Sentenza n. 110 del 2014

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SENTENZA N. 110

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                        SILVESTRI                                       Presidente

-           Luigi                             MAZZELLA                                        Giudice

-           Sabino                           CASSESE                                                 ”

-           Giuseppe                       TESAURO                                                ”

-           Paolo Maria                   NAPOLITANO                                        ”

-           Giuseppe                       FRIGO                                                      ”

-           Alessandro                    CRISCUOLO                                           ”

-           Paolo                             GROSSI                                                    ”

-           Giorgio                          LATTANZI                                              ”

-           Aldo                              CAROSI                                                   ”

-           Marta                            CARTABIA                                             ”

-           Sergio                            MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario               MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                      CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 29 marzo 2013, n. 12 (Provvedimenti per garantire la piena funzionalità del Servizio Sanitario regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31 maggio-4 giugno 2013, depositato in cancelleria il 7 giugno 2013 ed iscritto al n. 67 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria; 

udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Franceschina Talarico per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 31 maggio-4 giugno 2013 e depositato in cancelleria il 7 giugno 2013, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, e 120 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 29 marzo 2013, n. 12 (Provvedimenti per garantire la piena funzionalità del Servizio Sanitario regionale), il quale dispone la trasformazione di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato (seppure al ricorrere di determinate condizioni), del personale non dirigenziale delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione in costanza del piano di rientro.

1.1.– Il ricorrente premette che la Regione Calabria, per la quale si è verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario generatrice di uno squilibrio economico-finanziario tale da compromettere l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato in data 17 dicembre 2009 − ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2005) − un accordo con il Ministro della salute ed il Ministro dell’economia e delle finanze, comprensivo del piano di rientro dal disavanzo sanitario che ha individuato gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza.

La Regione non ha tuttavia realizzato gli obiettivi previsti dal suddetto piano di rientro ed è stata pertanto commissariata, ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222. Nella seduta del 30 luglio 2010, il Consiglio dei ministri ha nominato il commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro, individuandolo nel Presidente della Regione pro tempore.

Successivamente i competenti tavoli di monitoraggio (il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, ed il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza), nella riunione del 7 novembre 2012, rilevando le numerose criticità in essere ed al fine di consolidare e rendere effettivamente strutturali gli interventi previsti nel piano di rientro la cui realizzazione stava avvenendo con consistenti ritardi, hanno richiesto alla struttura commissariale di redigere ed adottare il Programma operativo per gli anni 2013-2015 per la prosecuzione del piano di rientro medesimo. Tale Programma operativo non risulta tuttavia trasmesso dalla Regione.

Il piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Calabria di cui all’accordo del dicembre 2009, prevede tra l’altro, al punto 13.1., la riduzione della spesa del personale, anche mediante una gestione mirata del turnover; la Regione, a seguito di verifiche successive, è stata sottoposta al blocco automatico del turnover del personale del Servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre 2014. Il commissario ad acta ha manifestato la volontà di avvalersi della deroga al suddetto blocco automatico del turnover del personale, nella misura del 15 per cento secondo quanto previsto dall’art. 4-bis del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189. In relazione a tale ultima richiesta la Regione non ha ancora provveduto a predisporre la occorrente relazione esplicativa, nella quale sia documentata la necessità, nei limiti previsti dalla vigente legislazione, di assumere personale limitatamente al ruolo sanitario, onde garantire i livelli essenziali di assistenza.

1.2.– In questo contesto è intervenuto l’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Calabria n. 12 del 2013, il quale, ad avviso del ricorrente, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 120 Cost.

L’intervento, anzitutto, menomerebbe le attribuzioni ed il mandato del commissario ad acta, il quale − a mente del punto 3, lettera a), del mandato di cui alla deliberazione di nomina del Consiglio dei ministri − è chiamato a provvedere alla razionalizzazione ed al contenimento della spesa per il personale.

Inoltre, le disposizioni regionali violerebbero direttamente i vincoli posti dallo stesso piano di rientro dal disavanzo sanitario, così ledendo il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, discendente dai commi 80 e 95 dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), secondo i quali, in costanza di piano di rientro dal disavanzo sanitario, è preclusa alla Regione sottopostavi l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla sua attuazione.

Altro profilo di contrasto delle norme regionali con l’art. 117, terzo comma, Cost., si ravviserebbe in relazione a quanto previsto (sempre quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica) dall’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, il quale stabilisce il mantenimento del blocco automatico del turnover del personale del Servizio sanitario regionale qualora, come nella specie, non venga raggiunto l’obiettivo del ripianamento del disavanzo sanitario regionale.

Il ricorrente sostiene, ancora, che le impugnate previsioni regionali risulterebbero lesive dell’ulteriore principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, rappresentato dall’art. 4-bis del d.l. n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, il quale dispone che, nelle Regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 e successive modificazioni, nelle quali sia scattato per l’anno 2012 il blocco automatico del turnover ai sensi dell’art. 1, comma 174, della medesima legge n. 311 del 2004, e successive modificazioni, ovvero sia comunque previsto per il medesimo anno il blocco del turnover in attuazione del piano di rientro o dei programmi operativi di prosecuzione del piano, tale blocco può essere disapplicato, nel limite del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, qualora i competenti tavoli tecnici di verifica dell’attuazione dei piani accertino, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi previsti nei piani medesimi. Nel ricorso viene segnalato che le condizioni previste dalla norma statale, a prescindere dal fatto che il competente commissario ad acta ha già richiesto di avvalersi della deroga ivi prevista, non si sono ancora verificate per la Regione Calabria e che i tavoli tecnici deputati alla verifica dei piani di rientro non hanno avuto la possibilità di effettuare l’accertamento del presupposto di legge, non essendo neppure stata presentata la necessaria relazione esplicativa della Regione, nella quale deve essere debitamente documentata la necessità, nei limiti previsti dalla vigente legislazione, di assumere personale limitatamente al ruolo sanitario, onde garantire i livelli essenziali di assistenza.

1.3.– L’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Calabria n. 12 del 2013, ad avviso del ricorrente, violerebbe, inoltre, l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla legislazione esclusiva statale la materia dell’ordinamento civile, e quindi i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile e dalle altre leggi statali speciali, quali, appunto, quelli di impiego pubblico considerati dalla normativa regionale impugnata.

1.4.– Infine, le disposizioni regionali impugnate contrasterebbero anche con gli artt. 3 e 97 Cost., e con l’imprescindibile principio del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego da quelli discendente, posto che tale principio non potrebbe ritenersi rispettato dalla generica previsione delle «prove selettive» previste dalla norma censurata.

Esse violerebbero, in particolare, l’art. 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), il quale introduce la possibilità − entro certi limiti predeterminati − di prevedere una riserva di posti a favore di soggetti già precariamente intranei alla Pubblica amministrazione, costituendo la plastica ed aggiornata espressione del principio della necessità del concorso pubblico per l’accesso al pubblico impiego.

2.– Si è costituita la Regione Calabria, la quale ha sostenuto la legittimità costituzionale delle norme censurate.

2.1.– La resistente ha innanzitutto ricordato una serie di disposizioni normative che hanno interessato la cosiddetta «stabilizzazione» del personale precario delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, del Servizio sanitario regionale.

La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), all’art. l, comma 565, lettera c), consentiva di procedere alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato, nelle tre ipotesi previste dall’art l, comma 558, in combinato disposto con il comma 519. La successiva legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), poi, ampliava il numero dei possibili destinatari della stabilizzazione, spostando (art. 3, comma 90) la data di riferimento per il calcolo del requisito temporale per i rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (triennio di servizio maturato nel quinquennio precedente, in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007). La Regione asserisce che sia il comma 519 dell’art. l della legge finanziaria 2007, sia il comma 95 dell’art. 3 della legge finanziaria 2008 avrebbero disposto la proroga ex lege dei contratti relativi al personale destinatario della stabilizzazione fino alla stipula del contratto a tempo indeterminato.

La resistente segnala, poi, che nella Regione Calabria non si è data immediata attuazione alle suindicate disposizioni normative.

Così tracciato il contesto normativo entro il quale è stata emanata la legge regionale impugnata, la Regione sostiene la non fondatezza di tutte le censure formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri, oltre che la inammissibilità per genericità della questione proposta.

2.2.– Secondo la Regione, con riferimento al presunto contrasto con l’art. 117, terzo comma, e con l’art. 120 Cost., la questione dovrebbe ritenersi non fondata proprio alla luce della normativa richiamata dal ricorrente.

In particolare, il comma 71 dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 (le cui disposizioni, per espressa previsione dell’art. 17, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applicano anche in ciascuno degli anni 2013 e 2014), nel disporre l’obbligo delle Regioni ad adottare le misure necessarie per realizzare gli obiettivi di risparmio della spesa del personale, farebbe espressamente salve le procedure di stabilizzazione previste nella legge n. 296 del 2006. Ciò, peraltro, in coerenza con quanto concordato in sede di conferenza Stato-Regioni, la cui intesa, sancita in data 3 dicembre 2009, all’art. 12, nel prevedere gli obiettivi di riduzione della spesa del personale, conterrebbe analoga clausola di salvezza delle procedure di stabilizzazione.

Ciò comporterebbe, a parere della Regione, alcune significative conseguenze.

Innanzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dello Stato, la disciplina dettata dalla legge regionale censurata non contrasterebbe con le disposizioni di coordinamento della finanza pubblica di cui alla legge n. 191 del 2009, atteso che i commi censurati rinviano alle modalità e ai criteri stabiliti dall’art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006, la cui procedura e le cui finalità sono espressamente fatte salve dal citato art. 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009 e dalla presupposta intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009.

Inoltre, le disposizioni impugnate non interferirebbero con l’attuazione del piano di rientro, in quanto la clausola di salvezza delle procedure di stabilizzazione contenuta nel sopra citato art. 2, comma 71, e nell’art. 12 dell’intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009 si applicherebbe anche alle Regioni interessate dal piano di rientro.

Infine, non sussisterebbero violazioni del blocco del turnover e interferenze da parte delle norme regionali censurate con le competenze e l’attività del commissario ad acta, in quanto le procedure di stabilizzazione, proprio perché espressamente consentite dalle leggi finanziarie sopra citate, non vi rientrerebbero. Del resto, il blocco del turnover delineato dal piano di rientro non ricomprenderebbe il personale cessante a seguito della scadenza dei contratti di lavoro a tempo determinato, per i quali − dapprima con l’art. 1, comma 519, della legge finanziaria 2007, e con l’art. 3, comma 95, della legge finanziaria 2008 e, successivamente, con l’art, 4, comma 5, del d.l. n. 158 del 2012 − sarebbe stata prevista la proroga ex lege dei relativi contratti, anche in deroga al regime restrittivo previsto dalla vigente normativa.

La Regione rileva poi che l’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 prevede speciali poteri in capo al Governo in virtù dei quali, «qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all’attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei ministri adotta, ai sensi dell’art. 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli». Poteri, questi, che, con riferimento alla legge regionale in oggetto, non sono stati esercitati.

Ciò, da un lato, dimostrerebbe l’insussistenza di profili di contrasto con il piano di rientro e, dall’altro, evidenzierebbe l’incongruenza e la contraddittorietà dello strumento del ricorso in via principale utilizzato dalla difesa dello Stato.

2.3.– La Regione sostiene la non fondatezza delle censure relative al contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla legislazione esclusiva statale la materia dell’ordinamento civile e quindi i rapporti di pubblico impiego, nonché con gli artt. 3 e 97 Cost. per violazione del principio di accesso al pubblico impiego tramite concorso pubblico.

La legge regionale censurata autorizzerebbe le Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione a procedere alla stabilizzazione del personale precario secondo i criteri e i requisiti previsti dalle leggi finanziarie n. 296 del 2006 e n. 244 del 2007. Essa, dunque, non individuerebbe autonomamente i requisiti che deve possedere il personale da stabilizzare, ma si limiterebbe a rinviare alla normativa statale di principio per quel che concerne sia i titoli e i requisiti da possedere, sia la data in cui detti titoli e requisiti dovevano essere posseduti. Alla luce di tali argomentazioni la Regione sostiene anche la non fondatezza della questione sollevata con riferimento all’art. 35, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001.

La Regione, infine, rimarca come le stabilizzazioni de quibus non possono in alcun modo ritenersi «intempestive» o fuori termine, atteso che nessuna norma statale prevede termini perentori per l’effettuazione di stabilizzazioni conformi ai principi statali. In ogni caso, a parere della resistente, i tempi di svolgimento delle procedure di stabilizzazione rientrerebbero nel più generale concetto di organizzazione degli uffici attribuita, dall’art. 117, quarto comma, Cost., alla competenza legislativa residuale delle Regioni.

Considerato in diritto

1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 29 marzo 2013, n. 12 (Provvedimenti per garantire la piena funzionalità del Servizio Sanitario regionale), con riferimento agli artt. 3, 97, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, e 120 della Costituzione.

2.– Le disposizioni prevedono la stabilizzazione (sia pure a determinate condizioni) di personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato presso le Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Calabria. 

La Regione, per la quale si è verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario generatrice di uno squilibrio economico-finanziario tale da compromettere l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, è stata commissariata, ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal piano di rientro.

Inoltre, a seguito di verifiche successive, è stato disposto il blocco automatico del turnover del personale del Servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre 2014.

Il commissario ad acta ha manifestato la volontà di avvalersi della deroga al blocco, nella misura del 15 per cento, secondo quanto previsto dall’art. 4-bis del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189. In relazione a tale ultima richiesta la Regione non ha, però, ancora provveduto a predisporre la occorrente relazione esplicativa, nella quale sia documentata la necessità di assumere personale limitatamente al ruolo sanitario, per garantire i livelli essenziali di assistenza.

3.− Secondo il ricorrente, le disposizioni censurate violerebbero, innanzitutto, gli artt. 117, terzo comma, e 120 Cost., in quanto in contrasto con il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, discendente dai commi 80 e 95 dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), a norma dei quali, in costanza del piano di rientro, è preclusa alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla sua attuazione. Esse, inoltre, violerebbero in maniera diretta i vincoli posti dallo stesso piano, che comportano il blocco automatico del turnover del personale del servizio sanitario regionale (prorogato fino al 31 dicembre 2014), e lederebbero le competenze del commissario ad acta, il quale tra l’altro − a mente del punto 3, lettera a), del mandato di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri − è chiamato a provvedere alla razionalizzazione ed al contenimento della spesa per il personale.

L’art. 117, terzo comma, Cost. risulterebbe, inoltre, violato sotto altro profilo, in considerazione della lesione del principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, discendente dall’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), il quale stabilisce il mantenimento del blocco automatico del turnover del personale del Servizio sanitario regionale qualora non venga raggiunto l’obiettivo del ripianamento del disavanzo (come avvenuto per la Regione Calabria); nonché del principio di coordinamento della finanza pubblica, espresso dall’art. 4-bis del d.l. n. 158 del 2012, secondo cui il blocco del turnover può essere disapplicato (nel limite del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza) solo qualora i competenti tavoli tecnici di verifica dell’attuazione dei piani accertino il raggiungimento, anche parziale, degli obiettivi previsti nei piani medesimi (condizione non verificatasi per la Regione Calabria).

Infine, le disposizioni regionali si porrebbero in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto inciderebbero sulle modalità di proroga, prosecuzione o stabilizzazione di pregressi rapporti precari di impiego pubblico. In particolare, relativamente al principio del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego, sarebbe violato l’art. 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30  marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), espressione del principio della necessità del concorso pubblico per l’accesso al pubblico impiego.

4.– Va preliminarmente trattata l’eccezione di inammissibilità per genericità della censura, che si limiterebbe a far «riferimento al Piano di rientro o ai commi 80-93 della legge n. 191 del 2009».

Tale eccezione non é fondata, in quanto, in primo luogo, il richiamo al piano di rientro da parte del ricorrente è puntuale, posto che esso viene invocato «con specifico riguardo al settore della gestione del personale sanitario» e nella parte in cui «è stato determinato il blocco automatico del turnover del personale del Servizio sanitario regionale». Viene, inoltre, invocato, in particolare, il punto 3, lettera a), del mandato di cui alla deliberazione del Consiglio dei  ministri del 30 luglio 2010 di nomina del commissario ad acta

Inoltre, la difesa dello Stato attentamente argomenta la sostenuta violazione dei commi 80-93 (rectius, 95) dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009, evidenziando che «le previsioni regionali pregiudicano fortemente l’attuazione del richiamato piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese, non rispettandone i vincoli: così ledendo il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica discendenti dai commi 80-95 dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), secondo i quali in costanza di piano di rientro dal disavanzo sanitario, è preclusa alla regione sottopostavi l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo all’attuazione».

5.− Nel merito, la questione è fondata sotto il profilo della indebita interferenza della legge regionale impugnata con l’attività e le funzioni del commissario ad acta.

La Corte infatti, ha più volte affermato che «“l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali […]” (sentenza n. 78 del 2011)» (sentenza n. 28 del 2013).

Più specificamente, sulla scia dei principi espressi dalle sentenze n. 78 del 2011 e n. 2 del 2010, è stato ulteriormente chiarito, nella più recente sentenza n. 79 del 2013, che la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali è idonea – a prescindere dalla ravvisabilità di un diretto contrasto con i poteri del commissario – ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. D’altro canto, «ogni intervento che possa aggravare il disavanzo sanitario regionale “avrebbe l’effetto di ostacolare l’attuazione del piano di rientro e, quindi, l’esecuzione, del mandato commissariale […]” (sentenza n. 131 del 2012)» (sentenza n. 18 del 2013). 

5.1.− Ebbene la delibera del 30 luglio 2010 di attribuzione del mandato commissariale per la prosecuzione del piano di rientro prevede, al punto 3, lettera a), quali linee di intervento dell’operato del commissario, «la razionalizzazione e il contenimento della spesa per il personale».

In particolare, poi, nel piano è previsto che il commissario realizzi la «ricostruzione di un’efficiente organizzazione amministrativa, regionale e aziendale, congrua con i gravosi impegni legati al ripianamento del debito emerso» (premessa, pag. 6). Sempre nella premessa (a pag. 7), tra le risorse da utilizzare per la copertura dei disavanzi antecedenti al 2007, sono individuate, al punto e), quelle derivanti «dall’imposizione di un idoneo tetto di spesa per il personale». Inoltre, nel paragrafo dedicato alle politiche del personale (par. 13), oltre a sottolineare il «potenziale sovradimensionamento della dotazione organica calabrese», viene segnalato che «l’analisi dei dati del Conto economico evidenzia per la Calabria un’incidenza del costo del personale pari a 39,2% del totale costi di produzione mentre l’equivalente valore medio nazionale si attesta al 33,1%. Appare quindi evidente che sia per entità complessiva della spesa (1.254 milioni di euro da CE consuntivo anno 2008) sia per disallineamento alla media nazionale, tale voce di costo debba necessariamente costituire un ambito di intervento prioritario per le finalità di rientro». 

5.2.− Risulta evidente che le disposizioni censurate interferiscono con le funzioni e le attività del commissario ad acta: esse, dunque, devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 120 Cost. 

6.− La questione è fondata anche con riferimento alla lamentata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

6.1.− Questa Corte, con la citata sentenza n. 79 del 2013, ha ribadito, secondo il proprio consolidato convincimento, che «“l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”, peraltro in un “quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può “legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)».

In tale contesto, la Corte ha già più volte riconosciuto all’art. 2, commi 80 e 95, delle legge n. 191 del 2009, invocato dal ricorrente come parametro interposto, la natura di principio fondamentale diretto al contenimento della spesa sanitaria, ritenuto, come tale, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis: sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tale norma, analogamente all’art. 1, comma 769, lettera b), della legge n. 269 del 2006, ha, infatti, reso vincolanti per le Regioni che li abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato» (sentenza n. 79 del 2013).

6.2.− Applicando tali consolidate coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve concludersi per la illegittimità costituzionale, anche sotto questo profilo, delle disposizioni censurate, le quali, prevedendo la stabilizzazione (sia pure a determinate condizioni) di personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato presso le Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione, si pongono in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, Cost.

7.− La fondatezza delle questioni di costituzionalità con riferimento ai parametri di cui agli artt. 120, secondo comma, e 117, terzo comma, Cost. comporta l’assorbimento delle ulteriori censure.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, e 3, della legge della Regione Calabria 29 marzo 2013, n. 12 (Provvedimenti per garantire la piena funzionalità del Servizio Sanitario regionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2014.