Sentenza n. 45 del 1993

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SENTENZA N. 45

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi della Regione Lombardia e della Regione Toscana, notificati rispettivamente il 27 ed il 28 luglio 1992, depositati in Cancelleria il 1° ed il 10 agosto 1992, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla gestione del bilancio dello Stato e degli enti del settore pubblico allargato per l'anno 1992, ad integrazione dell'analoga direttiva emanata il 16 gennaio 1992;

 

ricorsi iscritti rispettivamente ai nn. 25 e 27 del registro conflitti 1992;

 

udito nell'udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 

uditi gli avvocati Valerio Onida per la Regione Lombardia ed Alberto Predieri per la Regione Toscana.

 

Ritenuto in fatto

 

1.Con ricorso regolarmente notificato e depositato (n. 25), la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992, n. 125, sulla gestione del bilancio dello Stato e degli enti del settore pubblico allargato per il 1992, che integra analoga direttiva, emanata il 16 gennaio 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15 del 20 gennaio successivo, anch'essa impugnata innanzi a questa Corte dalla Regione Lombardia.

 

La direttiva del 29 maggio 1992 sospende, a decorrere dalla data della sua pubblicazione e fino al 30 settembre 1992, la facoltà di impegnare le spese nei limiti dei fondi assegnati in bilancio per tutte le amministrazioni dello Stato e le aziende autonome. Per gli aspetti diversi dall'assunzione degli impegni di spesa, essa proroga, fino al 30 settembre 1992, le disposizioni della precedente direttiva del 16 gennaio 1992 e, al punto 3, si autoqualifica come < < atto di indirizzo volto al conseguimento di obiettivi di interesse nazionale>>.

 

Lamenta la ricorrente che la direttiva, nella parte in cui si rivolge alle regioni, non é sorretta da alcun fondamento legislativo: la legge 23 agosto 1988, n. 400, non contiene specifica autorizzazione ad emanare atti di indirizzo diretti alle regioni in materia di spesa e di bilancio. Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 1989, l'art. 2, comma 3, lett. d) di detta legge, é disposizione meramente procedimentale, inidonea a fondare l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento. Tanto meno l'art. 5 della legge n. 400 del 1988 autorizza il Presidente del Consiglio ad adottare direttive nei confronti delle regioni per l'esercizio di loro competenze.

 

Osserva poi che il decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (in particolare, l'art. 4), che introduce misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359), tace del tutto su ipotetici vincoli o indirizzi a carico delle regioni, e non può certo ritenersi che abbia conferito, a posteriori, fondamento legislativo alla direttiva impugnata, che restringe illegittimamente la sfera di autonomia regionale per quanto attiene alla gestione del bilancio.

 

2. Anche la Regione Toscana ha sollevato, con ricorso regolarmente notificato e depositato (n. 27), conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla direttiva del 29 maggio 1992, che risulterebbe illegittima per violazione della riserva di legge prevista dall'art. 119 della Costituzione: é la legge, ad avviso della ricorrente, che deve assicurare il coordinamento degli ordinamenti finanziari e contabili dello Stato e delle regioni, secondo quanto sottolineato dalla dottrina e messo in luce dalla stessa Corte costituzionale (sentt. nn. 307 del 1983 e 162 del 1982).

 

Si denunzia, poi, la violazione delle regole che presiedono al legittimo esercizio del potere statale di indirizzo e di coordinamento e, in particolare, del principio di legalità.

 

Non sussiste, in questa materia, uno spostamento di competenza a favore dello Stato per la salvaguardia di un interesse nazionale. Spetta comunque alla legge dello Stato definire in concreto quando ricorre tale interesse: l'esercizio in via amministrativa del potere di indirizzo di coordinamento é giustificato solo se trova legittimo supporto nella legislazione statale (v., da ultimo, le sentt. nn. 49 e 37 del 1991, n. 338 del 1989 e, soprattutto, la sent. n. 150 del 1982). Il principio di legalità, d'altronde, opera anche nei confronti di atti amministrativi statali diversi da quelli di indirizzo e coordinamento, che intervengono ad altro titolo nelle materie regionali.

 

Quanto al citato decreto-legge n. 333 del 1992, si rileva che in tale atto manca una norma che abbia contenuto analogo ai punti 2 e 3 della direttiva impugnata. Esso introduce disposizioni che concernono le regioni e gli altri enti territoriali (cfr. artt. 1 e 2), ma non dispone, per le regioni, il blocco degli impegni di spesa per il 1992. In ogni caso, il fatto che il contenuto della direttiva vi sia stato in parte riprodotto non fa venir meno l'interesse della Regione a sollevare conflitto di attribuzione con riferimento alla direttiva del 29 maggio 1992: che una norma primaria ripeta il contenuto di una fonte subordinata solo in modo parziale non implica, invero, l'abrogazione di tale fonte per la parte non recepita; l'efficacia della direttiva decorre inoltre da un termine (quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992) diverso e anteriore rispetto all'entrata in vigore del più volte menzionato decreto-legge n. 333 dell'11 luglio 1992.

 

Non si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. -I due ricorsi sollevano questioni identiche e vanno pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2.-La Regione Lombardia e la Regione Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992, n. 125, nella parte in cui pone indirizzi sulla gestione del bilancio a tutti gli enti del < < settore pubblico allargato>, e dunque anche alle regioni. Tale direttiva è stata adottata ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri).

 

Contestano le ricorrenti che spetti al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di rivolgere alle regioni, in assenza di delibera consiliare, una direttiva che costituisca < indirizzo> per il conseguimento di obiettivi di interesse nazionale. assumendo come fondamento di tale potere la citata legge 23 agosto 1988, n.400, e alla luce del principio di autonomia finanziaria posto dall'art. 119 della Costituzione e dalla riserva di legge ivi introdotta lamentano, comunque, che un atto di indirizzo possa limitare la potestà delle regioni di disporre autonomamente delle risorse stanziate nei rispettivi bilancio

 

3.I ricorsi sono fondati.

 

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni è soggetto all'osservanza di precisi requisiti di forma e di sostanza: di forma, perchè l'atto di indirizzo e coordinamento deve essere approvato, con delibera, dal Consiglio dei ministri; di sostanza, perchè occorre idonea base legislativa per salvaguardare il principio di legalità sostanziale (v., da ultimo, le sentenze nn. 384 del 1992, 359, 204 e 37 del 1991, 338 e 242 del 1989).

 

Manca, in questo caso, la delibera del Consiglio dei ministri, trattandosi di una direttiva emanata, come atto < proprio>, dal Presidente del Consiglio dei ministri. E manca la < idonea base legislativa>: non può infatti ritenersi tale l'art. 5 della legge n. 400 del 1988, che definisce i rapporti tra il Presidente del Consiglio e i Ministri e non tocca, dunque, le relazioni tra lo Stato apparato e le autonomie regionali. Motivi che hanno già indotto questa Corte ad annullare, perchè invasiva nell'ambito di attribuzioni garantite alle regioni, analoga direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1992 (sentenza n. 384 del 1992).

 

E d'altronde significative che il recente decreto-legge 11 luglio 1992, n.333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, abbia riprodotto, per le amministrazioni dello Stato, alcune disposizioni della direttiva impugnata, ma non abbia previsto, per le regioni, il blocco degli impegni di spesa per l'anno 1992.

 

Le prescrizioni introdotte dalla direttiva impugnata ove riferite alle regioni, si configurano quale illegittimo strumento di controllo: ostacolano la disponibilità delle somme occorrenti per l'adempimento dei loro compiti istituzionali, compromettendo l'autonomia finanziaria garantita alle regioni dall'art. 119 della Costituzione e vulnerando la riserva di legge introdotta da tale disposizione costituzionale per il coordinamento della finanza regionale con quella dello Stato (v.t in particolare, le sentenze nn. 384 del 1992, 307 del 1983 e 155 del 1977).

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che non spetta allo Stato porre vincoli all'attività amministrativa regionale di gestione del bilancio mediante direttive del Presidente del Consiglio dei ministri adottate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400; conseguentemente, annulla la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1992, n. 125, nella parte in cui pone in tale materia un indirizzo alle regioni per il conseguimento di obiettivi d'interesse nazionale.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/01/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 10/02/93.