SENTENZA N. 170
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA
Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge della Regione Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’8 aprile 2024, depositato in cancelleria il 16 aprile 2024, iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma della Sardegna;
udita nell’udienza pubblica del 25 settembre 2024 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
uditi l’avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocata Sonia Sau per la Regione autonoma della Sardegna;
deliberato nella camera di consiglio del 25 settembre 2024.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 16 aprile 2024 (reg. ric. n. 16 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge della Regione Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), per violazione degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», recati dall’art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché dall’art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
2.– L’impugnato art. 3, al comma 12, dispone che, «[a] valere sulle risorse che residuano nei bilanci di ATS [Azienda per la tutela della salute] in liquidazione dopo l’applicazione dell’articolo 5, comma 8, della legge regionale n. 1 del 2023, e successive modifiche ed integrazioni, è autorizzata, a favore di ARES [Azienda regionale della salute], la spesa di euro 3.291.344,42 per le finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2021 (missione 13 - programma 01 - titolo 1)».
Il successivo comma 13, anch’esso impugnato, prevede che, «[a] valere sul Fondo sanitario regionale relativo all’anno 2024, l’ARES è autorizzata al trasferimento della somma di euro 5.835.023,84 per la finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2023 (missione 13 - programma 01 - titolo 1)».
3.– Il ricorrente sostiene, anzitutto, che le norme impugnate «non si coordin[erebbero]» con quanto disposto – dalla medesima Regione – con l’art. 5, commi 12 e 13, della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), rilevando, altresì, che dal confronto tra le citate previsioni emergerebbero «delle criticità».
In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato richiama, della legge regionale di stabilità 2023, il testo dell’art. 5, comma 12 – nella versione novellata dall’art. 56, comma 1, della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie) – secondo cui «[l]e risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l’assistenza ospedaliera possono essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021 e per incrementare il tetto di spesa dell’assistenza ospedaliera nell’anno 2023 anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera finalizzate alla contrazione della spesa pubblica, in quanto la Regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria».
Da tale previsione il ricorrente inferisce che la Regione avrebbe autorizzato la redistribuzione delle risorse non utilizzate del tetto di spesa 2020 agli erogatori privati accreditati che hanno ecceduto il budget ospedaliero nel 2021 e avrebbe consentito l’incremento del tetto di spesa 2023 per l’assistenza ospedaliera, derogando ai limiti nazionali di riduzione dell’acquisto di prestazioni da privati.
4.– Di seguito, il Presidente del Consiglio dei ministri ravvisa un’incompatibilità tra le norme impugnate e i principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
4.1.– L’Avvocatura riporta, quale contenuto del citato art. 15, comma 14, il seguente testo: «[a] tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell’esercizio 2012, ai sensi dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall’anno 2014. La misura di contenimento della spesa di cui al presente comma è aggiuntiva rispetto alle misure eventualmente già adottate dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria. Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell’applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), ultimo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 [e] impone la riduzione dell’acquisto di prestazioni da privati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, finalizzata al contenimento della spesa pubblica».
Il ricorrente riferisce inoltre che, a decorrere dall’anno 2020, il limite di spesa indicato dal citato art. 15, comma 14, primo periodo, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, è stato «rideterminato nel valore della spesa consuntivata nell’anno 2011, fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale», in virtù di quanto disposto dall’art. 45, comma 1-ter, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili) convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157.
4.2.– Dal confronto fra le norme regionali impugnate e i richiamati principi fondamentali, il ricorrente desume che la Regione autonoma della Sardegna avrebbe autorizzato una retribuzione a favore degli erogatori privati accreditati in eccesso rispetto ai limiti di spesa assegnati dal legislatore statale, che ha inteso «ridurre l’acquisto di prestazioni sanitarie da parte di operatori privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera nell’ottica della spending review».
In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che i citati principi debbano trovare applicazione anche alle regioni a statuto speciale, senza che siano ammesse deroghe, neppure a favore delle regioni che provvedano con risorse proprie al finanziamento della spesa sanitaria.
Nello specifico, a conferma della vincolatività, anche nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, dei richiamati principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», il ricorrente richiama quanto disposto, per gli anni dal 2019 al 2021, dall’art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Tale previsione, al duplice fine di «attuare gli impegni in relazione agli investimenti stranieri concernenti l’ospedale e centro di ricerca medica applicata “Mater Olbia” di cui al comma 1» e di conseguire «incrementi dei tassi di mobilità sanitaria attiva e [una] riduzione dei tassi di mobilità passiva», autorizza in via temporanea e sperimentale la Regione autonoma della Sardegna «a programmare l’acquisto di prestazioni sanitarie specialistiche ambulatoriali e ospedaliere da soggetti privati in misura non superiore al livello massimo stabilito dall’articolo 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, incrementato del 20 per cento, fatti salvi i benefìci relativi alla deroga di cui al secondo periodo del medesimo comma 14, introdotto dall’articolo 1, comma 574, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 […]».
5.– Sempre in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente alla materia «coordinamento della finanza pubblica», il ricorrente ravvisa una lesione anche della norma interposta recata dall’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.
La violazione di tale previsione – secondo il ricorrente – sarebbe «prima facie» dimostrata da quanto argomentato in merito al ritenuto contrasto con l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
Quest’ultimo, infatti, richiamerebbe espressamente gli accordi contrattuali, di cui al citato all’art. 8-quinquies, sicché la «violazione port[erebbe] in sé la propria autosufficienza», in quanto la disposizione citata stabilirebbe «una procedura di aggiudicazione, stipulazione ed esecuzione dei contratti nel settore sanitario con la chiara finalità di razionalizzare ed economicizzare l’intero settore della contrattualistica».
Ad avviso del ricorrente, non sarebbe, dunque, una circostanza casuale che la normativa statale del 2012, che prevede i richiamati tetti di spesa, menzioni l’art. 8-quinquies, che, già di per sé, non consentirebbe «la remunerazione delle prestazioni che eccedono il tetto di spesa, in quanto la funzionalità del sistema di programmazione della spesa sanitaria presuppo[rrebbe] il rispetto dei limiti di spesa stabiliti».
6.– Da ultimo, sarebbero violati anche gli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, poiché le norme impugnate «eccede[rebbero] la competenza regionale in materia di spesa sanitaria».
7.– Si è costituita in giudizio, con atto depositato l’8 maggio 2024, la Regione autonoma della Sardegna, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, in subordine, non fondato.
8.– Secondo la difesa della resistente, i vizi di legittimità costituzionale denunciati sarebbero esposti «in parte in maniera generica» e «in parte in maniera non chiara né coerente».
8.1.– Anzitutto, il ricorso, nel rilevare la «non coerenza tra le norme impugnate e l’art. 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 21 febbraio 2023», nonché la «sussistenza di criticità tra le predette disposizioni», avrebbe omesso di motivare il senso di tali asserzioni e di indicare i parametri costituzionali violati.
8.2.– Inoltre, sarebbe generico e poco chiaro il percorso logico vòlto a coinvolgere l’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, tanto più che, «oltre al riferimento alla necessità di gare per l’aggiudicazione delle convenzioni con il SSR», il ricorrente non farebbe «alcun cenno ad altre parti della disposizione che risulterebbero violate».
In aggiunta, la resistente rileva che il citato art. 8-quinquies, il cui comma 1-bis ha introdotto un sistema di selezione delle strutture accreditate, ai fini della stipula di accordi con il SSN (art. 15, comma 1, lettera b, numero 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118, recante «Legge annuale per il mercato e la concorrenza»), non sarebbe ancora vigente (avendo l’art. 4, comma 7-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini normativi», convertito, con modificazioni, nella legge 23 febbraio 2024, n. 18, differito la sua entrata in vigore al 31 dicembre 2024).
9.– Nel merito, la difesa regionale contesta la ritenuta violazione dei principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, in quanto rileva che i limiti di spesa ivi indicati non sarebbero opponibili alla Regione autonoma della Sardegna, che si fa interamente carico della propria spesa sanitaria. Pertanto, essa non potrebbe essere vincolata da norme statali di coordinamento della finanza pubblica finalizzate a dettare regole di contenimento della spesa sanitaria (sono evocate le sentenze di questa Corte n. 231 del 2017 e n. 125 del 2015).
La resistente precisa che le norme impugnate sarebbero state adottate dalla Regione nell’esercizio della competenza legislativa concorrente nella materia «tutela della salute», attribuita dall’art. 117, terzo comma, Cost. e dall’art. 4 dello statuto speciale, che vincolerebbero la Regione – in quanto autosufficiente nel finanziamento della spesa sanitaria – esclusivamente ad assicurare le «soglie minime degli standard e della spesa necessaria per garantirli».
La difesa regionale ricostruisce, inoltre, la ratio delle norme impugnate, finalizzate a proteggere il diritto alla salute e ispirate all’esigenza di ridurre le lunghe liste di attesa, formatesi in conseguenza della pandemia da COVID-19, la quale avrebbe in generale comportato – unitamente all’invecchiamento della popolazione – un incremento della spesa sanitaria in Sardegna. Nonostante tale quadro complessivo e il contestuale ampliamento dei livelli essenziali di assistenza introdotto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), lo Stato avrebbe, viceversa, ritenuto ancora «sostenibile il mantenimento del limite del valore della spesa consuntivata nel 2011, quindi oltre 12 anni prima».
In definitiva, la difesa della resistente ritiene che le norme impugnate corrispondano al legittimo esercizio del potere legislativo regionale, nel pieno rispetto del riparto di competenze fra Stato e regioni, avendo la Regione autonoma della Sardegna introdotto misure finalizzate «ad aumentare l’offerta di prestazioni ai cittadini attraverso le risorse del suo bilancio» e non avendo lo Stato titolo per dettare norme di coordinamento finanziario, ove non concorra al finanziamento della spesa sanitaria (è riportata, in proposito, la sentenza di questa Corte n. 11 del 2021 e la giurisprudenza ivi citata).
Non avrebbe, viceversa, alcun rilievo che, in passato, la stessa Regione autonoma abbia scelto in piena autonomia di applicare norme statali in questa materia, poiché tale circostanza non impedirebbe al legislatore sardo di adottare successivamente una disciplina diversa da quella prescritta per le regioni, la cui spesa sanitaria sia a carico dello Stato.
10.– Nel corso dell’udienza del 25 settembre 2024 le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 16 aprile 2024 (reg. ric. n. 16 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2024, per violazione degli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, nonché dall’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.
1.1.– L’impugnato art. 3, comma 12, dispone che, «[a] valere sulle risorse che residuano nei bilanci di ATS in liquidazione dopo l’applicazione dell’articolo 5, comma 8, della legge regionale n. 1 del 2023, e successive modifiche ed integrazioni, è autorizzata, a favore di ARES, la spesa di euro 3.291.344,42 per le finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2021 (missione 13 - programma 01 - titolo 1)».
Il successivo comma 13, anch’esso impugnato, prevede che, «[a] valere sul Fondo sanitario regionale relativo all’anno 2024, l’ARES è autorizzata al trasferimento della somma di euro 5.835.023,84 per la finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2023 (missione 13 - programma 01 - titolo 1)».
1.2.– In particolare, il ricorrente, dopo aver rilevato criticità e mancanza di coordinamento fra le norme impugnate e altre previsioni dettate sempre dalla Regione autonoma della Sardegna, ritiene che l’art. 3, commi 12 e 13, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2024 avrebbe consentito alla Regione di retribuire gli erogatori privati di prestazioni sanitarie accreditati, in eccesso rispetto ai limiti di spesa imposti dal legislatore statale, così determinando la violazione dei principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito. Sarebbe in sostanza derogata la disciplina statale finalizzata a contenere la spesa pubblica attraverso la riduzione dell’importo e dei volumi di prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera.
1.3.– Sempre in riferimento al medesimo parametro costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia un contrasto con la norma interposta di cui all’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, adducendo che le ragioni del lamentato vulnus sarebbero desumibili «prima facie» da quanto argomentato in merito alla ritenuta violazione dell’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
1.4.– Infine, il ricorso denuncia un contrasto con gli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, poiché le norme impugnate «eccede[rebbero] la competenza regionale in materia di spesa sanitaria».
2.– La Regione autonoma della Sardegna si è costituita in giudizio con atto depositato in data 8 maggio 2024, sollevando due eccezioni di inammissibilità.
2.1.– Anzitutto, la resistente ritiene che il ricorso abbia genericamente rilevato la «non coerenza tra le norme impugnate e l’art. 5, comma 12, della legge regionale n. 1 del 21 febbraio 2023», nonché la «sussistenza di criticità tra le predette disposizioni», senza motivare tali asserzioni e omettendo di indicare il parametro costituzionale violato.
2.1.1.– L’eccezione è fondata.
Il ricorrente non chiarisce come il denunciato difetto di coordinamento tra norme regionali possa tradursi in un vizio di legittimità costituzionale, tant’è che non emerge dalla motivazione il riferimento a qualsivoglia parametro costituzionale leso per effetto della citata disarmonia interna alla disciplina regionale. Il ricorrente ha omesso, in sostanza, di indicare «le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate», come invece previsto dall’art. 23, primo comma, lettera b), della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in virtù del richiamo di cui all’art. 34, primo comma, della stessa legge. La questione è dunque inammissibile, stante l’omessa indicazione del parametro costituzionale violato (sentenza n. 193 del 2007, e, nello stesso senso, sentenza n. 116 del 2006), e vista l’impossibilità di desumerlo dalla motivazione complessiva del ricorso (sentenza n. 195 del 2021).
2.2.– Con riferimento poi alla questione concernente la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente al principio fondamentale della materia «coordinamento della finanza pubblica», che si assume recato dall’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, la difesa regionale eccepisce la genericità e la scarsa chiarezza della censura. Questa, infatti, si sarebbe limitata a fare «riferimento alla necessità di gare per l’aggiudicazione delle convenzioni con il SSR», omettendo qualsivoglia «cenno ad altre parti della disposizione che risulterebbero violate».
2.2.1.– Anche tale eccezione è fondata.
Il ricorrente illustra in maniera parziale il contenuto della disposizione recante la norma interposta e si limita ad affermare che le ragioni della sua lesione sarebbero implicite e «prima facie» desumibili da quanto argomentato in merito alla violazione dell’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
Sennonché, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata, non meramente assertiva, né desumibile solo per relationem, tanto più in quanto si verta in giudizi promossi in via principale, rispetto ai quali la necessità di una congrua argomentazione si pone in termini ancora più pregnanti rispetto a quelli instaurati in via incidentale (ex multis, sentenze n. 95 del 2024, n. 125, n. 57 e n. 47 del 2023).
2.3.– Per le medesime ragioni, va dichiarata d’ufficio l’inammissibilità della questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 4 dello statuto della Regione autonoma della Sardegna, in quanto tale censura è priva di qualsivoglia motivazione.
3.– Nel merito, occorre esaminare la rimanente questione di legittimità costituzionale, con cui il ricorrente deduce la violazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
4.– La questione non è fondata.
4.1.– Con le norme impugnate, la Regione autonoma della Sardegna disciplina la destinazione delle risorse che residuano dai bilanci dell’Azienda per la tutela della salute, in liquidazione, dedotte le somme necessarie a dare applicazione all’art. 5, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, e successive modifiche e integrazioni.
In particolare, la Regione autorizza l’Azienda regionale della salute a destinare: la somma di euro 3.291.344,42 alla redistribuzione tra gli erogatori privati accreditati, che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021, e la somma di euro 5.835.023,84 all’incremento del tetto di spesa ospedaliera nell’anno 2023 (art. 3, commi 12 e 13, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2024).
4.2.– Il ricorrente lamenta la violazione dei principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica» che pongono un tetto alla spesa sanitaria. Nello specifico, fa riferimento all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, il quale, nella versione attualmente vigente, recita: «[a]i contratti e agli accordi vigenti nell’esercizio 2012 […] per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall’anno 2014. A decorrere dall’anno 2016 […] le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono programmare l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché di prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza ricomprese negli accordi per la compensazione della mobilità interregionale […] e negli accordi bilaterali fra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale […], in deroga ai limiti previsti dal primo periodo. Al fine di garantire, in ogni caso, l’invarianza dell’effetto finanziario connesso alla deroga di cui al periodo precedente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adottare misure alternative, volte, in particolare, a ridurre le prestazioni inappropriate di bassa complessità erogate in regime ambulatoriale, di pronto soccorso, in ricovero ordinario e in riabilitazione e lungodegenza, acquistate dagli erogatori privati accreditati, in misura tale da assicurare il rispetto degli obiettivi di riduzione di cui al primo periodo, nonché gli obiettivi previsti dall’articolo 9-quater, comma 7, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125; possono contribuire al raggiungimento del predetto obiettivo finanziario anche misure alternative a valere su altre aree della spesa sanitaria. […] Le regioni pubblicano per ciascun IRCCS su base trimestrale il valore delle prestazioni rese ai pazienti extraregionali di ciascuna regione. […] La misura di contenimento della spesa di cui al presente comma è aggiuntiva rispetto alle misure eventualmente già adottate dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria. Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell’applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013 […]».
In sostanza, la disposizione stabilisce per tutti i contratti e gli accordi vigenti nell’esercizio 2012 una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto per prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, dettando percentuali di riduzione, che sono state di seguito modificate.
In particolare, l’art. 45, comma 1-ter, del d.l. n. 124 del 2019, come convertito, ha previsto che, a decorrere dall’anno 2020, il limite di spesa indicato dal citato art. 15, comma 14, primo periodo, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, sia «rideterminato nel valore della spesa consuntivata nell’anno 2011», dopodiché tale valore è stato poi incrementato, dall’art. 1, comma 233, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), «di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026 […]».
4.3.– A fronte della richiamata censura, occorre rilevare che la disciplina impugnata promana da una regione a statuto speciale – la Sardegna – che finanzia integralmente il proprio servizio sanitario regionale, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», secondo cui «[d]all’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».
4.4.– Al riguardo, sin dalle sentenze n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009, questa Corte ha affermato che, ove «lo Stato non concorr[a] al finanziamento del servizio sanitario [regionale o] provinciale, […] esso neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento [della] spesa sanitaria».
Il medesimo principio è stato di seguito ribadito (con le sentenze n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 187 e n. 115 del 2012), anche con specifico riferimento a leggi della Regione autonoma della Sardegna (sentenze n. 141 del 2024, n. 11 del 2021 e n. 79 del 2018).
Da ultimo, la sentenza n. 141 del 2024 ha specificamente ribadito che «i vincoli recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, non si riferiscono alla Regione autonoma Sardegna che provvede autonomamente e integralmente al finanziamento del proprio sistema sanitario».
4.5.– In virtù di tale costante orientamento di questa Corte, le regioni e le province autonome, che provvedano integralmente e autonomamente al finanziamento della loro spesa sanitaria regionale, pur essendo vincolate al rispetto dei principi fondamentali in materia di finanza pubblica, non sono, tuttavia, soggette alle norme che lo Stato detta per il contenimento della spesa sanitaria. Devono rispettare anche queste ultime norme solo se l’ente è sottoposto a un piano di rientro da disavanzo finanziario, in materia sanitaria, ovvero se risulta compromesso il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, per effetto della deroga ai principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, posta in essere dalla regione o dalla provincia autonoma (da ultimo la citata sentenza n. 141 del 2024).
Nessuna di tali circostanze ricorre, nondimeno, nel caso oggetto dell’odierno scrutinio, poiché la Regione autonoma della Sardegna non è soggetta a piano di rientro da disavanzo finanziario e le misure introdotte con le norme impugnate non risultano idonee a compromettere i LEA.
L’obiettivo della legge è, infatti, quello di destinare le risorse regionali residue a un maggiore finanziamento della spesa sanitaria per l’assistenza ospedaliera nell’anno 2023, nonché quello di incrementare la remunerazione di prestazioni sanitarie già erogate da strutture accreditate nell’anno 2021, che hanno contribuito a ridurre le liste d’attesa rese particolarmente lunghe dall’impatto della pandemia da COVID-19.
4.6.– Pertanto, pur se il quadro costituzionale non esime la Regione autonoma della Sardegna, in uno con tutte le altre articolazioni territoriali della Repubblica, ivi comprese le autonomie speciali (sentenze n. 76 del 2023, n. 113 del 2022 e n. 36 del 2021), dall’osservanza dei principi generali di programmazione nella gestione della spesa, in vista di una razionalizzazione del sistema sanitario, non può ritenersi che tali principi risultino compromessi dalla normativa impugnata nell’odierno giudizio.
5.– In definitiva, non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2024, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», stabiliti dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge della Regione Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), promosse, in riferimento agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo relativamente ai principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» recati dall’art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché per mancanza di coordinamento con l’art. 5, commi 12 e 13, della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2024, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» recati dall’art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2024