Sentenza n. 160 del 2023

SENTENZA N. 160

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, recante «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - collegato 2007», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, nel procedimento vertente tra E. spa e altro e il Comune di Monticelli Brusati e altri, con ordinanza del 9 agosto 2022, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visti gli atti di costituzione di E. spa e di G. R., nonché l’atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2023 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;

uditi gli avvocati Andrea Martelli per E. spa e G. R. e Alessandra Zimmitti per la Regione Lombardia;

deliberato nella camera di consiglio del 5 aprile 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 9 agosto 2022, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, recante «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - collegato 2007», nella parte in cui «attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative in materia di bonifica dei siti inquinati, che il legislatore statale ha, con l’articolo 242 del d.lgs. 152/06, attribuito esclusivamente alle Regioni».

La disposizione censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione in relazione al citato art. 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

1.1.– Il giudice a quo riferisce che nel giudizio principale i ricorrenti, E. spa e G. R., quest’ultimo in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società, hanno impugnato la determinazione del responsabile dell’Area dei servizi tecnici e gestione del territorio (Area Tecnica) 23 settembre 2021, n. 301 – nonché tutti gli atti ad essa propedeutici – con cui il Comune di Monticelli Brusati (BS), a conclusione della conferenza di servizi decisoria, all’interno di un complesso procedimento, avviato ai sensi del Titolo V della Parte quarta del codice dell’ambiente, aveva imposto all’impresa, proprietaria, la rimozione dei rifiuti interrati e la bonifica del sito contaminato in cui aveva svolto, dal 1966 al 1999, attività di fusione della ghisa per la produzione di componenti per radiatori.

1.2.– Il rimettente espone che i ricorrenti del giudizio principale hanno chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006 per la violazione della predetta norma costituzionale, che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, competenza esercitata anche con l’attribuzione alle regioni, ad opera dell’art. 242 cod. ambiente, delle funzioni amministrative inerenti agli interventi di bonifica e messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati.

1.3.– Nell’ordinanza di rimessione si riferisce ancora che i ricorrenti hanno impugnato la predetta determinazione anche per ulteriori profili, ma che il dubbio di illegittimità costituzionale della norma sulla base della quale la stessa è stata adottata risulta prioritario e assorbente rispetto alle altre censure dedotte.

2.– Il Collegio ritiene la questione rilevante e non manifestamente infondata.

2.1.– Sotto il primo profilo, osserva che l’accoglimento della stessa comporterebbe la espunzione della norma attributiva del potere esercitato dal Comune, e, quindi, la fondatezza del ricorso.

La rilevanza della questione nel giudizio principale diviene ancora più evidente – osserva ancora il giudice a quo − ove si consideri che dal tenore letterale della determinazione gravata emerge in modo inequivoco che il Comune non si era limitato ad adottare un mero ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati, atto di competenza del sindaco, ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006, ma aveva imposto ai ricorrenti una vera e propria bonifica dell’area inquinata, comprensiva dell’obbligo di predisporre, ai sensi dell’art. 242, comma 4, dello stesso codice dell’ambiente, una successiva analisi del rischio.

2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il TAR rimettente ritiene che il legislatore regionale, nell’attribuire ai comuni le funzioni amministrative di cui si tratta, abbia introdotto un modello di distribuzione delle competenze decisionali che vìola la riserva della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali» ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto contrastante con gli artt. 198 e 242 cod. ambiente che, nel disciplinare le procedure operative ed amministrative in materia di siti contaminati, attribuiscono alle regioni il compito di approvare tutti gli atti della procedura, previa convocazione di un’apposita conferenza di servizi.

Una lettura combinata di detto parametro con l’art. 118 Cost., che attribuisce ai comuni le funzioni amministrative – a meno che, al fine di assicurarne l’esercizio unitario, esse non vengano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato nella valorizzazione dei principi di sussidiarietà verticale, differenziazione e adeguatezza – indicherebbe, per il rimettente, l’intenzione del legislatore costituzionale di introdurre un elemento di elasticità nell’attribuzione di tali funzioni, correlato alle esigenze unitarie di esercizio «sovraterritoriale» delle stesse.

Si richiama, a sostegno del lamentato contrasto con il parametro costituzionale evocato, la sentenza di questa Corte n. 189 del 2021, e si citano ancora le sentenze n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008.

3.– Nel giudizio è intervenuta la Regione Lombardia, che ha dedotto l’inammissibilità, per irrilevanza nel giudizio a quo, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006.

3.1.– Espone l’interveniente che una eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale avrebbe quale unica conseguenza la parziale illegittimità del provvedimento impugnato, nella parte in cui il Comune ha ordinato alla società ricorrente la bonifica del sito inquinato. Il provvedimento stesso resterebbe, però, valido ed efficace nella parte in cui l’ente territoriale ha ordinato alla medesima società la rimozione dei rifiuti.

3.2.– In ogni caso la questione sarebbe non rilevante in quanto risulterebbe indifferente per i ricorrenti che il provvedimento impugnato, per la parte relativa all’attività di bonifica, sia stato emesso dal Comune o dalla Regione nella identità, comunque, dei suoi contenuti e nella strumentalità dell’assunta iniziativa giudiziaria, volta, in realtà, ad evitare alla società di adempiere gli obblighi posti a suo carico quale soggetto responsabile dell’inquinamento.

3.3.– Nel merito, poi, la questione non sarebbe fondata.

Osserva anzitutto la Regione che la modifica costituzionale operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) ha radicalmente mutato i criteri di distribuzione ed esercizio delle funzioni amministrative, a livello sia regionale che locale. È stato anzitutto abbandonato il principio del parallelismo tra funzioni legislative e amministrative delle regioni, sostituito dal criterio della sussidiarietà (verticale), tant’è che l’art. 118, primo comma, Cost. dispone che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Inoltre, l’art. 114 Cost. ha invertito, rispetto alla impostazione tradizionale, l’ordine di elencazione degli enti territoriali costituzionalmente rilevanti, menzionando in primo luogo il comune, quale ente più vicino ai cittadini, per poi risalire via via a quelli superiori.

Ciò posto, rileva la Regione che un richiamo espresso della Costituzione alla tutela dell’ambiente è stato introdotto solo con la richiamata legge cost. n. 3 del 2001, che, all’art. 117, secondo comma, lettera s), ha attribuito quest’ultima alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Peraltro, il terzo comma dell’art. 117 Cost. affida alla legislazione concorrente di Stato e regione una serie di materie che per taluni aspetti sono strettamente collegate con la tutela ambientale, quali la salute, la valorizzazione dei beni culturali, nonché la produzione, la mobilità e l’energia.

Il comma quarto, poi, attribuisce alla competenza legislativa regionale tutte le materie non espressamente attribuite allo Stato, alcune delle quali, come l’agricoltura, il turismo, l’industria regionale, le reti di trasporto, interferiscono tra loro e con la tutela dell’ambiente.

3.4.– Ricorda ancora l’interveniente che l’ambiente, riconosciuto dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 (Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente), tra i diritti fondamentali della persona e quale limite all’attività economica (si citano, a conforto, gli artt. 2, 9 e 32 Cost.), vale a fissare, quale competenza legislativa esclusiva statale, gli standard di tutela uniforme in tutto il territorio nazionale, non derogabili o modificabili in peius dalle regioni ed intesi alla cura di interessi funzionalmente collegati, attraverso un riparto di competenze tra i diversi livelli territoriali sostenuto dai criteri di differenziazione dell’azione amministrativa, in vista della maggiore adeguatezza dell’intervento.

Resta integrata, in tal modo, una competenza trasversale in cui la tutela dell’ambiente vede la competenza legislativa statale intrecciarsi in modo inestricabile con altre competenze regionali e prevalere nel verificarsi di fenomeni di sovrapposizione (si citano le sentenze di questa Corte n. 20 del 2012, n. 191 del 2011, n. 380 del 2007, n. 378 del 2007, n. 226 del 2003 e n. 536 del 2002), ferma la competenza regionale ove esercitata in modo più rigoroso e quindi nel senso di innalzare quei livelli di tutela (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 106 del 2011, n. 315 e n. 193 del 2010, n. 61 del 2009).

3.5.– La Regione deduce quindi il contrasto delle affermazioni della ricorrente – secondo le quali il legislatore nazionale avrebbe inteso sottrarre alle regioni la potestà normativa ed organizzativa in materia di bonifica di siti inquinati, prevedendo un implicito divieto di delega delle funzioni amministrative ad esse attribuite ad altri enti territoriali – con l’intervento normativo che riconosce alle regioni ampi poteri di carattere programmatico in materia di ambiente e gestione rifiuti (art. 196, comma 1, lettere cn e o cod. ambiente) e, ancora, nelle materie interferenti relative alla qualità dell’aria, i distretti idrografici e l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili.

La gestione della procedura di bonifica al livello più vicino al territorio interessato, prosegue la Regione, consente all’amministrazione di intercettare i bisogni di tutela ambientale e della salute ponendo in atto l’azione amministrativa più efficace.

3.6.– Osserva ancora la difesa regionale che gli interventi di bonifica incidono sull’organizzazione del territorio, che rientra tra le funzioni fondamentali dei comuni, con attrazione parziale della materia nella disciplina del governo del territorio ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Si tratterebbe di esito confermato dalla legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), che prevede l’approvazione di una “Carta del consumo del suolo”, quale presupposto necessario e vincolante per la realizzazione di interventi edificatori, all’esito di una individuazione delle caratteristiche del suolo, comprese le aree dismesse e contaminate soggette ad interventi di bonifica ambientale, stabilendo che, in conseguenza della variante urbanistica, con l’autorizzazione di tali interventi di bonifica dei siti contaminati i comuni adeguano i propri strumenti urbanistici (si cita l’art. 13, comma 14-bis, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005), così garantendo una maggiore tutela dell’ambiente e della salute dei soggetti coinvolti.

3.7.– La Regione sottolinea altresì che la giurisprudenza della Corte di cassazione (si cita sezione seconda civile, sentenza 23 settembre 2022, n. 27975) ha escluso la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., allorquando la regione deleghi alla provincia il potere autorizzatorio in coerenza con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art. 118 Cost., e con l’art. 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), per una interpretazione che trova conferma, per l’interveniente, nelle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

In particolare, in materia di bonifica dei cosiddetti siti orfani, funzionale a recupero e riqualificazione della superficie del suolo, l’art. 1, comma 4, lettera o), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, definisce soggetti attuatori i soggetti pubblici e privati che provvedono alla realizzazione del Piano. Il decreto del Ministero della transizione ecologica 4 agosto 2022, recante «Piano d’azione per la riqualificazione dei siti orfani in attuazione della misura Missione 2, Componente 4, Investimento 3.4, del PNRR (22A05711)», all’art. 2, comma 1, lettere f) e g), chiarisce che, ai fini del medesimo decreto, sono soggetti attuatori, responsabili dell’avvio, dell’attuazione e della funzionalità dell’intervento o del progetto finanziato dal PNRR, le regioni e le province autonome i cui siti orfani da riqualificare sul proprio territorio in funzione dell’attuazione della misura M2C4, investimento 3.4, sono individuati, all’Allegato 2 del decreto stesso, tra quelli di cui al decreto del direttore generale della Direzione per il risanamento ambientale del Ministero della transizione ecologica n. 222 del 2021 e successive modificazioni; e che sono soggetti attuatori esterni i soggetti pubblici di cui si avvalgono gli attuatori per la realizzazione operativa degli interventi, che sottoscrivono gli accordi di cui all’art. 7 del decreto. Proprio ai sensi di tale articolo – rileva l’ente costituito – è prevista la possibilità che le regioni, in qualità di soggetti attuatori, deleghino alcune attività o funzioni a soggetti attuatori esterni, come i comuni.

3.8.– Del resto, le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto nei confronti degli altri enti territoriali coinvolti nelle attività di bonifica sarebbero state sempre esercitate dalla Regione Lombardia attraverso l’adozione di delibere di Giunta e linee guida (si indica la delibera della Giunta regionale 10 febbraio 2010, n. 8/11348 contenente «Linee guida in materia di bonifica di siti contaminati» ed il regolamento regionale 15 giugno 2012, n. 2, recante «Attuazione dell’art. 21 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”, relativamente alle procedure di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati».

La difesa della Regione cita il «Piano Regionale delle Aree Inquinate, aggiornato con delibera di Giunta regionale n. 6408 del 02.05.2022», che «fornisce ai comuni numerosi atti di indirizzo per l’esercizio delle funzioni delegate», prevedendo, per quelli con meno di ventimila abitanti, l’attivazione di una task force su richiesta inoltrata alla Regione per la gestione delle procedure ad evidenza pubblica e per gli interventi di bonifica per importi superiori ad un milione di euro ove venga fatta valere dagli enti territoriali minori la mancanza di competenze tecnico-amministrative, per un’opera della Regione di costante supporto nelle funzioni delegate e nel rispetto degli obiettivi di tutela della salute e dell’ambiente.

4.– Si sono costituiti in giudizio E. spa, in persona del legale rappresentante, e G. R., quest’ultimo anche in proprio, aderendo alle conclusioni formulate nell’ordinanza di rimessione.

4.1.–Vengono in tal senso richiamati sia il tenore letterale delle disposizioni statali di riferimento (artt. 242 e 198, comma 4, cod. ambiente), che riferiscono alle Regioni l’affidamento delle funzioni amministrative e che attribuiscono ai Comuni l’espressione del solo parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati che deve essere rilasciata dalla Regione, sia i principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 189 del 2021.

4.2.– I ricorrenti del giudizio principale rimarcano quindi la diversità della disciplina adottata dal legislatore statale con il d.lgs. n. 152 del 2006 rispetto alla precedente, richiamando l’art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/56/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), che, al comma 4, attribuiva espressamente ai comuni le funzioni relative alle procedure amministrative applicabili agli interventi di bonifica. La nuova allocazione di competenze ad un livello amministrativo superiore non sarebbe rivedibile dal legislatore regionale.

4.3.– Si valorizza dalle parti la peculiarità della materia disciplinata, relativa a fenomeni di inquinamento spesso di rilievo sovracomunale (ad esempio, lo scorrimento dell’acqua di falde), nonché l’elevata complessità tecnica del procedimento amministrativo, che richiede competenze e risorse di cui normalmente i comuni, soprattutto quelli di modeste dimensioni, non dispongono.

5.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica, è stata deposita memoria illustrativa nell’interesse di E. spa e di G. R., con cui si contestano le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Lombardia.

5.1.– Si deduce, in particolare, lo sconfinamento nel merito delle contrarie deduzioni e la rilevanza in re ipsa della questione di legittimità costituzionale sollevata, avuto riguardo alla sua diretta incidenza sulle competenze esercitate dal Comune nell’adozione del provvedimento oggetto di gravame innanzi al TAR rimettente.

5.2.– Si ribadisce la fondatezza della questione, attraverso il richiamo ai principi affermati da questa Corte (vengono citate, a sostegno del carattere «granitic[o]» e «costante» della giurisprudenza costituzionale, le sentenze n. 189 del 2021, n. 129 del 2019 e, più risalente, la n. 187 del 2011) e alla dottrina che si è espressa in punto di allocazione delle risorse organizzative in quanto espressive di una valutazione di adeguatezza dell’ente avente competenza amministrativa.

Il governo dei comuni, segnatamente di quelli di più modeste dimensioni, non sarebbe il più adeguato a gestire i procedimenti di bonifica, evidenza, questa, confermata dalla circostanza dedotta dalla stessa Regione Lombardia che ha «avvertito la necessità di intervenire (con il Piano del 2022 che menziona nel proprio atto di costituzione) per “aiutare i Comuni nello svolgimento delle proprie competenze”».

6.– Anche la Regione Lombardia ha depositato memoria illustrativa.

6.1.– In punto di rilevanza ed in replica alle contrarie deduzioni, la Regione assume che la determinazione impugnata «non sembra disporre la bonifica, bensì la rimozione dei rifiuti presenti nell’area», attività di competenza dei Comuni, ai sensi dell’art. 192 cod. ambiente, con conseguente mancanza di una lesione attuale dell’interesse del ricorrente alle sorti del distinto procedimento di bonifica, da individuarsi in quello previsto dal successivo art. 252 sui siti di interesse nazionale, destinato a far seguito alla rimozione dei rifiuti.

6.2.– Quanto al merito, si ribadisce nella memoria la tesi della non fondatezza della questione.

Considerato in diritto

1.– Il TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006, nella parte in cui «attribuisce alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative, in materia di bonifica dei siti inquinati».

Ad avviso del rimettente, la norma regionale oggetto della questione di legittimità costituzionale introdurrebbe un modello di distribuzione delle competenze decisionali che, nell’individuare nel comune territorialmente competente l’ente al quale è assegnata la cura del procedimento amministrativo di bonifica di un sito inquinato, sarebbe in contrasto con la volontà del legislatore nazionale, che ha invece attribuito, con gli artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006, dette competenze alle regioni e, quindi, recherebbe vulnus alla riserva di competenza legislativa esclusiva statale stabilita, nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali», dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La disposizione costituzionale fornirebbe «una chiara ed univoca indicazione della fonte legislativa legittimata ad operare, in via esclusiva, la distribuzione delle connesse funzioni amministrative tra i vari livelli territoriali», sicché dovrebbe escludersi che il codice dell’ambiente, nell’attribuire alle regioni siffatta competenza, ne abbia, anche, consentito l’allocazione ad un differente livello governativo, neppure nel caso in cui il fenomeno inquinante rivesta un rilievo meramente locale.

2.– Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa della Regione Lombardia per difetto di rilevanza della questione.

2.1.– Il provvedimento impugnato nel giudizio principale, secondo la Regione, verrebbe attinto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale esclusivamente nella parte in cui il comune ha ordinato la bonifica del sito inquinato, restando invece valido ed efficace là dove l’ente ha disposto la rimozione dei rifiuti, attività di competenza del Comune (art. 198 cod. ambiente).

2.2.– In ogni caso, a parere dei ricorrenti sarebbe indifferente che detto provvedimento sia stato emesso dalla Regione o dal Comune, in quanto esso conserverebbe il medesimo contenuto anche ove emesso dalla prima, sussistendo i presupposti di fatto e diritto previsti dalla normativa in materia.

3.– L’eccezione non è fondata in relazione a nessuno degli articolati profili, per le ragioni di seguito indicate.

3.1.– Alla stregua della costante giurisprudenza costituzionale in tema di accertamento del requisito della rilevanza, segnato dal nesso di pregiudizialità che correla il giudizio incidentale innanzi a questa Corte a quello principale di merito, detto requisito implica necessariamente che la sollevata questione di legittimità costituzionale abbia nel procedimento a quo un’incidenza attuale e non meramente eventuale. Il postulato della pregiudizialità della questione richiede infatti che questa si concreti solo quando il dubbio di contrasto con la Costituzione investa una norma dalla cui applicazione, ai fini della definizione del giudizio dinanzi a lui pendente, il giudice a quo dimostri di non poter prescindere.

Il controllo di questa Corte sulla rilevanza della questione è, peraltro, limitato alla non implausibilità delle motivazioni sui «presupposti in base ai quali il giudizio a quo possa dirsi concretamente ed effettivamente instaurato, con un proprio oggetto, vale a dire un petitum, separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale, sul quale il giudice remittente sia chiamato a decidere» (ex plurimis, sentenza n. 269 del 2022; nello stesso senso, n. 35 del 2017).

In particolare, il giudice rimettente è chiamato a valutare, sia pure in via delibativa e prognostica, allo stato degli atti e dell’iter decisionale, la questione di legittimità costituzionale con riguardo ai requisiti di attualità e rilevanza che sono, del pari, oggetto del controllo in sede di giudizio dinanzi a questa Corte, pur destinato a fermarsi alla non implausibilità delle motivazioni addotte dal rimettente (ex plurimis, ancora sentenze n. 269 del 2022 e n. 35 del 2017).

Nella specie, il TAR rimettente ha individuato i contenuti della determinazione del Comune di Monticelli Brusati dinanzi a sé impugnata, rimarcando che essa ha imposto ai ricorrenti una vera e propria bonifica dell’area e, ancora, l’obbligo di predisporre una successiva analisi del rischio, con chiaro richiamo all’art. 242 cod. ambiente ed alle procedure amministrative previste in materia di bonifica dei siti inquinati e correlate e strumentali attività.

3.1.1.– Come affermato da questa Corte, anche nella prospettiva di un più diffuso accesso al sindacato di legittimità costituzionale e di una più efficace garanzia dell’esercizio dello scrutinio di conformità della legislazione a Costituzione (sentenze n. 59 del 2021 e n. 77 del 2018), il presupposto della rilevanza non si identifica nell’utilità concreta che le parti in causa potrebbero conseguire all’esito del giudizio principale (sentenze n. 59 del 2021 e n. 174 del 2019), ma nella necessità di applicare la disposizione censurata in ragione del suo correlarsi, nel percorso argomentativo del giudizio principale, all’incidenza della pronuncia di questa Corte (sentenza n. 254 del 2020).

Peraltro, la circostanza che i contenuti del provvedimento impugnato nel giudizio a quo sarebbero solo limitatamente incisi dalla invocata pronuncia di illegittimità costituzionale o, ancora, l’“indifferenza” agli interessi dei ricorrenti del giudizio principale del requisito della competenza all’adozione del provvedimento stesso in ragione del carattere comunque necessitato dei suoi contenuti su cui verrebbe a cadere la stessa pronuncia, sono evidenze estranee al sindacato demandato a questa Corte in punto di rilevanza della questione dedotta, che rimane, invece, circoscritto all’applicabilità della disposizione censurata nel giudizio a quo (sentenza n. 174 del 2016).

3.1.2.– La Regione Lombardia solleva un ulteriore profilo di inammissibilità nella memoria illustrativa depositata il 14 marzo 2023: il provvedimento impugnato nel giudizio presupposto, occasione del sollevato dubbio di legittimità costituzionale, non sarebbe stato inteso nei suoi esatti contenuti dal rimettente, non sembrando «disporre la bonifica, bensì la rimozione dei rifiuti presenti nell’area. Competenza questa in capo ai Comuni, ai sensi dell’art. 192 del D.lgs. n. 152/2006».

3.1.3.– L’eccezione – peraltro connotata da profili di contraddittorietà rispetto ai contenuti di quella già formulata nell’atto di costituzione, in cui del provvedimento impugnato si deduceva la coeva presenza di un ordine di bonifica e di uno di rimozione di rifiuti, e comunque perplessa nelle sue conclusioni – si rivela non fondata.

Per i già richiamati principi, l’ordinanza di rimessione individua, infatti, con motivazione non implausibile, il contenuto del provvedimento impugnato e ravvisa in esso un profilo di incompetenza del Comune all’adozione dell’atto.

4.– Nel merito la questione è fondata.

4.1.– Il censurato art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006, la cui rubrica reca: «Funzioni amministrative di competenza comunale in materia di bonifica di siti contaminati», così testualmente recita: «1. Sono trasferite ai comuni le funzioni relative alle procedure operative e amministrative inerenti gli interventi di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune, concernenti: a) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del piano della caratterizzazione e l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 3 e 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); b) la convocazione della conferenza di servizi e l’approvazione del documento di analisi di rischio, di cui all’articolo 242, comma 4, del d.lgs. 152/2006; c) l’approvazione del piano di monitoraggio, di cui all’articolo 242, comma 6, del d.lgs. 152/2006; d) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza e delle eventuali ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, nonché l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 7 e 13, del d.lgs. 152/2006; e) l’accettazione della garanzia finanziaria per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi autorizzati, di cui all’articolo 242, comma 7, del d.lgs. 152/2006; f) l’approvazione del progetto di bonifica di aree contaminate di ridotte dimensioni, di cui all’articolo 249 e all’allegato 4 del d.lgs. 152/2006. 2. È altresì trasferita ai comuni l’approvazione della relazione tecnica per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica, di cui all’articolo 265, comma 4, del d.lgs. 152/2006. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano agli interventi di bonifica e/o di messa in sicurezza oggetto di strumenti di programmazione negoziata di cui alla legge regionale 14 marzo 2003, n. 2 (Programmazione negoziata regionale). 4. Le procedure di cui ai commi 1 e 2, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione ha già concluso la conferenza di servizi, rimangono di competenza della Regione medesima limitatamente all’adozione del provvedimento conclusivo della singola fase del procedimento».

La Regione Lombardia ha, dunque, trasferito ai comuni le funzioni che, a livello statale, l’art. 242 cod. ambiente attribuisce alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle stesse regioni dei progetti di bonifica dei siti inquinati.

4.2.– Nel modello delineato dalla riforma costituzionale del 2001, in linea con il principio di sussidiarietà, la valutazione di adeguatezza informa di sé l’individuazione, ad opera del legislatore statale o regionale, dell’ente presso il quale allocare, in termini di titolarità, la competenza. Infatti, muovendo dalla preferenza accordata ai comuni, cui sono attribuite, in via generale, le funzioni amministrative, la Costituzione demanda al legislatore statale e regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, la facoltà di diversa allocazione di dette funzioni, per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118, primo comma, Cost.).

4.2.1.– Vanno qui richiamati i principi affermati nella sentenza n. 189 del 2021, con la quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma regionale (l’art. 6, comma 2, lettere b e c, quest’ultima limitatamente al riferimento alla lettera b, della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27, recante «Disciplina regionale della gestione dei rifiuti»), nel rilevato contrasto della delega della funzione amministrativa ivi conferita dall’ente regionale ai comuni – in tema di autorizzazione alla realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti derivanti dall’autodemolizione e rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti – con la diversa allocazione di detta funzione, prevista dal codice dell’ambiente in favore della regione.

Nell’occasione, questa Corte ha osservato che con la disposizione in scrutinio la Regione Lazio aveva inciso, senza esservi abilitata dalla predetta fonte normativa statale, su una competenza ad essa attribuita dallo Stato nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

La modifica della competenza regionale fissata dal cod. ambiente, operata dall'art. 6, comma 2, lettere b) e c), della legge reg. Lazio n. 27 del 1998, attraverso la delega ai comuni della funzione autorizzatoria ivi indicata, contrasta – ha chiarito la pronuncia citata − con il parametro evocato perché introduce una deroga all’ordine delle competenze stabilito dalla legge statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in assenza − sia nell’ordito costituzionale, sia nel codice dell’ambiente – di una disposizione che abiliti alla descritta riallocazione.

4.2.2. – Come già rimarcato da questa Corte, la potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario (sentenza n. 189 del 2021 e, ivi richiamate, sentenze n. 246 del 2017 e n. 641 del 1987), che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale» (ancora sentenza n. 189 del 2021).

Ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia.

4.3.– I medesimi principi non possono non trovare applicazione nella specifica materia oggetto della presente questione: nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (tra le molte sentenze n. 251 e n. 86 del 2021; in tema di messa in sicurezza, più recentemente, sentenza n. 50 del 2023).

4.4.− A conferma delle conclusioni fin qui raggiunte, si rileva che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.

4.5.– La previsione, contenuta nella norma censurata, di un modulo organizzativo diverso da quello descritto, in cui sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative nella materia de qua, non è neppure legittimata – come invece sostiene la Regione Lombardia – dalla disciplina della materia di bonifica dei cosiddetti siti orfani, funzionale al recupero e alla riqualificazione della superficie del suolo, contenuta nel PNRR là dove si distingue, con l’art. 1, comma 4, lettera o), del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, tra «soggetti attuatori pubblici», regioni e province autonome, che svolgono attività di indirizzo, coordinamento e supporto, e «soggetti attuatori esterni», definiti come soggetti pubblici, quali i comuni, di cui si avvalgono i primi per la realizzazione operativa degli interventi. È, infatti, in questo caso, la stessa legge statale che, con riferimento esclusivo alla materia di cui si tratta, attribuisce alle regioni il potere di conferire ai soggetti attuatori esterni attività e funzioni di natura amministrativa.

4.6.– La volontà del legislatore regionale di modificare nei termini sopra precisati l’assetto delle competenze voluto dalla Costituzione emerge, del resto, dagli stessi lavori preparatori della legge n. 30 del 2006. Si legge nella relazione illustrativa che «[l]’attuale normativa (titolo V del d.lgs. 152/2006) assegnando alla regione le funzioni amministrative in materia di bonifica di siti contaminati, oltre ad aver interrotto il “passaggio” di competenze all’ente locale promosso dalle leggi Bassanini e poi garantito a livello costituzionale, ha di fatto annullato l’ormai consolidato svolgimento delle funzioni amministrative a livello di governo locale e l’attuazione degli obiettivi programmatici individuati e condivisi dalle politiche del governo regionale. Il presente articolo ha lo scopo di “riconsegnare” all’ente locale (il comune), le funzioni amministrative in materia di bonifica di siti contaminati, ad essi già attribuite dalla normativa previgente al d.lgs. 152/2006 (d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e d.m. 25 ottobre 1999, n. 471».

5.− Deve, pertanto, dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge reg. Lombardia n. 30 del 2006.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, recante «Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - collegato 2007)».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2023