Sentenza n. 1002 del 1988

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SENTENZA N.1002

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 11 della l. 27 dicembre 1977, n. 968 <Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia> promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1987 dal Consiglio di Stato - Sez. VI giurisdizionale sul ricorso proposto dalla Associazione Italiana per il World Wildlife Fund - Fondo Mondiale per la natura - contro il Comitato provinciale della caccia di Trento e nei confronti della Associazione cacciatori della Provincia di Trento, iscritta al n. 720 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51/1a ss. dell'anno 1987;

Visti gli atti di costituzione del Comitato provinciale della caccia di Trento e dell'Associazione cacciatori della Provincia di Trento nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi l'avv. Valerio Onida per il Comitato provinciale della caccia di Trento e l'avv. Angelo Clarizia per l'Associazione cacciatori della Provincia di Trento e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza di cui é causa la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha proposto questione di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968, recante <Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia>, avendo ritenuto le norme stesse lesive della potestà legislativa esclusiva della Provincia autonoma di Trento in tema di caccia. La questione é stata sollevata nel corso del giudizio proposto dall'Associazione italiana per il W.W.F. nei confronti del calendario venatorio della Provincia di Trento 1985-86, cui si contesta la violazione dei principi espressi dagli artt. 1, 2 e 11 della legge n. 968 del 1977, suscettibili di vincolare, ad avviso dell'Associazione ricorrente, anche la legislazione esclusiva della Provincia autonoma.

2. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza prospettata dal Comitato provinciale della caccia di Trento, secondo cui le norme applicabili nel processo a quo dovrebbero essere individuate nella sola legge provinciale n. 56 del 1978, (recante <Disposizioni transitorie in materia di protezione della fauna e disciplina della caccia>), e non nella legge quadro statale n. 968 del 1977.

L'ordinanza di rimessione sarebbe, pertanto, viziata per <aberratio ictus>, stante l'errata identificazione della disciplina rilevante ai fini della decisione.

Tale eccezione non merita accoglimento.

Se é vero, infatti, che il calendario venatorio in contestazione dinanzi al giudice amministrativo é stato emanato in attuazione diretta della legge provinciale n. 56 del 1978, é anche vero che l'ordinanza di rimessione ha congruamente motivato in ordine alla possibilità di applicare, ai fini della decisione della controversia, i principi espressi dalle norme impugnate, in quanto suscettibili di vincolare - o come <principi dell'ordinamento giuridico> o come norme rispondenti <ad esigenze di carattere unitario>-anche l'esercizio della potestà legislativa esclusiva della Provincia, subordinata al rispetto dei limiti posti dall'art. 4 dello Statuto speciale. Il giudice a quo, prima di affrontare il profilo relativo al contrasto (ed al possibile coordinamento) tra le norme contenute nella legge provinciale n. 56 del 1978 e quelle espresse dalla legge quadro statale n. 968 del 1977, si é, dunque, correttamente posto, come questione pregiudiziale, il problema della validità di una delle due normative in conflitto, assumendo come oggetto di verifica la normativa statale: tale scelta appare giustificata non solo in relazione alla possibilità, valutata nell'ordinanza, di affermare la prevalenza a certe condizioni della disciplina statale sulla legge provinciale, ma anche in relazione al fatto che nelle norme impugnate, espresse dalla legge n. 968, la ricorrente aveva individuato, secondo il <petitum>, i parametri per la valutazione della legittimità dell'atto amministrativo (calendario venatorio) oggetto di contestazione.

Sussistono, pertanto, i requisiti idonei a giustificare la rilevanza della questione.

3. - Nel merito la questione non appare fondata.

La legge 27 dicembre 1977 n. 968, comunemente qualificata come <legge quadro> sulla caccia, ha posto - secondo quanto viene enunciato nel suo stesso titolo - i <principi generali> suscettibili di vincolare, ai sensi dell'art. 117 Cost., l'esercizio delle funzioni legislative in materia di caccia delle Regioni ordinarie. Tale legge, peraltro - in relazione agli aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonché ai suoi scopi ed alle sue motivazioni politico-sociali, riferite ad un settore che ha assunto nel corso del tempo sempre maggiori implicazioni di ordine economico e sociale, quale quello relativo alla protezione della fauna selvatica ed all'esercizio della caccia - viene anche a caratterizzarsi, secondo gli orientamenti ripetutamente espressi da questa Corte (cfr. sentt. nn. 219 del 1984; 151 del 1986; 99 del 1987), come legge di riforma economico-sociale, suscettibile di condizionare, attraverso le norme fondamentali che in essa e dato identificare, la legislazione esclusiva delle Regioni e delle Province a speciale autonomia. Rilevano a tal fine, in particolare, le norme formulate negli artt. 1, 2, 8 e 10 della legge stessa che, attraverso il superamento dei principi in tema di caccia già posti dal T.U. 5 giugno 1939 n. 1016, hanno affermato - con espressioni tecniche ben determinate - l'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato; l'affievolimento del tradizionale <diritto di caccia>, attualmente subordinato all'interesse prevalente della conservazione del patrimonio faunistico e della protezione dell'ambiente agrario; l'imposizione di un regime di caccia controllata per tutto il territorio nazionale. Tali norme - per la loro natura e rilevanza nonché per il carattere unitario degli interessi alle stesse sottesi - si presentano tali da vincolare non solo la legislazione concorrente delle Regioni ordinarie, ma anche la legislazione esclusiva delle Regioni e delle Province a speciale autonomia.

Questa soluzione sembra, d'altro canto, valere anche per quanto concerne l'art. 11 della stessa legge, concernente l'elenco delle specie cacciabili, ove la norma espressa in tale articolo venga correttamente intesa non tanto come norma di dettaglio, quanto come norma di necessaria integrazione, indispensabile per dare contenuto e sostanza ai principi espressi negli artt. 1 e 2 della legge n. 968, cioè per definire l'esatta nozione di <fauna selvatica> e, attraverso di essa, l'oggetto specifico della tutela.

L'art. 11 della legge quadro, ai fini che qui interessano, assume pertanto rilievo in relazione al fatto di aver individuato-attraverso l'elencazione delle specie cacciabili come eccezioni al generale divieto di caccia per qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica italiana- l'oggetto minimo inderogabile della protezione che lo Stato, anche in adempimento di obblighi assunti in sede internazionale e comunitaria, ha ritenuto di dover offrire al proprio patrimonio faunistico, nella consapevolezza che <flora e fauna selvatica costituiscono un patrimonio naturale di valore estetico, scientifico, culturale, ricreativo, economico e intrinseco che va preservato e trasmesso alle generazioni future>, dato <il ruolo fondamentale della flora e della fauna selvatiche per il mantenimento degli equilibri biologici> (v. in proposito la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 e ratificata con legge 5 agosto 1981 n. 503, nonché la Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica, adottata a Berna il 23 giugno 1979 e ratificata con legge 25 gennaio 1983 n. 42).

In questa prospettiva, tanto l'individuazione dei contenuti minimi della sfera sottoposta a protezione (specie non cacciabili) quanto l'elencazione delle possibili eccezioni (specie cacciabili), non possono non investire un interesse unitario proprio della comunità nazionale- secondo quanto espressamente indicato nello stesso art. 1 della legge n. 968 -, la cui valutazione e la cui salvaguardia restano in primo luogo affidati allo Stato ed ai poteri dell'amministrazione centrale.

Questo non conduce, d'altro canto, a escludere la possibilità per le Regioni di apportare, con propri atti, variazioni all'elenco delle specie cacciabili di cui all'art. 11 della legge n. 968 (così come risulta, del resto, esplicitamente previsto dall'art. 12, primo comma, della stessa legge), in considerazione sia delle specifiche caratteristiche ambientali, stagionali o climatiche, sia delle esigenze particolari connesse alla protezione della fauna locale: ma tali variazioni - dato il carattere inderogabile del nucleo minimo di tutela identificato attraverso la legge statale ed i successivi atti governativi - in ogni caso, anche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome dotate di competenza esclusiva, non potranno operare altro che nel senso di un rafforzamento del fine protezionistico affermato dalle norme fondamentali della legge n. 968. Regioni speciali e Province autonome potranno, pertanto, attraverso la propria legislazione sulla materia, prevedere la possibilità di modificare l'elenco delle specie cacciabili di cui all'art. 11 della legge quadro statale, ma soltanto al fine di limitare e non di ampliare il numero delle eccezioni al divieto generale di caccia espresso dal primo comma dello stesso articolo.

Tale conclusione sembra, d'altro canto, convalidata anche dalla lettura degli artt. 5 e 7 della legge n. 968. L'art. 5, ultimo comma, nel rinviare alle competenze esclusive delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome si preoccupa, infatti, di richiamare <i limiti stabiliti dai rispettivi statuti>, mentre l'art. 7, nel delineare la zona delle Alpi come <zona faunistica a se stante>-i cui confini vengono determinati dalle Regioni ordinarie mediante intesa con le Regioni speciali e le Province autonome - sottolinea in modo particolare il fine di protezione della <caratteristica fauna> presente in tale area territoriale.

4. - Le osservazioni che precedono conducono a escludere che le norme della l. 27 dicembre 1977 n. 968, oggetto della presente impugnativa, in quanto suscettibili di operare come limiti riconducibili all'art. 4 dello Statuto speciale, siano lesive della competenza legislativa esclusiva della Provincia di Trento in materia di caccia.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, nei confronti degli artt. 1, 2 e 11 della legge 27 dicembre 1977 n. 968, recante <Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia>, con riferimento agli artt. 8 nn. 15 e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e 116 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/10/88.

 

Francesco SAJA - Enzo CHELI

 

Depositata in cancelleria il 27/10/88.