SENTENZA N. 227
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 15-18 dicembre 2014 e depositato il 23 dicembre 2014 (reg. ric. n. 92 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Calabria 7 (recte: 16) ottobre 2014, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 24 e s.m.i.), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione – in relazione all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010) – e dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione; nonché dello stesso art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui introduce il comma 9 dell’art. 9 della legge della Regione Calabria 18 luglio 2008, n. 24 (Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera g), Cost.; e infine del medesimo art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.– L’art. 1 della legge impugnata interviene sulla legge della Regione Calabria 18 luglio 2008, n. 24 (Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), sostituendone l’art. 9.
Ai sensi del citato art. 9, come sostituito, «[l]’autorizzazione sanitaria all’esercizio e l’accreditamento di una struttura possono essere ceduti inter vivos mediante atto di trasferimento, in qualsiasi forma, della proprietà della struttura (ivi inclusa la scissione societaria e il trasferimento di ramo d’azienda), ovvero di concessione in godimento della stessa, in tutto o in parte, ad un soggetto diverso da quello autorizzato e/o accreditato […]» (comma 1). L’atto di trasferimento deve essere sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio di un decreto di voltura da parte della Regione, a pena di inefficacia nei confronti della Regione stessa e degli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, e deve essere trasmesso, in copia autenticata da notaio, al settore competente dell’amministrazione regionale (comma 2), alla quale deve anche essere chiesto il rilascio del decreto di voltura, con istanza corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante la permanenza del possesso dei requisiti autorizzativi e di accreditamento, di cui al regolamento regionale 1° settembre 2009, n. 13 (Regolamenti e manuali per l’accreditamento del Sistema Sanitario Regionale), nonché dalla documentazione attestante i requisiti soggettivi del cessionario, di cui al medesimo regolamento (comma 1). Il decreto di voltura è adottato entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda, previa verifica: a) delle condizioni di cui allo stesso art. 9, comma 3, vale a dire che la cessione riguardi tutte le attività autorizzate e/o accreditate, oppure uno o più moduli, tipologie di attività o branche di prestazioni, e che, se è ceduto l’accreditamento, lo sia anche la corrispondente autorizzazione; b) «dei soli requisiti soggettivi del subentrante» (art. 9, comma 4). «Fino alla scadenza della gestione commissariale della sanità della Regione Calabria», la competenza ad adottare i provvedimenti di voltura è riconosciuta al «Commissario ad acta della sanità» (art. 9, comma 9).
Oltre a questo, il novellato art. 9 disciplina la continuazione delle attività da parte degli eredi in caso di decesso del titolare dell’autorizzazione (comma 5); i casi che non costituiscono cessione, nei quali l’attività può proseguire previa comunicazione all’ufficio competente (comma 6: fusione, trasformazione, mutamento della compagine, denominazione o ragione sociale delle persone giuridiche titolari dell’autorizzazione o accreditamento); i controlli sulla permanenza dei requisiti (comma 7); la successione del cessionario nei contratti di prestazioni con le aziende sanitarie (comma 8).
Le norme di cui al nuovo art. 9 «si applicano anche ai procedimenti in itinere e non ancora definiti con provvedimento espresso, previa presentazione da parte dei soggetti interessati dell’istanza di cui al comma 1, contenente la precisazione che l’istanza stessa è presentata in relazione al procedimento già pendente e allegazione di copia della precedente istanza» (comma 10). Le disposizioni regolamentari incompatibili «s’intendono automaticamente adeguate» (comma 11).
L’art. 2 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014 inserisce nella legge reg. Calabria n. 24 del 2008, dopo il già citato art. 9, il nuovo art. 9-bis, il quale contempla i casi di decadenza dall’autorizzazione all’esercizio. Il comma 1 prevede la decadenza in caso di esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella autorizzata; di estinzione della persona giuridica autorizzata; di rinuncia; di mancato inizio dell’attività entro il termine di sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione, prorogabile una sola volta per gravi motivi. Il comma 2 prevede la decadenza d’ufficio in relazione a condanne definitive riportate per determinati reati dai titolari (o, se titolare ne è una persona giuridica, dai legali rappresentanti, amministratori, o titolari di azioni o quote per oltre il quindici per cento), o all’applicazione nei confronti degli stessi, con decreto definitivo, di misure di prevenzione personali o patrimoniali, in quanto indiziati di appartenere «ad una delle associazioni di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni».
3.– Premette il ricorrente che, il 17 dicembre 2009, la Regione Calabria ha stipulato con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), un accordo, comprensivo di un piano di rientro dal disavanzo sanitario, in merito agli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Non avendo la Regione conseguito gli obiettivi ivi previsti, il Consiglio dei ministri – ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della 29 novembre 2007, n. 222, nonché dell’art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) – ha nominato un Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro, individuato dapprima (con delibera del 30 luglio 2010) nel Presidente della Regione pro tempore e poi (con delibera del 19 settembre 2014, dopo le dimissioni del Presidente della Regione) nel Generale L. P. I contenuti dei mandati commissariali così conferiti, in virtù delle relative delibere, comprendevano espressamente anche l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamento istituzionale, mediante adeguamento della normativa regionale vigente.
Il ricorrente aggiunge che, dopo l’approvazione della legge regionale impugnata, il Commissario ad acta, con decreto 17 ottobre 2014, n. 65 (pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 51 – recte: 27 ottobre 2014, n. 53), ha dichiarato che la legge stessa ostacolava la piena attuazione del piano di rientro e dei programmi operativi 2013-2015 e ha invitato il Consiglio regionale ad abrogarla.
4.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia gli artt. 1 e 2 della legge impugnata, anzitutto, per violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.: le disposizioni censurate modificherebbero la disciplina sanitaria regionale in costanza del piano di rientro, in merito a profili di stretta competenza del commissario ad acta. Ripercorrendo la giurisprudenza sul rilievo costituzionale delle funzioni commissariali, il ricorrente sottolinea, tra l’altro, che anche una situazione di interferenza meramente potenziale con tali funzioni, a prescindere da contrasti diretti con esse, basta a integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Inoltre, il ricorrente lamenta che le disposizioni impugnate, recando interventi non contemplati dal piano di rientro e dai relativi programmi in tema di autorizzazioni e accreditamenti, si pongono in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali per il contenimento della spesa sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, in virtù dei quali le previsioni dell’accordo tra Stato e Regione e del piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, che ostacolino la piena attuazione del piano, e a non adottarne di nuovi. Anche sotto questo profilo il ricorrente si richiama alla giurisprudenza costituzionale che ha considerato sia il citato art. 2, commi 80 e 95, sia l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), espressivi di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, vincolanti per le Regioni che abbiano sottoscritto gli accordi per il riequilibrio dei disavanzi sanitari.
Ulteriori profili di contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica sono poi ravvisati dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’art. 2 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, in quanto tale articolo, circoscrivendo i presupposti della decadenza, potrebbe impedire all’amministrazione sanitaria di disporla nei confronti di chi si renda responsabile di cattiva gestione delle risorse finanziarie. Anche l’art. 1 della stessa legge sarebbe affetto dal medesimo vizio di illegittimità costituzionale, in quanto attenuerebbe il controllo della spesa sanitaria in riferimento alla selezione dei soggetti in condizione di incidere su di essa.
5.– In relazione all’art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui introduce il comma 9 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, è denunciata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’«organizzazione amministrativa dello Stato»: ad avviso del ricorrente, il commissario ad acta è organo dell’amministrazione dello Stato, nominato dal Governo in caso di dimissioni o impedimento del Presidente della Regione, fino all’insediamento del nuovo Presidente o alla cessazione dell’impedimento; le funzioni del commissario ad acta sarebbero disciplinate esclusivamente dalla legge statale, senza che altre possano esserne aggiunte da leggi regionali.
6.– Infine, in relazione allo stesso art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, è denunciata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in riferimento alla competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile». Le disposizioni censurate disciplinerebbero una fattispecie speciale di cessione di azienda, regolandola in modo atipico rispetto agli artt. 2555 e seguenti del codice civile: segnatamente, è previsto che la cessione dell’autorizzazione o dell’accreditamento possa avvenire in qualsiasi forma, invece che nelle sole forme di cui all’art. 2556 cod. civ.; la cessione è sottoposta alla condizione sospensiva del decreto di voltura, non contemplata nel codice civile; il cessionario potrebbe subentrare nell’intero complesso delle attività o in più moduli, senza alcuna ulteriore specificazione e in deroga all’art. 2558 cod. civ., a norma del quale l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio della stessa che non abbiano carattere personale.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso notificato il 15-18 dicembre 2014 e depositato il 23 dicembre 2014 (reg. ric. n. 92 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 24 e s.m.i.), i quali – rispettivamente, novellando l’art. 9 della legge della Regione Calabria 18 luglio 2008, n. 24 (Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), e introducendo in essa un nuovo art. 9-bis – recano nuove norme in materia di cessione delle autorizzazioni all’esercizio e degli accreditamenti di strutture sanitarie, nonché di decadenza dalle predette autorizzazioni.
Ad avviso del ricorrente, i censurati artt. 1 e 2 violerebbero l’art. 120, secondo comma, della Costituzione, in quanto modificano la disciplina sanitaria regionale in costanza di un piano di rientro, per la cui attuazione è stato conferito al commissario ad acta, tra l’altro, il mandato di intervenire per l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della normativa regionale; violerebbero altresì l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), in quanto recano interventi non contemplati dal piano di rientro e dai relativi programmi operativi in tema di autorizzazioni e accreditamenti; si porrebbero, altresì, in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, in quanto attenuerebbero il controllo sulla spesa sanitaria intervenendo sulla selezione dei soggetti in condizione di incidere su di essa e circoscrivendo i presupposti della decadenza, con il rischio di impedire all’amministrazione sanitaria di disporla nei confronti di chi si renda responsabile di cattiva gestione delle risorse finanziarie.
Inoltre, lo stesso art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui introduce il comma 9 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, è impugnato per invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., relativa all’«organizzazione amministrativa dello Stato», in quanto attribuirebbe funzioni, in materia di controllo delle cessioni delle autorizzazioni e degli accreditamenti, al Commissario ad acta, che è però organo dell’amministrazione dello Stato.
Infine, in relazione al medesimo art. 1 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, nella parte in cui sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, è denunciata una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione alla competenza esclusiva dello Stato sull’«ordinamento civile», in quanto essi introdurrebbero una disciplina della cessione di aziende sanitarie divergente, sotto vari profili, rispetto al modello di cessione d’azienda disciplinato agli artt. 2555 e seguenti del codice civile.
2.– La questione, sollevata sull’intero testo degli artt. 1 e 2 della legge reg. Calabria n. 22 del 2014, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 120 Cost., è fondata.
3.– Come da tempo questa Corte ha chiarito, l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nella materia della tutela della salute, in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario, può incontrare limiti imposti dalle esigenze della finanza pubblica al fine di contenere i disavanzi del settore sanitario (sentenza n. 193 del 2007). In particolare, è stato ripetutamente affermato che costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2005), finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (ex plurimis, sentenze n. 278, n. 110 e n. 85 del 2014, n. 180 e n. 104 del 2013). Tali accordi assicurano, da un lato, la partecipazione delle Regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario e, dall’altro, escludono che la Regione possa poi adottare unilateralmente misure – amministrative o normative – con essi incompatibili (sentenza n. 51 del 2013).
Qualora poi si verifichi una persistente inerzia della Regione rispetto alle attività richieste dai suddetti accordi e concordate con lo Stato, l’art. 120, secondo comma, Cost. consente l’esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo, al fine di assicurare contemporaneamente l’unità economica della Repubblica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). A tal fine il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). L’illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l’interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014).
4.– Alla luce di questi principi, palese è l’illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
Al fine di realizzare il piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale, oggetto dell’accordo firmato il 17 dicembre 2009 tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione Calabria, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010, è stato nominato un Commissario ad acta, incaricato di alcuni interventi prioritari, tra cui la «attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale». In seguito, un mandato di analogo contenuto è stato conferito dal Consiglio dei ministri, con deliberazione del 19 settembre 2014, al nuovo Commissario ad acta contestualmente nominato, incaricato altresì di adottare e attuare i Programmi operativi 2013-2015, i quali prevedono anch’essi, con riguardo alla materia delle autorizzazioni e degli accreditamenti, l’elaborazione di una proposta di modifica della legislazione regionale vigente.
A quanto risulta dal decreto del Commissario ad acta n. 65 del 2014, poco prima dell’approvazione della impugnata legge reg. Calabria n. 22 del 2014, l’organo straordinario aveva acquisito dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari alle Regioni (nel maggio 2014) e trasmesso ai Ministeri affiancanti (nel settembre 2014) il testo di una proposta di legge regionale in materia di autorizzazioni e accreditamenti, ad avviso del Commissario ad acta, conforme ai pertinenti principi fondamentali della legislazione nazionale e capace di realizzare un più elevato standard di tutela della salute.
Di conseguenza, nel decreto citato, il Commissario ad acta ha ritenuto che l’approvazione della legge reg. Calabria n. 22 del 2014 costituisse ostacolo all’attuazione del piano di rientro e dei programmi operativi e ha invitato, ai sensi dell’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, il Consiglio regionale ad abrogarla, disponendo contestualmente la trasmissione degli atti al Presidente del Consiglio dei ministri affinché potesse valutare l’opportunità di sollevare questione di legittimità costituzionale, come poi avvenuto.
5.– L’esame delle finalità e dei contenuti della legge reg. Calabria n. 22 del 2014 conferma la sussistenza di una interferenza con le funzioni attribuite al Commissario ad acta.
Come risulta dalla relazione illustrativa della relativa proposta di legge (proposta di legge n. 581, IX legislatura, presentata il 3 giugno 2014), la legge regionale oggetto del presente giudizio è stata approvata per semplificare le procedure di cessione dell’autorizzazione e dell’accreditamento, nonché per circoscrivere in maniera più puntuale le ipotesi di decadenza dell’autorizzazione. Corrispondono alle finalità descritte le principali innovazioni introdotte agli artt. 9 e 9-bis della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, nel testo conseguente all’entrata in vigore delle disposizioni oggetto di censura: in particolare, la delimitazione dell’ambito di applicazione e la semplificazione delle procedure volte all’emanazione del provvedimento di voltura; nonché la soppressione dell’ipotesi di decadenza per cessione dell’autorizzazione senza assenso regionale (art. 9, comma 3, lettera d, nella versione originaria), sostituita dalla previsione per cui la cessione deve essere sospensivamente condizionata al provvedimento di voltura ed è, altrimenti, inefficace nei confronti della Regione e delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale (art. 9, comma 2, come novellato).
Se poi si considera che – secondo quanto disposto dall’art. 9, comma 10, della legge reg. Calabria n. 24 del 2008, come novellato dalla legge in questione – le nuove norme sulla cessione di accreditamenti e autorizzazioni sono applicabili anche ai procedimenti amministrativi pendenti, non può non concludersi che le disposizioni impugnate sono idonee a compromettere, o a restringere significativamente, l’applicabilità di eventuali regimi diversi e più stringenti, come quello che il Commissario ad acta dichiara di avere elaborato in adempimento del proprio mandato e che è destinato ad essere sottoposto al consueto procedimento di formazione delle leggi regionali.
6.– In conclusione, devono essere condivisi i rilievi della parte ricorrente – cui la Regione ha omesso di replicare – secondo i quali le disposizioni in questione, in ragione del loro specifico contenuto, costituiscono un’interferenza con le attribuzioni del Commissario ad acta e, quindi, un ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. Di qui la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 120 Cost.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 novembre 2015.