Sentenza n. 13 del 2017

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SENTENZA N. 13

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo               GROSSI                                              Presidente

- Giorgio            LATTANZI                                          Giudice

- Aldo                CAROSI                                                     ”

- Marta              CARTABIA                                               ”

- Mario Rosario MORELLI                                                  ”

- Giancarlo        CORAGGIO                                              ”

- Giuliano          AMATO                                                     ”

- Silvana            SCIARRA                                                  ”

- Daria               de PRETIS                                                 ”

- Nicolò             ZANON                                                     ”

- Franco             MODUGNO                                              ”

- Augusto Antonio BARBERA                                           ”

- Giulio              PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 9-sexies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, promosso dalla Regione Umbria con ricorso notificato il 12-16 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2015 ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 novembre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Con ricorso notificato il 12-16 ottobre 2015, la Regione Umbria, giusta delibera della Giunta regionale in data 12 ottobre 2015, n. 1147, ha impugnato l’art. 7, comma 9-sexies del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, che prevede che «All’articolo 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: “alla data del 30 settembre 2014” sono sostituite dalle seguenti: “alla data di entrata in vigore della presente legge”».

2.− Prima di formulare le censure, la ricorrente espone il quadro normativo in cui detta disposizione si inserisce, dando rilievo al Piano di azione coesione (PAC), istituito al fine di accelerare l’attuazione dei programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) (artt. 174-176 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, TFUE) per il settennato 2007-2013.

3.− Al fine di colmare i ritardi nell’attuazione dei programmi di spesa per il settennato 2007-2013 e di rafforzare l’efficacia degli interventi, il Presidente del Consiglio dei ministri ha comunicato al Presidente della Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo, l’avvio del procedimento di revisione di contributi del FESR all’Italia.

La proposta del Governo veniva valutata favorevolmente dal Consiglio europeo di Bruxelles del 23-26 ottobre 2011.

4.− Espone la ricorrente che in conformità a dette conclusioni il Governo definiva, in accordo con la Commissione, una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario. Il contributo comunitario è stato elevato con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.

Per l’impiego delle risorse così liberate, il Governo ha stipulato l’accordo 3 novembre 2011, denominato «Piano Nazionale per il Sud: Sud 2020», con le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, concernente la rimodulazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali. In detto accordo, in ossequio all’art. 179 TFUE, all’art. 119 della Costituzione, e all’intesa raggiunta con la Commissione europea, il riutilizzo delle risorse liberate dal FESR è stato vincolato al principio di territorialità (condizione 2 dell’accordo).

In ossequio a tale principio veniva istituito il Piano di azione coesione (PAC), inteso ad investire sul territorio le risorse liberate dal FESR.

Successivamente, anche altre Regioni aderivano al PAC, tra cui la Regione Umbria.

5.− Il procedimento di adesione della Regione Umbria al PAC era così scandito: a) con proposta del 4 giugno 2014 lo Stato italiano chiedeva la revisione del programma FESR 2007-2013 per la Regione Umbria; b) tale proposta veniva accolta dalla Commissione con decisione 28 agosto 2014 C(2014) 6163, con la quale, a modifica della precedente decisione C(2007) 4621 del 4 ottobre 2007, viene rideterminata in complessivi euro 148.103.201,00 la quota di cofinanziamento nazionale pubblico del Programma operativo regionale Umbria FESR 2007-2013; c) la Giunta regionale, con deliberazione del 31 ottobre 2014, n. 1340, adottava il “programma parallelo” al POR FESR 2007-2013; d) con nota del 5 novembre 2014, prot. n. 145702, la Regione trasmetteva il “programma parallelo” ai componenti “Gruppo di Azione e Coesione” del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico; e) con nota del 13 novembre 2014, prot. n. 10707, il Presidente del Gruppo di Azione e Coesione comunicava alla Regione l’adesione al PAC trasmettendo «il quadro finanziario degli interventi a titolarità» della Regione; f) infine con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 dicembre 2014, n. 61, recante «Integrazione del finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per l’attuazione degli interventi previsti dal Piano di azione coesione delle regioni Umbria, Abruzzo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonché rimodulazione del quadro finanziario del Piano di azione coesione della regione Siciliana), (Decreto n. 61/2014)», il Ministero dell’economia e delle finanze destinava le risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento statale per i programmi FESR 2007-2012 al PAC, per interventi in favore, tra l’altro, della Regione Umbria (interventi indicati nel “programma parallelo” al POR FESR 2007-2013).

6.− In questo contesto interveniva l’art. 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2015)», che, nel testo originario, prevedeva «Al finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si provvede, quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l’anno 2018, a valere sulla corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, già destinate agli interventi del Piano di azione coesione, ai sensi dell’articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che, dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014».

Tuttavia, alla data del 30 settembre 2014 la Regione Umbria ancora non aveva aderito al PAC, sicché tale disposizione risultava inapplicabile ad essa, e dunque non era lesiva dei suoi interessi e delle sue attribuzioni costituzionali.

7.− Da ultimo, però l’art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 125 del 2015, sopravvenuto dopo l’adesione della Regione Umbria al PAC, ha novellato il citato art. 1, comma 122, sostituendo le parole «alla data del 30 settembre 2014», con le parole «alla data di entrata in vigore della presente legge», ossia il 1° gennaio 2015.

Ne è conseguita l’applicabilità anche alla Regione Umbria del meccanismo di distrazione dei fondi inizialmente destinati a finanziare il “programma parallelo” al POR FESR 2007-2013, nonché l’impossibilità di dare attuazione agli interventi di cui alla menzionata delibera della Giunta regionale 31 ottobre 2014, n. 1340.

8.− La Regione Umbria, quindi, prospetta le seguenti censure.

9.− Violazione degli artt. 11, 117 e 119 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 175 e 176 del TFUE, alla decisione della Commissione europea del 28 agosto 2014 C(2014) 6163, nonché all’accordo Stato-Regioni del 3 novembre 2011. Violazione del principio di leale collaborazione.

Ad avviso della Regione Umbria, la disposizione censurata, nell’estendere l’ambito temporale di applicazione dell’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, ha sortito l’effetto di sottoporre anche le risorse destinate al cosiddetto “programma parallelo” al POR FESR 2007-1013 (e comprese nell’ambito del Programma di azione e coesione) alla distrazione a favore degli interventi previsti dai commi 118 e 121 del medesimo art. 1 della suddetta legge.

Ciò determinerebbe la violazione dei commi terzo e quinto dell’art. 119 Cost., che disciplinano l’intervento perequativo del legislatore statale, atteso che gli interventi statali fondati sulla differenziazione tra Regioni, volti a rimuovere gli squilibri economici e sociali, devono seguire le modalità fissate dall’art. 119, quinto comma, (sentenze n. 46 del 2013 e n. 284 del 2009).

Ne consegue (ex plurimis, sentenze n. 273 del 2013, n. 451 del 2006, n. 107 del 2005, n. 423, n. 320, n. 49 e n. 16 del 2004), che sono illegittime le disposizioni di legge statale che determinano una deviazione sia dal modello del fondo perequativo da istituire senza vincoli di destinazione – che deve essere indirizzato ai soli «territori con minore capacità fiscale per abitante» (art. 119, terzo comma, Cost.) – sia dalla sfera degli «interventi speciali» e delle «risorse aggiuntive», che lo Stato destina esclusivamente a «determinat[e]» Regioni per finalità enunciate dalla norma costituzionale o comunque per «scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (art. 119, quinto comma, Cost.).

La norma impugnata, inoltre, violerebbe l’art. 119, terzo e quinto comma, Cost., in quanto darebbe luogo ad una diminuzione del complesso delle risorse esclusivamente destinate a sostenere interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate.

La sottrazione delle risorse al “programma parallelo” della Regione Umbria al Piano di azione e coesione violerebbe anche gli artt. 11, 117, primo comma, e 119 Cost., in relazione agli artt. 175 e 176 TFUE, alla decisione della Commissione europea del 28 agosto 2014 C(2014) 6163, all’accordo «Piano nazionale per il Sud: Sud 2020» del 3 novembre 2011.

In particolare, la norma impugnata violerebbe gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., nella misura in cui consente allo Stato di sottrarsi agli obblighi assunti nei confronti dell’Unione europea, con la quale lo Stato aveva negoziato la diversa quota di compartecipazione ai programmi FESR, impegnandosi anche alla concertazione con le Regioni; e viola, poi, gli artt. 117 e 119 Cost., in quanto consente allo Stato di eludere gli obblighi contratti nei confronti delle Regioni che hanno sottoscritto l’accordo 3 novembre 2011 (o che vi hanno aderito successivamente attraverso la partecipazione al PAC, come ha fatto la Regione Umbria).

L’inosservanza di un accordo Stato-Regioni, infatti, integra la violazione del principio di leale collaborazione e, con esso, la lesione ingiustificata e irragionevole delle competenze regionali, in quanto gli accordi e le intese sono i principali strumenti del principio di leale collaborazione (sentenza n. 303 del 2003).

10.− Violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 3, 97 e 119 Cost. Violazione del principio di leale collaborazione.

La Regione aveva programmato l’impiego delle risorse in questione con la deliberazione n. 1340 del 2014. Parte delle risorse ivi contemplate viene invece destinata a finanziare interventi di natura fiscale e contributiva su scala nazionale senza alcuna connotazione perequativa e di solidarietà territoriale.

In tal modo, lo Stato ha esorbitato dalla competenza concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica», limitata alla determinazione dei «principi generali» della materia.

La violazione delle competenze regionali ex art. 117, terzo comma, Cost., non si apprezza solo nella prospettiva della disciplina della perequazione territoriale, ma anche in quella del buon andamento dell’Amministrazione (art. 97 Cost.) e del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la sottrazione delle risorse pregiudica irragionevolmente la realizzazione dei progetti contenuti nel programma parallelo e oggetto della delibera n. 1340 del 2014.

Il piano di intervento, infatti, è reso impossibile dal taglio lineare e la Regione non può rimodulare in modo efficace la propria azione.

È altresì violato il principio di leale collaborazione, atteso che non sono state rispettate le garanzie procedimentali necessarie a fronte di interventi riduttivi della finanza regionale.

11.− Violazione degli artt. 5, 117, 118 e 119 Cost. Violazione del principio di leale collaborazione.

Assume la Regione Umbria che la regolamentazione, la gestione e l’esecuzione del “programma parallelo” costituiscono esercizio non solo di potestà legislativa regionale concorrente, nelle materie «coordinamento della finanza pubblica» e «ricerca scientifica e tecnologica e sostegno dell’innovazione per i settori produttivi», ma anche (ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.), nelle materie «formazione professionale», «lavori pubblici», «politiche dell’occupazione», «trasporti e viabilità», «assistenza sociale».

Aggiunge che la Regione è intervenuta con proprie leggi in questi settori al fine di porre rimedio a situazioni di svantaggio sociale e territoriale.

Posto, dunque, che la distrazione delle risorse incide profondamente nell’esercizio di competenze legislative regionali, in ossequio al principio di tutela delle autonomie regionali (art. 5 Cost.) e a quello di leale collaborazione (art. 117 Cost.), nonché alle disposizioni costituzionali che tutelano le competenze legislative e amministrative della Regione e la sua autonomia economico-finanziaria (artt. 117, 118, 119 Cost.), il legislatore avrebbe dovuto acquisire l’intesa con le Regioni interessate.

12.− Violazione degli artt. 3, 117 e 119 Cost., anche in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché al principio del legittimo affidamento, atteso il carattere retroattivo dell’intervento legislativo statale.

Il principio di irretroattività della legge, di cui all’art. 11 delle preleggi, informa l’ordinamento giuridico non solo nell’ambito penale, atteso che il legislatore può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale, ai sensi della CEDU (sentenza n. 103 del 2013).

La lesione del legittimo affidamento comporta la lesione non solo dell’art. 3 Cost., ma anche dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU.

13.− Con memoria depositata il 23 novembre 2015, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso.

13.1.− Assume in proposito la difesa statale che la  richiesta di revisione del programma FESR 2007-2013 per la Regione Umbria, presentata dallo Stato italiano alla Commissione europea il 4 giugno 2014, era il risultato di un procedimento avviato dall’Autorità di gestione del programma, su mandato della Giunta regionale, al fine di evitare il disimpegno automatico delle risorse, nel caso di mancato raggiungimento degli stessi target di spesa.

La proposta tecnica di adesione al Piano nazionale parallelo è stata trasmessa dall’Autorità di gestione in data 9 aprile 2014, ed ha ricevuto parere positivo da parte del Presidente del Gruppo di azione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica con nota n. 3550 del 18 aprile 2014.

In seguito, veniva avviata la procedura di consultazione scritta dei membri del Comitato di sorveglianza del programma operativo FESR 2007-2013, finalizzata alla revisione del Piano finanziario del programma, conclusasi in data 12 maggio 2014 con esito positivo.

La proposta di modifica del programma veniva adottata dalla Commissione europea con decisione del 28 agosto 2014, C(2014) 6163.

In ragione di ciò, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, il presupposto su cui si fonda il ricorso (e cioè che solo con la norma impugnata si sia leso l’interesse della Regione per effetto della distrazione di una parte dei fondi PAC) risulta insussistente.

Già per effetto della legge n. 190 del 2014, la Regione aveva subito il taglio delle risorse, mentre lo spostamento al 1° gennaio 2015 del termine indicato nell’art. 1, comma 122, della citata legge n. 190 del 2014, non risultava avere avuto alcuna incidenza sulle risorse regionali.

Ed infatti le risorse del cofinanziamento nazionale del POR FESR Umbria, alla data del 30 settembre 2014 erano già state distolte dal Programma operativo regionale (POR), per confluire nel programma parallelo del Piano di azione coesione.

Lo stesso decreto del Ministero dell’economia e delle finanze n. 61 del 2014, era antecedente all’approvazione della legge di stabilità.

La modifica normativa impugnata, ossia la proroga del termine per la ricognizione delle risorse impegnate, ha avuto il solo scopo di salvaguardare gli impegni giuridici assunti tra settembre e dicembre 2014, ma non ha modificato la situazione della Regione Umbria.

Sussisterebbe quindi carenza di interesse al ricorso, sia perché la norma censurata non aggrava la situazione della Regione Umbria, sia per l’omessa impugnazione dell’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, nel testo originario, che già aveva operato la riduzione dei fondi PAC della ricorrente.

13.2.− Nel merito il ricorso sarebbe infondato.

Le risorse in questione sono di fonte statale, e provengono dal Fondo di rotazione di cui all’art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 (Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti comunitari), che non si identifica con il fondo perequativo di cui all’art. 119, terzo comma, Cost.

Le risorse del Fondo di rotazione, sono, invece, uno degli strumenti finanziari nazionali di cui lo Stato si avvale per perseguire gli obiettivi della politica di coesione territoriale, in aggiunta alle risorse dei fondi strutturali e di investimento europei; in tale contesto rientra nella facoltà del Parlamento modificare la dotazione del Fondo e le destinazioni delle risorse con legge ordinaria.

Inoltre, le risorse nazionali ed europee, indicate nei programmi operativi, sono soggette a vincoli temporali, per cui il mancato rispetto dei target di scadenza comporta il disimpegno automatico delle somme ivi appostate.

Per evitare tale disimpegno automatico è stato adottato il Piano di azione coesione, in accordo con la Commissione europea.

La disposizione impugnata è legittima perché non ha inciso arbitrariamente sulla consistenza delle risorse destinate ai programmi paralleli, imponendo un taglio lineare, ma ha disposto la destinazione − peraltro, solo parziale (fino alla concorrenza necessaria) − delle sole risorse non impegnate, garantendo la parità di trattamento tra tutte le amministrazioni interessate.

Non è ravvisabile, dunque, la lesione degli artt. 119, terzo e quinto comma, 97, 11 e 117, primo comma, Cost.

Neppure è leso il principio di leale collaborazione, posta l’evidente sussistenza della competenza statale a disciplinare il Fondo.

La norma impugnata, collocandosi nell’ambito delle materie di competenza legislativa dello Stato, non incide sull’esercizio di competenze legislative regionali, e le risorse non rientrano in quelle disciplinate dai commi dal primo al quarto dell’art. 119 Cost., per cui non sussiste violazione delle competenze legislative e amministrative delle Regioni, né della loro autonomia economico-finanziaria, e conseguentemente non sono violati gli artt. 117, 119, 5 e 118 Cost.

Infine, osserva la difesa dello Stato che lo spirito della norma è quello di riutilizzare risorse non spese nei tempi ragionevolmente stabiliti, con la finalità di promuovere forme di occupazione stabile. Dunque non è ravvisabile la lesione dei principi del legittimo affidamento e della ragionevolezza.

14.− La Regione Umbria in data 21 ottobre 2016 ha depositato documentazione, e in data 2 novembre 2016 ha depositato memoria.

14.1.− Con la memoria, la ricorrente ha contestato l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, prospettata dall’Avvocatura generale dello Stato, in quanto al momento dell’adozione della legge n. 190 del 2014 le risorse destinate alla Regione Umbria non erano ancora state impegnate al programma parallelo al PAC.

In particolare, la Regione Umbria deduce quanto segue.

Non sarebbe sostenibile che l’originaria formulazione dell’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014 fosse già lesiva avendo ad oggetto risorse che, pur se non ancora stanziate a favore della Regione Umbria, risultavano già assegnate al Fondo di rotazione.

L’art. 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)», infatti, stabilisce «[i]l Fondo di rotazione di cui al comma 1 destina le risorse finanziarie a proprio carico, provenienti da un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi dei fondi strutturali 2007/2013, alla realizzazione di interventi di sviluppo socio-economico concordati tra le Autorità italiane e la Commissione europea nell’ambito del processo di revisione dei predetti programmi».

La legge n. 183 del 2011, quindi, prevede che detto Fondo destini le somme recuperate dalla riduzione del cofinanziamento ai fondi europei a «interventi di sviluppo socio-economico», nozione più ampia rispetto a quella degli “incentivi” all’occupazione di cui all’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014.

Alla data del 30 settembre 2014, anche se la Commissione europea aveva adottato il 28 agosto 2014 la decisione di modificare il regime di cofinanziamento, quelle risorse non solo non erano ancora state specificamente destinate alla Regione Umbria, ma non erano state nemmeno destinate al Piano di azione coesione. Solo dal 22 dicembre 2014, quelle risorse risultano destinate al PAC e tra le misure connesse agli interventi rivolti alla Regione Umbria (art. 1 del d.m. n. 61 del 2014).

Né, in proposito, può assumere rilievo la nota n. 2721 del 2 aprile 2015, richiamata dalla difesa dello Stato, come si evince, altresì dalla nota di riscontro della Regione n. 54928 del 2015.

Considerato in diritto

1.− Con ricorso notificato il 12-16 ottobre 2015, la Regione Umbria ha impugnato l’art. 7, comma 9-sexies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, che prevede che «All’articolo 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: “alla data del 30 settembre 2014” sono sostituite dalle seguenti: “alla data di entrata in vigore della presente legge”».

1.1.− L’art. 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2015)», nel testo originario, prevedeva: «Al finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si provvede, quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l’anno 2018, a valere sulla corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, già destinate agli interventi del Piano di azione coesione, ai sensi dell’articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che, dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014».

2.− Con la prima censura è prospettata la violazione degli artt. 11, 117 e 119 della Costituzione, anche in relazione agli artt. 175 e 176 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), alla decisione della Commissione europea 28 agosto 2014 C(2014) 6163, che ridefinisce il Programma operativo Umbria, nonché all’accordo Stato-Regioni del 3 novembre 2011 «“Piano nazionale per il Sud: Sud 2020”»; la violazione del principio di leale collaborazione; e la violazione dell’art. 119, terzo e quinto comma, Cost., alla cui stregua gli interventi perequativi sono disciplinati solo attraverso specifici moduli legislativi e procedimentali.

In particolare, la norma impugnata, nel prevedere che, a copertura degli oneri connessi agli incentivi previsti dai citati commi 118 e 121 della legge n. 190 del 2014, ci si avvalga della corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di azione coesione (PAC) e non impegnate alla data di entrata in vigore della legge n. 190 del 2014, violerebbe l’art. 119, terzo e quinto comma, Cost., in quanto darebbe luogo ad una diminuzione del complesso delle risorse esclusivamente destinate a sostenere interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate.

Essa violerebbe, poi, gli artt. 11, 117, primo comma, Cost., consentendo allo Stato di sottrarsi agli obblighi assunti nei confronti dell’Unione europea; nonché gli artt. 117 e 119 Cost., comportando l’elusione degli obblighi contratti nei confronti delle Regioni che hanno sottoscritto l’accordo 3 novembre 2011 (o che vi hanno aderito successivamente attraverso la partecipazione al PAC, come ha fatto la Regione Umbria), così ledendo anche il principio di leale collaborazione, dando luogo a ingiustificata e irragionevole lesione delle competenze regionali.

3.− Con la seconda censura è dedotta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 3, 97 e 119 Cost., e la violazione del principio di leale collaborazione.

La norma impugnata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., esorbitando dalla competenza concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica», limitata ai «principi generali» della materia. Tale violazione della competenza regionale, prevista dall’ex art. 117, terzo comma, Cost., non si apprezzerebbe solo nella prospettiva della disciplina della perequazione territoriale, ma anche in quella del buon andamento dell’Amministrazione (art. 97 Cost.) e del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la sottrazione delle risorse pregiudicherebbe irragionevolmente la realizzazione dei progetti contenuti nel programma parallelo e oggetto della delibera della Giunta regionale della Regione Umbria n. 1340 del 31 ottobre 2014.

Sarebbe altresì violato il principio di leale collaborazione, non essendo state rispettate le garanzie procedimentali necessarie a fronte di interventi riduttivi della finanza regionale.

4.− Con la terza censura è prospettata la violazione degli artt. 5, 117, 118 e 119, Cost. del principio di leale collaborazione.

La disposizione in esame lederebbe il principio di tutela delle autonomie regionali (art. 5 Cost.) e quello di leale collaborazione (art. 117 Cost.), nonché le disposizioni costituzionali che tutelano le competenze legislative e amministrative della Regione e la sua autonomia economico-finanziaria (artt. 117, 118 e 119 Cost.); il legislatore avrebbe dovuto acquisire l’intesa con le Regioni interessate prima di individuare l’entità della eventuale distrazione di risorse, e avrebbe dovuto prevedere che le modalità di impatto di tale eventuale distrazione sui programmi regionali di utilizzo di tale fondo fossero definite in base all’intesa.

5.− Con la quarta censura si deduce la violazione degli artt. 3, 117, e 119 Cost., dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché al principio del legittimo affidamento.

La norma in esame, ledendo la competenza legislativa regionale nelle materie di potestà concorrente, nonché l’autonomia finanziaria regionale, violerebbe il principio del legittimo affidamento riconosciuto e tutelato sia dalla Costituzione, come espressione del principio di ragionevolezza e certezza del diritto, che dalla CEDU, nonché dall’ordinamento dell’Unione europea.

6.− Prima di passare all’esame delle censure, occorre vagliare alcune questioni preliminari sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato.

6.1.− È anzitutto prospettata l’inammissibilità per mancata tempestiva impugnazione dell’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, nel testo originario, e di carenza di interesse, attesa l’irrilevanza della modifica della data di applicazione della previsione stabilita dal citato art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 79 del 2015.

In realtà – come si vedrà più diffusamente nell’esame del merito −, solo la diversa previsione temporale ha radicato l’interesse alla impugnazione, poiché alla data originaria del 30 settembre 2014 le risorse già destinate alla Regione non erano state ancora acquisite al Piano di azione coesione.

7.− Sempre in via preliminare, va esaminata l’ammissibilità delle censure prospettate con riguardo ai parametri di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

La giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato che nei giudizi in via principale le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione dei parametri riguardanti il riparto di competenze tra esse e lo Stato e possono evocarne altri soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex multis, da ultimo, sentenza n. 29 del 2016).

Nella specie le censure in questione sono adeguatamente motivate per dimostrare la ridondanza dei profili di irragionevolezza e violazione del buon andamento sull’autonomia organizzativa e di spesa regionale e locale.

8.− Per l’esame del merito devono essere riepilogate le vicende normative precedenti all’insorgere della questione.

9.− Con la decisione della Commissione europea del 13 luglio 2007 C(2007) 3329, veniva approvato il Quadro di riferimento strategico nazionale (QRSN) per la politica di sviluppo 2007-2013, predisposto dal Dipartimento delle politiche di sviluppo del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con la Commissione stessa, presentato dall’Italia in seguito a consultazioni con i soggetti di cui all’art. 11 del Regolamento (CE) 11 luglio 2006, n. 1083/2006, recante «Regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999».

I Programmi operativi regionali (POR) allegati, ai fini del finanziamento sul FESR, erano ritenuti coerenti con gli obiettivi del Piano strategico nazionale.

10.− Con la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) dell’11 gennaio 2011, n. 1 (Obiettivi, criteri e modalità di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate e selezione ed attuazione degli investimenti per i periodi 2000-2006 e 2007-2013), al punto 7, si rilevava la necessità di una riprogrammazione delle risorse estesa ai fondi comunitari. 

Nel novembre 2011 interveniva, pertanto, il Piano di azione coesione (PAC), cui devono affluire le risorse liberate dal FESR.

10.1.− In data 9 aprile 2014 la Regione Umbria trasmetteva la proposta tecnica di adesione al PAC e si avviava pertanto la relativa procedura, anche in sede europea, che si concludeva con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 22 dicembre 2014, n. 61, recante «Interazione del finanziamento a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 per l’attuazione degli interventi previsti dal Piano di azione coesione delle regioni Umbria, Abruzzo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasposti nonché rimodulazione del quadro finanziario del Piano di azione coesione della regione Siciliana. (Decreto n. 61/2014)», che provvedeva all’assegnazione delle risorse già destinate alla Regione Umbria in favore degli interventi previsti dal PAC.

10.2.− Interveniva quindi l’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, secondo cui «Al finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si provvede […] [con le risorse] già destinate agli interventi del Piano di azione e coesione […] che, dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014».

10.3.− Quest’ultimo termine è stato poi differito con la norma impugnata (art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 125 del 2015), alla «data di entrata in vigore della presente legge» (1° gennaio 2015).

11.− La vicenda evidenzia la fondatezza della censura prospettata con riguardo alla violazione del principio di ragionevolezza; e ciò comporta l’assorbimento di tutte le altre doglianze volte a contestare in via generale la distrazione delle risorse dal PAC (questa Corte, peraltro, con la sentenza n. 155 del 2016 ha già vagliato l’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, in relazione al parametro di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., ritenendolo non costituzionalmente illegittimo).

12.− La irragionevolezza attiene in particolare alla tempistica delineata dalla disposizione impugnata.

Lo spostamento in avanti del termine, da una parte, ha permesso l’inclusione fra le risorse del PAC dei fondi di spettanza della Regione Umbria, dall’altra, ha di fatto reso impossibile alla Regione di evitare la perdita del finanziamento mediante l’impegno delle risorse stesse.

Il differimento, pertanto, non solo ha comportato – come si è già affermato – la sopravvenienza di un interesse a ricorrere prima inesistente (alla data originaria del 30 settembre i fondi di competenza della Regione Umbria non erano ancora confluiti nel PAC e quindi non potevano essere sottratti), ma anche la ingiustificata lesione di tale interesse.

Difatti, essendo intervenuta l’acquisizione al PAC dei fondi in questione solo il 22 dicembre 2014 (data – come si è visto – del decreto ministeriale n. 61), è stato materialmente impossibile adottare atti di impegno entro il vicinissimo 1° gennaio 2015.

13.− Ne consegue, con riferimento alla specifica posizione della Regione ricorrente, l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 125 del 2015, per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

Restano assorbite le rimanenti censure.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 9-sexies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, con specifico riferimento alla Regione Umbria.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2017.