Sentenza n. 381 del 1996

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SENTENZA N.381

 

ANNO 1996

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

 

-     Prof. Luigi MENGONI

 

-     Prof. Enzo CHELI

 

-     Dott. Renato GRANATA

 

-     Prof. Giuliano VASSALLI

 

-     Prof. Francesco GUIZZI

 

-     Prof. Cesare MIRABELLI

 

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-     Avv. Massimo VARI

 

-     Dott. Cesare RUPERTO

 

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

 

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

 

-     Prof. Valerio ONIDA

 

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 7, comma 4, della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica), promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano e della Provincia autonoma di Trento notificati il 19 e il 16 febbraio 1996, depositati in cancelleria il 23 febbraio 1996 ed iscritti rispettivamente ai nn. 4 e 5 del registro ricorsi 1996.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

 

uditi gli avvocati Sergio Panunzio e Roland Riz per la Provincia di Bolzano e Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento e l'Avvocato dello Stato Luigi Mazzella per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso notificato il 19 febbraio 1996 e depositato il 23 febbraio 1996 (R. ric. n. 4/1996), la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica). Ha, in particolare, censurato la disciplina contenuta nell'art. 4 della predetta legge, che stabilisce le norme su programmazione, procedure di attuazione e finanziamento degli interventi nella materia de qua, per violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 8, numeri 17 e 28, e agli artt. 16 e 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione, nonché per violazione dei principi di autonomia finanziaria di cui al titolo VI dello stesso statuto e delle relative norme di attuazione, con particolare riguardo all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 ed all'art. 4, ultimo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, nonché dei principi costituzionali relativi all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, e per contrasto con l'art. 3, comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.

 

Ad avviso della ricorrente, l'impugnato art. 4, prevedendo, ai commi 1, 5 e 6, che per gli interventi previsti dalla legge i finanziamenti sono concessi dalla Cassa depositi e prestiti direttamente agli enti territoriali competenti, e cioè, per quelli relativi agli edifici da destinare a sede di scuole materne, elementari e medie, ai Comuni, che, ai sensi dell'art. 3 della citata legge, provvedono alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici stessi, anziché alla Provincia cui, invece, essi competerebbero e cui spetterebbe di ripartirli successivamente tra i Comuni violerebbe le attribuzioni provinciali esclusive in materia di edilizia scolastica e di lavori pubblici di interesse provinciale, nonché l'autonomia finanziaria della Provincia, e limiterebbe i poteri provinciali di programmazione degli interventi nella materia di cui si tratta. Al riguardo, si rileva, altresì, nel ricorso che gli atti di programmazione provinciale, in una materia pur di competenza esclusiva della Provincia, sono sottoposti (art. 4, comma 4) ad un potere di indirizzo e coordinamento affidato ad un osservatorio per l'edilizia scolastica, che è un organo statale costituito presso il Ministero della pubblica istruzione e presieduto dal Ministro, composto da rappresentanti delle amministrazioni, statali, regionali e locali competenti in materia. Sarebbero, pertanto, violati i principi che presiedono al potere governativo di indirizzo e coordinamento, anzitutto perché questo verrebbe affidato ad un organo che non è quello previsto dall'art. 3, comma 2, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400; ed inoltre perché non sarebbe legislativamente disciplinato l'esercizio di tale potere.

 

Una ulteriore violazione, da parte del citato art. 4, delle competenze provinciali viene ravvisata nelle disposizioni di cui ai commi 5 e successivi dello stesso art. 4 che disciplinano in modo analitico, come spetterebbe alla Provincia autonoma di Bolzano, anche l'attività dei Comuni della Provincia stessa relativa all'approvazione di progetti di intervento, alle deliberazioni di richiesta di concessioni di mutui, all'affidamento di lavori.

 

La ricorrente lamenta ancora la violazione dei principi costituzionali relativi all'esercizio dei poteri di controllo sostitutivo dello Stato e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni o Province autonome. Infatti, il comma 9 dell'art. 4 della legge n. 23 del 1996 stabilisce che la Provincia autonoma provvede _automaticamente in via sostitutiva_ qualora i Comuni non provvedano tempestivamente agli adempimenti di propria competenza, e che, in mancanza dell'intervento della Provincia, entro trenta giorni _provvede automaticamente_ in via sostitutiva il Governo. Tale potere sostitutivo viene, peraltro, attribuito al Commissario del Governo, che non avrebbe tale legittimazione, ad avviso della ricorrente, la quale, inoltre, lamenta il carattere automatico del controllo sostitutivo, che non presuppone, nella specie, né una deliberazione governativa, come richiesto dall'art. 2, comma 2, lettera f), della legge n. 400 del 1988, né una consultazione con l'autorità inadempiente.

 

Viene, altresì, censurato, l'art. 5 della legge n. 23 del 1996, che, al comma 1, attribuisce al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con quello dei lavori pubblici, il potere di emanare _norme tecniche-quadro contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica_ da assumere su tutto il territorio nazionale per le opere di edilizia scolastica; e, al comma 2, aggiunge che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del relativo decreto ministeriale, le Regioni e le Province autonome approvano proprie specifiche norme tecniche, per la sola _progettazione esecutiva_. Tale normativa si porrebbe in contrasto con le competenze provinciali nella materia de qua, oltre che con i principi costituzionali relativi ai rapporti tra fonti statali e provinciali, e con quelli relativi alla funzione di indirizzo e coordinamento, nonché con l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 266 del 1992. Spetterebbe, infatti, alla Provincia autonoma, in quanto titolare di competenza legislativa ed amministrativa esclusiva in materia di edilizia scolastica e di lavori pubblici di interesse provinciale, anche la competenza ad emanare le relative norme tecniche, competenza, tra l'altro, già esercitata dalla ricorrente con decreto del Presidente della Giunta provinciale n. 2 in data 14 gennaio 1992.

 

La normativa impugnata sarebbe illegittima sia che il decreto ministeriale in essa previsto venga qualificato come regolamento, perché in tale caso si consentirebbe ad una fonte di rango secondario di intervenire in una materia di competenza esclusiva della Provincia; sia che il predetto decreto ministeriale venga, invece, qualificato come atto di indirizzo e coordinamento, perché allora varrebbero le considerazioni già svolte in ordine alla mancanza di una previa deliberazione del Consiglio dei ministri, oltre al rilievo che non ci si limiterebbe ad "indirizzare" la competenza provinciale, ma la si sottrarrebbe alla sua titolare.

 

Incostituzionale sarebbe anche il comma 3 dell'art. 5, che stabilisce che, fino alla approvazione delle norme regionali o provinciali di cui al comma 2, si applicano quali indici di riferimento, quelli contenuti nel decreto del Ministro dei lavori pubblici del 18 dicembre 1975. In tal modo, una volta emanate le _norme tecniche-quadro_ statali, non troverebbe più applicazione il decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano n. 2 del 1992, ciò che sarebbe, invece, precluso dall'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 266 del 1992. Questo, infatti, afferma che gli atti governativi di indirizzo vincolano le Regioni e le Province autonome _solo al conseguimento degli obiettivi e risultati in essi stabiliti_, mentre l'emanazione delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti per l'attuazione degli atti predetti è riservata alle Regioni e alle Province autonome.

 

E', infine, censurato l'art. 7, comma 4, della legge n. 23 del 1996, che impone alle Province autonome di realizzare, entro due anni, le rispettive articolazioni dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica la cui istituzione è prevista, a cura del Ministero della pubblica istruzione, al comma 1 dello stesso art. 7 conformandosi _agli indirizzi definiti dall'osservatorio per l'edilizia scolastica_. Anche in questo caso, l'esercizio da parte della Provincia della propria competenza legislativa, questa volta nella materia dell'ordinamento degli uffici provinciali (art. 8, comma 1, n. 1, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), sarebbe subordinato agli indirizzi del predetto osservatorio. E anche in questo caso sarebbero violati, oltre alle competenze provinciali esclusive, i principi che presiedono al potere governativo di indirizzo e coordinamento, in quanto l'osservatorio non è organo del Governo, e in quanto la legge non disciplina l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento a tale osservatorio affidato.

 

2. Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha richiamato la clausola di salvaguardia di cui all'art. 11, comma 2, della legge n. 23 del 1996, che impone di intendere le statuizioni della legge stessa in modo da non violare le competenze provinciali, risolvendo eventuali dubbi interpretativi secondo una lettura rispettosa dell'assetto delle attribuzioni delineato dalle norme statutarie e da quelle di attuazione. In tale ottica, ad avviso dell'Avvocatura, le norme impugnate potrebbero essere intese come destinate a svolgere una funzione sussidiaria o suppletiva se e fino a quando le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano non provvedano alle finalità della legge.

 

Per ciò che riguarda più specificamente le singole censure, l'Avvocatura rileva, quanto a quella che colpisce il comma 9 dell'art. 4, che il potere sostitutivo del Commissario di Governo è riferito ad inadempienze degli enti territoriali minori, mentre, in relazione all'art. 5, osserva che esso prevede un coordinamento essenzialmente tecnico. Quanto all'art. 7, la previsione di articolazioni regionali dell'anagrafe nazionale risponderebbe ad esigenze analoghe a quelle riscontrate per gli uffici statistici.

 

3. Con ricorso notificato il 16 febbraio 1996 e depositato il 23 febbraio 1996 (R. ric. n. 5 del 1996), la Provincia autonoma di Trento ha impugnato le stesse disposizioni della legge n. 23 del 1996.

 

In particolare, l'art. 4 è censurato in quanto violerebbe la potestà legislativa primaria della ricorrente e la sua autonomia finanziaria nei termini assicurati dallo statuto di autonomia.

 

Del pari illegittima sarebbe la previsione (art. 4, comma 9, della legge n. 23 del 1996) di un obbligo sostitutivo delle Regioni e Province autonome per il caso di mancato rispetto dei termini dati agli enti locali territoriali per la progettazione esecutiva e per l'affidamento di lavori. Anche tale obbligo, infatti, sarebbe in contrasto con l'autonomia della Provincia di Trento, ed inoltre lesivo dell'art. 97 della Costituzione, in quanto escluderebbe ogni valutazione in ordine alla opportunità, nei singoli casi, dello spostamento delle competenze come rimedio all'inerzia.

 

La ricorrente lamenta, altresì, la illegittimità del potere sostitutivo assegnato al Commissario di Governo in caso di mancato intervento, a propria volta sostitutivo, di Regioni e Province autonome: in primo luogo, perché questo comporterebbe una diretta attività amministrativa statale nella Provincia di Trento; in secondo luogo, perché l'automatismo dell'intervento sostitutivo escluderebbe, in violazione del principio di leale collaborazione, ogni dialogo tra Stato e Regioni o Province autonome sulle ragioni del ritardo. Del resto, il termine di trenta giorni ad esse assegnato per provvedere, contrasterebbe, per la sua eccessiva brevità, con il principio del buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione; infine perché il Commissario di Governo non è organo di Governo.

 

In via subordinata, per l'ipotesi in cui non vengano accolte le censure principali in ordine all'art. 4, la ricorrente denuncia il comma 3 dello stesso art. 4, che demanda un potere generale di indirizzo al Ministro della pubblica istruzione, in violazione del principio di collegialità governativa, e di quello di legalità sostanziale degli atti di indirizzo e coordinamento; nonché il comma 9 dell'art. 4, in quanto prevede la perentorietà del termine di novanta giorni dato alle Regioni e alle Province autonome per l'approvazione e trasmissione al ministero dei piani generali triennali per l'edilizia scolastica, e un potere sostitutivo automatico dello Stato assegnato al Commissario di Governo. Infatti, per un verso la perentorietà di detto termine si porrebbe in contrasto con l'art. 97 della Costituzione, trattandosi di un'attività programmatoria ampia e complessa; per l'altro, valgono le considerazioni precedenti in ordine al potere sostitutivo del Commissario di Governo.

 

Con il ricorso della Provincia autonoma di Trento viene, altresì, impugnato l'art. 5 della legge n. 23 del 1996, con argomentazioni analoghe a quelle svolte dalla Provincia autonoma di Bolzano, e con l'aggiunta del rilievo che il Presidente della Giunta provinciale ha già approvato, con decreto 9 agosto 1976, n. 17-69, le norme relative agli indici di funzionalità didattica, ai diversi modelli edilizi e alle componenti costruttive per i diversi tipi di scuola, norme ormai operative da venti anni, le quali, in base alla disposizione impugnata, dovrebbero cessare di avere applicazione, in favore di una sorta di normativa quadro in materia urbanistico-edilizia, che si presenterebbe sotto la veste di normativa tecnica.

 

Infine, viene denunciato l'art. 7, comma 4, della stessa legge n. 23 del 1996, relativo all'obbligo per le Province di realizzare un'articolazione locale dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, in base agli indirizzi definiti dall'osservatorio per l'edilizia scolastica, obbligo che interferirebbe con la competenza provinciale nella materia dell'organizzazione degli uffici provinciali. In primo luogo, tale obbligo non troverebbe fondamento in una particolare complessità e capillarità delle rilevazioni nella materia di cui si tratta, essendo l'anagrafe dell'edilizia scolastica solo un archivio centrale di dati, costituito sulla base di informazioni locali. Illegittimo sarebbe, poi, l'obbligo di osservare gli indirizzi dell'osservatorio in mancanza della legittimazione dell'organo, della definizione dell'oggetto e dei criteri di esercizio di tali indirizzi, e comunque, in assenza del potere di individuare metodologie e modalità di rilevazione.

 

4. Anche nel giudizio introdotto con il ricorso n. 5 del 1996 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza delle questioni, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle relative al ricorso n. 4 del 1996.

 

5. Nell'imminenza dell'udienza, entrambe le Province ricorrenti hanno depositato memorie.

 

La Provincia autonoma di Bolzano, in particolare, contesta le affermazioni dell'Avvocatura generale dello Stato secondo le quali le questioni sollevate sarebbero superabili in virtù della clausola di salvezza contenuta nell'art. 11, comma 2, della legge n. 23 del 1996. Alla ricorrente tale ipotesi appare, infatti, difficilmente conciliabile con il tenore letterale delle disposizioni legislative impugnate. Per un verso, infatti, queste menzionano espressamente le Province autonome tra le destinatarie delle stesse norme; per l'altro, la normativa di cui si tratta nemmeno potrebbe essere intesa come destinata a svolgere una funzione sussidiaria o suppletiva se e fino a quando le Province autonome non abbiano provveduto alle finalità della legge. Infatti, secondo la ricorrente, la normativa stessa disegna una disciplina di dettaglio che non richiede un'attuazione da parte del legislatore provinciale, ma una semplice esecuzione in via amministrativa.

 

Per il resto, la ricorrente ribadisce le censure svolte nell'atto introduttivo del giudizio, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

 

Anche la Provincia autonoma di Trento esclude che i rilievi dell'Avvocatura siano idonei ad eliminare i vizi lamentati, osservando che la pretesa di dettare con legge statale una "legislazione sussidiaria o suppletiva" in materia di competenza provinciale contraddice il sistema fondato sullo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione, in base al quale in nessun caso la disciplina provinciale di una materia può essere sostituita da una sopravvenuta legislazione statale, ma il rapporto tra le due fonti si pone in termini di obbligo di adeguamento.

 

La ricorrente ricorda, poi, di disporre, nella materia de qua, di un sistema legislativo completo e perfettamente in grado di operare.

 

Infine, nella memoria si contestano le affermazioni dell'Avvocatura generale dello Stato in ordine alla legittimità del potere sostitutivo del Commissario di Governo, in quanto riferito ad inadempienze degli enti territoriali minori, rilevandosi che spetta comunque alla sola Provincia di valutare il comportamento degli enti locali. Né la ricorrente condivide il rilievo dell'Avvocatura in ordine al carattere essenzialmente tecnico del coordinamento previsto dal comma 3 dell'art. 4 della legge n. 23 del 1996, trattandosi invece, si osserva nella memoria, di "indirizzi volti ad assicurare il coordinamento degli interventi ai fini della programmazione scolastica nazionale".

 

Considerato in diritto

 

1. Con separati ricorsi le Province autonome di Bolzano e Trento hanno censurato una serie di disposizioni della legge n. 23 del 1996, recante: _Norme per l'edilizia scolastica_, che violerebbero la loro autonomia, garantita dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

 

In particolare, le questioni sottoposte alla Corte dalla Provincia di Bolzano riguardano: a) l'art. 4 della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica), sotto il profilo che, nel dettare le norme riguardanti la programmazione, le procedure di attuazione e il finanziamento degli interventi, prevedendo (commi 1, 5 e 6) che i relativi finanziamenti sono concessi dalla Cassa depositi e prestiti direttamente ai Comuni, anziché alle Province, e disciplinando la programmazione provinciale dell'edilizia scolastica in modo estremamente minuzioso, sottoponendola, in particolare, al controllo preventivo del Ministro della pubblica istruzione attraverso l'assoggettamento agli indirizzi formulati dall'osservatorio per l'edilizia scolastica, presieduto dal Ministro (comma 4), disciplinando in modo analitico le attività dei Comuni relative all'approvazione di progetti di intervento, alle deliberazioni di richiesta di concessione di mutui, all'affidamento dei lavori (commi 5 e successivi), stabilendo termini perentori per gli adempimenti posti a carico degli enti locali, e disponendo, in caso di inosservanza, l'automatico potere sostitutivo delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, o, in caso di inerzia di queste, del Commissario di Governo (comma 9), violerebbe le competenze provinciali nelle materie dell'edilizia scolastica e dei lavori pubblici di interesse provinciale di cui agli artt. 8, primo comma, numeri 17 e 28, e agli artt. 16 e 104 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige, nonché i principi di autonomia finanziaria di cui al titolo VI dello statuto stesso, e delle relative norme di attuazione, e, in particolare, dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, e dell'art, 4, ultimo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, nonché i principi costituzionali relativi alla funzione statale di indirizzo e coordinamento, e, in particolare, il principio di legalità, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, e i principi costituzionali relativi all'esercizio dei poteri di controllo sostitutivo dello Stato e quello di leale collaborazione; b) l'art. 5 della stessa legge, in quanto, nell'attribuire al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con quello dei lavori pubblici, il potere di emanare _norme tecniche quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica_ da osservare su tutto il territorio nazionale per le opere di edilizia scolastica, consentendo alle Regioni e Province autonome solo l'approvazione di proprie specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva, violerebbe le competenze provinciali suddette e i principi costituzionali relativi ai rapporti tra fonti statali e provinciali, con il prevedere che un regolamento ministeriale intervenga in una materia riservata alla competenza esclusiva delle Province; ovvero, ove si consideri l'intervento ministeriale come atto di indirizzo e coordinamento, violerebbe i principi costituzionali relativi a tale funzione, e l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale gli atti di indirizzo e coordinamento vincolano la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti; c) l'art. 7, comma 4, della stessa legge, poiché, imponendo alle Regioni e Province autonome di realizzare, entro due anni, le articolazioni locali dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, istituita dalla stessa legge in base agli indirizzi definiti dall'osservatorio per l'edilizia scolastica, violerebbe, oltre alle competenze provinciali esclusive, i principi che presiedono al potere governativo di indirizzo e coordinamento sia sotto il profilo formale, non essendo l'osservatorio organo di Governo, sia sotto il profilo sostanziale, in quanto la legge non disciplina i contenuti del potere affidato a tale organo.

 

Il ricorso della Provincia di Trento contiene analoghe censure con l'integrazione, quali parametri invocati, degli artt. 116 della Costituzione e 12 del d.lgs. n. 268 del 1992, nonché dell'art. 97 della Costituzione, sia quanto all'obbligatorio intervento sostitutivo delle Regioni e Province autonome in caso di inottemperanza degli enti territoriali minori agli adempimenti ad essi affidati, sia quanto alla perentorietà dei termini entro i quali Regioni e Province autonome sono, a loro volta, tenute ai propri adempimenti (questione sollevata, come appresso si vedrà, in via subordinata).

 

Inoltre, per quanto riguarda l'art. 5, si introduce, come ulteriore profilo di censura, la già intervenuta approvazione ed attuazione da parte della Provincia di norme (decreto del Presidente della Giunta provinciale 9 agosto 1976, n. 17-69) relative agli indici di funzionalità didattica, ai diversi modelli edilizi e alle componenti costruttive per i diversi tipi di scuola, che in base alla normativa impugnata dovrebbero cessare di avere applicazione in favore di una sorta di normativa quadro che si presenterebbe con la veste di normativa tecnica.

 

La Provincia di Trento, infine, deduce in via subordinata, per l'ipotesi in cui non vengano accolti i motivi principali diel ricorso in ordine all'art. 4, una censura relativa al comma 3 dello stesso art. 4, in quanto demanda un potere generale di indirizzo al Ministro della pubblica istruzione, in violazione del principio di collegialità governativa, e di quello di legalità sostanziale degli atti di indirizzo e coordinamento; nonché una censura al comma 9 del medesimo art. 4, in ordine alla perentorietà del termine di novanta giorni, dato alle Regioni e alle Province autonome per l'approvazione e la trasmissione al ministero dei piani generali triennali per l'edilizia scolastica, e al potere sostitutivo automatico dello Stato assegnato al Commissario di Governo.

 

2. I giudizi introdotti rispettivamente dai ricorsi della Provincia di Bolzano (R. ric. n. 4 del 1996) e della Provincia di Trento (R. ric. n. 5 del 1996) possono essere riuniti, stante la connessione oggettiva delle questioni proposte e l'identità delle norme denunciate, e quindi essere decisi con unica sentenza.

 

3. Preliminarmente deve, anche ai fini della ammissibilità dei ricorsi, essere esaminata la portata della "clausola di salvaguardia" contenuta nell'art. 11, comma 2, della impugnata legge n. 23 del 1996, secondo cui "le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge in base allo statuto speciale di autonomia e alle relative norme di attuazione, nel rispetto della normativa vigente in materia di lavori pubblici".

 

La tesi, secondo cui le norme impugnate (artt. 4, 5, 7) non sarebbero applicabili alle Regioni a Sstatuto speciale e alle Province autonome, è testualmente contraddetta dall'espresso riferimento alle stesse Province autonome contenuto nelle norme citate (rispettivamente, art. 4, comma 9; art. 5, comma 2; art. 7, comma 4), per cui non appare plausibile nella fattispecie che la clausola possa essere interpretata come salvaguardia totale delle competenze provinciali in materia.

 

Né le disposizioni succitate dell'art. 11 possono conformemente alle sfere di competenza legislativa costituzionalmente garantite avere il valore di attribuire una finalità meramente sussidiaria e suppletiva alle norme impugnate, "fino a quando le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano non provvedano alla finalità della legge ai sensi del comma 2 del richiamato art. 11", secondo quanto sostenuto dalla Avvocatura dello Stato argomentando dal comma 4 dello stesso art. 11. Infatti, una tale tesi urta anzitutto con la natura di disciplina completa e di dettaglio per i profili procedurali, tutt'altro che transitoria, delle norme impugnate, che ne esclude il carattere meramente integrativo o suppletivo. Inoltre, l'art. 11 è finalizzato alla previsione di "norme integrative regionali" (come risulta dalla rubrica dell'articolo) e alla fase di attuazione e realizzazione, confermata dal richiamo al "rispetto della normativa vigente in materia di lavori pubblici" (art. 11, comma 2) e dalla previsione, contenuta nel comma 4 dello stesso art. 11, secondo la quale, in attesa dell'emanazione delle norme regionali, gli enti territoriali competenti per gli "interventi relativi all'edilizia scolastica", sono comunque tenuti al "rispetto delle leggi statali vigenti in materia".

 

4.1. Le censure relative all'art. 4 sono fondate.

 

Infatti, la previsione che, per gli interventi indicati dalla legge n. 23 del 1996, i finanziamenti dovranno essere concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai Comuni e non alle (o tramite le) Province autonome (art. 4, commi 1, 5 e 6), viola la competenza esclusiva di cui le ricorrenti sono titolari nella materia dell'edilizia scolastica, e la loro autonomia finanziaria, sottraendo alle stesse la erogazione e la disponibilità delle risorse necessarie all'esercizio delle proprie attribuzioni e limitandone il potere di programmazione degli interventi nel settore di cui si tratta.

 

Questa Corte ha ripetutamente sottolineato il rapporto che lega l'erogazione dei fondi all'attività di programmazione, ponendone in evidenza il valore strumentale rispetto alla stessa autonomia provinciale, "considerato che la realizzazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite impone, non soltanto la disponibilità effettiva delle risorse, ma anche la capacità di manovra e i mezzi finanziari da parte di soggetti che, come le Regioni a statuto speciale e anche le ricorrenti Province autonome, si pongono quali punti di riferimento della programmazione locale" (sentenza n. 293 del 1995; v. anche sentenze n. 98 del 1991 e n. 1111 del 1988).

 

4.2. Egualmente fondata è la ulteriore censura relativa all'art. 4 in quanto disciplina e limita anche la programmazione delle Province autonome di Trento e Bolzano, in particolare attraverso la sottoposizione di esse (comma 4) ad un potere di indirizzo e coordinamento affidato ad un osservatorio presso il Ministero della pubblica istruzione, presieduto dal Ministro.

 

L'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento è soggetto, per costante giurisprudenza di questa Corte, all'osservanza di precisi requisiti nella specie carenti di forma e di sostanza. Si richiede, anzitutto, una delibera del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 400 del 1988, ed inoltre un'idonea base legislativa: occorre, cioè, che siano preventivamente emanate disposizioni legislative statali contenenti principi e criteri idonei a vincolare e dirigere la scelta del Governo (v. sentenze n. 69 del 1995, nn. 124, 113 e 26 del 1994; nn. 355 e 45 del 1993).

 

4.3. Parimenti fondato è il profilo di ricorso relativo al comma 9 dell'art. 4, che prevede un controllo sostitutivo della Provincia autonoma in caso di inosservanza da parte dei Comuni degli adempimenti di propria competenza, e, nel caso di inerzia della Provincia, un controllo sostitutivo del Governo, attribuito al Commissario del Governo. Infatti, per un verso la previsione di un automatico potere sostitutivo della Provincia lascia ad essa spazio solo per la mera esecuzione sottraendole ogni possibilità di valutazione discrezionale in ordine all'esercizio del potere in questione; per l'altro, viene assegnato un analogo potere sostitutivo ad un organo sfornito di legittimazione in tal senso ( v. sentenze n. 342 del 1994; n. 386 del 1991; n. 177 del 1988) e per di più senza una previsione di deliberazione governativa e di previa consultazione con l'autorità inadempiente. Del resto, la previsione espressa dell'automaticità del controllo esclude ogni possibilità di interpretazione conforme ai principi costituzionali, applicabili, di leale collaborazione tra Stato e Regioni o Province autonome, che esige quanto meno un previo invito alle Province autonome (argomentando da sentenza n. 416 del 1995).

 

5. Fondata è, altresì la censura relativa all'art. 5 della legge n. 23 del 1996.

 

La disposizione impugnata, al comma 1, affida al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con quello dei lavori pubblici, il potere di adottare con decreto le norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale_.

 

Alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano residua, come previsto dal comma 2 dell'art. 5, unicamente la competenza ad approvare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi, definendo in particolare indici diversificati riferiti alla specificità dei centri storici e delle aree metropolitane. Il comma 3 dello stesso art. 5 prevede, poi, che, in sede di prima applicazione e fino all'approvazione delle norme regionali di cui al comma 2, possono essere assunti quali indici di riferimento quelli contenuti nel decreto del Ministro dei lavori pubblici del 18 dicembre 1975.

 

In proposito deve, anzitutto, essere ribadito che la disciplina in questione attiene a materia attribuita alla competenza esclusiva delle Province autonome di Trento e Bolzano, la cui sfera non può, quindi, essere limitata da un decreto ministeriale, in ossequio ai principi sull'ordine delle fonti normative.

 

Né l'esercizio, da parte del Ministro della pubblica istruzione, del potere attribuitogli dal censurato art. 5, è configurabile come atto di indirizzo e coordinamento, del quale, infatti, mancano, nella specie, i già richiamati requisiti di forma, previsti dall'art. 2, comma 3, lettera d), della legge n. 400 del 1988, e quelli di sostanza, specificati dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento alla necessità di un'idonea base legislativa al fine di salvaguardare il principio di legalità per la previa determinazione dei criteri ai quali il Governo deve attenersi nell'esercizio della funzione di cui si tratta.

 

Del resto, il potere statuale di indirizzo e coordinamento nel caso di specie dovrebbe, comunque, tener conto del disposto dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale gli atti governativi di indirizzo vincolano le Province autonome solo al conseguimento degli obiettivi e risultati in essi stabiliti. Qui, al contrario, non ci si limita a fissare obiettivi, ma si prevede la emanazione di norme di estremo dettaglio, quali quelle relative agli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica edilizia e didattica, sicuramente peculiari per le Province di Trento e Bolzano, in violazione della citata norma di attuazione statutaria, che non può essere modificata o derogata né dalla legge ordinaria né, tanto meno, da una fonte regolamentare.

 

Non può valere, in contrario, il rilievo dell'Avvocatura dello Stato relativo al carattere essenzialmente tecnico del coordinamento previsto dall'impugnato art. 5 della legge n. 23 del 1996. E' sufficiente, al riguardo, rilevare che, se è vero che questa Corte ha affermato che il coordinamento tecnico, distinguendosi da quello politico-amministrativo, può essere affidato, indipendentemente da un rigoroso rispetto della legalità sostanziale, ad organi appartenenti all'amministrazione statale, dotati delle conoscenze tecniche necessarie in rapporto ai compiti previsti (sentenze n. 356 del 1994, n. 355 del 1993, n. 49 del 1991), è, però, sicuramente lesiva delle attribuzioni esclusive delle Province autonome nella materia de qua una normativa che escluda ogni determinazione della legislazione provinciale che non sia attinente alla sola progettazione esecutiva.

 

6. Infondata è, invece, la censura riguardante l'art. 7, comma 4, della legge n. 23 del 1996, relativo all'obbligo per le Province autonome di realizzare un'articolazione locale dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica in base agli indirizzi definiti dall'osservatorio per l'edilizia scolastica.

 

La norma impugnata prevede un'attività informativa centralizzata quale strumento conoscitivo, necessario ai fini dell'accertamento della consistenza del patrimonio edilizio scolastico, anche per esigenze di coordinamento che la Corte ha già escluso che possa di per sé determinare una lesione delle attribuzioni regionali o provinciali (sentenze nn. 412 e 342 del 1994, n. 497 del 1992), ove non si trasformi in una non prevista forma di controllo. E' anzi da aggiungere che, nella specie, essa, nell'ambito in cui è delimitata, deve ritenersi espressione del principio di leale cooperazione cui vanno informati i rapporti tra Stato e Regioni o Province autonome.

 

7. Con l'accoglimento dei motivi innanzi specificati relativi agli artt. 4 e 5 della legge n. 23 del 1996 restano assorbiti gli altri profili denunciati dalla Provincia di Bolzano, dipendenti dal sistema dei finanziamenti quale previsto dal citato art. 4, e sono superate le censure proposte dalla Provincia di Trento in via subordinata.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell' art. 4, commi 1, 5 e 6, della legge 11 gennaio 1996, n. 23 (Norme per l'edilizia scolastica) nella parte in cui prevede che i finanziamenti ivi contemplati sono concessi direttamente ai Comuni nelle Province autonome di Trento e di Bolzano;

 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 4, commi 4 e 9, e 5 della stessa legge n. 23 del 1996 nella parte in cui si applicano alle Province autonome di Trento e Bolzano;

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 4, della citata legge n. 23 del 1996, sollevate, in riferimento agli artt. 8, primo comma, numeri 1, 17 e 28, ed agli artt. 16 e 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, dalla Provincia di Bolzano, e, in riferimento agli artt. 116 della Costituzione e 8, primo comma, numero 1, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dalla Provincia di Trento, con i ricorsi indicati in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.

Mauro FERRI, Presidente

 

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.