ORDINANZA N. 449
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), promosso con ordinanza depositata il 3 maggio 2007 dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, nel giudizio vertente tra Fulvio Castelli, l’Associazione Produttori Olivicoli Catanesi – APOC e l’Agenzia delle entrate, ufficio di Catania 1, iscritta al n. 150 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 3 maggio 2007, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, nel corso di un giudizio di appello conseguente ad una sentenza di cassazione con rinvio emessa dalla Corte di cassazione, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), per il quale «Non si fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie già pagate», in relazione a quanto stabilito dal primo periodo dello stesso comma, secondo cui «L’art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, concernente l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili, si intende applicabile anche ai comportamenti concludenti tenuti dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 442 del 1997»;
che, secondo quanto il giudice rimettente premette in punto di fatto: a) la contribuente, Associazione Produttori Olivicoli Catanesi – APOC, aveva evidenziato, nella dichiarazione dell’IVA riguardante l’anno 1991, un credito d’imposta di lire 61,155 milioni, chiedendo il rimborso immediato di lire 50 milioni e la detrazione, per l’anno successivo, di lire 11,155 milioni; b) il competente ufficio IVA aveva rettificato la dichiarazione con l’avviso n. 606587/95, impugnato dalla contribuente davanti alla Commissione tributaria provinciale di Catania, la quale, con sentenza n. 674 del 1997, aveva accolto il ricorso; c) la predetta Associazione aveva, quindi, ceduto all’avvocato Fulvio Castelli il proprio credito di lire 62.238.357 relativo all’IVA del 1991, costituito per lire 50 milioni dal menzionato rimborso e per lire 12.238.357 dagli interessi di mora al 31 dicembre 1998; d) in riforma della citata sentenza di primo grado, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 95/12/00, nell’àmbito di tre giudizi riuniti, aveva rigettato il ricorso avverso il menzionato provvedimento di rettifica, con cui l’ufficio tributario aveva negato sia il rimborso che la detrazione; e) la Commissione tributaria regionale, in particolare, aveva motivato la propria decisione affermando che la contribuente non aveva tempestivamente esercitato l’opzione, prevista dall’art. 34 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari e, quindi, non aveva diritto al rimborso, a nulla rilevando che avesse tenuto un comportamento concludente in tal senso, perché tale comportamento aveva efficacia equivalente ad un’opzione espressa solo in forza dell’art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, valevole per l’avvenire e non per il passato; f) con sentenza n. 12368 del 2005, la Corte di cassazione aveva accolto, sul punto, il ricorso proposto dal cessionario del credito, avvocato Castelli, avverso la decisione di appello, cassando quest’ultima pronuncia e rinviando la causa, per un nuovo esame, ad altra sezione della stessa Commissione tributaria regionale; g) con la citata sentenza, la Corte di cassazione aveva rilevato che l’art. 4, comma 1, primo periodo, della legge n. 342 del 2000 aveva disposto l’applicazione retroattiva dell’art. 1 del d.P.R. n. 442 del 1997 – secondo cui l’opzione per il regime normale dell’IVA può essere desunta da comportamenti concludenti del contribuente – anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente anteriormente al 7 gennaio 1998, cioè all’entrata in vigore di tale decreto presidenziale; h) la medesima Corte aveva altresí precisato che il nuovo esame di merito demandato al giudice di rinvio era comprensivo degli eventuali profili di illegittimità costituzionale dell’esclusione dal rimborso di imposte, soprattasse e pene pecuniarie già pagate, stabilita dal secondo periodo dello stesso comma 1 dell’art. 4 della legge n. 342 del 2000; i) il giudizio di appello era stato riassunto davanti a sé, quale giudice di rinvio;
che, secondo quanto il medesimo giudice rimettente premette in punto di diritto: a) in forza dell’efficacia retroattiva del citato art. 4, comma 1, primo periodo, della legge n. 342 del 2000, il comportamento concludente tenuto dalla contribuente sin dall’inizio del 1991 ha l’effetto dell’avvenuto esercizio dell’opzione per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari, con conseguente sussistenza del credito IVA per tale anno (pari a lire 61,155 milioni) e correlativa invalidità dell’impugnato avviso di rettifica; b) la disposizione denunciata vieta, tuttavia, l’accoglimento della richiesta di rimborso relativa ad una parte (lire 50 milioni) di quel credito;
che, in ordine alla non manifesta infondatezza della sollevata questione, il giudice a quo afferma che la denunciata disposizione comporta, in violazione dell’art. 3 Cost., una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente che «abbia formalmente optato nei termini di legge per un dato regime di determinazione dell’imposta», il quale ha diritto al rimborso del credito d’imposta, ed il contribuente che «abbia scelto lo stesso regime non attraverso una formale opzione, ma tramite un comportamento concludente, pienamente legittimo», il quale, invece, non ha diritto a detto rimborso per le imposte, sopratasse e pene pecuniarie pagate prima dell’entrata in vigore del censurato art. 4 (cioè prima del 10 dicembre 2000);
che il rimettente richiama, a sostegno di tale prospettazione, la sentenza n. 416 del 2000, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una analoga norma di esclusione dal rimborso di imposte già pagate e per le quali erano retroattivamente applicabili alcune agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa;
che infine, in ordine alla rilevanza, il giudice a quo osserva che la sollevata questione «incide inequivocabilmente sul diritto al rimborso del credito IVA fatto valere dall’Avv. Castelli, che il dato normativo in questione in maniera incontrovertibile esclude».
Considerato che la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), per il quale «Non si fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie già pagate», in relazione a quanto stabilito dal primo periodo dello stesso comma, secondo cui «L’art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, concernente l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili, si intende applicabile anche ai comportamenti concludenti tenuti dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 442 del 1997»;
che, ad avviso della Commissione tributaria rimettente, la disposizione censurata víola l’evocato parametro costituzionale, perché comporta una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente che «abbia formalmente optato nei termini di legge per un dato regime di determinazione dell’imposta», il quale ha diritto al rimborso del credito d’imposta, ed il contribuente che «abbia scelto lo stesso regime non attraverso una formale opzione, ma tramite un comportamento concludente, pienamente legittimo», il quale, invece, non ha diritto a detto rimborso per le imposte, soprattasse e pene pecuniarie pagate prima dell’entrata in vigore del censurato art. 4 (cioè prima del 10 dicembre 2000);
che la questione è manifestamente inammissibile;
che, infatti, questa Corte, con la sentenza n. 330 del 2007, successiva alla pronuncia dell'ordinanza di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione denunciata;
che, in particolare, con tale pronuncia ha affermato che il secondo periodo dell’unico comma dell'indicato art. 4 della legge n. 342 del 2000 – nell’escludere la ripetibilità («restituzione») di quanto pagato dal contribuente a titolo di imposte, soprattasse e pene pecuniarie, anche nel caso in cui tali pagamenti risultassero non dovuti in conseguenza dell'efficacia delle manifestazioni tacite di volontà poste in essere dal contribuente in data anteriore al 7 gennaio 1998 – detta una disciplina irragionevolmente diversa di situazioni uguali, perché limita ingiustificatamente, in violazione dell’art. 3 Cost., gli effetti del primo periodo del medesimo comma, in forza del quale l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si intendono manifestate anche mediante comportamenti concludenti tenuti dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore dell’art. 1 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442 (concernente l'opzione e la revoca di detti regimi), e cioè anteriormente al 7 gennaio 1998;
che, a séguito della suddetta sentenza, la questione di costituzionalità della medesima disposizione, sollevata dalla rimettente Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, è divenuta priva di oggetto e, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
che, infatti, l'efficacia ex tunc della citata pronuncia di illegittimità costituzionale preclude al giudice a quo una nuova valutazione della perdurante rilevanza della sollevata questione, valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione degli atti al giudice rimettente (ex multis, ordinanze n. 269 del 2008; n. 290 e n. 34 del 2002; n. 575 del 2000; n. 525 del 1995; n. 233 del 1995; n. 171 del 1992; n. 246 del 1991).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2008.