ORDINANZA N. 76
ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPEETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 ottobre 2014, n. 9 (Riordino dell’attività statistica e disciplina del sistema statistico provinciale. Modificazioni della legge provinciale n. 13 del 2009, in materia di promozione di prodotti agricoli a basso impatto ambientale, e della legge provinciale sui lavori pubblici 1993), promosso dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento nel procedimento vertente tra l’Impresa Mazzotti Romualdo spa e la Provincia autonoma di Trento e altra, con ordinanza del 27 marzo 2015, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nella udienza pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice relatore Franco Modugno;
udito l’avvocato Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento.
Ritenuto che, con ordinanza del 27 marzo 2015, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento ha sollevato, in riferimento all’art. 8, primo comma, numeri 1) e 17), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 ottobre 2014, n. 9 (Riordino dell’attività statistica e disciplina del sistema statistico provinciale. Modificazioni della legge provinciale n. 13 del 2009, in materia di promozione di prodotti agricoli a basso impatto ambientale, e della legge provinciale sui lavori pubblici 1993);
che il giudice a quo riferisce che, con lettera del 9 settembre 2014, la Provincia autonoma di Trento aveva invitato sette imprese a un confronto concorrenziale per l’affidamento di lavori di sistemazione stradale;
che, avvenuta l’aggiudicazione, l’Amministrazione provinciale aveva accertato che il legale rappresentante della società aggiudicataria risultava gravato da una condanna penale, relativa a reato in materia ambientale, non dichiarata in sede di presentazione dell’offerta, in violazione di quanto prescritto dalla lettera di invito, che richiedeva alle imprese interessate di dichiarare, a pena di esclusione, tutte le condanne riportate dai soggetti indicati dall’art. 38, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE);
che, di conseguenza, la Provincia aveva annullato l’aggiudicazione, affidando la commessa all’impresa collocata al secondo posto della graduatoria di gara;
che il provvedimento era stato impugnato davanti al Tribunale rimettente dalla società aggiudicataria, la quale aveva lamentato che la stazione appaltante non avesse attivato il cosiddetto soccorso istruttorio, chiedendole di integrare la dichiarazione relativa ai precedenti penali: ciò, in applicazione dell’art. 47, comma 4, del decreto del Presidente della Provincia autonoma di Trento 11 maggio 2012, n. 9-84/Leg. (Regolamento di attuazione della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 concernente «Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti» e di altre norme provinciali in materia di lavori pubblici), ovvero, e in ogni caso, in virtù di quanto stabilito dall’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, aggiunto dall’art. 39 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114;
che, al riguardo, il giudice a quo rileva come nella specie si discuta dell’affidamento di una commessa di importo inferiore alla «soglia comunitaria»: fattispecie che, nella Provincia autonoma di Trento, è disciplinata dalla legge della Provincia autonoma di Trento 10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti) e dalla legge della Provincia autonoma di Trento 19 luglio 1990, n. 23 (Disciplina dell’attività contrattuale e dell’amministrazione dei beni della Provincia autonoma di Trento); leggi emanate nell’esercizio della competenza legislativa primaria della Provincia in materia di lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, primo comma, numero 17, dello statuto reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol) e di ordinamento amministrativo (art. 8, primo comma, numero 1, dello statuto reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol);
che, ciò premesso, il rimettente osserva come – contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente – la dichiarazione da essa resa in ordine ai precedenti penali debba considerarsi, non già incompleta, ma falsa;
che nella specie, infatti, il legale rappresentante della società aggiudicataria, utilizzando – secondo il giudice a quo – «in maniera ambigua» uno dei modelli di dichiarazione, aveva elencato, in luogo delle condanne eventualmente riportate, solo i nominativi dei soggetti in carica non gravati da precedenti penali;
che la dichiarazione era stata resa, peraltro, all’espresso fine di rappresentare «il possesso dei requisiti di ordine generale in capo ai soggetti di cui all’art. 38, c. 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006», compreso, quindi, il dichiarante stesso: con la conseguenza che l’omessa menzione del precedente penale gravante su quest’ultimo assumeva la valenza di mendace attestazione della sua inesistenza;
che l’omissione in parola non avrebbe potuto essere, pertanto, sanata sulla base del disposto dell’art. 47, comma 4, del citato regolamento di attuazione della legge provinciale sui lavori pubblici, secondo il quale «le amministrazioni aggiudicatrici invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati»;
che il legislatore statale ha peraltro introdotto, con il d.l. n. 90 del 2014, una nuova disciplina del soccorso istruttorio, più favorevole per i concorrenti;
che l’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, aggiunto dall’art. 39, comma 1, del d.l. n. 90 del 2014, prevede, in specie, che nei casi di «mancanza», di «incompletezza» di «ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2» dello stesso art. 38, il concorrente sia tenuto a pagare una sanzione pecuniaria a favore della stazione appaltante, la quale deve, peraltro, assegnare al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, per rendere, integrare o regolarizzare le dichiarazioni necessarie: termine il cui inutile decorso comporta l’esclusione dalla gara;
che l’art. 46, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, aggiunto dal comma 2 dello stesso art. 39 del d.l. n. 90 del 2014, estende inoltre tale disciplina «a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara»;
che, sul piano temporale, il comma 3 del medesimo art. 39 prevede che le predette disposizioni si applichino alle procedure di affidamento indette successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 90 del 2014, ossia dopo il 25 giugno 2014;
che le richiamate norme statali sono state recepite dalla Provincia autonoma di Trento con l’art. 17 della legge prov. Trento n. 9 del 2014, il cui comma 1 ha inserito nella legge prov. n. 26 del 1993 il nuovo art. 35-ter, in forza del quale «[n]ei casi di mancanza, di incompletezza e di ogni irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base a [tale] legge o ad altre disposizioni di legge applicabili, al regolamento di attuazione, al bando o al disciplinare di gara, si applica la normativa statale»: con la precisazione che se la regolarizzazione avviene entro tre giorni dal ricevimento della richiesta, il concorrente non è tenuto al pagamento della sanzione;
che il comma 2 del medesimo art. 17 stabilisce, peraltro, che la disposizione ora ricordata si applica alle procedure i cui bandi sono pubblicati o le cui lettere di invito sono inviate successivamente alla data di entrata in vigore della legge prov. Trento n. 9 del 2014, ossia dopo il 29 ottobre 2014, rendendo così inapplicabile la nuova e più favorevole disciplina del soccorso istruttorio, introdotta dal legislatore nazionale, alle procedure indette nel periodo intercorrente tra il 25 giugno 2014 e il 29 ottobre 2014, quale quella oggetto del giudizio a quo;
che il rimettente dubita, tuttavia, della legittimità costituzionale del citato art. 17, comma 2;
che le nuove disposizioni sul soccorso istruttorio recate dall’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 sarebbero riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.;
che, secondo quanto chiarito dalla Corte costituzionale, tale materia ricomprende, infatti, non solo le misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali e gli strumenti di liberalizzazione dei mercati stessi, ma anche «l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza»: finalità, queste, ascrivibili alle disposizioni considerate;
che, in ragione di ciò, rimarrebbe esclusa l’operatività dello speciale meccanismo previsto dall’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), in base al quale la legislazione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano deve essere adeguata ai principi e alle norme costituenti limiti alle competenze legislative regionali e provinciali ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato «entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito», ferma restando, nel frattempo, l’applicabilità delle «disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti»;
che la Corte costituzionale avrebbe, infatti, chiarito – secondo il rimettente – che il d.lgs. n. 266 del 1992 non trova applicazione nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sono citate le sentenze n. 28 del 2014 e n. 183 del 2012);
che, di conseguenza, il legislatore provinciale non avrebbe potuto posticipare, con la norma denunciata, la data di operatività della disciplina statale in discorso, da ritenere immediatamente applicabile anche nell’ambito della Provincia autonoma;
che la questione sarebbe altresì rilevante, giacché proprio l’univoco e vincolante disposto della norma censurata avrebbe impedito alla stazione appaltante di porre in essere il soccorso istruttorio nei confronti della società aggiudicataria, chiedendo la produzione della dichiarazione dei precedenti penali relativi anche al suo legale rappresentante: di modo che, ove la questione fosse dichiarata fondata, l’impugnazione dovrebbe essere accolta;
che si è costituita la Provincia autonoma di Trento – parte resistente nel giudizio a quo – in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, ad avviso della Provincia, la questione sarebbe inammissibile per difetto di rilevanza, avendo lo stesso giudice a quo accertato che, nel caso di specie, si è al cospetto di una falsa dichiarazione resa in violazione della regola del bando che imponeva, a pena di esclusione, di dichiarare tutte le condanne subite: ipotesi nella quale – alla luce di un pacifico indirizzo della giurisprudenza amministrativa – l’istituto del soccorso istruttorio, anche nella più favorevole versione introdotta dal d.l. n. 90 del 2014, non troverebbe, comunque sia, applicazione;
che, nel merito, la questione sarebbe, in ogni caso, infondata;
che la norma censurata sarebbe stata, infatti, adottata nell’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse provinciale, riconosciuta alla Provincia autonoma di Trento dall’art. 8, numero 17), dello statuto di autonomia: competenza che, ai sensi dell’art. 4 dello statuto, è soggetta, tra gli altri, al limite del rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica;
che, a questo fine, varrebbe quindi il disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale l’emanazione di nuove norme statali non determina una diretta abrogazione delle leggi provinciali preesistenti, ma solo l’obbligo di adeguamento «ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale» che siano determinati dalla legislazione dello Stato, entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto legislativo statale nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito;
che una norma statale «pro concorrenziale» adottata nella materia dei lavori pubblici non esplicherebbe, dunque, effetti diretti sulla normativa provinciale in tale materia, ma imporrebbe alla Provincia un obbligo di adeguamento, in quanto costituente limite alla sua competenza legislativa ai sensi dell’art. 4 dello statuto;
che, nella specie, il legislatore provinciale avrebbe avuto, pertanto, a disposizione il termine semestrale di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 per adeguare la propria normativa ai principi dell’ordinamento giuridico nazionale di nuova introduzione;
che legittimamente, pertanto, la norma censurata avrebbe limitato l’applicazione della nuova disciplina provinciale in materia di soccorso istruttorio alle procedure di scelta del contraente indette in data successiva al 29 ottobre 2014, posto che a tale data il suddetto termine semestrale non era ancora decorso;
che la Provincia autonoma di Trento ha insistito nelle proprie conclusioni con successiva memoria, nella quale ha, in particolare, contestato che la tesi del giudice a quo – riguardo alla pretesa inapplicabilità, nella specie, del termine di adeguamento previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 – trovi effettivo conforto nelle sentenze della Corte costituzionale richiamate dal rimettente stesso.
Considerato che il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento dubita della legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 ottobre 2014, n. 9 (Riordino dell’attività statistica e disciplina del sistema statistico provinciale. Modificazioni della legge provinciale n. 13 del 2009, in materia di promozione di prodotti agricoli a basso impatto ambientale, e della legge provinciale sui lavori pubblici 1993), in forza del quale la nuova disciplina in tema di soccorso istruttorio di cui all’art. 35-ter della legge della Provincia autonoma di Trento 10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti), aggiunto dal comma 1 del medesimo art. 17 della legge prov. Trento n. 9 del 2014, si applica alle procedure i cui bandi sono pubblicati o le cui lettere di invito sono inviate successivamente alla data di entrata in vigore di tale ultima legge, ossia al 29 ottobre 2014;
che, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata violerebbe l’art. 8, primo comma, numeri 1) e 17), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in quanto – rendendo inapplicabile alle procedure indette nel periodo compreso tra il 25 giugno 2014 e il 29 ottobre 2014 la nuova disciplina sul soccorso istruttorio, più favorevole per i concorrenti, introdotta dal legislatore statale con l’art. 39 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114 – inciderebbe sulla materia della tutela della concorrenza, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, esorbitando così dai limiti della competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e di ordinamento amministrativo, attribuita alla Provincia dalle citate disposizioni statutarie;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, il panorama normativo di riferimento è largamente mutato;
che il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) – recante, a seguito delle interpolazioni operate dal d.l. n. 90 del 2014, la disciplina statale del soccorso istruttorio richiamata dal rimettente – è stato, infatti, abrogato e sostituito dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (recante «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture», titolo poi sostituito con quello di «Codice dei contratti pubblici»), il quale disciplina il soccorso istruttorio in modo affine, ma non identico, rispetto alla normativa previgente (art. 83, comma 9);
che la Provincia autonoma di Trento ha disciplinato anch’essa ex novo la materia con l’art. 23 della legge della Provincia autonomia di Trento 9 marzo 2016, n. 2 (Recepimento della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, e della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici: disciplina delle procedure di appalto e di concessione di lavori, servizi e forniture e modificazioni della legge provinciale sui lavori pubblici 1993 e della legge sui contratti e sui beni provinciali 1990. Modificazione della legge provinciale sull’energia 2012); di conseguenza, l’art. 72, comma 1, lettera a), di tale legge provinciale ha abrogato tanto la norma sul soccorso istruttorio introdotta nel 2014 (art. 35-ter della legge prov. n. 26 del 1993), quanto – e correlativamente – la norma transitoria oggi impugnata (art. 17, comma 2, della legge prov. n. 9 del 2014);
che tanto la disciplina statale, quanto quella provinciale ora richiamate sono state a loro volta oggetto di successive modifiche: la prima ad opera del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), la seconda ad opera della legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2016, n. 19 (Legge collegata alla manovra di bilancio provinciale 2017);
che tali sopravvenienze normative restano, peraltro, ininfluenti nel presente giudizio;
che per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, lo ius superveniens non può venire in rilievo con riguardo a questioni sollevate nell’ambito di giudizi di impugnazione di atti amministrativi, giacché, per il principio tempus regit actum, la valutazione della legittimità del provvedimento impugnato va condotta con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione (ex plurimis, sentenze n. 49 e n. 30 del 2016, n. 151 del 2014 e n. 90 del 2013);
che non sussistono, quindi, i presupposti per la restituzione degli atti al giudice a quo ai fini di un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione, risultando palese l’ininfluenza dello ius novum nel giudizio principale: e ciò anche a prescindere dalle norme di diritto transitorio che limitano espressamente l’operatività delle indicate novelle legislative alle procedure successive alla loro entrata in vigore (art. 216, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e art. 73, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2016);
che, ciò posto, la questione è manifestamente inammissibile;
che il quesito di legittimità costituzionale sottoposto a questa Corte attiene all’istituto del soccorso istruttorio, previsto dalla legislazione in materia di appalti pubblici: formula – quella del soccorso istruttorio – che designa, in via di prima approssimazione, il potere-dovere della stazione appaltante di richiedere ai concorrenti l’integrazione o il completamento degli elementi occorrenti ai fini della utile partecipazione alla gara;
che le censure del rimettente si appuntano, in specie, su una discrepanza di ordine temporale riscontrabile tra la (allora nuova) disciplina della materia varata dal legislatore statale con il d.l. n. 90 del 2014 e quella parallelamente licenziata dalla Provincia autonoma di Trento nell’esercizio della sua competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, primo comma, n. 17, dello statuto speciale);
che, in ambito statale, il d.lgs. n. 163 del 2006 regolava, in origine, il soccorso istruttorio in termini alquanto restrittivi: il soccorso era, infatti, attivabile solo al fine di completare o chiarire il contenuto di documenti o dichiarazioni già presentati dai concorrenti a comprova dei requisiti richiesti (art. 46, comma 1);
che, nella Provincia autonoma di Trento, tale previsione trovava puntuale riscontro nel disposto dell’art. 47, comma 4, del decreto del Presidente della Provincia autonoma di Trento 11 maggio 2012, n. 9-84/Leg. (Regolamento di attuazione della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 concernente «Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti» e di altre norme provinciali in materia di lavori pubblici);
che il legislatore statale ha peraltro introdotto, con l’art. 39 del d.l. n. 90 del 2014, una disciplina ampliativa dell’istituto, stabilendo che esso permetta di sanare la «mancanza», l’«incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive», sia pure con l’obbligo di corrispondere una sanzione pecuniaria alla stazione appaltante (nuovo art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006);
che, per espressa previsione normativa (art. 39, comma 3, del citato decreto-legge), tale nuova e più favorevole disciplina si applica alle procedure indette dopo il 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore della novella);
che la modifica è stata recepita dalla Provincia autonoma di Trento con la legge prov. Trento n. 9 del 2014, tramite una norma di richiamo alla disciplina statale (nuovo art. 35¬-ter della legge prov. n. 26 del 1993);
che in forza dell’art. 17, comma 2, della citata legge prov. Trento n. 9 del 2014 – norma oggi censurata – la disposizione provinciale estensiva del soccorso istruttorio si applica, tuttavia, alle sole gare indette dopo la sua entrata in vigore, ossia successivamente al 29 ottobre 2014;
che il rimettente denuncia, come contrastante con i parametri di competenza evocati, tale norma transitoria, la quale avrebbe indebitamente procrastinato la data di operatività della più benevola disciplina statale sul soccorso istruttorio, rendendola inapplicabile alle procedure indette nel periodo intercorrente tra il 25 giugno 2014 e il 29 ottobre 2014, quale quella di cui si discute nel giudizio principale;
che, ad avviso del giudice a quo, le questioni sarebbero rilevanti in tale giudizio, in quanto la rimozione del limite temporale previsto dalla norma provinciale denunciata consentirebbe di accogliere il ricorso di cui il rimettente è investito, altrimenti destinato al rigetto;
che, secondo quanto riferito nell’ordinanza di rimessione, il giudizio a quo ha ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale la Provincia autonoma di Trento, in veste di stazione appaltante, ha annullato l’aggiudicazione di una commessa relativa a lavori di sistemazione stradale: provvedimento adottato a seguito dell’avvenuto accertamento che il legale rappresentante della società aggiudicataria risultava gravato da una condanna penale non dichiarata al momento della presentazione dell’offerta, in violazione di quanto prescritto, a pena di esclusione, dalla lettera di invito al confronto concorrenziale;
che il rimettente afferma, altresì, expressis verbis e in modo ampiamente argomentato, che la contestata dichiarazione della società aggiudicataria relativa ai precedenti penali deve ritenersi falsa, e non già meramente incompleta: l’omessa menzione della condanna riportata dal legale rappresentante assumeva, infatti, in quel contesto, la valenza di mendace attestazione della sua inesistenza; il che escluderebbe la possibilità di sanare l’omissione stessa sulla base della ricordata disposizione del regolamento provinciale in materia di lavori pubblici;
che, nel ritenere rilevante la questione nei termini dianzi ricordati, il Tribunale rimettente dà, dunque, per scontato che il “nuovo” soccorso istruttorio del 2014 permetta – diversamente dal “vecchio” – di sanare anche le false dichiarazioni;
che, come eccepito dalla Provincia autonoma di Trento, tale presupposto interpretativo – implicito e totalmente indimostrato – collide con il corrente indirizzo giurisprudenziale: indirizzo che appare, allo stato, a tal segno univoco e diffuso da poter essere assunto quale “diritto vivente”;
che, secondo quanto ripetutamente affermato tanto dal Consiglio di Stato, quanto da numerosi tribunali amministrativi regionali, infatti, la nuova disciplina del soccorso istruttorio, introdotta dall’art. 39 del d.l. n. 90 del 2014 (e richiamata dall’art. 35¬-ter della legge prov. Trento n. 26 del 1993), non intacca affatto il principio – pacifico in rapporto alla disciplina anteriore (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 7 agosto 2015, n. 3882; sezione sesta, sentenza 2 luglio 2014, n. 3336) – di inapplicabilità dell’istituto nei casi di falsa dichiarazione;
che la nuova regolamentazione della materia mira, in effetti, a evitare – in termini più ampi che per il passato – l’esclusione dalla gara per mere carenze documentali (comprensive, oltre che dell’incompletezza e dell’irregolarità, anche della mancanza assoluta delle dichiarazioni prescritte), in ossequio a istanze “sostanzialistiche” volte a promuovere la massima partecipazione alle gare;
che anche in tale versione ampliata, il soccorso istruttorio non “copre”, dunque, l’ipotesi – totalmente diversa – della dichiarazione mendace, idonea a fuorviare la stazione appaltante nell’individuazione e nella valutazione dei requisiti di ammissione;
che, in una simile evenienza, rimane applicabile la generale previsione dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante il «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A)», a mente della quale la falsità della dichiarazione sostitutiva (forma nella quale deve essere attestato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione alle gare) determina la decadenza «dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione» stessa: nella specie, quello di aggiudicazione (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 agosto 2016, n. 3581; sezione quinta, sentenza 19 maggio 2016, n. 2106; sezione quarta, sentenza 11 aprile 2016, n. 1412);
che tale principio è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa anche e proprio con riguardo a fattispecie similari a quella oggetto del giudizio a quo: vale a dire, con riferimento alle dichiarazioni relative ai precedenti penali che non menzionino talune delle condanne riportate, in quanto implicanti l’infedele attestazione dell’inesistenza delle condanne stesse, impedendo così alla stazione appaltante di valutare il loro carattere ostativo alla partecipazione alla gara da parte del concorrente;
che nel medesimo senso si è espressa, altresì – come pure ricorda la Provincia autonoma di Trento – l’Autorità nazionale anticorruzione con la determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015, recante «Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163»;
che, pertanto – a prescindere da ogni considerazione riguardo alla effettiva sussistenza dei vulnera costituzionali denunciati – le questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili per erroneità del presupposto interpretativo cui è collegata la loro rilevanza (ex plurimis, ordinanze n. 86 del 2013, n. 173 del 2011 e n. 34 del 2009).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 ottobre 2014, n. 9 (Riordino dell’attività statistica e disciplina del sistema statistico provinciale. Modificazioni della legge provinciale n. 13 del 2009, in materia di promozione di prodotti agricoli a basso impatto ambientale, e della legge provinciale sui lavori pubblici 1993), sollevate, in riferimento all’art. 8, primo comma, numeri 1) e 17), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Franco MODUGNO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2018.