Sentenza n.359 del 1985

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SENTENZA N. 359

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni Emilia- Romagna, Umbria, Lombardia, Abruzzo e Toscana, notificati rispettivamente il 24 giugno 1982, l'8 giugno 1984, il 19 giugno 1984, il 16 agosto 1984, il 20 settembre 1984 e il 4 aprile 1985, depositati in cancelleria il 30 giugno 1982, il 26 giugno 1984, il 5 luglio 1984, il 5 settembre 1984, il 3 ottobre 1984 e il 24 aprile 1985 ed iscritti ai nn. 9 del registro conflitti 1982; 20, 21, 22, 30, 31, 32, 33, 34 e 38 del registro conflitti 1984 e 18 del registro conflitti 1985, per conflitti di attribuzione sorti a seguito di circolari del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché di varie note di quest'ultimo Ministero.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1985 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi l'avvocato Alberto Predieri per le Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Toscana; l'avv. Maurizio Staccanella per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Piergiorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 24 giugno 1982 e depositato il 30 giugno 1982 (Reg. confl. n. 9/82), la Regione Emilia- Romagna ha proposto conflitto di attribuzione, nei confronti dello Stato, avverso la circolare del Presidente del Consiglio dei ministri 20 aprile 1982, n. 3763/6, pervenuta il 27 aprile 1982, con la quale si dispone, onde salvaguardare il patrimonio culturale e ambientale, che tutti i progetti di opere pubbliche, nella fase preliminare della localizzazione, debbano essere preventivamente sottoposti all'esame di competenza degli organi del Ministero per i beni culturali ed ambientali, al fine specifico di prevenire l'insorgere di situazioni di forza maggiore.

Deduce la ricorrente che il suindicato provvedimento invade la sfera di competenza attribuita alla Regione, in quanto urta contro l'art. 80 del d.P.R. n. 616/1977, ai sensi del quale la protezione dell'ambiente, che é parte della materia urbanistica, é di competenza delle Regioni, nonché contro l'art. 82 dello stesso d.P.R., che delega alle Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali, con riguardo, tra l'altro, all'apertura di strade ed alla concessione di autorizzazioni o nulla osta per la modificazione dei beni paesistici o delle bellezze naturali.

Con le suddette norme il legislatore ha tenuto conto dell'esigenza di gestione globale dell'assetto territoriale, e tale gestione ha unitariamente affidato, come compito qualificante, al subsistema delle regioni e degli enti locali.

La circolare impugnata contraddice tale meditata scelta in quanto introduce una competenza degli organi del Ministero dei beni culturali, sostanziantesi nell'esame preventivo dei progetti e della localizzazione delle opere pubbliche di qualsiasi amministrazione pubblica, che, in forza della normazione ricordata, non appartiene allo Stato.

Invero - soggiunge la ricorrente - nella materia di cui all'art. 80 d.P.R. n. 616/1977 allo Stato compete solo l'attività di indirizzo e di coordinamento, da esercitarsi nelle forme di cui all'art. 3 della l. n. 382/1975. Ma la circolare in oggetto non é riconducibile all'esercizio di siffatta attività, vuoi per carenza dei requisiti di forma (deliberazione del Consiglio dei ministri: art. 3 l. n. 382/1975), vuoi perché non si sostanzia in attività di indirizzo o coordinamento, bensì rivendica al Ministero dei beni culturali l'esercizio di una funzione amministrativa che, per converso, spetta alle Regioni.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, deduce, in primo luogo, che, con nota esplicativa datata 24 giugno 1982, n. 3763/6, aveva precisato che l'esame preventivo dei progetti di opere pubbliche, di cui alla circolare impugnata, va riferito a tutti i progetti relativi ad opere destinate ad essere realizzate su aree sottoposte a vincolo di interesse storico-artistico, ai sensi della l. n. 1089/1939, ed a vincolo di interesse paesaggistico ai sensi del combinato disposto della l. n. 1497/1939, e dell'art. 82, ultimo comma, del d.P.R. n. 616/1977, il che determina la cessazione della materia del contendere.

In via gradata, rileva il resistente che non tutta l'azione pubblica a difesa dell'ambiente é riconducibile alla materia dell'urbanistica, costituzionalmente riservata alle Regioni ai sensi dell'art. 117 Cost., e che il d.P.R. n. 616/1977, nello stabilire l'assetto delle competenze per tutti i settori ricompresi nella definizione di "urbanistica" enunciata nell'art. 80, riconosce, negli artt. 81, lett. a), 82 ed 83, una non trascurabile presenza dello Stato nelle funzioni che attengono alla tutela ambientale.

In particolare, per quanto concerne i "beni ambientali", l'art. 82 conserva allo Stato vari poteri di amministrazione attiva nel settore, consistenti: 1) nel potere di "integrare" gli elenchi delle bellezze naturali approvati dalle Regioni; 2) nella partecipazione al procedimento di revoca o modifica delle notifiche di interesse pubblico delle bellezze naturali e panoramiche, mediante il parere obbligatorio del Consiglio nazionale per i beni culturali; 3) nel potere di inibire o sospendere lavori che rechino pregiudizio a beni qualificabili come bellezze naturali, anche indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi.

A tale ultima specifica potestà di diretta partecipazione, in concorso con le Regioni, ai compiti di conservazione dei beni ambientali si ricollega appunto la circolare impugnata, che - come meglio chiarito nella nota esplicativa del 24 giugno 1982 - tende a consentire, in sede di esame dei progetti delle opere, l'adozione tempestiva dei provvedimenti inibitori di competenza statale, e non é pertanto invasiva della competenza regionale.

La Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria illustrativa. Deduce la ricorrente che non é idonea ad escludere la lamentata invasione della competenza regionale la circolare esplicativa 24 giugno 1982, richiamata dall'Avvocatura dello Stato, in base alla quale l'esame preventivo dei progetti é finalizzato all'eventuale adozione dei provvedimenti cautelari di cui all'art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977.

Il provvedimento impugnato rivendica infatti allo Stato il potere di esaminare ed approvare i progetti delle opere pubbliche, che non può essere ricondotto a nessuno dei poteri attribuiti allo Stato dall'art. 82 del d.P.R. 616/1977, concernenti l'integrazione degli elenchi e l'adozione di provvedimenti di inibizione o sospensione di lavori.

Si tratta, quindi, di una pretesa sfornita di fondamento normativo, che incide su di un settore di competenza regionale, dal momento che la concessione di autorizzazioni e di approvazioni di progetti, compresi quelli per strade e per cartelloni pubblicitari, é riservata alle Regioni dall'art. 82, comma secondo, lett. b), c), h), del d.P.R. n. 616/1977, sicché la circolare viene ad introdurre, in contrasto con la normativa suindicata, un duplice regime di approvazioni.

2. - Con ricorso notificato l'8 giugno 1984 e depositato il 26 giugno 1984 (Reg. confl. n. 20/84) la Regione Umbria ha proposto conflitto di attribuzione avverso la circolare del Ministero per i beni culturali ed ambientali 30 marzo 1984, n. 1769/VIII/3A3, pervenuta il 19 aprile 1984, indirizzata ai Soprintendenti per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici, ai Soprintendenti archeologi, e comunicata, per conoscenza, a varie autorità, nella quale, dopo aver richiamato la circolare n. 3763/6 del 24 giugno 1982, predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in tema di sottoposizione all'esame degli organi del Ministero per i beni culturali dei progetti di opere nella fase preliminare della localizzazione, si precisa che la competenza ad esaminare progetti di opere pubbliche da realizzare in zone vincolate in base alla l. n. 1497/1939 e ad assumere le susseguenti determinazioni spetta all'amministrazione centrale, e, conseguentemente, si segnala l'opportunità che le pubbliche amministrazioni inviino la documentazione, contemporaneamente, sia al Ministero che alle Soprintendenze, al fine di consentire al Ministero di adottare gli atti di sua competenza, ed alle Soprintendenze di formulare il loro motivato parere.

La ricorrente deduce che il suindicato provvedimento é invasivo della competenza attribuita alle Regioni, quale risulta dagli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616/1977, e svolge argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle poste a fondamento del ricorso sul quale si é riferito nel precedente n. 1.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, dopo aver richiamato la precedente circolare della Presidenza 20 aprile 1982, n. 3763/6 e la nota esplicativa 24 giugno 1982, n. 3763/6, rileva che a tali atti risale la inequivoca manifestazione di volontà di esercizio, da parte dello Stato, attraverso gli organi del Ministero dei beni culturali ed ambientali, del potere di esame preventivo dei progetti di opere pubbliche da ubicare in zone di interesse paesaggistico. Ne deriva che, avendo la circolare impugnata carattere meramente confermativo e applicativo delle suindicate circolari, non tempestivamente impugnate dalla Regione Umbria, il ricorso appare inammissibile.

In via gradata l'Avvocatura dello Stato ha invocato il rigetto del ricorso, perché infondato, richiamando le deduzioni svolte nel conflitto n. 9/82.

La Regione Umbria ha depositato memoria, nella quale contesta l'eccezione - formulata dall'Avvocatura dello Stato - di inammissibilità del ricorso, in quanto diretto avverso atto meramente confermativo ed attuativo di precedente provvedimento non impugnato avanti a questa Corte, rilevando che la circolare del Ministro dei beni culturali e ambientali presenta aspetti innovativi rispetto alla circolare del Presidente del Consiglio dei ministri, che prevedeva un intervento preliminare informativo, in quanto riserva al Ministero il potere di esame e di determinazione circa la localizzazione di qualsivoglia opera pubblica.

Nel merito, ribadisce la portata invasiva del provvedimento, non riconducibile alla previsione dell'art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, che considera soltanto specifici poteri di intervento in via cautelare, che non attengono alla fase di gestione ordinaria del vincolo ambientale e sono attivabili solo nel caso di accertata inerzia della Regione e di comprovata esigenza di scongiurare un danno grave e irreparabile del bene, sia esso vincolato o meno.

In tal senso, del resto, si era espresso lo stesso Ministero dei beni culturali e ambientali con la circolare n. 11 dell'11 febbraio 1982, nella quale i poteri ministeriali vengono qualificati come sussidiari e sostitutivi.

3. - Con ricorso notificato l'8 giugno 1984 e depositato il 26 giugno 1984 (Reg. confl. n. 21/84) la Regione Emilia-Romagna ha proposto conflitto di attribuzione avverso la suindicata circolare del Ministero per i beni culturali 30 marzo 1984, n. 1769/VIII/3A3 svolgendo deduzioni sostanzialmente coincidenti con quelle poste a fondamento del ricorso introduttivo del conflitto n. 9/82.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, rileva che il provvedimento impugnato riveste portata meramente applicativa delle circolari della Presidenza 20 aprile 1982, n. 3763/6 (già impugnata dalla ricorrente) e 24 giugno 1982, n. 3763/6, alle quali sono direttamente riferibili i motivi di ricorso, e si riporta alle deduzioni svolte nel conflitto n. 9/82.

La ricorrente ha depositato memoria, nella quale svolge considerazioni conformi a quelle sopra riassunte nel n. 2.

4. - Con ricorso notificato il 19 giugno 1984 e depositato il 5 luglio 1984 (Reg. confl. n. 22/1984) la Regione Lombardia ha proposto anch'essa conflitto di attribuzione avverso la medesima circolare del Ministero per i beni culturali e ambientali 30 marzo 1984, n. 1769/VIII/3A3.

Deduce la ricorrente che il provvedimento é invasivo della competenza regionale quale risulta dall'art. 118 Cost. e dall'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, in quanto la rivendicazione di una potestà "di controllo preventivo" e di "assenso preliminare alla localizzazione di qualsiasi opera pubblica" confligge con l'avvenuta delega di tali funzioni alle Regioni, alle quali spetta il potere di autorizzazione e nulla osta (art. 82, comma secondo, lett. b) con riferimento ad ogni opera, privata o pubblica.

Né é sostenibile, ad avviso della Regione, una correlazione tra la potestà di esame preventivo, di cui alla circolare impugnata, e la funzione riservata allo Stato ai sensi dell'art. 82, ultimo comma ("Il ministro per i beni culturali o ambientali può inibire lavori o disporne la sospensione quando essi rechino pregiudizio a beni qualificabili come bellezze naturali anche indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi"), in quanto tale funzione sostitutiva - adottabile solo nel caso di inerzia della Regione a provvedere ai sensi dell'art. 82, comma secondo, lett. e) - non potrebbe esercitarsi, nella fase preliminare di localizzazione dell'opera pubblica, ma solo quando, intervenuta l'approvazione del progetto, esso debba essere realizzato o sia in corso di esecuzione.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, eccepisce l'inammissibilità del ricorso, in quanto diretto contro atto meramente confermativo ed applicativo di precedenti provvedimenti (le circolari della Presidenza 20 aprile 1982, n. 3763/6, e 24 giugno 1982, n. 3763/6) non tempestivamente impugnati dalla ricorrente.

La Regione Lombardia ha depositato memoria, nella quale contesta l'eccezione di inammissibilità del ricorso, perché concernente atto meramente applicativo di precedenti note della Presidenza del Consiglio, osservando che queste rappresentavano atto di coordinamento e direttiva, mentre l'atto impugnato costituisce concreto esercizio di funzione.

Nel merito ribadisce l'invasività della circolare, in quanto si risolve in una coamministrazione attiva delle funzioni urbanistiche, in tema di opere pubbliche, in contrasto con i principi di cui all'art. 1, comma terzo, della l. n. 382/1975.

5. - Con ricorso notificato il 16 agosto 1984 e depositato il 5 settembre 1984 (Reg. confl. n. 32/84), la Regione Abruzzo ha proposto conflitto di attribuzione avverso il provvedimento 20 giugno 1984, n. 3237/VIII/3/B4 del ministro dei beni culturali e ambientali, con il quale, premesso che il Comune di Serramonacesca aveva adottato nel 1981 una variante al P.R.G. per la località Passolanciano; che il suddetto strumento urbanistico, in quanto regolatore di nuovi invasi insediativi della zona, é assimilabile a complessivi progetti di opere pubbliche, e conseguentemente é soggetto alla normativa delle circolari della Presidenza del Consiglio 24 giugno 1982, n. 3763/6 e del Ministero dei beni culturali 30 marzo 1984, n. 84/84; al fine di impedire interventi che attentino all'integrità del territorio protetto dalla l. n. 1497/1939, si inibisce, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, la realizzazione di tutti i progetti di opere pubbliche (infrastrutture varie, opere di urbanizzazione ecc.) suscettibili di costituire danno all'ambiente protetto, così come previsti dalla variante al P.R.G. suindicata.

Deduce la ricorrente che il provvedimento é invasivo della sfera di competenza regionale ex artt. 118 Cost. e 82 d.P.R. n. 616/1977, in quanto é volto a paralizzare l'assetto urbanistico dato da un piano regolatore, avverso il quale il Ministero manifesta "formale disapprovazione", senza avere alcun potere in merito.

Né a suo fondamento sono correttamente invocate le circolari suindicate, poiché queste, già denunziate alla Corte costituzionale, richiedono, pur illegittimamente, la presentazione di progetti di opere pubbliche, mentre nella specie con l'inibitoria, rivolta a soggetti non indicati e non identificabili, e non giustificata da motivi di urgenza (la variante risale al 1981), si impone la totale paralisi alla realizzazione di un piano regolatore.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha contestato la fondatezza del ricorso.

Deduce il resistente che il provvedimento impugnato é espressione del potere ministeriale previsto dall'art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, esercitabile anche nei confronti di lavori di attuazione di piani regolatori approvati dalle Regioni; che la dedotta insussistenza dell'urgenza attiene alla legittimità del provvedimento, ma non rileva ai fini del conflitto di competenza; che, mentre non possono utilmente richiamarsi le circolari citate nell'atto impugnato, in quanto il potere inibitorio ministeriale trova fondamento nella legge, é per contro esatta la premessa da cui muove il provvedimento, nel senso di assimilare la previsione, nel P.R.G., di nuovi insediamenti, ad un complesso di progetti delle opere pubbliche necessarie alla loro attuazione, la cui realizzazione può ragionevolmente presumersi come imminente.

6. - Con ricorso notificato il 4 aprile 1985 e depositato il 24 aprile 1985 (Reg. confl. n. 18/85) la Regione Toscana ha sollevato un conflitto di attribuzione avverso la nota del Ministero dei beni culturali e ambientali 25 gennaio 1985, n. 710/VIII/3A3, con la quale, premesso che il progetto per la costruzione della diga del Farma-Merse non é approvabile, si dispone, a norma dell'art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, la inibizione dei lavori in corso.

Deduce la ricorrente che il suddetto provvedimento é invasivo della competenza regionale, in quanto viola gli artt. 117 e 118 Cost., e l'art. 82 d.P.R. n. 616/1977.

In forza di quest'ultima disposizione - che delega alle Regioni, in materia di tutela dei beni ambientali, tutte le funzioni attribuite dalla l. n. 1497/1939 a qualsiasi organo statale centrale o periferico, tranne specifiche eccezioni - il potere di autorizzazione spetta infatti alla Regione (art. 82, comma secondo, lett. b).

Né vale richiamare l'art. 82, ultimo comma, in quanto i provvedimenti cautelari ivi previsti - coincidenti con quelli di cui all'art. 8 della l. n. 1497/1939 - postulano la non soggezione a vincolo dell'area interessata dai lavori, laddove il provvedimento presuppone la sussistenza del vincolo, derivante dal d.M. 21 settembre 1984 (c.d. decreto Galasso).

Quest'ultimo decreto, in ogni caso, viene ritenuto illegittimo dalla ricorrente, che svolge sul punto diffuse considerazioni.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituito per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, contesta la fondatezza del ricorso, deducendo che il provvedimento impugnato si inquadra nella previsione dell'art. 82, ultimo comma, d.P.R. n. 616/1977, sostanziandosi in un provvedimento cautelare a salvaguardia di area non soggetta a vincolo (come riconosce la ricorrente), le cui esigenze di tutela erano emerse con le individuazioni delle bellezze naturali contenute nel d.M. 21 settembre 1984, le quali, al momento dell'emanazione dell'atto impugnato, dovevano ancora perfezionarsi con il compimento della fase pubblicitaria prescritta dall'art. 4, comma secondo, della l. n. 1497/1939.

7. - Con ricorso notificato il 16 agosto 1984 e depositato il 5 settembre 1984 (Reg. confl. n. 30/84), la Regione Abruzzo ha proposto conflitto di attribuzione avverso la nota 3 luglio 1984, n. 3596/VIII/3/B 11, con la quale il Ministero per i beni culturali e ambientali richiedeva alla Regione di dare notizie circa la lottizzazione Lucoli, in località Prato Lonaro, ed invitava la Soprintendenza a trasmettere una relazione sulle caratteristiche ambientali della località, onde consentire all'amministrazione centrale di vagliare la possibilità di procedere, per la tutela della località in oggetto, nella propria autonoma determinazione ai sensi dell'art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n. 616/1977 in relazione alla l. n. 1497/1939.

Deduce la ricorrente che la nota é invasiva della competenza regionale in tema di beni ambientali risultante dall'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977. In forza di tale norma sono state infatti delegate alle Regioni tutte le funzioni di cui alla l. n. 1497/1939, salve le eccezioni di poteri sostitutivi-aggiuntivi specificamente riconosciuti allo Stato, che presuppongono l'esercizio di un potere regionale, i cui risultati possono essere integrati dal Ministero.

Per contro, la nota impugnata rivendica al Ministero il potere di procedere in via autonoma all'individuazione di una bellezza naturale, prescindendo anche dal preventivo subprocedimento di cui agli artt. 2 e 3 della l. n. 1497/1939 (proposta della Commissione provinciale).

Tuttavia, se già la normativa ora richiamata non attribuiva al Ministero un potere autonomo, ma richiedeva un subprocedimento di preparazione degli elenchi, ad opera di Commissioni provinciali, sul quale si innestava il subprocedimento di approvazione ministeriale (artt. 2, 3, 4 l. n. 1497/1939), e sanzionava la decadenza dei provvedimenti cautelari ministeriali qualora la Commissione provinciale, entro tre mesi dall'inibitoria, non avesse espresso parere favorevole all'imposizione del vincolo (art. 8 l. n. 1497/1939), a maggior ragione siffatto preteso potere autonomo va negato a seguito della delega alle Regioni delle funzioni in tema di beni ambientali disposta con l'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, preliminarmente eccepisce la inammissibilità del ricorso, per carenza di un conflitto reale, dal momento che la nota si limita a preannunziare che intende vagliare la possibilità di esercitare la competenza prevista, in via generale ed astratta, dall'art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n. 616/1977.

In via gradata, il resistente contesta la fondatezza del ricorso, osservando che il potere ministeriale di "integrazione" degli elenchi non ha natura sostitutiva, ma, come é dato desumere dai lavori preparatori della c.d. Commissione Giannini, costituisce potere concorrente con quello regionale, con diverso contenuto, nel senso che, mentre la Regione procede all'individuazione delle bellezze naturali mediante l'approvazione degli elenchi, il potere del Ministero riguarda singoli beni o località che siano qualificabili come bellezze naturali pur non essendo inclusi negli elenchi.

In ogni caso, anche riconoscendo che trattasi di potere sostitutivo, l'inerzia regionale nella specie sarebbe in re ipsa, e cioé nell'omesso vincolo della località qualificabile come bellezza naturale.

Quanto ai vizi procedimentali dedotti dalla ricorrente con censura inammissibile perché afferente una attività meramente intenzionale, e comunque non prospettabile in sede di conflitto - essi sono insussistenti, in quanto l'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977 prevede, per l'"integrazione" degli elenchi uno specifico procedimento, diverso da quello delineato negli artt. 2 e 3 della l. n. 1497/1939 per il diverso provvedimento di "approvazione" degli elenchi, richiedendo il solo parere obbligatorio del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali.

Altri tre ricorsi di identico contenuto, tutti notificati il 16 agosto 1984 e depositati il 5 settembre 1984, sono stati proposti dalla Regione Abruzzo avverso n. 3 note del Ministero dei beni culturali e ambientali, con le quali, con formulazione in tutto eguale a quella della nota 3 luglio 1984, n. 3596 sopra riportata, venivano richieste notizie in merito alle seguenti località: Carsoli, località Colli di Monte Bove-Valle intensa (nota 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3/B11: Reg. confl. n. 31/84); Casalincontrada, casa di argilla (nota 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3A3: Reg. confl. n. 33/84); Introdacqua, difesa dell'ecosistema del Monte Genzano (nota 30 giugno 1984, n. 1059/VIII/3B11: Reg. confl. n. 34/1984).

Il Presidente del Consiglio dei ministri costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha svolto, in relazione ai tre ricorsi in oggetto, le stesse considerazioni sopra riassunte in relazione al Reg. confl. n. 30/84.

8. - Con ricorso notificato il 20 settembre 1984 e depositato il 3 ottobre 1984 (Reg. confl. n. 38/84), la Regione Abruzzo ha sollevato conflitto di attribuzione avverso la nota 14 luglio 1984 del Ministero dei beni culturali e ambientali, con la quale viene dichiarata di notevole interesse pubblico la zona della Valle del Liri, ai sensi dell'art. 82, comma secondo, lett. a), d.P.R. n. 616/1977.

Ad avviso della ricorrente il provvedimento é invasivo della competenza regionale in tema di beni ambientali quale risulta dall'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, dal momento che tale norma non prevede un potere autonomo del Ministero dei beni culturali e ambientali di imporre il vincolo, senza che esista una proposta, né un elenco, come, del resto, siffatto autonomo potere non esisteva nel precedente sistema ex l. n. 1497/1939.

Dopo aver svolto, sul punto, considerazioni sostanzialmente coincidenti con quelle poste a fondamento di altri ricorsi (Reg. confl. nn. 30, 31, 33 e 34/84: vedi, retro n. 7), la ricorrente denuncia altresì, come invasiva della competenza regionale, la nota impugnata nella parte in cui dispone che, dal giorno della sua pubblicazione sulla G.U., i progetti di opere pubbliche da localizzare nella zona vincolata debbano essere presentati ai competenti organi centrali e periferici dell'amministrazione per i beni culturali e ambientali, per il preventivo esame ai sensi della circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 24 giugno 1982, n. 3763/6.

In proposito vengono svolte osservazioni sostanzialmente coincidenti con quelle poste a fondamento di altri ricorsi (Reg. confl. n. 9/82: vedi, retro, n. 1).

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, contesta la fondatezza del ricorso, rivendicando la natura concorrente del potere ministeriale di integrazione degli elenchi alla stregua delle osservazioni già formulate in relazione a precedenti ricorsi (Reg. confl. n. 30/84: vedi, retro, n. 7). Rileva inoltre che inesattamente si sostiene dalla ricorrente che nel sistema della l. n. 1497/1939 il Ministero non aveva un potere autonomo d’integrazione degli elenchi, poiché l'art. 3 della legge suddetta attribuiva invece al Ministero, in sede di approvazione degli elenchi, il potere di introdurvi le "modificazioni" ritenute opportune; "modificazioni" che ben potevano consistere nell'individuazione di una bellezza naturale non presa in considerazione dalla Commissione provinciale.

Eccepisce infine il resistente la inammissibilità della doglianza concernente la nota impugnata nella parte in cui dispone che i progetti di opere pubbliche da localizzare nella zona in oggetto siano assoggettati a preventivo esame del Ministero, in quanto l'atto, sul punto, é meramente attuativo della circolare del Presidente del Consiglio dei ministri 24 giugno 1982, n. 3763/6, non tempestivamente impugnata dalla ricorrente.

 

Considerato in diritto

 

1. - I conflitti di attribuzione sollevati con i ricorsi in epigrafe presentano identità o connessione di oggetto: pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - É opportuno raggruppare i ricorsi avendo riguardo al contenuto degli atti statali con essi denunciati.

Secondo l'indicato criterio una prima serie di atti può individuarsi nelle circolari rispettivamente della Presidenza del Consiglio in data 20 aprile 1982, cui si riferisce il ricorso n. 9/82 della Regione Emilia-Romagna, e del Ministero dei beni culturali e ambientali in data 30 marzo 1984, cui si riferiscono i ricorsi della stessa Regione Emilia-Romagna n. 21/84, della Regione Umbria n. 20/84 e della Regione Lombardia n. 22/84.

Una seconda serie di atti può individuarsi nelle note del Ministero dei beni culturali e ambientali alla Regione Abruzzo, cui si riferiscono i ricorsi nn. 30/84, 31/84, 33/84, 34/84.

Entrambe le serie di atti sono intese all'acquisizione d’informazioni attinenti al tema, e preordinate al fine, della protezione del paesaggio.

La circolare della Presidenza del Consiglio 20 aprile 1982, infatti, é rivolta in primo luogo alle amministrazioni statali, e quindi alle Regioni e ad altre autorità pubbliche, per sollecitare la trasmissione al Ministero dei beni culturali e ambientali dei progetti di tutte le opere pubbliche destinate ad essere realizzate su aree o zone protette ai sensi della legge n. 1089 del 1939 (sui beni d'interesse storico) e della legge n. 1497 del 1939 (sulle bellezze naturali): ciò (come si desume dal tenore della circolare e da quello della nota esplicativa 24 giugno 1982) al fine della eventuale prevenzione, per mezzo di provvedimenti inibitori, di lesioni irreversibili del patrimonio culturale e ambientale. Ed analogamente dispone la circolare del Ministero dei beni culturali e ambientali 30 marzo 1984, diretta a varie autorità statali e regionali, la quale richiama la circolare della Presidenza del Consiglio suindicata, aggiungendo precisazioni circa le modalità di trasmissione delle notizie.

Le note del Ministero dei beni culturali alla Regione Abruzzo sono dirette a sollecitare la trasmissione di notizie circa date località, ai fini dell'eventuale esercizio del potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali previsto dall'art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, in relazione alla legge n. 1497 del 1939.

3. - Va anzitutto disattesa l'eccezione d’inammissibilità sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri in ordine ai ricorsi proposti dalla Regione Umbria (n. 20/84) e dalla Regione Lombardia (n. 22/84) contro la circolare del Ministero dei beni culturali e ambientali 30 marzo 1984, sulla base dell'assunto che questa sarebbe meramente applicativa di quella della Presidenza del Consiglio dei ministri 20 aprile 1982, non impugnata tempestivamente dalle due Regioni. Al contrario, infatti, la circolare ora impugnata non può ritenersi puramente attuativa della prima, giacché contiene, come già accennato, ulteriori determinazioni concernenti le modalità di trasmissione dei progetti di opere pubbliche.

4. - Nel merito, la tesi di fondo delle Regioni ricorrenti é che la stessa richiesta di informazioni in cui le due serie di atti si concretano - in quanto preordinata, per la prima serie, all'assunzione di decisioni (autorizzative) circa opere atte ad incidere direttamente sull'interesse paesaggistico, e, per la seconda serie, all'individuazione di beni di interesse paesaggistico - costituisce invasione di competenze riservate alla Regione.

Si sostiene al riguardo che le attribuzioni in materia di paesaggio sono interamente trasferite alle Regioni con l'art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977, per essere la detta materia ricompresa e assorbita in quella più ampia dell'urbanistica, o almeno interamente delegate alle Regioni stesse con l'art. 82 del decreto ora indicato, per essere tale seconda disposizione attributiva alle Regioni di tutti i poteri già spettanti in tema di bellezze naturali, secondo la legge n. 1497 del 1939, allo Stato (al Ministero per i beni culturali e ambientali, succeduto al Ministero della pubblica istruzione). Si sottolinea come alla Regione sia così affidato fra l'altro il potere di individuare le bellezze naturali formandone gli elenchi, di gestirle autorizzandone le modificazioni, di tutelarle con provvedimenti cautelari anche indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi: art. 82 cit., comma secondo, lett. a), b), e). Cosicché allo Stato sarebbero ora conservati, oltre al potere di indirizzo e di coordinamento (art. 3 legge n. 382 del 1975), solo poteri residuali e sostitutivi, sostanzialmente riducibili a quello (art. 2 stessa legge) dato per ogni caso di delega: quali il potere di mera integrazione degli elenchi già formati, e il potere di inibire o sospendere, in via d'urgenza, e sempre nel presupposto dell'inerzia della Regione, lavori pregiudizievoli alle bellezze naturali anche indipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi (art. 82 d.P.R. citato, comma secondo, lett. a), e comma ultimo).

Anzitutto le conclusioni che per tal via le Regioni prospettano non tengono conto della disciplina costituzionale del paesaggio qual é stabilita nell'art. 9 Cost.. Questo erige il valore estetico-culturale riferito (anche) alla forma del territorio a valore primario dell'ordinamento, e correlativamente impegna tutte le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato e la Regione, a concorrere alla tutela e alla promozione del valore.

Già in questa prima generale prospettiva - cioé secondo le indicazioni desumibili dall'art. 9 Cost. - non può certamente ritenersi ingiustificata la pretesa dello Stato di ottenere informazioni finalizzate alla protezione del paesaggio sia dalla Regione che da altri organi o soggetti pubblici (nei confronti di questi anche in concorrenza con la Regione): pretesa, il cui esercizio la Regione é tenuta a non ostacolare e anzi ad assecondare (cfr. l'art. 2 del d.P.R. n. 805 del 1975 sull'organizzazione del Ministero dei beni culturali e ambientali, che, disponendo espressamente al di là della specifica normativa sulla devoluzione di competenze emanata o in via di emanazione, obbliga la Regione a collaborare con l'amministrazione statale nell'attività di tutela del valore).

Ma - ed é quello che più importa - ciò trova immediato riscontro nel principio, sicuramente riguardante le competenze, di leale cooperazione reciproca nei rapporti fra i due enti: principio la cui più elementare e generale espressione sta nell'imposizione del dovere di mutua informazione (art. 3, u.c., legge n. 382 del 1975). Mentre non é senza significato che tale dovere si trovi sancito nella normativa (anche sulle competenze: art. 6, u.c., legge n. 833 del 1978) concernente l'attuazione di un altro valore primario dell'ordinamento: quello della salute (art. 32 Cost.).

Né mancano, quanto al principio di cooperazione nei rapporti fra Stato e Regione in tema di paesaggio, positive valutazioni nella giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 94 del 1985).

Di fronte alle esposte considerazioni non sono rilevanti gli assunti delle ricorrenti circa l'esclusione, ex art. 80 d.P.R. n. 616, o circa l'estrema limitatezza, ex art. 82 stesso decreto, di attribuzioni il cui esercizio é prospettato, peraltro come meramente eventuale, negli atti impugnati.

E ciò indipendentemente:

a) dalle riserve sulla stessa tesi, implicita nell'argomentazione delle ricorrenti, secondo la quale, se i poteri dello Stato fossero riducibili a quelli dati in qualsiasi caso di delega (poteri di indirizzo e di coordinamento ex art. 3 legge n. 382 del 1975; sostitutivi ex art. 2 stessa legge; di direttiva ex art. 4, u.c., d.P.R. n. 616 del 1977), ciò escluderebbe la legittimità della richiesta di informazioni: riserve alimentate dalla considerazione che queste potrebbero essere necessarie anche all'esercizio dei detti poteri;

b) dalle riserve sugli assunti delle ricorrenti circa la portata degli artt. 80 e 82 del d.P.R. n. 616 del 1977: riserve alimentate dalla considerazione della stessa strutturazione della devoluzione alla Regione, ex art. 82, di funzioni in materia di paesaggio come delega, e per di più come delega caratterizzata dalla previsione in capo allo Stato di specifici poteri, in realtà difficilmente riducibili a quelli spettanti allo Stato stesso in qualsiasi caso di delega.

Rigettandosi i ricorsi finora esaminati, deve dunque dichiararsi che spetta allo Stato, così come, nell'ipotesi inversa, spetterebbe alle Regioni, far valere la pretesa ad informazioni finalizzate alla protezione del paesaggio, pretesa quale obiettivata con gli atti impugnati, nei confronti dei destinatari dei medesimi.

5. - Sempre secondo il criterio del contenuto, una ulteriore serie di atti può individuarsi:

a) nel provvedimento del Ministero dei beni culturali e ambientali 20 giugno 1984, col quale si inibisce, ai sensi dell'art. 82, u.c., d.P.R. n. 616 del 1977, la costruzione di opere pubbliche (infrastrutture, opere di urbanizzazione) inerenti a una variante di piano regolatore adottata nel 1981 dal Comune di Serramonacesca per la località Passolanciano, e nel provvedimento dello stesso Ministero 25 gennaio 1985, col quale si inibisce la costruzione, in corso, di una diga per il contenimento delle acque del Farma-Merse: provvedimenti cui si riferiscono rispettivamente il ricorso della Regione Abruzzo n. 32/84 e il ricorso della Regione Toscana n. 18/85;

b) nel provvedimento dello stesso Ministero 14 luglio 1984, col quale é dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi dell'art. 82, comma secondo, lett. a), d.P.R. n. 616 del 1977, la zona della Valle del Liri: provvedimento cui si riferisce il ricorso della Regione Abruzzo n. 38/84.

In ordine a tali atti si fa questione di specifiche attribuzioni ripartite fra Stato e Regione, in materia di paesaggio, dal d.P.R. n. 616 del 1977.

I cennati provvedimenti sono adottati, infatti, in riferimento all'art. 82 del detto decreto, che conserva allo Stato, nell'ultimo comma, il potere di inibire lavori contrari all'interesse paesaggistico, e, con il comma secondo, lett. a), il potere di integrare gli elenchi delle bellezze naturali. Affermano, ciononostante, le Regioni ricorrenti che i provvedimenti stessi costituiscono invasione di competenze ad esse costituzionalmente garantite. Si sostiene in particolare che quelli inibitori consistono nell'esercizio di un potere di decisione circa le opere destinate a sorgere in zone protette ai sensi della legge sulle bellezze naturali, da ritenere trasferito alla Regione con l'art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977 in una con tutte le attribuzioni in tema di urbanistica, o almeno delegato alla Regione stessa con l'art. 82, comma secondo, lett. b), del detto decreto (concernente l'autorizzazione alle modifiche, mediante opere, delle zone protette). Si sostiene altresì che, in ogni caso, gli stessi provvedimenti inibitori non trovano giustificazione nel limitato potere d'intervento conservato allo Stato dall'art. 82, comma ultimo, del d.P.R. n. 616 del 1977, perché posti in essere in difetto dei loro presupposti: cioé dell'urgenza, dell'inerzia della Regione e della incidenza su zone non ancora sottoposte a vincolo paesaggistico. Si sostiene infine, quanto al provvedimento di dichiarazione di notevole interesse della zona del Liri (e quindi di imposizione di vincolo paesaggistico sulla medesima), che esso non trova giustificazione nel limitato potere di integrazione degli elenchi conservato allo Stato dall'art. 82, comma secondo, lett. a), del d.P.R. n. 616 del 1977, perché posto in essere in via autonoma, anziché in via di integrazione degli elenchi, e attraverso un procedimento diverso da quello prescritto dalla legge n. 1497 del 1939.

6. - Si ribadisce in tal modo anzitutto - ancorandola al presupposto dell'esercizio da parte dello Stato di un potere decisionale circa la costruzione di opere - la tesi, già posta a base dei ricorsi prima esaminati, dell'assorbimento della materia del paesaggio in quella dell'urbanistica, assunta questa nella più ampia accezione, nella quale essa é trasferita alla Regione con l'art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977. Ma oltre a rilevare che il presupposto non ricorre, perché il Ministero si limita a formulare un giudizio sfavorevole sulle opere programmate come esplicita motivazione dell'esercizio del potere inibitorio il solo realmente esercitato - ed oltre a osservare che ciò implica anche l'inconferenza del richiamo all'art. 82, comma secondo, lett. b), deve replicarsi - sciogliendosi ora le riserve dianzi formulate - che la tesi non é fondata.

Anzitutto essa non trova sostegno nella giurisprudenza di questa Corte la quale, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 616 del 1977, se non ha mostrato di ribadire una nozione ristretta dell'urbanistica quale assetto dei centri abitati - come enunciata, peraltro allo specifico fine di non ricomprendervi la materia delle bellezze naturali, nella sentenza n. 141 del 1972 (cfr. anche la sentenza n. 9 del 1973) -, ha pur mostrato, nella sentenza n. 239 del 1982, di non ritenere la nozione di paesaggio riducibile a quella di urbanistica.

Quanto, poi, alla nozione allargata di urbanistica desumibile dalla lata formulazione dell'art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977 - nozione rispondente ad esigenze di considerazione integrale del territorio e di globale disciplina dell'uso e delle trasformazioni di questo -, va osservato che la nozione non esclude la configurabilità in ordine al territorio di valutazioni e discipline diverse, neppure se improntate anche esse ad analoghe esigenze di integralità e di globalità. Si vuol dire che il territorio può ben essere da un lato punto di riferimento della pianificazione territoriale intesa come ordine complessivo, ai fini della reciproca compatibilità, degli usi e delle trasformazioni del suolo nella dimensione spaziale considerata e nei tempi ordinatori previsti: visuale, questa, che viene in considerazione nell'art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977, che dispone il trasferimento alla Regione delle relative attribuzioni. E dall'altro lato essere punto di riferimento di una regolazione degli interventi orientata all'attuazione del valore paesaggistico come aspetto del valore estetico-culturale secondo scansioni diverse, perché legate a scelte di civiltà di più ampio respiro: visuale, questa, che viene in considerazione nell'art. 82 dello stesso decreto, che dispone la sola delega alla Regione delle relative attribuzioni.

Ciò non é contraddetto dall'impiego di speciali strumenti di pianificazione territoriale quali mezzi della protezione paesaggistica primaria (cfr. artt. 5 legge n. 1497 del 1939 e 23 r.d. n. 1357 del 1940, concernente la redazione, poi trasferita alle Regioni dall'art. 1, comma terzo, d.P.R. n. 8 del 1972, di piani territoriali paesistici per le località incluse negli elenchi delle bellezze naturali) o dal perseguimento, nell'ambito della pianificazione territoriale generale, di fini di protezione paesaggistica ulteriore (cfr. artt. 3 e 5 della legge n. 765 del 1967, concernente attribuzioni trasferite alle Regioni dall'art. 1, comma secondo, d.P.R. n. 8 del 1972, e la stessa indicazione della "protezione ambientale" come contenuto dell'urbanistica secondo l'art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977, ove non si ritenga di riferire l'indicazione stessa unicamente ad altre valenze ambientali). Nessuna delle due ipotesi consente di ritenere la disciplina paesaggistica primaria subordinata alla urbanistica o addirittura inclusa in essa. Del resto ipotesi del genere, se possono dar luogo a più frequenti e complessi problemi di coordinamento nell'esercizio di competenze relative a materie diverse e richiedere soluzioni procedimentali consensuali, non implicano per converso necessariamente, come si pretende, l'accorpamento delle materie e delle competenze anzidette.

Resta così dimostrato che anche nell'ottica del d.P.R. n. 616 del 1977 urbanistica e paesaggio sono due distinte materie e che l'art. 80 si riferisce alla prima, mentre é l'art. 82 a riferirsi alla seconda.

7. - Ritenuto pertanto che é solo l'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 a venire effettivamente in considerazione nei conflitti in esame, i quali nella sostanza postulano una demarcazione delle competenze e un sindacato sul corretto uso di esse all'interno dell'art. 82 citato, i conflitti stessi devono dichiararsi inammissibili.

Le attribuzioni cui la detta disposizione si riferisce sono da essa devolute alla Regione con delega. Questa é, per di più, caraterizzata dalla conservazione allo Stato di poteri, che sono difficilmente riducibili, secondo quanto si é già accennato, ai normali poteri del delegante come definiti in via generale dalla legge n. 382 del 1975 (artt. 2 e 3) e dal d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 4 u.c.), ed anzi sono da ritenere - in considerazione della sostanziale identità di oggetto e di contenuto che essi presentano rispetto ai poteri delegati e dell'inutilità che la stessa specifica previsione da parte dell'art. 82 d.P.R. n. 616 del 1977 rivestirebbe nel caso di loro coincidenza con i normali poteri del delegante come sopra definiti - poteri concorrenti.

Orbene le attribuzioni soltanto delegate alla Regione non sono, in linea di principio, defendibili col rimedio del conflitto di attribuzioni, rimedio dato per la tutela di competenze proprie della Regione. Tanto meno lo sono competenze delegate nel modo e con gli effetti suindicati, cioé attenuate dalla conservazione allo Stato di poteri concorrenti.

In tal caso, infatti, la volontà della legge di consentire l'intervento concorrente dello Stato a fini di estensione (integrazione degli elenchi) e di effettività (inibitoria di opere pregiudizievoli) della tutela esclude la garanzia costituzionale delle competenze delegate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Riuniti gli undici ricorsi indicati in epigrafe:

dichiara, in ordine ai conflitti sollevati: dalla Regione Emilia-Romagna contro la circolare del Presidente del Consiglio dei ministri 20 aprile 1982, con ricorso notificato il 24 giugno 1982 (R.C. n. 9/1982); dalla Regione Umbria, dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Regione Lombardia contro la circolare del Ministero dei beni culturali e ambientali 30 marzo 1984, con ricorsi notificati in data 8 giugno 1984 (R. C. nn. 20 e 21/1984) e 19 giugno 1984 (R. C. n. 22/1984); dalla Regione Abruzzo contro n. 4 note del Ministero dei beni culturali e ambientali del 3 luglio 1984, n. 3596/VIII/3B11, del 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3B 11, del 4 luglio 1984, n. 3038/VIII/3A3, e del 30 giugno 1984, n. 1059/VIII/3B11, con n. 4 ricorsi tutti notificati il 16 agosto 1984 (R. C. nn. 30, 31, 33 e 34/1984), che spetta allo Stato chiedere alle Regioni informazioni finalizzate alla tutela del paesaggio;

dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati: dalla Regione Abruzzo contro la nota del Ministero dei beni culturali e ambientali 20 giugno 1984, con ricorso notificato il 16 agosto 1984 (R. C. n. 32/1984); dalla Regione Toscana contro la nota del Ministero dei beni culturali e ambientali 25 gennaio 1985, con ricorso notificato il 4 aprile 1985 (R. C. n. 18/1985); dalla Regione Abruzzo contro la nota del Ministero dei beni culturali e ambientali 14 luglio 1984, con ricorso notificato il 20 settembre 1984 (R. C. n. 38/1984).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1985.

Livio PALADIN - Aldo CORASANITI

Depositata in cancelleria il 21 dicembre 1985.