato, sezione V, del 26 gennaio 2011, n. 586 – «riguardano atti normativi (spesso di carattere tecnico, programmatori e organizzatori, atti provvedimentali, moduli consensuali, comportamenti (…) riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati (…) attinenti in senso stretto alla gestione e, in quanto tali, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti (…) e cioè del ciclo formato, secondo la Direttiva 2008, dalla raccolta, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento nonché le operazioni effettuate in qualità di commercianti o intermediari»;
che la parte privata osserva come il legislatore delegato abbia concentrato nella competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma (giudice già specializzato nella materia dei rifiuti, anche se limitata in precedenza alle situazioni di emergenza, e al tempo stesso giudice delle questioni di rilievo nazionale, compresa l’attuazione della normativa comunitaria), tutte le controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di rifiuti, prima frazionata tra i vari TAR, una materia divenuta sempre più di rilievo nazionale ed europeo, nella quale sono particolarmente presenti le esigenze di assicurare, fin dal primo grado, uniformità di giurisprudenza ad opera di un giudice particolarmente esperto in grado di favorire, perciò stesso, la realizzazione delle ulteriori esigenze primarie di rapidità del processo e di effettività della tutela previste dalla legge-delega, esigenze tutte collegate con la concentrazione della tutela;
che, per quanto concerne la pretesa violazione dell’art. 76 Cost., la società osserva come l’attrazione, ad opera del legislatore delegato, nella competenza del TAR Lazio della cognizione di tutte le controversie, attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, sia certamente riconducibile alle finalità della legge delega (riassetto del processo amministrativo, assicurare la concentrazione delle tutele) ed ai suoi principi e criteri direttivi, tra i quali quello di assicurare snellezza, concretezza ed effettività della tutela stessa e riordinare le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo anche al suo interno;
che ciò si ricaverebbe dalla lettura della specificazione contenuta nell’art. 44, comma 2, lettera b) «anche rispetto alle altre giurisdizioni», il quale pone al primo posto la necessità di un riordinamento interno della giurisdizione amministrativa, implicante evidentemente anche la distribuzione delle competenze all’interno della giurisdizione del giudice amministrativo;
che, in relazione all’asserita assenza del fondamento giustificativo della deroga ai tradizionali canoni di individuazione della competenza dei TAR ed alla violazione del principio di ragionevolezza, la società pone in evidenza come la decisione del legislatore sia riconducibile all’esigenza per cui le controversie afferenti a particolari materie risultino – per la delicatezza e tecnicità delle questioni, per la rilevanza degli interessi (riconducibili a materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato), per il coinvolgimento di diritti e principi costituzionali – affrontate e risolte da un unico giudice specializzato e, quindi, da una medesima coerente e potenzialmente uniforme giurisprudenza;
che, ad avviso della parte privata, la scelta del legislatore risulta pienamente rispondente ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità ancor più ove si consideri che spetta «al legislatore un'ampia potestà discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati» (così, da ultimo, la sentenza n. 341 del 2006); discrezionalità di cui il legislatore fruisce anche «nella disciplina della competenza» (così, nuovamente, la citata la sentenza n. 341 del 2006 e, nello stesso senso, tra le tante, anche la sentenza n. 206 del 2004» (sentenza n. 237 del 2007);
che, quanto all’eccepita violazione degli articoli 25, 24 e 111 Cost., la società ritiene che la questione sia manifestamente inammissibile dal momento che su di esse la Corte si è già espressa con la sentenza n. 237 del 2007;
che, in ordine alla violazione dell’art. 25 Cost., la Corte ha affermato che «se è vero che alla nozione di giudice naturale – la quale, contrariamente a quanto assume il Tribunale amministrativo regionale della Campania (….) corrisponde a quella di “giudice precostituito per legge (sentenza n. 460 del 1994; nello stesso senso, sentenze n. 72 del 1976 e n. 29 del 1958) – non è affatto estranea “la ripartizione della competenza territoriale tra giudici dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio” (da ultimo, sentenza n. 41 del 2006), deve notarsi che la giurisprudenza costituzionale – diversamente da quanto ipotizzano i rimettenti – non reputa necessariamente in contrasto con l’art. 25, primo comma, Cost. gli interventi legislativi modificativi della competenza aventi incidenza anche sui processi in corso. Ha affermato, difatti, questa Corte che il principio costituzionale del giudice naturale “viene rispettato” allorché “la legge, sia pure con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri in base ai quali deve essere individuato il giudice competente: in questo caso, infatti, lo spostamento della competenza dall’uno all’altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una determinata o di determinate controversie; ma per effetto di un nuovo ordinamento – e, dunque, della designazione di un nuovo giudice “naturale” che il legislatore, nell’esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente (sentenza n. 56 del 1967; nello stesso senso, sentenza n. 207 del 187 e n. 72 del 1976)».
che, in relazione alla asserita violazione degli artt. 24 e 111 Cost., la parte privata osserva come anche a tal riguardo la Corte si sia già pronunziata con la citata sentenza n. 237 del 2007, enunciando un principio applicabile al caso di specie e, cioè, che la «concentrazione presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio del contenzioso de quo neppure ha l’effetto di rendere “oltremodo difficoltosa” la tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, evenienza che potrebbe dar luogo al contrasto con l’art. 113 Cost. (ordinanze n. 382 e n. 213 del 2005)»;
che anche con riferimento alla violazione dell’art. 125 Cost. – sebbene non riportata nella parte conclusionale dell’ordinanza – ad avviso della parte privata vale quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sopra citata sentenza, cioè che l’attribuzione della competenza al TAR Lazio, anziché ai diversi TAR dislocati su tutto il territorio nazionale, non altera il sistema di giustizia amministrativa e, dunque, non viola l’art. 125 Cost. (sentenza n. 189 del 192); ciò vale in modo particolare quando sussistono ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di ripartizione della competenza tra gli organi di primo grado della giustizia amministrativa;
che, infine, con riferimento all’asserita illegittimità costituzionale delle disposizioni relative alla tutela cautelare, la parte privata rileva come i ricorrenti possano proporre le relative istanze al TAR Lazio senza che ciò costituisca ostacolo o limitazione all’esercizio del diritto di difesa;
che, alla luce delle esposte argomentazioni, la parte privata chiede a questa Corte di dichiarare la manifesta infondatezza o la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Campania;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in data 21 giugno 2011, è intervenuto nel procedimento, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;
che la difesa dello Stato, in via preliminare, rileva come la Corte con la sentenza n. 237 del 2007, si sia già pronunziata sull’attribuzione al TAR Lazio della competenza a conoscere controversie in materia di “emergenza rifiuti”;
che in detta pronunzia è affermato che «preliminarmente ad ogni altro rilievo questa Corte deve ribadire quanto già in passato ripetutamente affermato, e cioè che spetta al “legislatore un’ampia potestà discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati” (così da ultimo, la sentenza n. 341 del 2006); discrezionalità di cui il legislatore fruisce anche “nella disciplina della competenza” (così, nuovamente la citata sentenza n. 341 del 2006 e nello stesso senso, tra le tante, anche la sentenza n. 206 del 2004)»;
che la difesa dello Stato osserva come l’articolo 44, comma 1, della legge n. 69 del 2009 preveda espressamente che «il Governo è delegato ad adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele»;
che, alla luce di tale previsione, al legislatore delegato è consentito attribuire alla competenza del TAR Lazio, non solo le controversie «aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225» (art. 133, comma 1, lettera p, primo periodo), ma anche quelle «comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati» (art. 133, comma 1, lettera p, secondo periodo);
che, nella materia dei rifiuti, per la rilevanza che tale problematica è venuta ad assumere a livello nazionale negli ultimi anni, ad avviso della difesa dello Stato, vengono in rilievo le medesime considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 237 del 2007;
che occorre considerare anche il rilievo europeo delle questioni attinenti la gestione di rifiuti in Italia, sicché la materia della «complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti», trascende la dimensione locale con la conseguente possibilità, per il legislatore, di prevedere una gestione del contenzioso davanti al giudice amministrativo concentrata nel TAR Lazio unitamente alle altre materie indicate nell’art. 135 del codice del processo amministrativo;
che, sotto tale profilo, la difesa dello Stato richiama le affermazioni della Corte costituzionale contenute nella sentenza n. 237 del 2007, secondo cui il carattere ultraregionale delle stesse misure idonee a fronteggiare le situazioni di emergenza – indipendentemente dal rispettivo ambito geografico di incidenza – giustifica la concentrazione del relativo contenzioso presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio;
che deve porsi in evidenza come parte dell’attività amministrativa in materia di rifiuti rientri già nella competenza del TAR Lazio per essere oggetto di provvedimenti di Commissari straordinari, sicché la previsione di attribuire l’intera materia allo stesso giudice soddisferebbe anche la necessità di uniforme trattazione del delicato contenzioso, prescindendo dalla natura del soggetto che emette i relativi provvedimenti;
che, secondo la difesa dello Stato, deve escludersi il contrasto con il principio di ragionevolezza della disposizione censurata;
che, a tal riguardo, sono richiamate le considerazioni esposte nella sentenza n. 237 del 2007, idonee ad escludere anche la violazione del principio di cui all’art. 25 Cost.;
che tale principio non può dirsi violato nel caso in cui una categoria predeterminata di controversie sia attribuita alla competenza del TAR Lazio, in quanto si tratta, comunque, di un giudice “precostituito per legge”; né, osserva la difesa dello Stato, nell’ordinanza di rimessione si lamenta il fatto che la norma sia intervenuta a modificare una competenza del TAR locale già acquisita sulla causa;
che, anche sotto tale profilo, la citata sentenza ha dichiarato non in contrasto con l’art. 25 Cost. la disciplina transitoria che imponeva l’immediato trasferimento al TAR Lazio dei ricorsi già pendenti davanti ai TAR locali;
che, infine, la difesa dello Stato ritiene manifestamente infondata la questione sollevata in relazione agli articoli 15 e 16 cod. proc. amm., in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost;
che, infatti, il diritto di difesa non comporta la facoltà di una parte di scegliere il Tribunale che più le aggrada (anche se ai fini della sola misura cautelare, spesso idonea da sola a garantire in via definitiva il risultato da raggiungere);
che, peraltro, il ricorrente non resta sprovvisto di tutela, in quanto gli è sempre consentito di adire il tribunale effettivamente competente;
che ciò si evincerebbe anche dall’art.16, ultimo comma, cod. proc. amm., in forza del quale «durante la pendenza del regolamento di competenza, il ricorrente può sempre proporre l’istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale indicato nell’ordinanza di cui al comma 2 o in quella di cui all’art. 15, comma 5, il quale decide in ogni caso sulla domanda cautelare, fermo restando quanto previsto dall’art. 15, comma 8»;
che, nella citata sentenza n. 237 del 2007, la Corte ha affermato che «nessuno dei lamentati inconvenienti costituisce “un grave ostacolo” (sentenza n. 50 del 2006) al conseguimento della tutela giurisdizionale. Ciò in quanto nella specie non ricorre quella condizione di “sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 della Costituzione” (così da ultimo la sentenza n. 266 del 2006) che è suscettibile di integrare la violazione del citato parametro costituzionale»;
che, nell’ordinanza r.o. n. 92 del 2011, il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto dal Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta contro il Comune di Sparanise e nei confronti di E.A. srl, per l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 20 luglio 2010, con cui si è provveduto alla rescissione di ogni rapporto giuridico con il Consorzio ricorrente per asseriti gravi inadempimenti ed alla scelta di indire una nuova gara per la gestione del servizio, nelle more disponendo di procedere all’affidamento a terzi in via di urgenza, e per l’annullamento di ogni altro atto connesso;
che a fondamento dell’impugnazione sono stati dedotti profili di violazione di legge, stante la natura obbligatoria del Consorzio ricorrente ai sensi dell’art. 16 della legge della Regione Campania 28 marzo 2007 n. 4 (Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati), oltre a profili di eccesso di potere per irrazionalità della scelta, in ragione dell’abbandono della dimensione consortile in favore di quella più limitata di ambito comunale; è stata contestata, poi, la legittimità di un affidamento a terzi del servizio in assenza di un procedimento ad evidenza pubblica;
che, in punto di non manifesta infondatezza ed in punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, il rimettente formula argomentazioni identiche a quelle svolte nell’ordinanza r.o. n. 91 del 2011;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in data 21 giugno 2011, è intervenuto nel procedimento ed ha chiesto, formulando le medesime motivazioni svolte nel precedente giudizio, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;
che, nell’ordinanza r.o. n. 93 del 2011, il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto da GPN srl contro il Comune di Pozzuoli e nei confronti di D.V.T. spa per l’annullamento della determinazione n. 1420 del 29 settembre 2010, concernente l’aggiudicazione definitiva per l’affidamento del servizio provvisorio di gestione integrata dei rifiuti; del verbale di gara del 17 settembre 2010, recante l’esclusione della società ricorrente e l’aggiudicazione provvisoria; della nota prot. n. 32458 del 20 settembre 2010 di comunicazione dell’esclusione; di ogni altro atto connesso;
che la società ricorrente è stata esclusa dalla procedura negoziata aperta, bandita dal Comune di Pozzuoli per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti, in quanto il plico non risultava confezionato in maniera idonea; che detta società ha impugnato gli atti in epigrafe indicati, concernenti la propria esclusione e l’aggiudicazione in favore della predetta società, deducendo la violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 2 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), nonché eccesso di potere per irragionevolezza, intempestività, violazione della par condicio, ingiustizia, violazione dei doveri di custodia, mancata trasparenza, violazione della lettera di invito e del principio del favor partecipationis, difetto di istruttoria, errore nella valutazione dei fatti e sviamento;
che in tema di non manifesta infondatezza e di rilevanza della questione di legittimità costituzionale il rimettente formula argomentazioni identiche a quelle svolte nelle ordinanze precedenti;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in data 21 giugno 2011, è intervenuto nel procedimento chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata svolgendo le medesime argomentazioni formulate nei precedenti atti di intervento;
che, nell’ordinanza r.o. n. 150 del 2011, il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto da E.S. srl contro il Comune di Santa Maria Capua Vetere e contro I.C. spa per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 222 del 28 dicembre 2010, avente ad oggetto la revoca dell’aggiudicazione definitiva del “servizio integrato di igiene urbana” e di ogni altro atto connesso e conseguente;
che la società ricorrente si è aggiudicata la procedura negoziata aperta bandita dal Comune di Santa Maria Capua Vetere per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti; che detta società ha impugnato gli atti concernenti la revoca dell’aggiudicazione dovuta all’inadempimento, da parte dell’ausiliaria I.C. spa, degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento, deducendo la violazione della normativa in materia di contratti pubblici che prevede la possibilità di sostituire l’ausiliaria con altra società avente i medesimi requisiti;
che il rimettente, in punto di non manifesta infondatezza e di rilevanza, formula argomentazioni identiche a quelle svolte nelle precedenti ordinanze di rimessione;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in data 18 luglio 2011, è intervenuto nel procedimento chiedendo, con motivazione identica a quella svolta nei precedenti atti di intervento, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;
che, nell’ordinanza r.o. n. 151 del 2011, il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto dal Comune di Pastorano contro la Regione Campania, la Provincia di Caserta, non costituita, e nei confronti di E.A. srl., per l’annullamento del decreto dirigenziale n. 781 del 9 luglio 2010 con il quale si autorizza all’esercizio l’impianto di stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi situato in Pastorano, delle note acquisite al protocollo n. 21832 del 12 gennaio 2010 e n. 148877 del 18 febbraio 2010, del provvedimento recante la presa d’atto della variante conseguente ai rilievi della provincia, dei rilievi formulati dall’Amministrazione provinciale, della nota in data 10 giugno 2010 di trasmissione della documentazione acquisita relativamente all’impianto, del parere prot. n. 368736 del 28 aprile 2010 espresso dall’Avvocatura, degli atti dell’intero procedimento nonché di ogni altro atto connesso;
che il Comune di Pastorano propone l’impugnativa contro gli atti relativi all’autorizzazione rilasciata dalla Regione Campania alla citata società per l’esercizio dell’impianto di stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi situato nel comune predetto, deducendone l’illegittimità per: violazione dell’art. 2909 cod. civ. e del giudicato formatosi sulle sentenze rese dal TAR Campania, sezione I, n. 1439 del 20 marzo 2008 e n. 1664 del 2008, confermate con decisioni del Consiglio di Stato, sezione V, n. 1134 e n. 1142 del 26 febbraio 2010; difetto assoluto di istruttoria e dei presupposti, con riferimento al decreto dirigenziale n. 211 del 2006 ed al permesso di costruire n. 33 del 2006, travolti dal giudicato; nonché per illogicità e sviamento; violazione degli articoli 208 e 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); difetto dei requisiti di legge; difetto di istruttoria; inesistenza dei presupposti e contraddittorietà tra atti amministrativi, stante la cancellazione della E.A. srl dall’albo delle imprese esercenti attività di recupero di rifiuti non pericolosi, come da nota della Provincia di Caserta prot. n. 5379 del 25 gennaio 2010; violazione degli artt. 208, 212 e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006; difetto dei requisiti di legge; violazione del divieto di subappalto; sviamento, difetto di istruttoria e contraddittorietà tra atti amministrativi, in quanto la società in questione avrebbe ceduto a terzi non conosciuti la gestione dell’attività; violazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione alla delibera regionale n. 778 del 2007; violazione del giusto procedimento; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) per motivazione apparente, sviamento e difetto di istruttoria, posto che il decreto n. 211 del 2006 riguarderebbe la sola realizzazione dell’impianto, e non anche l’esercizio; incompetenza; violazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione alla delibera regionale n. 778 del 2007 e violazione del giusto procedimento, essendo competente a provvedere in materia il Settore provinciale Ecologia e Tutela dell’ambiente, anziché il dirigente dell’Area generale di coordinamento Ecologia, Tutela dell’ambiente, Protezione civile;
che il rimettente, in punto di non manifesta infondatezza, formula identiche argomentazioni svolte nelle precedenti ordinanze, mentre, quanto alla rilevanza della questione, osserva come l’oggetto della causa rientri tra «le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti», «essendo da escludere che, per l’ampiezza di tale formulazione, essa sia da limitare al ciclo dei rifiuti solidi urbani – secondo quanto postulato dalla difesa del Comune ricorrente – tant’è che l’espressione “ciclo dei rifiuti” comprende normalmente tutti i rifiuti» (è citata, ad esempio, la legge 6 febbraio 2009, n. 6 recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti»);
che il rimettente osserva come le norme richiamate, entrate in vigore precedentemente alla proposizione del ricorso in esame, notificato in data 18, 20 e 21 settembre 2010, inibiscano la decisione dell’impugnativa e dell’istanza cautelare, imponendo al giudice adito la rilevazione dell’incompetenza territoriale, nella specie, espressamente eccepita dalla difesa della società contro interessata;
che, con atto depositato in data 13 luglio 2011, si è costituita nel procedimento la E.A. srl la quale, svolgendo le identiche argomentazioni formulate con riferimento all’ordinanza di rimessione r.o. n. 91 del 2011, ha chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato in data 18 luglio 2011, è intervenuto nel procedimento chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata, per le stesse argomentazioni svolte negli atti di intervento nei procedimenti originati dalle ordinanze precedenti.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale della Campania, con le cinque ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale degli articoli 135, comma 1, lettera e), 16, comma 1, 15, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), in riferimento agli articoli, 3, 24, 25, 76, 111 e 125 della Costituzione;
che le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;
che, in epoca successiva alle ordinanze di rimessione, è entrato in vigore il decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) il quale ha modificato alcune disposizioni del codice del processo amministrativo;
che, in particolare, l’art. 1, comma 1, lettera nn), numero 3, del citato d.lgs., intitolato «Modifiche al codice del processo amministrativo e alle relative norme di attuazione, transitorie, di coordinamento e di abrogazione», ha disposto la sostituzione della lettera e) del comma 1, dell’art. 135, con la seguente: «le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225»;
che la disposizione censurata, dunque, è stata modificata nel senso auspicato dal giudice rimettente, in quanto «le controversie, comunque, attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati» non sono più attribuite alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma;
che, di conseguenza, le controversie in oggetto sono ora devolute ai tribunali amministrativi regionali localmente competenti secondo i criteri di cui all’art. 13 cod. proc. amm.;
che, pertanto, deve essere ordinata la restituzione degli atti al giudice rimettente affinchè rivaluti, alla luce del descritto ius superveniens, la persistente rilevanza delle questioni nel giudizio a quo;
che a tale provvedimento non osta il principio di cui all’articolo 5 del codice di procedura civile, perché, per costante giurisprudenza della Corte di cassazione, il detto principio va interpretato in conformità alla sua ratio, che è quella di favorire, non già di impedire, la “perpetuatio iurisdictionis”, sicché, ove sia stato adito un giudice incompetente al momento della proposizione della domanda, non può l’incompetenza essere dichiarata se quel giudice sia diventato competente in forza di legge entrata in vigore nel corso del giudizio (ex plurimis: Corte di cassazione, seconda sezione civile, ordinanza del 16 luglio 2010, n. 16667; Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza del 16 aprile 2009, n. 8999).
Visto l’art. 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale della Campania.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2012.