ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 (Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’art. 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150), nella parte in cui modifica l’art. 9, comma 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali) e dispone l’abrogazione dell’art. 7, comma 4, della citata legge n. 186 del 1982, promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra M. B. e il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e altri, con ordinanza del 13 giugno 2016, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visti l’atto di costituzione di M. B., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 dicembre 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
uditi l’avvocato Angelo Giuseppe Orofino per M. B. e l’avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 13 giugno 2016, il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 (Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’art. 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150), nella parte in cui modifica l’art. 9, comma 3, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali) e dispone l’abrogazione dell’art. 7, comma 4, della citata legge n. 186 del 1982.
Le norme sono ritenute in contrasto con l’art. 76 della Costituzione, nonché con gli artt. 1, comma 3, e 2, commi 17, lettera c), e 18, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico).
2.– Il giudizio a quo, come evidenziato in premessa dal rimettente, ha ad oggetto il provvedimento con il quale il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa (CPGA) ha rigettato l’istanza di M. B., magistrato amministrativo e primo dei candidati non eletti alle elezioni per il medesimo organo, del 13 aprile 2013, volta a consentire il subentro del suddetto in sostituzione di uno dei componenti del Consiglio, decaduto anzitempo per dimissioni.
Più precisamente, il giudizio attiene all’incidente cautelare, promosso, contestualmente al merito, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e diretto alla sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. Incidente cautelare definito dal TAR adito, rigettando il chiesto provvedimento cautelare con ordinanza poi impugnata da M. B. innanzi al Consiglio di Stato rimettente, quale giudice dell’appello cautelare.
3.– La reiezione dell’istanza di surroga articolata da M. B. – evidenzia, ancora in premessa, il rimettente – è stata argomentata dal CPGA facendo riferimento alla modifica introdotta dal d.lgs. n. 62 del 2006 alla legge n. 186 del 1982, di ordinamento della giurisdizione amministrativa, in forza della quale il sistema di riferimento non prevede più lo scorrimento della graduatoria con il subentro del primo dei non eletti nel corrispondente gruppo elettorale (come dettato dal previgente art. 7, comma 4, della legge 186 del 1982, abrogato dall’art. 1, comma 2, del citato d.lgs. n. 62 del 2006). La normativa introdotta dalla novella del 2006 (che, con il medesimo art. 1 del d.lgs. n. 62 del 2006, ha modificato il disposto di cui all’art. 9 della legge n. 186 del 1982) prevede, invece, apposite elezioni suppletive attraverso le quali designare il componente chiamato a subentrare al decaduto.
Elezioni che, nel caso, sono state poi indette e svolte con successiva ricomposizione dell’organo tramite atti, tutti autonomamente impugnati da M. B., la cui validità, ad avviso del Consiglio di Stato, deve ritenersi comunque condizionata, in via derivata, dalla eventuale accertata invalidità dell’originaria reiezione oggetto del giudizio principale.
4.– Ha precisato, inoltre, il Collegio rimettente, che il ricorrente nel giudizio principale, nel chiedere l’annullamento dell’atto impugnato e, in via anticipatoria e strumentale, nel sostenere la richiesta cautelare di sospensione dello stesso, ha eccepito l’illegittimità costituzionale della disciplina normativa introdotta in parte qua dal d.lgs. n. 62 del 2006; eccezione che il TAR adito, nel delibare l’istanza di sospensione, ha ritenuto manifestamente infondata, rigettando la relativa richiesta.
Di qui l’appello cautelare proposto innanzi al rimettente, motivato ribadendo le censure di incostituzionalità già esposte a sostegno del ricorso nel merito.
5.– Il Consiglio di Stato, senza definire l’incidente cautelare, ha ritenuto di dover accogliere la richiesta dell’appellante relativa alla rimessione, a questa Corte, delle modifiche che il d.lgs. n. 62 del 2006 ha apportato al sistema elettorale previsto per il CPGA, avuto riguardo al tema del subentro al candidato decaduto anzitempo, limitando, tuttavia, il giudizio di non manifesta infondatezza alle sole censure, tra quelle prospettate dall’appellante, legate alla violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso di delega rispetto alla legge di delegazione n. 150 del 2005.
6.– Il giudice a quo evidenzia che sia l’introduzione delle elezioni suppletive per l’individuazione del componente subentrante, sia l’abrogazione della disciplina previgente, sono state disposte dalle norme censurate in attuazione della delega contenuta nell’art. 2, comma 17, lettera c), della citata legge n. 150 del 2005, in forza della quale occorreva «prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente».
Il legislatore delegato, per il tramite del censurato art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 62 del 2006, ha immesso nel sistema elettorale di riferimento la preferenza unica, così che oggi l’art. 9, comma 3, primo periodo, della legge n. 186 del 1982, prevede che «[C]iascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente: i voti eventualmente espressi oltre tale numero sono nulli»; ancora, in asserita attuazione della citata delega e sempre incidendo sul disposto del citato comma 3, ha altresì introdotto, in caso di decadenza anticipata dal mandato, le elezioni suppletive «[…] tra i magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale per designare, per il restante periodo, il sostituto del membro decaduto o dimessosi».
7.– Ad avviso del rimettente, nel valutare la non manifesta infondatezza dei dubbi di illegittimità costituzionale paventati dal ricorrente nel giudizio a quo, occorre guardare non solo al contenuto del criterio direttivo espresso dall’art. 2, comma 17, lettera c), della legge delega; andrebbe infatti considerato, altresì, il potere del legislatore delegato di introdurre, nel quadro normativo sul quale la modifica imposta dalla delega è destinata ad operare, norme di coordinamento destinate ad evitare aporie ed incongruenze di sistema, possibilità espressamente prevista dall’art. 1, comma 3, della citata legge n. 150 del 2005, richiamato, per la delega in oggetto, dall’art. 2, comma 18, della stessa legge.
In questa cornice, secondo il Consiglio di Stato, diviene decisivo stabilire se, da un lato, la regola delle elezioni suppletive per i consiglieri venuti a mancare prima della scadenza naturale e, dall’altro lato, il previgente sistema dello scorrimento della graduatoria si pongano, rispetto al principio della preferenza unica introdotto dalla legge di delegazione, rispettivamente, quale regola necessaria al coordinamento con le altre leggi dello Stato e quale norma divenuta incompatibile e quindi da abrogare.
8.– Ad avviso del collegio rimettente, la novità prevista dal legislatore delegato in tema di surroga per i componenti decaduti anzitempo dà corpo all’introduzione di un meccanismo del tutto obliterato dalla legge di delegazione ed evidentemente indifferente rispetto al sistema di espressione del voto in sede di rinnovo dell’organo.
Parimenti, anche la correlativa abrogazione dello scorrimento della graduatoria a favore dei non eletti non si pone in termini di consequenzialità (per usare le parole del legislatore delegato) rispetto al coordinamento previsto nella legge di delegazione, ma costituisce l’inevitabile riflesso dell’introduzione, «a posteriori», nel decreto delegato, di un nuovo istituto, estraneo alla delega. La consequenzialità non è dunque verticale, nel rapporto tra legge delega e decreto delegato, ma orizzontale ed interna a quest’ultimo, e in particolare alle scelte autonomamente compiute dal Governo, prescindendo dai criteri direttivi tracciati dalla delega.
8.1.– Vero è, rimarca il giudice a quo, che la giurisprudenza costituzionale è attestata nel senso che i limiti posti al Governo dall’oggetto e dai principi e criteri direttivi fissati nella legge delega, devono essere interpretati in modo elastico, tenuto conto dell’ineliminabile margine di discrezionalità imposta dall’esigenza di dettare, in sede di attuazione della delega stessa, la necessaria e coerente disciplina di sviluppo delle scelte espresse dal legislatore delegante.
Si tratta, tuttavia, di valutazioni da rendere alla luce della finalità complessiva della delega, tenendo conto della ineludibile esigenza che i principi ispiratori in essa espressi, ai sensi del più volte citato art. 76 Cost., siano completati in proposizioni normative puntuali, cosicché deve ritenersi estraneo a censure solo un esercizio, da parte del Governo, del potere delegato che si mantenga compatibile con le scelte di fondo operate nell’ambito della cornice tracciata dal Parlamento.
Ciò, tuttavia, ben si attaglia ad interventi di riforma di interi settori di disciplina o, comunque, a complessi normativi connotati da una certa organicità. Nel caso in esame, per contro, la riforma imposta dalla legge delega riguarda una circoscritta e settoriale modifica della disciplina afferente l’elezione dell’organo in oggetto. Appare, dunque, priva di incidenza strutturale e organica, perché caduta solo su un aspetto di dettaglio.
Ne consegue che, a fronte di una delega dall’oggetto così circoscritto, il sindacato di costituzionalità nei confronti del decreto delegato sotto il profilo dell’eccesso non potrà che essere particolarmente stringente e puntuale, rendendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 76 Cost.
8.2.– Rimarca, infine, il rimettente, che la non manifesta infondatezza dei prospettati profili di eccesso di delega troverebbe ulteriore conferma nel dato comparativo offerto dal raffronto con i sistemi elettivi previsti dalle rispettive normative di riferimento per la magistratura ordinaria e per quella contabile. Raffronto dal quale emergerebbe la conferma che le elezioni suppletive, in caso di surroga, non costituiscono una variabile dipendente della preferenza unica, ad essa strettamente consequenziale; rappresentano, piuttosto, un aspetto ulteriore e autonomo, relativo alla composizione dell’organo dopo che le elezioni si sono svolte, in particolare finalizzato a ricostituirne la sua composizione plenaria allorché questa sia venuta a mancare nel corso della sua durata.
9.– Nel giudizio incidentale si è costituita la parte privata, ribadendo la fondatezza dei dubbi di legittimità costituzione sollevati dal Consiglio di Stato.
La difesa della parte privata muove dalla coerenza di sistema che connotava la normativa previgente in tema di subentro al componente decaduto anzitempo. Ed evidenzia che la previsione delle elezioni suppletive ha dato corpo ad una profonda innovazione di sistema nel confronto con le discipline dettate per la sostituzione dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, rispetto alle quali la regola di riferimento è data dallo scorrimento della graduatoria; regola che, prima della novella censurata, era propria anche della magistratura amministrativa.
Una innovazione siffatta presupponeva, in coerenza, un raccordo immediato con le indicazioni di principio e i criteri direttivi anche implicitamente contenuti nella legge delega, nella specie non riscontrabile, ad avviso della parte privata; del pari, avrebbe dovuto costituire una scelta imposta dalla necessità di rendere compatibile le innovazioni previste dalla delega (il sistema della preferenza unica) con la restante disciplina sulla quale la riforma doveva operare, conseguenzialità correttamente esclusa dal rimettente; in ogni caso, non poteva che essere conforme alla ratio sottesa alla delega, così come disvelata anche dai relativi lavori parlamentari, e, invece, apertamente contraddetta dalle modifiche in parte qua apportate dal legislatore delegato.
10.– È intervenuto nel giudizio incidentale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
Ad avviso dell’interveniente, le norme censurate costituiscono un coerente, fisiologico completamento delle scelte del legislatore delegante; ciò, del resto, in coerenza con i poteri di coordinamento ascritti al legislatore delegato dall’art. 1, comma 3, della stessa legge delega, considerata la stretta conseguenzialità che lega la scelta del voto a preferenza unica, oggetto immediato della delega, con l’introduzione delle elezioni suppletive in caso di decadenza, nonché con l’abrogazione del previgente sistema dello scorrimento della graduatoria.
11.– Con memoria depositata il 14 novembre 2017 la difesa della parte privata ha replicato alle deduzioni difensive dell’interveniente e ribadito i motivi a sostegno della questione prospettata dal rimettente, evidenziando, inoltre, l’insussistenza di ragioni di inammissibilità pregiudiziali al merito.
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 (Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150), sia nella parte in cui modifica l’art. 9, terzo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali), introducendo, in caso di cessazione anticipata del mandato di uno o più membri elettivi del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, per la sostituzione del detto componente, il sistema delle elezioni suppletive tra i magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale, sia nella parte in cui dispone l’abrogazione dell’art. 7, comma 4, della legge n. 186 del 1982 che, sempre per il caso della surroga, prevedeva lo scorrimento della graduatoria, con il subentro del primo tra i non eletti.
2.– Le citate disposizioni sarebbero in contrasto con l’art. 76 della Costituzione, perché viene introdotta una modifica innovativa, ed al contempo si dispone una abrogazione della disciplina previgente, in termini non conformi ai principi ed ai criteri dettati dall’art. 2, comma 17, lettera c), della legge delega 25 luglio 2005, n. 150 (Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico).
3.– Il giudizio principale ha ad oggetto la verifica della conformità a legge della reiezione dell’istanza con la quale un consigliere del TAR ha chiesto, al Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa (CPGA), di subentrare nel citato organo in sostituzione di un componente decaduto per dimissioni. Ciò in ragione dell’invocato scorrimento della graduatoria risultante dalle elezioni tenute il 13 aprile del 2013, in virtù della posizione, rivestita dall’istante, di primo dei non eletti tra i magistrati in servizio presso i Tribunali amministrativi regionali, nel cui ambito era stato eletto il componente dimissionario.
La relativa istanza è stata respinta perché, in applicazione delle disposizioni introdotte dalla novella censurata in attuazione della delega conferita con la legge n. 150 del 2005, in caso di surroga nel corso del mandato, il sistema elettorale del CPGA non prevede più lo scorrimento della graduatoria ma lo svolgimento di apposite elezioni suppletive per la designazione del componente chiamato a subentrare al decaduto.
4.– Il provvedimento di reiezione in oggetto è stato impugnato innanzi al TAR per il Lazio dal consigliere asseritamente pretermesso. Il ricorrente, oltre a concludere per l’annullamento del provvedimento impugnato, ha anche proposto domanda cautelare, ex art. 55, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), diretta ad anticipare gli effetti della futura decisione di merito. Sia la domanda di merito sia quella cautelare riposano su plurime censure di incostituzionalità aventi ad oggetto la modifica e la abrogazione in parte qua disposte dalla novella del 2006.
5.– Il Tar ha rigettato la domanda cautelare, giudicando manifestamente infondate dette eccezioni.
Avverso il provvedimento di rigetto della richiesta cautelare, il ricorrente ha interposto appello, ex art. 62 del d.lgs. n. 104 del 2010, ribadendo, a supporto del fumus, i dubbi di legittimità costituzionale non condivisi dal TAR. In tale sede, il Consiglio di Stato, senza definire il relativo incidente, ha ritenuto non manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale, limitatamente alla dedotta violazione dell’art. 76 Cost.
6.– Ad avviso del rimettente, la delega conferita al Governo, a differenza di quanto previsto dal medesimo testo di legge in relazione all’ordinamento giudiziario inerente alla giurisdizione ordinaria, ha connotazioni non strutturali ma settoriali e di dettaglio. Riguarda, in particolare, un singolo aspetto delle modalità di elezione dei componenti togati del CPGA, afferente all’introduzione della preferenza unica in luogo di quella multipla che, in precedenza, connotava il relativo sistema elettorale.
Tale circoscritto contenuto oggettivo, secondo il giudice a quo, riduce i margini tipici della discrezionalità consentita al legislatore delegato nell’attuare la delega; impone, in coerenza, uno scrutinio di costituzionalità ex art. 76 Cost. particolarmente rigoroso e puntuale.
6.1.– Il nuovo meccanismo di sostituzione dei consiglieri decaduti prima della scadenza naturale del mandato elettorale, così come previsto dal decreto delegato, introdurrebbe, secondo il Collegio rimettente, un sistema non contemplato dalla legge di delegazione e non necessariamente conseguente alla modalità di espressione del voto in sede di elezione dell’organo, unico oggetto della delega.
Parimenti, la correlata abrogazione dello scorrimento della graduatoria costituirebbe l’inevitabile riflesso dell’introduzione nel decreto delegato di un nuovo istituto, quello delle elezioni suppletive, estraneo alla delega.
6.2.– Le elezioni suppletive non sarebbero, dunque, lo sviluppo logico conseguenziale, non altrimenti evitabile, della introduzione, imposta dalla delega, del criterio elettorale della preferenza unica. Conclusione, questa, confermata dal dato comparativo offerto dal raffronto con i sistemi normativi propri degli organi di riferimento delle altre magistrature, ordinaria e contabile, rispetto ai quali la preferenza unica convive con la previsione dello scorrimento della graduatoria dettata per la individuazione del componente togato chiamato a subentrare ad altro cessato dalla carica prima della scadenza del relativo mandato elettorale.
7.– Le parti costituite non hanno evidenziato ragioni di inammissibilità dell’ordinanza. Né, del resto, emergono profili pregiudiziali al merito rilevabili d’ufficio da questa Corte.
7.1.– In particolare, non rileva la circostanza in fatto, segnalata nella memoria della parte privata depositata il 14 novembre 2017, relativa alle nuove elezioni inerenti la composizione dell’organo di riferimento, svolte nell’ottobre del 2017.
In tal senso milita la costante giurisprudenza di questa Corte, in forza della quale il giudizio incidentale, «una volta iniziato in seguito ad ordinanza di rinvio del giudice rimettente, non è suscettibile di essere influenzato da successive vicende di fatto concernenti il rapporto dedotto nel processo che lo ha occasionato», come previsto dall’art. 18 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo approvato il 7 ottobre 2008 (sentenze n. 133 del 2016, n. 274 del 2011 e n. 227 del 2010).
7.2.– Il giudice a quo, inoltre, ha condizionato l’esito del procedimento cautelare alla definizione dell’incidente di legittimità costituzionale e, dunque, non ha consumato la relativa potestas iudicandi (ex multis, da ultimo, sentenza n. 84 del 2016).
7.3.– La rilevanza della questione è, poi, certa, tenuto conto che si dubita della legittimità costituzionale del citato art. 1, comma 2, sia nella parte in cui ha modificato il comma 3 dell’art. 9 della legge n. 186 del 1982, introducendo l’elezione suppletiva, sia nella norma di abrogazione della previgente disposizione, che ancorava la surroga allo scorrimento della originaria graduatoria elettorale (art. 7, comma 4, della legge n. 186 del 1982, abrogato dall’art. 1, comma 2 , del decreto legislativo oggetto di censura).
La declaratoria di illegittimità costituzionale della richiamata norma di abrogazione rende nuovamente applicabile la disposizione abrogata (sentenze n. 218 del 2015 e n. 13 del 2012) e ascrive, quindi, alla risoluzione della questione di legittimità costituzionale sollevata evidenti profili di pregiudizialità rispetto al possibile accoglimento del petitum prospettato nel giudizio principale.
7.4.– Infine, secondo il costante orientamento di questa Corte, sono da considerarsi inammissibili le questioni e i profili di costituzionalità dedotti dalle parti, ulteriori rispetto a quelli prospettati dai rimettenti, volti dunque ad ampliare o modificare il contenuto dei provvedimenti di rimessione (ex plurimis, sentenza n. 236 del 2017).
L’oggetto del giudizio rimesso a questa Corte resta, dunque, delimitato all’unico parametro costituzionale evocato dal rimettente: l’art. 76 Cost.
8.– Nel merito, le questioni sono fondate.
9.– Secondo il costante orientamento di questa Corte (da ultimo, sentenza n. 250 del 2016), il controllo di conformità della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno, relativo alle norme che determinano l’oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, da svolgere tenendo conto del complessivo contesto in cui esse si collocano ed individuando le ragioni e le finalità poste a fondamento della stessa; l’altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e i criteri direttivi della delega (sentenza n. 210 del 2015).
Il contenuto della delega e dei relativi principi e criteri direttivi deve essere identificato, dunque, accertando il complessivo contesto normativo e le finalità che la ispirano, tenendo conto che i principi posti dal legislatore delegante costituiscono non solo la base e il limite delle norme delegate, ma strumenti per l’interpretazione della loro portata. Queste vanno, quindi, lette, fintanto che sia possibile, nel significato compatibile con detti principi, i quali, a loro volta, vanno interpretati avendo riguardo alla ratio della delega ed al complessivo quadro di riferimento in cui si inscrivono (sentenza n. 210 del 2015).
Al legislatore delegato spettano margini di discrezionalità nell’attuazione della delega, sempre che ne sia rispettata la ratio e che l’attività del delegato si inserisca in modo coerente nel complessivo quadro normativo di riferimento (sentenze n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n. 119 del 2013). Occorre, infatti, tenere conto della possibilità, intrinseca allo stesso strumento della delega, soprattutto ove riguardi interi settori di disciplina o comunque organici complessi normativi, che il legislatore delegato introduca disposizioni che costituiscano un coerente sviluppo e un completamento delle indicazioni fornite dal legislatore delegante, nel quadro della fisiologica attività che lega i due livelli normativi (sentenze n. 146 del 2015 e n. 229 del 2014).
Se per un verso, si deve escludere che l’art. 76 Cost. riduca la funzione del legislatore delegato ad una mera «scansione linguistica» delle previsioni stabilite dal legislatore delegante, per altro verso va ribadito che l’ambito della discrezionalità lasciata al delegato, muta a seconda della specificità dei criteri fissati nella legge delega (sentenza n. 272 del 2012 e n. 98 del 2008); ancora, va rimarcato che, per quanta ampiezza debba riconoscersi al potere di completamento del legislatore delegato, il libero apprezzamento del medesimo non può uscire dai margini di una legislazione vincolata, quale è, per definizione, la legislazione su delega (sentenza n. 293 del 2010).
10.– Dando applicazione ai detti principi, va evidenziato che, all’interno del più ampio corpus normativo dedicato alla riforma dell’ordinamento della giurisdizione ordinaria, con la legge n. 150 del 2005 il Governo è stato delegato (anche) a modificare la disciplina normativa inerente al Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa ed al Consiglio di presidenza della Corte dei conti.
Il contenuto della delega, sul punto, è particolarmente circoscritto. Essa è infatti contenuta in soli due commi, il 17 ed il 18 dell’art. 2 della citata legge.
Il nucleo essenziale della delega è recato dal comma 17, il quale stabilisce tre diversi criteri direttivi, uno per ciascuna delle tre lettere delle quali risulta composto, le prime due riferite alla magistratura contabile, la terza alla magistratura amministrativa.
Con le lettere a) e b) del comma 17, il Governo è stato delegato ad adottare disposizioni volte a limitare la durata in carica dei componenti del Consiglio di presidenza della Corte dei Conti, per un periodo non superiore a quattro anni, rendendoli inoltre non eleggibili per i successivi otto anni, una volta scaduto il mandato.
Con la successiva lettera c), il Governo è stato delegato ad adottare disposizioni volte a prevedere il criterio del voto a preferenza unica per l’elezione dei componenti togati del CPGA, avuto riguardo sia al componente titolare sia al componente supplente.
11.– L’esame dei lavori parlamentari concorre ad identificare la ratio giustificatrice delle innovazioni imposte dalla delega, soprattutto in relazione al tema che qui immediatamente interessa, quello inerente al sistema elettorale di scelta dei componenti togati del CPGA.
In particolare, la norma in oggetto, introdotta tramite l’approvazione di un emendamento proposto dal relatore in sede di esame assembleare in Senato (Atti Senato. XIV Legislatura. Resoconto sommario e stenografico della Seduta pubblica n. 518 del 21 gennaio 2014), ha trovato giustificazione nell’esigenza di uniformare i sistemi elettorali dei componenti togati degli organi di governo delle magistrature. Ricorrendo al voto con preferenza unica, in luogo di quello con preferenza multipla, è stata in tal modo allineata la disciplina prevista per la magistratura amministrativa a quelle già dettate per la magistratura ordinaria (in forza del comma 3, dell’art. 26 della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura», così come modificato dalla legge 28 marzo 2002, n. 44, recante «Modifiche alla L. 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura) e per quella contabile (sin dalla costituzione del relativo organo, in ragione di quanto previsto dal comma 7 dell’art. 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, intitolata «Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati»).
12.– La delega, per quel che attiene alla elezione dei componenti togati del CPGA, è stata attuata, in primo luogo, modificando l’art. 9 della legge n. 186 del 1982.
Al posto dell’originaria preferenza multipla, è stato introdotto il criterio della preferenza unica, in coerente attuazione della delega. In aggiunta, è stato esteso, ai componenti togati dello stesso Consiglio il principio di ineleggibilità per un periodo di otto anni successivi alla cessazione del mandato.
Sempre modificando il disposto originario del citato art. 9 della legge di ordinamento della magistratura amministrativa, sono state introdotte le elezioni suppletive per la surroga dei componenti cessati anzitempo dal mandato, oggetto specifico delle censure poste allo scrutinio della Corte.
In coerenza con tale modifica, è stato inoltre abrogato il dato normativo previgente laddove si prevedeva, per la surroga, il sistema dello scorrimento della graduatoria.
13.– L’iter di attuazione della delega in parte qua mette in luce ulteriori dati utili per valutare l’eccentricità delle norme censurate rispetto al contenuto della delega stessa.
13.1.– La relazione governativa di accompagnamento allo schema di decreto legislativo qualifica le modifiche alla disciplina della surroga del componente togato decaduto come un «[…] naturale corollario dell’introduzione della preferenza unica», in ragione della incompatibilità di tale scelta rispetto al previgente sistema dello «[…] scorrimento in favore dei primi tra i non eletti». Ad avviso del Governo, il sistema precedente era da ritenersi «[…] coessenziale al previgente assetto di preferenza multipla»: introdotto «[…] il modello sostanzialmente uninominale della preferenza unica», la modifica sarebbe stata necessaria, per evitare «il subentro nell’organo di autogoverno di componenti sforniti di adeguata rappresentatività del corpo elettorale».
Di qui anche l’abrogazione della disposizione che disciplinava il sistema previgente.
13.2.– La Commissione giustizia della Camera rese parere favorevole al citato schema di decreto legislativo (Atti della Camera. II Commissione Permanente. Resoconto della seduta del 14 dicembre 2005), subordinatamente alla espunzione, dal testo della norma proposta, delle modifiche relative al tema della surroga del componente togato cessato anzitempo, in quanto interventi ritenuti non conformi alla legge delega.
13.3.– Il Governo, come precisato nel preambolo al decreto delegato, ritenne di non recepire tale richiesta, in quanto «[…] espressione di considerazioni eccessivamente restrittive dei compiti di coordinamento normativo che, nell’ambito dei principi e criteri direttivi stabiliti dal legislatore delegante, sono concessi a quello delegato».
La modifica in questione viene descritta, sempre nel preambolo ed in linea di continuità con la relazione governativa, come un «[…] opportuno corollario dell’introduzione della preferenza unica, tenuto anche conto della specificità del contesto in cui essa viene introdotta». Si ribadisce, in particolare, che la nomina dei primi dei non eletti doveva considerarsi «[…] incongrua, ora che il legislatore delegante ha optato per il modello, sostanzialmente “uninominale”, della preferenza unica, perché darebbe luogo al subentro nell’organo di autogoverno, i cui membri elettivi cessano frequentemente dall’incarico anche in conseguenza dei passaggi che si verificano, nel corso del mandato del CPGA, dai tribunali amministrativi regionali al Consiglio di Stato e viceversa, di componenti sforniti di adeguata rappresentatività del corpo elettorale».
14.– Così ricostruita la cornice di riferimento, la norma delegata si rivela eccentrica rispetto alla norma delegante.
14.1.– In primo luogo, va rimarcato che l’innovazione prevista dalla legge delega non aveva connotazioni tali da incidere in modo organico sulla relativa disciplina di settore.
La delega ha, infatti, un contenuto nettamente circoscritto. Attiene ad un profilo di rilievo nel meccanismo di formazione della volontà elettorale; ma resta relativa ad un aspetto specifico e ben delimitato, tanto da giustificare un criterio direttivo che, nella sua puntualità, ha finito sostanzialmente per anticipare e sovrapporsi al tenore della disposizione adottata dal delegato (con l’introduzione della preferenza unica in luogo di quella multipla prevista dalla disciplina previgente).
La delimitata portata oggettiva del perimetro della delega e il contenuto puntuale del criterio direttivo portano, in coerenza, a ritenere che nella specie i margini di apprezzamento della discrezionalità riservata al legislatore delegato non potevano che essere particolarmente circoscritti.
14.2.– Va poi considerato che la finalità del legislatore delegante era quella di uniformare i sistemi elettorali per l’elezione dei componenti togati degli organi di governo delle magistrature, individuando, quale ragione di pregressa discrasia, il profilo relativo alle modalità di manifestazione delle preferenze: si è già evidenziato, infatti, che adottando il criterio della preferenza unica, si è uniformata, sul punto, la magistratura amministrativa alle discipline, già vigenti, dettate per quella contabile e per quella ordinaria.
Del resto, anche gli altri criteri direttivi relativi alla delega in parte qua, riferiti espressamente ai componenti del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, trovavano una evidente ragione fondante nell’intenzione di armonizzare le relative discipline. Così è a dirsi per la durata del mandato, ora determinata in quattro anni, anche per tale organo. E non a caso, in continuità con questa ratio, il legislatore delegato ha esteso, anche ai componenti eletti del CPGA, la regola della ineleggibilità relativa agli otto anni successivi alla scadenza del mandato, principio espressamente imposto, tuttavia, dalla delega, limitatamente alla sola magistratura contabile (art. 2, comma 17, lettera b, della legge n. 150 del 2005).
14.3.– Ciò che va primariamente sottolineato, è che, prima dell’intervento censurato, i rispettivi dati normativi, avuto riguardo al tema della surroga, apparivano caratterizzati da previsioni sostanzialmente conformi.
14.3.1.– Alla stregua di quanto previsto in origine dall’abrogato art. 7, comma 4, della legge n. 186 del 1982 per la magistratura amministrativa, anche per la magistratura ordinaria (in forza dell’art. 39 della legge n. 195 del 1958), in caso di cessazione anticipata dal mandato, operava e opera, infatti, il sistema dello scorrimento della graduatoria con il subentro del primo dei non eletti.
14.3.2.– Stessa cosa era ed è a dirsi per la magistratura contabile.
La norma primaria di riferimento non detta, per il vero, una regola specifica. Piuttosto, la relativa disciplina, prima delle innovazioni apportate dalle disposizioni censurate, si ricavava dal richiamo (contenuto nel comma 10 dell’art. 10 della legge n. 117 del 1988) al sistema previsto, per la magistratura amministrativa, dal citato comma 4 dell’art. 7 della legge n. 186 del 1982, oggi abrogato dalla disposizione censurata.
Così come chiarito anche dal Consiglio di Stato (parere reso dalla prima sezione del Consiglio di Stato alla adunanza del 7 marzo 2007, relativa all’affare n. 601 del 2007), tale abrogazione non ha, tuttavia, comportato l’attuale estensione, all’organo di riferimento della magistratura contabile, del sistema delle elezioni suppletive in caso di surroga, ora previsto per la magistratura amministrativa. Pur in esito alla novella apportata dal decreto posto allo scrutinio della Corte, dunque, per il Consiglio di presidenza della Corte dei conti opera, come nel passato, il criterio dello scorrimento della graduatoria con nomina del primo dei non eletti, così come espressamente confermato dal comma 3 dell’art. 4 del relativo regolamento (nella versione attualmente vigente, adottata alla adunanza del 24 - 25 gennaio 2012).
14.3.3.– Le considerazioni svolte assumono un rilievo decisivo.
L’innovazione imposta dalle disposizioni censurate, differenziando la magistratura amministrativa dalle altre, ha determinato, infatti, una frattura di sistema nel quadro normativo di riferimento, in precedenza connotato da una complessiva uniformità avuto riguardo al tema della surroga del componente decaduto anzitempo.
Una tale distonia sistemica, di per sé, presupponeva, a monte, una puntuale indicazione in tal senso espressa nella delega, nella specie assente. E tale conclusione apparirà più evidente ove si tenga a mente l’opposta ratio di armonizzazione perseguita dal delegante nell’introdurre la preferenza unica: il contrasto di obiettivi tra ragione giustificatrice della delega ed effetti dell’intervento reso in attuazione della stessa, avrebbe imposto, dunque, l’inequivoca formulazione di un criterio direttivo volto a differenziare, sul tema, la magistratura amministrativa da quelle ordinaria e contabile.
15.– Diversamente da quanto esposto dal Governo nella sua relazione e nel preambolo al d.lgs. n. 62 del 2006, va inoltre escluso che la modifica e la correlata abrogazione disposte dalle norme censurate possano trovare ragion d’essere nelle prospettate esigenze di coordinamento normativo una volta introdotto il modello della preferenza unica.
15.1.– Non sussistono, infatti, ragioni di incompatibilità strutturale tra il criterio della preferenza unica ed il sistema della surroga incentrato sulla regola dello scorrimento della graduatoria.
Né la preferenza unica impone necessariamente il ricorso al sistema delle elezioni suppletive. E ciò, per quanto già osservato, trova conferma nella disciplina prevista per la magistratura ordinaria, laddove alla introduzione della preferenza unica realizzata in occasione della riforma apportata dalla legge n. 44 del 2002, non ha fatto seguito alcuna modifica del sistema della surroga, già in precedenza prevista con il subentro del primo dei non eletti; ancora, trova conforto nelle previsioni normative dettate per la magistratura contabile, rispetto alla quale il legislatore delegato, pur potendo intervenire sul tema, ha scelto di mantenere immutato il previgente sistema, caratterizzato da una piena convivenza tra preferenza unica e scorrimento della graduatoria in caso di surroga. Manca, infatti, un rapporto di stretta conseguenzialità tra innovazione imposta dalla legge delega (la preferenza unica) e le disposizioni censurate introdotte dal decreto delegato (il modello di surroga realizzato dalle elezioni suppletive).
15.2.– Del resto, sono le stesse previsioni della delega a confermare la compatibilità dei due sistemi.
Disponendo, con il comma 46 dell’art. 2, l’immediata operatività della preferenza unica per l’ipotesi di elezioni indette prima della attuazione della delega, il legislatore delegante ha infatti implicitamente confermato la compatibilità di tale scelta con il sistema dello scorrimento della graduatoria, vigente sino alla emanazione del d.lgs. n. 62 del 2006: ove si fosse verificata una possibile situazione di decadenza prima della adozione del decreto delegato, la disciplina da applicare sarebbe stata quella allora prevista dall’art. 7, comma 4, della legge n. 186 del 1982, destinata, dunque, ad innervarsi all’interno di una elezione svolta con il criterio della preferenza unica.
16.– Le previsioni censurate, dunque, si pongono, in violazione dell’art. 76 Cost., al di fuori della fisiologica attività di completamento che lega i due livelli normativi.
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 62 del 2006, sia nella parte in cui, modificando l’art. 9, terzo comma, della legge n. 186 del 1982, ha previsto che debbano essere indette le elezioni suppletive per la sostituzione del componente togato del CPGA cessato anzitempo dal mandato, sia nella parte in cui ha disposto l’abrogazione del comma 4 dell’art. 7 della citata legge n. 186 del 1982.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 (Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150), nella parte in cui ha modificato l’art. 9, terzo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali), prevedendo che «[I]n caso di dimissioni o di cessazione di uno o più membri elettivi dall’incarico per qualsiasi causa nel corso del quadriennio, sono indette elezioni suppletive tra i magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale per designare, per il restante periodo, il sostituto del membro decaduto o dimessosi», e nella parte in cui ha disposto l’abrogazione del comma 4 dell’art. 7 della legge n. 186 del 1982.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2018.