ORDINANZA N. 173
ANNO 2011
[ELG:COLLEGIO]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo MADDALENA Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
[ELG:PREMESSA]
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera d), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2005, n. 20, recante Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), in materia di recupero abitativo dei sottotetti esistenti, promosso dal Tribunale di Brescia nel procedimento vertente tra F.I. e G.G. ed altri con ordinanza del 22 febbraio 2010, iscritta al n. 342 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2010.
Visto l’atto di intervento della Regione Lombardia;
udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese.
[ELG:FATTO]
[ELG:DIRITTO]
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Brescia, sezione terza civile, con ordinanza del 22 febbraio 2010 (reg. ord. n. 342 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificata dalla legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2005, n. 20 (Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”, in materia di recupero abitativo dei sottotetti esistenti), in relazione agli artt. 2, 3, 42 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione;
che l’art. 64 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 disciplina gli interventi edilizi finalizzati al recupero volumetrico dei sottotetti, prevedendo, al comma 2, che tale recupero «è classificato come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 27, comma 1, lettera d)» della medesima legge regionale e che esso «non richiede preliminare adozione ed approvazione di piano attuativo ed è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati, ad eccezione del reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali secondo quanto disposto dal comma 3» del medesimo art. 64;
che il giudice a quo premette di essere stato investito di un giudizio avente a oggetto un reclamo proposto da F.I. avverso l’ordinanza emanata in data 17 novembre 2009 dal Tribunale di Brescia ex art. 1170 del codice civile e 703 del codice di procedura civile, con la quale, in accoglimento di un’azione di manutenzione promossa da G.G., E.G., M.B. e L.M., è stata ordinata la demolizione di una porzione dell’ultimo piano della casa di abitazione di F.I. «onde assicurare il rispetto del distacco di mt. 10,00 tra sopralzo e fabbricato dei ricorrenti»;
che il tribunale rimettente rileva che è incontestato che il sopralzo realizzato dal reclamante, pur rispettando la distanza civilistica di metri tre dall’edificio confinante, violi la disposizione in tema di distanze fissata dall’art. 76 delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale vigente nel comune di Brescia, che, sul punto, recepisce il disposto dell’art. 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765); che, inoltre, precisa il giudice a quo, il manufatto in contestazione integra un’ipotesi di recupero a fini abitativi di preesistente sottotetto ed è stato realizzato in conformità a quanto prescritto dagli artt. 63 e 64 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come modificati dalla legge regionale n. 20 del 2005;
che, preliminarmente, il giudice riporta che la prima questione oggetto del contendere, sollevata dal reclamante, è se l’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 intendesse, o meno, derogare alle disposizioni dettate in materia di distanze, dal momento che il reclamante è risultato soccombente nell’azione di manutenzione svolta dal proprietario confinante in quanto, secondo il giudice di prima istanza, «il riferimento alla legislazione regionale in tema di recupero dei sottotetti» deve «considerarsi ininfluente»;
che il giudice a quo contesta tale interpretazione adeguatrice dell’art. 64, comma 2, della legge censurata, in quanto il «senso letterale» della disposizione sarebbe quello «di escludere l’assoggettamento degli interventi di recupero alla pianificazione esecutiva, e di ammetterli anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni non solo degli strumenti urbanistici generali, ma anche di quelli attuativi, tranne che per gli spazi destinati a parcheggi»;
che questa interpretazione troverebbe conferma, ad avviso del giudice rimettente, nel fatto che «i limiti e le prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunali» altro non sarebbero che i cosiddetti standards urbanistici e che l’intenzione del legislatore regionale sarebbe poi resa evidente dalla scelta di ricondurre gli interventi di recupero dei sottotetti, in quanto di «ristrutturazione edilizia», a tutte le norme applicabili a detta categoria di opere, e non quindi a quelle applicabili alle nuove costruzioni, tra le quali figurano le norme sulle distanze;
che, dunque, la disposizione dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 (come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione Lombardia n. 20 del 2005) non potrebbe essere interpretata in modo costituzionalmente orientato, cioè nel senso di ritenere che essa non abbia inteso derogare alla normativa statale sulle distanze, donde la rilevanza della questione di costituzionalità della norma censurata, la cui applicazione sarebbe necessaria per «accertare la lesione lamentata dal proprietario confinante, e dunque pronunciarsi sulla relativa domanda di tutela»;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente osserva che l’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 sarebbe, innanzitutto, in contrasto con le norme fondamentali dettate in materia di distanze dal d.m. n. 1444 del 1968, il cui art. 9, ultimo comma, dispone che «sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche»;
che, inoltre, secondo il giudice a quo, la disciplina censurata non avrebbe «la portata normativa sopra evidenziata, essendole estranea una visione unitaria e complessiva delle singole zone del territorio su cui è destinata ad incidere», e regolerebbe, pertanto, «una situazione edificatoria ed urbanistica preesistente, e, prescindendo da una preventiva, compiuta valutazione della stessa, autorizzerebbe interventi implicanti aumenti di volumetrie residenziali (peraltro senza corrispondenti cessioni di aree per la realizzazione di opere di urbanizzazione) [...] senza che risulti contemplata la necessità di una valutazione, sia pur presuntiva, della possibile incidenza degli aumenti di volumetria autorizzati in deroga alla pianificazione urbanistica vigente»;
che, pertanto, la norma censurata sembrerebbe soddisfare «taluni interessi privati con sacrificio dei contrapposti interessi dei proprietari dei fondi finitimi e in difetto di un adeguato bilanciamento con l’interesse pubblico cui deve necessariamente rispondere la disciplina del territorio (bilanciamento che, secondo il principio ricavabile dall’art. 9, ultimo comma, del d.m. n. 1444 del 1968, viene per contro garantito da un’attività di pianificazione complessiva ed unitaria per “gruppi di edifici” o comunque per zone determinate)» e le ricadute della normativa regionale sulla disciplina dei rapporti di vicinato, inoltre, non sarebbero «tali da garantirne un assetto equo, con reciprocità di diritti, od adeguata compensazione per il possibile sacrificio di diritti acquisiti»;
che l’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, dunque, contrasterebbe con i principi fondamentali della materia del governo del territorio di cui agli artt. 873 cod. civ., 41-quinques della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), introdotto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e 9 del d.m. n. 1444 del 1968, e dunque con l’art. 117, terzo comma, Cost., invadendo altresì la materia dell'ordinamento civile dello Stato, di competenza esclusiva del legislatore statale ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.;
che, infine, secondo il giudice rimettente, la norma censurata, autorizzando ampliamenti di edifici in deroga ai limiti ed alle prescrizioni dei piani urbanistici al di fuori delle ipotesi di deroghe legittime ex art. 9, ultimo comma, del d.m. n. 1444 del 1968, sarebbe in contrasto con il principio fondamentale dettato in materia dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, in base alla normativa statale di principio, l’intervento di «ristrutturazione edilizia» non comporta aumento di sagoma e di volumi e l’ampliamento di edificio esistente si qualifica quale «nuova costruzione»;
che, da ultimo, la norma censurata, incidendo illegittimamente e in termini irragionevoli sul diritto di proprietà, violerebbe altresì gli artt. 2, 3 e 42 Cost.;
che è intervenuta in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, non fondata;
che, con riguardo alla ammissibilità, la Regione eccepisce difetto di rilevanza e difetto di motivazione della questione e che, inoltre, sarebbero inammissibili, in quanto prive di specifica motivazione, le censure riferite agli artt. 2, 3 e 42 Cost.;
che, secondo la difesa regionale, il giudice avrebbe dovuto verificare, in primo luogo, «se l’intervento su cui è causa ha comportato in concreto aumenti di sagoma e volumi (ciò che non si dice nell’ordinanza)», e, in secondo luogo, «se, in ipotesi affermativa, detti aumenti (di sagoma e/o di volumi) siano riconducibili o meno ad attività di demolizione e ricostruzione»;
che, nel merito, la difesa regionale rileva che la questione non è fondata, in quanto la norma censurata rientrerebbe nella materia del governo del territorio, senza invadere in alcun modo la materia dell’ordinamento civile, e non violerebbe i principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato, individuati dal giudice a quo nelle regole dettate dagli artt. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 e 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Considerato che il Tribunale ordinario di Brescia, sezione terza civile, con ordinanza del 22 febbraio 2010 (reg. ord. n. 342 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificata dalla legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2005, n. 20 (Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”, in materia di recupero abitativo dei sottotetti esistenti), in relazione agli artt. 2, 3, 42 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione;
che l’art. 64 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 disciplina gli interventi edilizi finalizzati al recupero volumetrico dei sottotetti, prevedendo, al comma 2, che tale recupero «è classificato come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 27, comma 1, lettera d)» della medesima legge regionale e che esso «non richiede preliminare adozione ed approvazione di piano attuativo ed è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati, ad eccezione del reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali secondo quanto disposto dal comma 3» del medesimo art. 64;
che il giudice a quo contesta l’interpretazione adeguatrice fornita dal giudice di prima istanza, in base a cui la deroga prevista dalla norma censurata non opererebbe in riferimento all’art. 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);
che, infatti, ad avviso del giudice rimettente, il «senso letterale» dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 sarebbe quello «di escludere l’assoggettamento degli interventi di recupero alla pianificazione esecutiva, e di ammetterli anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni non solo degli strumenti urbanistici generali, ma anche di quelli attuativi, tranne che per gli spazi destinati a parcheggi», con la conseguenza che, nel processo principale, l’applicazione della disposizione censurata consentirebbe di derogare alle norme del d.m. n. 1444 del 1968 in materia di distanze tra fabbricati;
che la motivazione addotta dal giudice rimettente in ordine alla rilevanza della questione risulta fondata su una interpretazione della norma censurata diversa da quella fornita dalla prevalente giurisprudenza ordinaria e amministrativa;
che l’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, in accordo con tale giurisprudenza, deve interpretarsi nel senso che esso consente la deroga dei parametri e indici urbanistici ed edilizi di cui al regolamento locale ovvero al piano regolatore comunale, fatto salvo il rispetto della disciplina sulle distanze tra fabbricati, essendo quest’ultima materia inerente all’ordinamento civile e rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 232 del 2005);
che, dunque, la deroga prevista dalla norma censurata non può ritenersi estesa anche alla disciplina civilistica in materia di distanze, né può operare nei casi in cui lo strumento urbanistico riproduce disposizioni normative di rango superiore, a carattere inderogabile, quali sono quelle dell’art. 41-quinques della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), introdotto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, nella parte in cui regolano le distanze tra fabbricati;
che, pertanto, nel processo principale la deroga disposta dall’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 non trova applicazione e, di conseguenza, la questione è manifestamente inammissibile in quanto il giudice rimettente ha fondato il proprio ragionamento in ordine alla rilevanza su un erroneo presupposto interpretativo (ex plurimis, ordinanza n. 34 del 2009).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
[ELG:DISPOSITIVO]
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificata dalla legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2005, n. 20 (Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”, in materia di recupero abitativo dei sottotetti esistenti), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 42 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Brescia, sezione terza civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 2011.
[ELG:FIRME]
F.to:
Paolo MADDALENA, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 maggio 2011.