Sentenza n. 188 del 1992

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SENTENZA N. 188

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2, quinto e sesto comma, della legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi di sostegno alle imprese turistiche),promossi con ricorsi delle Regioni Umbria e Friuli-Venezia Giulia, della Provincia autonoma di Bolzano, delle Regioni Toscana e Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, notificati il 30 settembre 1991 ed il 1 e2 ottobre successivi, depositati in cancelleria il 4, 8, 9 e 12 ottobre 1991 ed iscritti ai nn. 41, 42, 44, 45, 46 e 47 del registro ricorsi 1991.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 febbraio 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi gli Avvocati Goffredo Gobbi per la Regione Umbria, Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia, Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano, Alberto Predieri per la Regione Toscana, Maurizio Steccanella per la Regione Lombardia, Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi di sostegno alle imprese turistiche), per violazione degli artt.117 e 118 della Costituzione, che assicurano alle regioni a statuto ordinario la competenza legislativa e amministrativa in materia di "turismo e industria alberghiera".

Dopo aver ricordato che il d.P.R. n. 616 del 1977, all'atto del secondo trasferimento delle relative funzioni, aveva dato a tale materia una nozione molto ampia, riconoscendo alle regioni la funzione di determinare, sulla base di un regime di prezzi concordati, le tariffe delle strutture turistiche ricettive, la ricorrente osserva che la legge impugnata, nell'imporre un indifferenziato regime di liberalizzazione dei prezzi, lederebbe le competenze regionali nella materia del turismo e degli alberghi. Di queste, infatti, la disciplina dei prezzi, peraltro già regolata dalla Regione con una propria legge, costituirebbe parte integrante, essendo inestricabilmente legata agli altri profili (economici, sociali, culturali, etc.) della stessa materia. E ciò sarebbe confermato anche dall'art. 58 del d.P.R. n. 616 del 1977, che non ricomprende la fissazione dei prezzi fra le funzioni riservate allo Stato.

La Regione Umbria osserva, inoltre, che, come risulterebbe dal d.P.R. n. 616 del 1977 e come avrebbe confermato la sentenza n. 618 del 1988 di questa Corte, la determinazione delle tariffe è data al legislatore regionale a titolo di competenza propria, e non già delegata (ai sensi dell'art. 52, primo comma, lettera c, del medesimo d.P.R. n. 616), per il fatto che la disciplina dei prezzi nei vari settori sarebbe assorbita all'interno delle singole materie affidate dalla Costituzione alle regioni, mentre il ricordato art. 52 si riferisce alla determinazione dei prezzi in sede locale in relazione a materie riservate allo Stato (commercio). Ed è perciò che il legislatore umbro ha potuto stabilire in materia alberghiera un regime di prezzi "concordato", diverso da quello "amministrato" riferibile ai comitati provinciali prezzi. In ogni caso, conclude la stessa ricorrente, ove pure si ritenesse che l'art. 7 della legge n. 217 del 1983, al periodo finale dell'ultimo comma, abbia conferito una semplice delega a favore delle regioni, si dovrebbe tuttavia considerare che l'abrogazione di tale disposizione da parte dell'art. 1, quinto comma, della legge impugnata sarebbe parimenti lesiva degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in quanto si tratterebbe di attività delegate alle regioni allo scopo di assicurare l'esercizio organico delle competenze trasferite e, pertanto, si tratterebbe di funzioni non revocabili dallo Stato a proprio arbitrio, come ha riconosciuto questa stessa Corte a partire dalla sentenza n. 559 del 1988.

A tutto concedere, osserva da ultimo la ricorrente, sembra comunque evidente l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, quarto comma, della legge impugnata, che, attribuendo al Ministro del turismo e dello spettacolo la competenza a determinare con un proprio decreto le modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi, contiene una norma di estremo dettaglio, la quale riduce la regione al ruolo meramente passivo di puro e semplice destinatario delle comunicazioni degli operatori, in contrasto con la sua natura di ente ad autonomia costituzionalmente garantita.

2.- Contro il medesimo art. 1 della legge n. 284 del 1991 ha proposto ricorso per illegittimità costituzionale la Regione Friuli-Venezia Giulia, adducendo la violazione dell'art. 4, n. 10, del proprio Statuto speciale, che assicura alla competenza esclusiva della ricorrente la materia del turismo e dell'industria alberghiera, nonchè la violazione delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 e nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (artt. 6 e 8).

Premesso che la definizione delle materie operata dal d.P.R. n. 616 del 1977 si estende pure alla Regione ricorrente in forza delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (art. 6, primo comma) e che, in base all'art. 8, secondo comma, dello stesso decreto, le funzioni delegate alle regioni a statuto ordinario s'intendono trasferite alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ove (come nel caso) riguardino materie assegnate alla competenza esclusiva di quest'ultima, la ricorrente osserva che le disposizioni contenute nell'art. 1 della legge impugnata, pur a ritenere che contengano norme di principio, sarebbero lesive delle competenze esclusive, peraltro già esercitate, affidate alla Regione Friuli-Venezia Giulia riguardo alla determinazione dei prezzi nel settore turistico.

3.- La Provincia autonoma di Bolzano ha regolarmente depositato e notificato un ricorso diretto a chiedere la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo, secondo, terzo e quarto comma, della legge n. 284 del 1991, sul presupposto che violi: l'art. 8, n. 20, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che assegna ad essa la competenza esclusiva in materia di turismo e industria alberghiera; l'art.9, n. 7, dello stesso Statuto, che conferisce alla Provincia la competenza concorrente in materia di servizi pubblici; l'art. 16, primo comma, del medesimo Statuto, che attribuisce alle province autonome le funzioni amministrative afferenti alle materie assegnate alle loro competenze legislative; nonchè le relative norme di attuazione, contenute nel d.P.R1 novembre 1973, n. 686, e nel d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278.

La ricorrente, premesso che ha esercitato con proprie leggi la competenza in contestazione e premesso che le censure da essa formulate, specialmente quelle concernenti il primo comma, sono subordinate all'eventualità che la legge impugnata abbia abrogato la norma della legge n. 217 del 1983, la quale faceva salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, osserva che gravi lesioni alla propria autonomia deriverebbero dal secondo e dal terzo comma del ricordato art. 1.

In particolare, il secondo comma, il quale regola la comunicazione dei prezzi ai soli fini della pubblicità, interviene in un campo già disciplinato compiutamente daleggi provinciali. Il terzo comma, invece, il quale prescrive che, entro il 1 marzo e il 1 ottobre di ogni anno, ciascun operatore comunica i prezzi che praticherà, rispettivamente, dal 1 giugno e dal 1 gennaio dell'anno successivo, contiene una norma dettagliata, che si pone in diretto contrasto con la disciplina provinciale, per la quale la predetta comunicazione deve avvenire il 10 settembre di ogni anno, salvo possibili variazioni da comunicare entro il 31 marzo di ogni anno (a parte i rifugi alpini, per i quali l'obbligo di comunicazione cade il 30 giugno di ogni anno).

Per le stesse ragioni sarebbe incostituzionale anche il quarto comma dell'art. 1, il quale affida al Ministro del turismo e dello spettacolo il potere di determinare con proprio decreto le modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi, trattandosi di materia disciplinata da leggi provinciali, non modificabili o derogabili da decreti ministeriali con riguardo agli ambiti di competenza delle province stesse.

Nè, sempre riguardo a questa ultima censura, si può ritenere che possa valere la clausola di salvezza delle competenze provinciali, per il fatto che il quarto comma fa esplicito riferimento al secondo, che parla espressamente della Provincia autonoma di Bolzano. Del resto, la disposizione impugnata, che sembra riferirsi a un regolamento ministeriale, violerebbe altresì l'art. 17, primo comma, lettera c) (rectius: lettera b) e terzo comma, della legge n. 400 del 1988, che vieta l'adozione di quei regolamenti in campi riservati alla competenza esclusiva delle Province autonome. Nè, infine, ove si dovesse ritenere di essere in presenza di un atto governativo di indirizzo e coordinamento, si potrebbe dire di aver di fronte una norma costituzionalmente legittima, poichè questa sarebbe comunque contraria al principio di legalità sostanziale, dal momento che manca in essa qualsiasi predeterminazione dei criteri richiesti per la definizione del contenuto del futuro atto governativo.

4.- Anche la Regione Toscana ha regolarmente notificato e depositato un ricorso con il quale chiede che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge n. 284 del 1991, per violazione degli artt. 117, 118 e 97 della Costituzione.

Dopo aver ricordato che anche durante i lavori parlamentari sono stati manifestati forti dubbi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, la ricorrente osserva che, in base agli artt. 56-60 del d.P.R. n.616 del 1977, confermati dalla legge n. 217 del 1983, la materia "turismo e industria alberghiera" è stata trasferita alle regioni accogliendo una nozione molto ampia, che ricomprende, a suo avviso, la determinazione dei prezzi delle strutture turistiche ricettive. Nei confronti di queste ultime, l'art. 7 della legge- quadro sul turismo non contiene alcun principio sulla determinazione dei prezzi, ma pone l'unico vincolo di un trattamento identico fra le varie strutture ricettive, estendendo a queste il regime dei prezzi vigente per gli alberghi.

La suddetta competenza regionale, peraltro ampiamente esercitata dalla Toscana, risulterebbe violata, a giudizio della ricorrente, dal momento che le disposizioni impugnate conterrebbero norme di dettaglio su un profilo essenziale della disciplina delle attività alberghiere. Le stesse disposizioni contrasterebbero, poi, con il principio di collaborazione tra Stato e regioni, più volte affermato da questa Corte, poichè esse, pur incidendo in una materia di competenza regionale, sono state adottate senza alcuna previa consultazione con le regioni stesse o con gli organi in cui queste sono rappresentate unitamente allo Stato.

5.- La Regione Lombardia ha regolarmente notificato e depositato un ricorso per chiedere la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo, quinto e sesto comma, e dell'art. 2, sesto comma, della legge n. 284 del 1991, ritenendoli contrastanti con l'art. 117 della Costituzione.

Dopo aver ricordato, nell'ambito di un'ampia ricostruzione delle norme vigenti in materia, che nella legislazione anteriore al trasferimento alle regioni delle competenze contestate le potestà economico-tariffarie erano intrinsecamente connesse al potere di classificare i servizi alberghieri e che le competenze dei comitati provinciali prezzi godevano di una propria autonomia in relazione a una funzione di controllo nell'ambito di un regime di "prezzi amministrati", la ricorrente osserva che con l'art. 56 del d.P.R. n. 616 del 1977 questo complesso di competenze è stato attribuito alle regioni, essendo state trasferite ad esse "tutte" le funzioni in materia di "turismo e industria alberghiera", eccettuate quelle riservate allo Stato dall'art. 58 del medesimo decreto. L'art. 52 del d.P.R. n. 616, tuttavia, ha assegnato a titolo di delega, sia pure con riferimento generico alle attività commerciali, le funzioni relative alla "attività dei comitati provinciali prezzi", anche con riguardo alle tariffe alberghiere e ai servizi turistici, funzioni che sono state delegate ad "integrazione necessaria" di competenze trasferite.

Secondo la ricorrente, l'art. 1, primo comma, nel disporre la totale liberalizzazione dei prezzi dei servizi alberghieri e delle altre strutture ricettive, sottrae ai comitati provinciali prezzi e agli enti preposti al turismo locale dipendenti dalla Regione competenze che l'art. 117 attribuisce all'autonomia regionale senza alcuna specifica limitazione materiale. In tal modo, non solo viene incostituzionalmente soppressa una funzione trasferita, ma subisce altresì uno svuotamento quella relativa alla classificazione dei servizi alberghieri, intimamente legata alla funzione soppressa. Questa illegittimità è resa palese, ad avviso della ricorrente, dall'art. 1, quinto comma, che espressamente abroga il regime di "prezzi concordati", rectius "amministrati", disposto dall'art.7 della legge n. 217 del 1983.

Ancor più evidente sarebbe, sempre ad avviso della ricorrente, l'incostituzionalità dell'art. 1, sesto comma, il quale, nel disporre la liberalizzazione delle tariffe delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione, lederebbe le competenze, oggetto di delega organica alle regioni, concernenti le aree e le spiagge fluviali e lacuali a destinazione turistica (art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977). Tale previsione sarebbe palesemente irragionevole, poichè esproprierebbe la regione di poteri che sono connaturati alla sua posizione di concedente, volta a controllare attività imprenditoriali svolgentisi su beni demaniali destinati a uno specifico uso pubblico.

Infine, conclude la ricorrente, sarebbe incostituzionale anche l'art.2, sesto comma, il quale, "avocando" esclusivamente all'ENIT la realizzazione e la gestione di interventi finanziari che si configurano come iniziative di sostegno e di promozione turistica, lederebbe le attribuzioni trasferite alle regioni dall'art. 4 della legge-quadro n. 217 del 1983, attualmente esercitate in Lombardia dalle Aziende di promozione turistica.

6.- Con ricorso regolarmente depositato e notificato, la Provincia autonoma di Trento ha proposto questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo, terzo, quarto e sesto comma, della legge n.284 del 1991, per violazione degli artt. 8, n. 20, 9, n. 7, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige e delle relative norme di attuazione e dell'art. 2, quinto e sesto comma, della medesima legge, in riferimento, oltre che ai già citati parametri statutari, all'intero titolo V dello Statuto (come attuato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386),il quale garantisce l'autonomia finanziaria provinciale.

Dopo aver ricordato che la materia in considerazione è stata oggetto di un'ampia legislazione provinciale e che l'abrogazione del regime dei prezzi amministrati incide soltanto sulla normativa generale del controllo dei prezzi, non già su quella delle specifiche norme in tema di prezzi degli esercizi ricettivi (es. pubblicità dei prezzi, divieto di variazione dei prezzi nel semestre di riferimento), la ricorrente rileva che su questi ultimi aspetti, regolati dalle citate leggi provinciali, non sembra che trovino applicazione il secondo, terzo e quarto comma dell'art. 1 della legge impugnata, i quali, a differenza dei commi primo e quinto dello stesso articolo (che stabiliscono il principio della liberalizzazione dei prezzi), contengono norme specifiche in materia di industria alberghiera.

Se così non fosse, tuttavia, la ricorrente chiede che le disposizioni impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime per lesione delle attribuzioni prima ricordate.

Parimenti lesivo delle competenze provinciali sarebbe, ad avviso della ricorrente, l'art. 1, sesto comma, poichè l'estensione del regime dei prezzi liberi alle attività turistiche ad uso pubblico gestite in concessione contrasta con i principi generali del rapporto concessorio, di cui la determinazione delle tariffe costituisce un elemento essenziale, per il fatto che il titolare dell'attività in tal caso offre sul mercato, non servizi da lui stesso prodotti con mezzi propri, ma servizi per i quali utilizza beni pubblici e facoltà di pertinenza della amministrazione provinciale.

Costituzionalmente illegittimo, pur sotto il profilo dell'autonomia finanziaria, sarebbe, infine, l'art. 2, quinto e sesto comma, il quale attribuisce al Ministero del turismo e dello spettacolo, "anche" per il tramite dell'ENIT, il potere di effettuare interventi sulla promozione turistica all'estero che le norme di attuazione dello Statuto, contenute nell'art. 5 del d.P.R. n. 278 del 1974, assegnano, con riguardo alle iniziative da realizzare nel loro rispettivo territorio, alle province autonome, che a tal fine, al pari delle regioni a statuto ordinario, possono avvalersi dell'ENIT stesso. Nè, sempre ad avviso della ricorrente, varrebbe a giustificare l'articolo impugnato la rituale limitazione agli "interventi urgenti" in un campo caratterizzato da risorse stabili e da attività stagionali permanenti e ricorrenti.

7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si è regolarmente costituito in tutti i giudizi introdotti dai ricorsi precedentemente illustrati chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano dichiarate non fondate.

L'Avvocatura dello Stato osserva in via generale che la premessa dalla quale muovono tutte le ricorrenti, ad eccezione della Provincia autonoma di Trento - e cioé che il controllo dei prezzi delle attività alberghiere e ricettive rientra nella più ampia competenza in materia di turismo e di industria alberghiera ovvero è attratta da questa, trattandosi di funzione conferita a titolo di delega "organica" -, non sembra corretta, dal momento che, come questa Corte ha già affermato (v. sent. n. 474 del 1988), la disciplina del controllo dei prezzi si collega a finalità generali (quali la lotta all'inflazione, etc.), che trascendono gli interessi tutelati con le attribuzioni regionali (o provinciali). In questo, come in altri settori (ad esempio, agricoltura),la politica dei prezzi sarebbe distinta e autonoma dalle competenze attribuite alle ricorrenti, tanto che i relativi poteri sono rimasti in capo al comitato interministeriale prezzi, in ragione del fatto che gli indirizzi di politica economica non possono subire frammentazioni o frazionamenti fra Stato e regioni (o province autonome). Nè, continua l'Avvocatura dello Stato, le funzioni affidate ai comitati provinciali prezzi possono essere configurate come frutto di delega "organica" (cioé necessariamente integrativa di funzioni trasferite), così che una legge dello Stato può ben disciplinare ex novo il settore, senza incontrare ostacolo in competenze regionali o provinciali.

Quanto alle censure più specifiche, l'Avvocatura dello Stato, nel contestare la pretesa lesione delle competenze che spettavano agli enti provinciali per il turismo, invocata dalla Regione Lombardia, rileva che il trasferimento di tali funzioni riguarda, non già l'imposizione dei prezzi (v. regio decreto-legge n. 2049 del 1935), ma la pubblicizzazione delle tariffe dichiarate dagli operatori e il controllo sulla loro effettiva applicazione (v. regio decreto-legge n. 2049 del 1935). Inoltre, dopo aver affermato che il quinto comma sembra puramente consequenziale rispetto al principio della liberalizzazione stabilito dal primo comma, l'Avvocatura dello Stato osserva, in relazione alle censure mosse al sesto comma, che l'inerenza delle strutture turistiche ivi previste a un rapporto tra concedente e concessionario non ha alcuna rilevanza rispetto ai prezzi, poichè il concedente può sempre tutelare in via negoziale il proprio interesse alla determinazione del canone e delle altre condizioni del disciplinare della concessione. In ogni caso, afferma l'Avvocatura, il trasferimento delle funzioni amministrative sulle pertinenze demaniali fluviali e lacuali, operato dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, non avrebbe comportato il trasferimento del diritto demaniale, che sarebbe rimasto in via prevalente in capo allo Stato. Infine, a proposito delle censure mosse all'art. 2, sesto comma, l'Avvocatura rileva che, a norma del d.P.R. n. 616 del 1977, non è certo inibito al Ministero e all'ENIT esercitare con proprie risorse finanziarie il sostegno dell'immagine del turismo italiano all'estero, salvi i poteri delle singole regioni o delle Province di Trento e di Bolzano di adottare autonome iniziative per valorizzare il turismo nei propri territori.

Nei confronti delle censure mosse dalle Regioni Toscana e Umbria all'art. 1, l'Avvocatura dello Stato osserva che nulla può escludere che il principio contenuto nella legge-quadro n. 217 del 1983, relativo all'attuazione del regime dei prezzi "concordati", possa essere modificato o abrogato. Analogo ragionamento varrebbe per le censure mosse dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.

Infine, relativamente alle censure mosse in parallelo dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, l'Avvocatura dello Stato rileva che la legge impugnata, riguardo alla pubblicità, trasmissione e pubblicazione dei prezzi, non fa che richiamare il regio decreto-legge n. 2049 del 1935, che è stato sempre applicato su tutto il territorio nazionale, sulla base dell'evidente interesse generale a che la pubblicità dei prezzi, che è diretta a tutelare gli utenti, trovi un'attuazione omogenea e la comunicazione delle tariffe sia finalizzata alla pubblicazione nell'annuario degli alberghi d'Italia. Tali disposizioni, pertanto, non ledono competenze delle Province autonome, poichè si limitano a porre su queste ultime un onere, non certo gravoso, di comunicazione di dati al fine della pubblicazione degli stessi a livello nazionale. Da ultimo, riguardo alle censure mosse all'art. 1, sesto comma, e 2, quinto comma, l'Avvocatura rimanda a quanto ha già replicato ad altre ricorrenti, salvo ad aggiungere, riguardo all'art. 2, quinto comma, che l'urgenza degli interventi è legata, come risulta dai lavori preparatori, alla finalità di rilanciare il turismo colpito da eventi negativi contingenti di ordine politico o sociale.

8.- In prossimità dell'udienza hanno depositato ulteriori memorie le Regioni Umbria e Toscana e la Provincia autonoma di Bolzano, le quali, oltre a ribadire posizioni già espresse, hanno aggiunto nuove considerazioni.

In particolare, la Regione Umbria, ribadendo la propria opinione sulla inerenza della determinazione dei prezzi delle strutture alberghiere e ricettive alla politica del turismo (e non già a quella economica) e, in particolare, alla classificazione degli alberghi (anche a tutela dell'utente), afferma che proprio in base a tale inerenza, piuttosto che in base al labile richiamo operato dall'art. 7 della legge n. 217 del 1983, molte regioni hanno disciplinato organicamente le tariffe alberghiere e degli altri esercizi ricettivi. Tra queste, rientra anche la Regione Umbria, che, con la propria legge n. 43 del 1988, ha altresì indicato "in modo analitico ed esaustivo le norme abrogate, tra le quali il regio decreto- legge 24 ottobre 1935, n. 2049", cui invece la legge impugnata fa riferimento. La stessa ricorrente prospetta, poi, la lesione dei principi di ragionevolezza e di leale cooperazione, sulla falsariga di quanto dedotto dalla Regione Toscana.

La Provincia autonoma di Bolzano, oltre a precisare, in contrasto con quanto mostra di presupporre l'Avvocatura dello Stato, di aver impugnato anche l'art. 1, primo comma, pur se a condizione che debba applicarsi al proprio territorio, e oltre a ribadire di ritenere la disciplina dei prezzi dei servizi alberghieri ricompresa nella materia turismo e industria alberghiera, afferma che la liberalizzazione dei prezzi rientra nelle scelte di propria competenza e non può essere considerata principio generale dell'ordinamento o norma fondamentale di riforma economico- sociale.

Tantomeno, poi, essa prosegue, sussisterebbe un interesse statale dietro a norme di dettaglio come quelle impugnate e, in particolare, dietro all'esigenza di raccogliere unitariamente tutte le comunicazioni dei prezzi degli operatori turistici per pubblicarli nell'annuario degli alberghi d'Italia.

La Regione Toscana, ribadendo che l'esaustività e la completezza del trasferimento in materia di turismo e industria alberghiera inducono a ricomprendere in quest'ultima la determinazione dei prezzi, contesta l'affermazione dell'Avvocatura dello Stato, per la quale la disciplina impugnata è riconducibile a finalità unitarie di politica economica e, specialmente, alla lotta all'inflazione.

A conferma del suo assunto, la ricorrente sottolinea che la determinazione delle tariffe è prevista nella legge-quadro, dove, all'art.14, esiste un significativo collegamento tra la distribuzione delle risorse a favore delle regioni e gli "indici di utilizzazione del patrimonio ricettivo regionale", i quali sono indubbiamente condizionati dai prezzi degli esercizi alberghieri.

Considerato in diritto

1.- Con sei distinti ricorsi le Regioni a statuto ordinario Umbria, Toscana e Lombardia, la Regione a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Bolzano e di Trento sollevano questioni di legittimità costituzionale su varie disposizioni contenute negli artt. 1 e 2 della legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi di sostegno alle imprese turistiche), essenzialmente per violazione delle norme costituzionali ad esse attributive di competenze legislative e amministrative in materia di "turismo e industria alberghiera".

Più precisamente, le Regioni Umbria e Toscana contestano la legittimità costituzionale dell'intero art. 1 in riferimento agli artt.117 e 118 della Costituzione e, limitatamente alla Toscana, anche in riferimento all'art. 97 della Costituzione. Lo stesso art. 1, nella totalità dei suoi commi, è impugnato dalla Regione Friuli- Venezia Giulia, per violazione dell'art. 4, n. 10, del proprio Statuto, che conferisce alla predetta ricorrente la competenza esclusiva in materia di "turismo e industria alberghiera", e per violazione delle relative norme d'attuazione contenute nel d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 e nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469 (artt. 6 e 8). La Provincia autonoma di Bolzano, poi, dubita della costituzionalità dell'art. 1, primo, secondo, terzo e quarto comma, ritenendo le disposizioni ivi contenute lesive della propria competenza esclusiva in materia di "turismo e industria alberghiera", di quella concorrente in materia di servizi pubblici e delle corrispondenti funzioni amministrative, le quali sono rispettivamente garantite alla ricorrente dagli artt. 8, n. 20, 9, n. 7, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come attuati dal d.P.R. 1 novembre 1973, n.686 e dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278. Questi medesimi parametri sono invocati per addurre l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo, terzo, quarto e sesto comma, da parte della Provincia autonoma di Trento, la quale prospetta altresì la violazione degli stessi, in combinazione con l'intero titolo V dello Statuto (come attuato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386), ad opera dell'art. 2, quinto e sesto comma. Infine, la Regione Lombardia lamenta la violazione dell'art. 117 della Costituzione da parte dell'art.1, primo, quinto e sesto comma, e dell'art. 2, sesto comma.

Poichè tutti i ricorsi ora indicati prospettano questioni di legittimità costituzionale su medesime disposizioni o su disposizioni fra loro connesse, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2.- L'art. 1, primo comma, della legge n. 284 del 1991 - il quale stabilisce che, dalla data di entrata in vigore della legge, i prezzi dei servizi alberghieri e delle altre strutture ricettive (di cui alla legge 17 maggio 1983, n. 217, e successive modificazioni) "sono liberamente determinati dai singoli operatori" - è sospettato d'illegittimità costituzionale dalle Regioni a statuto ordinario Umbria, Toscana e Lombardia. Le anzidette ricorrenti ritengono, infatti, che la legge impugnata, nel disporre la liberalizzazione dei prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle altre strutture turistiche ricettive, sia lesiva del potere di determinazione delle medesime tariffe che gli artt. 56-60 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, e l'art. 7, undicesimo comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217, in attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, avrebbero incluso fra gli oggetti trasferiti alle competenze regionali in materia di "turismo e industria alberghiera". Le Regioni Umbria e Lombardia osservano, inoltre, che, pur a ritenere che la predetta determinazione dei prezzi debba essere considerata una funzione delegata alle regioni ai sensi dell'art. 52, primo comma, lettera c), del d.P.R. n.616 del 1977, la disposizione impugnata sarebbe parimenti incostituzionale per essere lesiva di norme che affidano alle regioni funzioni delegate, le quali sono organicamente e necessariamente connesse a quelle trasferite in materia di "turismo e industria alberghiera".

La questione non è fondata.

Il potere di determinazione delle tariffe dei servizi erogati dagli alberghi e dalle altre strutture turistiche ricettive non può essere ricompreso fra gli oggetti concernenti il pur ampio trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di turismo e industria alberghiera.

Con riferimento a questo specifico settore, tanto all'atto dell'adozione del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 6, quanto nel momento del successivo trasferimento compiuto con il d.P.R. n. 616 del 1977, non sussisteva nell'ordinamento giuridico alcuna norma di legge volta a ricomprendere tra le funzioni relative alla materia del turismo e dell'industria alberghiera, esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, quella concernente la determinazione dei prezzi dei servizi alberghieri.

Quest'ultima funzione, come ha correttamente riconosciuto la Regione Lombardia, rientrava e rientra in una più generale competenza attinente al complesso dei rapporti commerciali, in base alla quale il potere di determinare i prezzi "dei servizi e delle prestazioni", oltrechè delle merci, è affidato al comitato interministeriale dei prezzi (CIP) e, in sede locale, ai comitati provinciali dei prezzi, che operano nell'ambito delle direttive emanate dal comitato interministeriale (v. artt. 4 e 7 del decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 347; art.9 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 15 settembre 1947, n.896).

In base a tale collocazione nell'ambito della materia del commercio, la fissazione delle tariffe dei servizi alberghieri deve ritenersi ricompresa tra le funzioni che sono state delegate alle regioni a statuto ordinario dall'art. 52, primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale fa riferimento "all'attività dei comitati provinciali per i prezzi sulla base delle norme di riforma del sistema dei prezzi controllati". Tale delega è stata successivamente ampliata dall'art. 7, undicesimo comma, ultima proposizione, della legge n. 217 del 1983, ora abrogato dall'impugnato art.1, quinto comma, il quale disponeva che "il regime dei prezzi concordati, previsto dalla presente legislazione per gli alberghi, è esteso a tutte le strutture ricettive indicate nell'art. 6, gestite da imprese turistiche".

Analogamente a quanto affermato da questa Corte a proposito di un'altra funzione prevista dallo stesso art. 52, primo comma, del d.P.R. n.616 del 1977 (v. sent. n. 559 del 1988), non si può negare che anche il potere di determinare le tariffe imputato ai comitati provinciali dei prezzi deve esser considerato, nello specifico riferimento ai servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture turistiche ricettive, come una funzione delegata alle regioni al fine di rendere possibile a queste ultime l'esercizio "organico" delle competenze trasferite e, in particolare, di quelle concernenti il turismo e l'industria alberghiera. Anche in tal caso, infatti, non residuano allo Stato poteri "concorrenti", ma solo una potestà di indirizzo a fini di coordinamento; e, inoltre, sussiste tra la determinazione delle tariffe alberghiere (e di quelle delle altre strutture turistiche ricettive) e lo svolgimento di varie competenze "proprie" in materia di turismo e di alberghi (classificazione degli immobili adibiti ad uso di albergo, sviluppo del turismo regionale, etc.) una connessione funzionale necessaria in vista di quell'esercizio "organico" delle attribuzioni "proprie" che la legge n. 382 del 1975 e il d.P.R. n.616 del 1977 hanno voluto garantire alle regioni (v. anche sentt. nn. 977, 1034 e 1112 del 1988, 278 del 1991).

Tutto ciò non toglie, tuttavia, che, come questa Corte ha costantemente ammesso (v., da ultimo, sentt. nn. 211 del 1988, 101 del 1989 e 85 del 1990), il legislatore statale, nello svolgimento non irragionevole del suo potere di attuazione delle disposizioni costituzionali, possa modificare la portata o il significato delle competenze trasferite alle regioni e, a maggior ragione, di quelle delegate alle stesse per l'esercizio "organico" delle loro attribuzioni. Infatti, una volta che si è riconosciuto al legislatore statale un ampio potere di conformazione delle materie assegnate alle attribuzioni regionali, nel senso di un significativo ampliamento della consistenza e del numero delle funzioni rientranti in un medesimo ambito di competenza costituzionalmente predefinito, nel contempo non può logicamente negarsi che il legislatore statale possa usare lo stesso potere, nella sua discrezionale valutazione dei rapporti fra Stato e regioni nel loro divenire, anche nel senso di restringere la consistenza o, persino, il numero delle funzioni rientranti in un determinato ambito materiale di competenza costituzionalmente predefinito.

Sotto tale profilo, non può considerarsi arbitraria la scelta che il legislatore statale ha effettuato con l'art. 1, primo comma, della legge n.284 del 1991, il quale, nel disciplinare ex novo la funzione considerata, ha predisposto una riforma radicale implicante la soppressione della stessa e la conseguente sottrazione alle regioni a statuto ordinario del potere delegato di determinazione dei prezzi dei servizi alberghieri e para-alberghieri.

Con la disposizione impugnata, in altri termini, il legislatore nazionale ha realizzato una riforma fondamentale del mercato dei predetti servizi, in base alla quale da un regime di prezzi controllati, "amministrati" o "concordati" che fossero, si è passati a un regime di prezzi liberi.

Siffatta scelta di politica economica - che, come tale, non è certo sindacabile da questa Corte - comporta una trasformazione radicale e globale del sistema di determinazione delle tariffe nel settore considerato, in relazione alla quale la consequenziale soppressione della funzione delegata di formazione in via amministrativa dei prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture ricettive turistiche non può considerarsi costituzionalmente illegittima.

Per gli stessi motivi appena enunziati viene meno anche l'ulteriore censura mossa dalla Regione Toscana all'art. 1, primo comma, ripresa pure dalla regione Umbria nella memoria difensiva, in riferimento alla pretesa incidenza della disposizione impugnata su una materia di competenza regionale in mancanza di adeguate forme di cooperazione.

3.- Per effetto della pronunzia ora resa, deve dichiararsi non fondata anche la questione di legittimità costituzionale che le Regioni Umbria, Toscana e Lombardia hanno sollevato nei confronti dell'art. 1, quinto comma, della legge n. 284 del 1991, il quale dispone che "l'ultimo periodo dell'undicesimo comma dell'art. 7 della legge 17 maggio 1983, n.217, è abrogato".

La disposizione considerata, infatti, è meramente consequenziale all'introduzione, operata con il già esaminato primo comma dello stesso art. 1, concernente il principio della liberalizzazione dei prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture turistiche ricettive.

L'introduzione di tale principio comporta logicamente l'eliminazione di una statuizione che, non solo confermava il sistema dei prezzi "concordati", ma lo estendeva, altresì, dai servizi alberghieri ai servizi erogati dalle strutture turistiche ricettive indicate nell'art. 6 della medesima legge.

4.- Non fondata è, altresì, la questione di legittimità costituzionale che la Regione a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Bolzano hanno sollevato, quest'ultima subordinatamente alla eventualità che la legge impugnata abbia abrogato la disposizione della legge n. 217 del 1983, la quale faceva salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, in riferimento ai parametri statutari indicati nel punto primo della motivazione, nei confronti dell'art. 1, primo comma, della legge n. 284 del 1991.

In tema di determinazione delle tariffe alberghiere tanto la Regione Friuli-Venezia Giulia quanto la Provincia autonoma di Bolzano dispongono di competenza esclusiva. Per l'una e per l'altra, infatti, le norme di attuazione dei relativi Statuti speciali - contenute, rispettivamente, nell'art. 8, secondo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, e nell'art.11, secondo comma, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 - stabiliscono che le funzioni delegate alle regioni a statuto ordinario dal d.P.R. n.616 del 1977, ove attengano a materie attribuite alla competenza esclusiva della Regione e della Provincia anzidette, qual'è, per l'appunto, quella in tema di turismo e industria alberghiera, sono a queste trasferite per la parte che già non spetti loro per competenza propria. E poichè, come s'è prima detto, la determinazione dei prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle strutture turistiche ricettive è stata delegata alle regioni ad autonomia comune dall'art. 52, primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 616 del 1977, non v'è dubbio che le relative funzioni devono intendersi ricomprese nella competenza esclusiva delle ricorrenti ora in considerazione.

Ciò non di meno, si deve escludere che l'art. 1, primo comma, contenga un limite alla predetta competenza che possa essere ritenuto costituzionalmente illegittimo, dal momento che ricorrono nel caso tutti i requisiti che questa Corte ha riconosciuto come propri delle disposizioni costituenti "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" (v., ad esempio, sentt. nn.116 del 1967, 13 del 1980, 151 del 1986, 99 del 1987, 274, 1002 e 1033 del 1988, 85 del 1990 e 349 e 396 del 1991). Non si può dubitare, infatti, che la disposizione impugnata sia diretta al fine di modificare radicalmente o, anzi, di capovolgere il meccanismo di determinazione delle tariffe dei servizi in un settore, quello turistico- alberghiero, di grande importanza per la vita economica e sociale della collettività nazionale. Inoltre, la stessa disposizione di legge statale, nel segnare il passaggio da un sistema di formazione dei prezzi in via amministrativa a uno basato sul libero incontro della domanda e dell'offerta, stabilisce un principio, quello del "libero mercato", che, concernendo un profilo fondamentale del regime economico nel settore considerato, esige un'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale.

Infine, il principio della liberalizzazione dei prezzi dei servizi erogati dagli alberghi e dalle altre strutture turistiche ricettive si inserisce in un congiunto di funzioni in base al quale le ricorrenti, nel campo di competenza interessato, conservano uno spazio di poteri sufficiente per adattare il predetto principio alle condizioni e alle peculiarità delle loro realtà locali.

Nè può riconoscersi un qualche rilievo al fatto che l'introduzione per via legislativa del principio riformatore prima indicato comporti la soppressione di una funzione, quella di determinare le tariffe alberghiere e para-alberghiere che, in base alle disposizioni di legge preesistenti, era ricompresa nella sfera di competenza (esclusiva) della Regione e della Provincia autonoma ricorrenti. Rientra, infatti, nel concetto stesso delle "norme fondamentali delle riforme economico- sociali" l'effetto di trasformazione delle situazioni normative o istituzionali preesistenti, cui può conseguire tanto la creazione di funzioni nuove, quanto, come nel caso di specie, la soppressione di funzioni fino ad allora esistenti ed esercitate. Resta il fatto, tuttavia, che il venir meno della funzione di determinazione delle tariffe alberghiere e para-alberghiere non comporta la vanificazione delle pur ampie possibilità di intervento che le regioni e le province autonome conservano in materia di turismo e di industria alberghiera, possibilità fra le quali sono indubbiamente ricomprese anche ipotesi di sostegno o di incentivazione che incidono sui costi di impianto e di gestione delle strutture turistiche e alberghiere e che ricadono, in definitiva, sulla formazione dei prezzi dei relativi servizi.

5.- In conseguenza della dichiarazione di non fondatezza della questione di costituzionalità esaminata nel punto immediatamente precedente deve pervenirsi a un'identica pronunzia relativamente alla censura che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha mosso, in riferimento all'art. 4, n. 10, del proprio Statuto speciale, nei confronti dell'art. 1, quinto comma, della legge n. 284 del 1991. Come si è precisato nel precedente punto n. 3, la disposizione impugnata contiene una norma di abrogazione espressa dell'art.7, undicesimo comma, ultimo periodo, della legge n. 217 del 1983, che è puramente consequenziale rispetto alla introduzione del principio di liberalizzazione dei prezzi alberghieri e para-alberghieri e il cui esame di costituzionalità porta alla medesima conclusione alla quale si è giunti a proposito di quel principio.

6.- Non ricorre neppure la pretesa lesione delle competenze costituzionalmente assegnate alle ricorrenti in materia di turismo e industria alberghiera e, in particolare, in tema di determinazione delle forme di pubblicità dei prezzi dei servizi alberghieri, che le Regioni Umbria, Toscana e Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Bolzano e di Trento hanno lamentato in relazione all'art. 1, secondo comma, della legge n. 284 del 1991.

La disposizione, della cui legittimità costituzionale si dubita, stabilisce che "gli operatori comunicano i prezzi di pernottamento nelle strutture alberghiere ed i prezzi dei servizi turistici delle altre strutture ricettive alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano ai soli fini della pubblicità di cui al regio decreto-legge 24 ottobre 1935, n. 2049, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 1936, n. 526, e successive modificazioni". Dall'espresso tenore letterale di tale disposizione risulta chiaramente che l'onere di comunicazione ivi previsto è imposto ai singoli operatori "ai soli fini della pubblicità" di cui al regio decreto-legge n. 2049 del 1935, vale a dire sia allo scopo di "denunciare" agli enti regionali subentrati agli enti provinciali per il turismo i prezzi (minimi e massimi, fissi) relativi a una serie di servizi (art. 1) , sia allo scopo di trasmettere i dati, comprensivi dei prezzi praticati in un certo periodo, che dovranno esser pubblicati, a cura dell'ENIT, nell'annuario ufficiale degli alberghi e delle altre strutture turistiche ricettive (art. 10, come modificato da successive norme legislative).

In altri termini, è evidente che la disposizione di legge esaminata non comporta alcuna violazione delle competenze regionali o provinciali in materia di turismo e di industria alberghiera. Essa, infatti, per un verso, conferma che le regioni e le province autonome sono le destinatarie esclusive delle "denunce" previste nell'art. 1 del regio decreto-legge n.2049 del 1935 al fine di esercitare i controlli contemplati nello stesso decreto e trasferiti alle ricorrenti in forza dell'art. 56 del d.P.R. n.616 del 1977 e delle norme di attuazione degli Statuti speciali prima ricordate. Per altro verso, poi, la stessa disposizione impugnata, attraverso il generico rinvio alle forme di pubblicità previste dal regio decreto-legge n. 2049 del 1935, si riferisce anche al potere statale di curare direttamente la pubblicazione dell'annuario ufficiale degli alberghi e delle altre strutture turistiche ricettive, la cui disciplina legislativa, contenuta basilarmente nell'art. 10 del regio decreto-legge n.2049 del 1935, è stata modificata, da ultimo, dall'art. 3, secondo comma, lettera g), della legge 11 ottobre 1990, n. 292 (Ordinamento dell'Ente nazionale italiano per il turismo).

In relazione a quest'ultimo potere statale, il quale è previsto dalla legge appena citata quale strumento della commercializzazione e della promozione dell'offerta turistica italiana anche verso l'estero, non può configurarsi una lesione delle competenze regionali e provinciali in materia di turismo e di industria alberghiera, poichè l'onere di trasmissione dei dati che, in conseguenza di esso, ricade sulle regioni e sulle province autonome rientra fra le attività di informazione e di comunicazione, giustificate dal principio di cooperazione che informa i rapporti tra Stato e regioni (e province autonome), più volte giudicate da questa Corte come conformi a Costituzione (v. ad esempio, sentt. nn. 359 del 1985, 201 del 1987, 924 del 1988, 338 del 1989, 550 del 1990 e 32 del 1991).

7.- Non fondate, nei sensi di cui in motivazione, sono le questioni di legittimità costituzionale che, in riferimento alle norme costituzionali che attribuiscono loro competenze in materia di turismo e industria alberghiera (nonchè, limitatamente alla Provincia di Bolzano, in riferimento all'art. 17, primo comma, lettera. c), [(rectius: lettera b)] e terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400), tutte le ricorrenti, ad eccezione della Regione Lombardia, hanno sollevato nei confronti dell'art.1, terzo e quarto comma, della legge impugnata.

Le disposizioni ora considerate si collegano direttamente al potere statale, appena esaminato, relativo alla pubblicazione - a cura dell'ENIT - dell'annuario ufficiale degli alberghi italiani, cui fa riferimento il secondo comma dello stesso art. 1. Il terzo comma, infatti, prevede che "ciascun operatore comunica, entro il 1 marzo ed entro il 1 ottobre di ogni anno, i prezzi di cui al comma 2 che intende applicare, rispettivamente, dal 1 giugno e dal 1 gennaio dell'anno successivo". Il quarto comma, poi, dispone che "il Ministro del turismo e dello spettacolo, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce, con proprio decreto, le modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi di cui al comma 2".

Iniziando dall'ultima delle disposizioni ricordate, occorre sottolineare che essa, nel riferirsi alle "modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi di cui al comma 2", non può riguardare le "denunce", esaminate nel punto precedente della motivazione, che i singoli conduttori di alberghi e di altre strutture turistiche ricettive sono tenuti a fare, ai sensi dell'art. 1 del regio decreto-legge n. 2049 del 1935, agli organi regionali competenti al fine di permettere le relative funzioni di controllo e di vigilanza. Tali funzioni, come è confermato dallo stesso art. 1 della legge impugnata (che, al secondo e al sesto comma, prescrive che gli operatori comunichino alle regioni o alle province autonome i prezzi che intendono praticare), sono state trasferite dal d.P.R. n. 616 del 1977 alle regioni a statuto ordinario e, successivamente, grazie alle già ricordate norme di attuazione estensive dei medesimi trasferimenti di funzioni, anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome. Infatti, in forza dell'art. 56 del d.P.R. n. 616 del 1977, sono stati assegnati alle competenze regionali "tutti i servizi, le strutture e le attività pubbliche e private riguardanti l'organizzazione e lo sviluppo del turismo regionale, anche nei connessi aspetti ricreativi e dell'industria alberghiera, nonchè gli enti e le aziende pubbliche operanti nel settore sul piano locale".

Sicchè, ove la disposizione impugnata attribuisse al potere di regolazione ministeriale le competenze oggetto del predetto trasferimento, non potrebbe evitarsi la conclusione di considerarla lesiva delle norme costituzionali che assegnano alle regioni e alle province autonome le attribuzioni legislative e amministrative in materia di turismo e di industria alberghiera.

Tuttavia, come si è avuto modo di constatare nel corso dell'esame del secondo comma dello stesso art. 1, nell'ambito dei "fini della pubblicità" ivi indicati è altresì ricompresa la pubblicazione dell'annuario ufficiale degli alberghi. Ed è proprio in relazione alla anzidetta finalità che la disposizione impugnata assume un significato non contrario alla Costituzione, in quanto il potere ministeriale oggetto di contestazione, interpretato in connessione con tale scopo, viene a concernere modalità attuative relative ad attività di competenza dell'amministrazione centrale dello Stato. In altri termini, la violazione delle competenze regionali e provinciali in materia di turismo e di industria alberghiera deve escludersi una volta che l'art. 1, quarto comma, sia interpretato, come dev'essere interpretato, nel senso che il Ministro del turismo e dello spettacolo è chiamato a stabilire, con un proprio decreto, le modalità con le quali i dati relativi ai prezzi degli alberghi e delle altre strutture turistiche ricettive dovranno essere trasmessi all'ENIT, per essere pubblicati, a cura di questo Ente, nell'annuario ufficiale degli alberghi, ai fini della commercializzazione e della promozione di cui all'art. 3, secondo comma, lettera g), della legge n. 292 del 1990.

Anche la disposizione contenuta nel terzo comma dello stesso art. 1 è strettamente collegata, come si è prima accennato, alla pubblicazione dei prezzi nell'annuario ufficiale degli alberghi. L'onere imposto a ciascun operatore del settore alberghiero di comunicare i prezzi entro date prefissate è giustificato, infatti, dalla finalità di consentire all'ENIT di provvedere a pubblicare, in modo tempestivo e nel rispetto della necessaria omogeneità dei criteri e dei tempi di rilevazione, il predetto annuario. Per tali ragioni, anche se la disposizione ora esaminata si riferisce a scansioni temporali largamente usate in sede regionale e provinciale ai fini delle "denunce" dei prezzi di cui alle funzioni disciplinate dal regio decreto- legge n. 2049 del 1935, essa, tuttavia, non concerne tali competenze. Sicchè le regioni e le province autonome restano libere - ai fini da ultimo menzionati e salva pur sempre, agli stessi fini, la possibilità di applicazione in via suppletiva della normativa statale - di indicare date diverse in relazione alle quali gli operatori siano tenuti a ottemperare alle ricordate "denunce".

8.- Non fondate sono anche le questioni di legittimità costituzionale che le Regioni Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lombardia e la Provincia autonoma di Trento hanno sollevato nei confronti dell'art. 1, sesto comma, della legge n. 284 del 1991. Le disposizioni impugnate, infatti, non solo non violano le competenze regionali e provinciali in materia di turismo e di industria alberghiera (come ritengono tutte le ricorrenti appena menzionate), ma non ledono neanche le competenze relative al proprio demanio e al proprio patrimonio indisponibile (come lamenta la Provincia autonoma di Trento) e neppure i principi connessi alla struttura stessa dell'istituto della concessione (come suppone la Regione Lombardia).

Il sesto comma dell'art. 1, oggetto della presente impugnazione, dispone che "sono altresì liberamente e annualmente determinati e comunicati alle regioni e alle capitanerie di porto competenti per territorio, con le modalità stabilite nel decreto di cui al comma 4, entro il 1 ottobre di ogni anno, con validità dal 1 gennaio dell'anno successivo, i prezzi delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione". Se pure con formulazione tutt'altro che perspicua, si deve ritenere che il comma ora esaminato riprenda alcune norme stabilite in commi precedenti e li estenda alle "attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione". Più precisamente, esso, innanzitutto, introduce anche per queste attività il principio della liberalizzazione dei prezzi; in secondo luogo, prevede la "denuncia" dei prezzi stabiliti dai singoli operatori alle regioni (e alle province autonome) e alle capitanerie di porto; e, infine, dispone la comunicazione degli stessi prezzi con le modalità fissate dal decreto ministeriale previsto dal precedente quarto comma.

Mentre, in relazione alle due ultime norme, le ricorrenti non formulano censure diverse rispetto a quelle proposte nei confronti del secondo e del quarto comma dello stesso art. 1 - per le quali si rinvia all'esame svolto nei punti precedenti della motivazione -, al contrario esse dubitano che l'estensione del principio della liberalizzazione dei prezzi alle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione si ponga in contrasto con la natura giuridica propria dei rapporti concessori. Tale dubbio è, tuttavia, infondato, poichè la posizione dell'ente pubblico come concedente di attività o di beni d'interesse pubblico non può essere confusa con la posizione del medesimo ente pubblico ove questo sia investito, in ipotesi, del potere di stabilire in via amministrativa i prezzi di certe merci o di certi servizi.

In altri termini, qualunque sia il regime di formazione delle tariffe relative ai servizi alberghieri o para-alberghieri, il concedente ha pur sempre il potere, in sede di definizione delle condizioni del "disciplinare", di vincolare il concessionario a praticare determinate tariffe.

9.- Non fondate sono, infine, la censura che la sola Provincia di Trento ha proposto verso il quinto comma dell'art. 2 della legge n.284 del 1991, nonchè quella che la stessa Provincia e la Regione Lombardia hanno prospettato anche nei confronti del sesto comma del medesimo art.2.

Secondo la Provincia di Trento, l'art. 2, quinto comma - nel prevedere il finanziamento di interventi urgenti per il sostegno dell'immagine del turismo italiano sui mercati dei paesi generatori della domanda turistica, con la riserva del cinquanta per cento del finanziamento stesso a favore degli interventi a sostegno dell'immagine del turismo nei territori delle regioni del Mezzogiorno -, contemplerebbe attività statali illegittimamente interferenti, oltrechè con l'autonomia finanziaria provinciale, con la competenza esclusiva che la ricorrente ha, in base al proprio Statuto, in materia di turismo e di industria alberghiera.

Con le rispettive attribuzioni costituzionalmente assegnate in questa medesima materia alla Regione Lombardia e alla Provincia autonoma di Trento contrasterebbe, altresì, a giudizio di queste ultime, anche l'art.2, sesto comma, il quale stabilisce che gli interventi appena menzionati sono effettuati dal Ministro del turismo e dello spettacolo, anche per il tramite dell'ENIT, in attuazione del programma predisposto dallo stesso Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

In realtà, stando all'espresso tenore letterale delle disposizioni impugnate e all'interpretazione sistematica delle stesse (la quale esige che il significato delle norme impugnate sia determinato in connessione con quanto disposto dall'art. 3, primo comma, della legge n. 292 del 1990), deve escludersi qualsiasi lesione o illegittima interferenza nei confronti delle competenze delle ricorrenti, poichè gli interventi per i quali sono utilizzabili i fondi stanziati dalle norme impugnate sono chiaramente finalizzati a un'azione straordinaria di promozione e di sostegno sui mercati esteri dell'immagine turistica dell'Italia, come paese unitariamente considerato. Si tratta, in altri termini, di competenze sicuramente spettanti al Ministro del turismo e dello spettacolo ed esercitabili per il tramite dell'ENIT, il cui finanziamento straordinario è giustificato, come risulta dai lavori preparatori, dalla bassa congiuntura che ha complessivamente caratterizzato il turismo italiano a partire dal 1989.