SENTENZA N. 85
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1,
comma 1, 6, commi 1 e 2, 16, 42, comma 2, 44, 45, comma 2 e 46 della legge
della Regione Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012), e dell’art. 1 della legge
della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51 (Sospensione disposizioni di cui
alla legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1 "Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012” in
applicazione dell’art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con
ricorsi notificati il 16-20 marzo 2012 e il 2-8 gennaio 2013, depositati in
cancelleria il 23 marzo 2012 e l’11 gennaio 2013 ed iscritti al n.
61 del registro ricorsi 2012 e al n.
4 del registro ricorsi 2013.
Visti
gli atti di
costituzione della Regione Abruzzo;
udito
nell’udienza pubblica
del 14 gennaio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi
l’avvocato dello Stato
Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei
ministri e l’avvocato Alessandro Arredi per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in
fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri, con ricorso notificato il 16-20 marzo 2012, depositato il successivo
23 marzo, ha promosso questione di legittimità costituzionale, in via
principale, degli artt. 16, 1, comma 1, 6, commi 1 e 2, 42, comma 2, 44, 45,
comma 2, e 46 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1, (Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012–2014 della Regione Abruzzo – Legge
Finanziaria Regionale 2012).
1.1.– Il ricorrente premette che:
a)
l’articolo 16 ha introdotto modifiche alla legge regionale n. 25 del 3 agosto
2011 (Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale
destinato alla perequazione in favore dei territorio montano per le azioni di
tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenza pubbliche),
prevedendo, al comma 2, che «al comma 1, dell’articolo 12 (Aggiornamenti del
costi unitari e dei canoni minimi relativi ai canoni di concessione di acque
pubbliche) della legge regionale n. 25/2011, le parole "di potenza nominale
concessa o riconosciuta, in € 27,50” sono sostituite con le parole "di potenza
efficiente, riportata nei rapporti annuali dell’anno precedente, dal GSE, in €
35,00”»;
b) l’art. 1, comma 1, ha disposto il
rifinanziamento della legge regionale 28 aprile 2000, n. 72 (Contributo ai
cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano il "Metodo Doman” e altri metodi riconosciuti dalla comunità
scientifica);
c) l’art. 6, comma 1, ha disposto che «Le
economie di stanziamento relative agli importi iscritti in bilancio per il
rimborso dell’anticipazione di liquidità di cui al comma 98 dell’art. 2, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 recante "Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)”, sono
destinate al finanziamento delle spese relative al servizio di trasporto
pubblico locale regionale»;
d)
l’art. 6, comma 2, ha abrogato il comma 2 dell’articolo 83 della legge
regionale 26 aprile 2004, n. 15 (Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006
della Regione Abruzzo – Legge finanziaria regionale 2004), che prevedeva che
l’introito derivante dalla maggiorazione della tassa automobilistica regionale,
pari ad euro 10.000.000,00, fosse destinato alla copertura dei disavanzi
finanziari sanitari maturati a decorrere dall’esercizio 2001; ha inoltre
stabilito che l’importo delle maggiorazioni della tassa automobilistica
regionale, non utilizzato per il finanziamento del programma operativo del
Servizio sanitario regionale, venga riprogrammato e destinato al pagamento
delle rate di rimborso dei mutui e dei prestiti relativi al comparto sanitario;
e)
l’art. 42, comma 2, ha aggiunto l’art. 12-bis
all’art. 12 della legge regionale 8 aprile 2011, n. 6 (Misurazione e
valutazione delle prestazioni delle strutture amministrative regionali),
demandando alla Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le
aziende del Servizio sanitario regionale volte all’implementazione del sistema
di misurazione e di valutazione della performance del personale sanitario
regionale;
f)
l’art. 44 ha stabilito, poi, che la quota di compartecipazione a carico degli
assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa comunque
superare il costo della prestazione previsto dal tariffario nazionale;
g) l’art. 45, comma 2, ha modificato
l’art. 3, comma 5, lettera b), della
legge regionale 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di
autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle
strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), prevedendo che gli
studi professionali singoli e associati, mono e polispecialistici,
di cui al comma 2 dell’art. 8-ter del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), possano
ottenere da parte del Comune territorialmente competente il rilascio
dell’autorizzazione, e il contestuale permesso di costruzione, realizzazione,
ampliamento, trasformazione o trasferimento della struttura sanitaria o socio-sanitaria, senza la preventiva
acquisizione del nulla osta di compatibilità, da esprimersi con parere
obbligatorio e vincolante, da parte della Direzione Sanità.
h) l’art. 46 ha previsto, infine, che – fermo restando il budget assegnato – la
struttura privata accreditata erogante prestazioni di riabilitazione ai sensi
dell’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio
sanitario nazionale), possa trasferire, nell’ambito della stessa A.U.S.L., parte di tali prestazioni in sedi presenti
all’interno della stessa A.U.S.L. già autorizzate ma
non accreditate.
1.2.– Ciò posto, il ricorrente assume in
primo luogo che l’art. 16 della citata legge regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma,
lettere e) ed s), e comma terzo, Cost.
La
norma impugnata, infatti, determinando i canoni di concessione di acque
pubbliche in 35 euro, e non più attraverso il riferimento alla potenza nominale
concessa o riconosciuta, ma alla potenza efficiente, si porrebbe in contrasto
innanzitutto con l’art. 35 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo
unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici), il
quale prevede che le utenze di acqua pubblica siano sottoposte al pagamento di
un canone annuo regolato sulla media della forza motrice nominale disponibile
nell’anno. L’art. 6 del medesimo testo unico prevedrebbe, altresì, una
bipartizione delle utenze di acqua pubblica per la produzione di forza motrice
in piccole e grandi derivazioni, a seconda della potenza nominale media annua
superiore o inferiore a 3 Megawatt.
In
tale contesto normativo sarebbe evidente che la determinazione dei criteri
relativi ai canoni di derivazione di acqua sia atto riconducibile alla «tutela
dell’ambiente», poiché il citato regio decreto, in quanto relativo alla
uniforme disciplina delle acque pubbliche, sarebbe riconducibile appunto a
detta competenza esclusiva statale.
Inoltre,
la norma in esame violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto determinerebbe «uno
svantaggio concorrenziale a danno degli operatori insediati nel territorio
della Regione Abruzzo», essendo palese che una disciplina dei canoni non
omogenea da parte delle Regioni sarebbe in grado di alterare l’equilibrio
concorrenziale fra i vari impianti di generazione, posto che gli operatori
verrebbero a sostenere oneri e costi diversi a seconda del territorio sul quale
insistono.
Infine,
la fissazione del diverso criterio di determinazione del canone violerebbe
l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto «con i
principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione di
energia, fissati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore
energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di energia), in particolare per quanto concerne gli aspetti
di funzionamento unitario dei mercati dell’energia, di non discriminazione
nell’accesso alle fonti energetiche e alle relative modalità di fruizione, di
economicità dell’energia offerta ai clienti finali e di non discriminazione
degli operatori nel territorio nazionale».
1.3.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri censura, poi, l’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2012,
premettendo a questo proposito che la Regione Abruzzo, ha stipulato il 6 marzo
2007 un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze,
comprensivo del piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie
di interventi, da attivare nell’arco del triennio 2007–2009, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre
2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2005). In tale contesto, il mancato raggiungimento
degli obiettivi previsti dal piano di rientro, nei tempi e nelle dimensioni di
cui all’art. 1, comma 160, della legge n. 311 del 2004, nonché dall’intesa
Stato-Regioni del 23 marzo 2005 e dai
successivi interventi legislativi in materia, ha, infine, determinato il
commissariamento della Regione Abruzzo, ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159
(Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e
l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 29 novembre 2007, n. 222, in attuazione dell’art. 120 Cost., nei modi e
nei termini di cui all’art. 6, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Nella
seduta dell’11 settembre 2008, il Consiglio dei ministri ha deliberato la
nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro
dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Abruzzo e, nella seduta del
12 dicembre 2009, ha individuato il Commissario nella persona del Presidente
della Regione pro tempore.
Successivamente,
ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009, il Commissario ad acta, con delibera n. 44/2010 del 3
agosto 2010, ha approvato il «Programma Operativo 2010» (successivamente
integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre 2010), con il quale ha
dato prosecuzione al piano di rientro 2007–2009.
Alla
luce di queste premesse, il ricorrente ritiene che la norma impugnata,
autorizzando il rifinanziamento della legge regionale n. 72 del 2000, la quale
prevede la concessione di un contributo ai cittadini abruzzesi portatori di
handicap psicofisici che applicano il metodo Doman,
approntando ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a
quelli stabiliti a livello nazionale e assumendo oneri per prestazioni
sanitarie aggiuntive, sarebbe incompatibile con gli obiettivi di risanamento
imposti dal suddetto piano di rientro, ed interferirebbe con l’attuazione del
piano di rientro, affidata al Commissario ad
acta con il mandato commissariale del 12 dicembre
2009.
Tale
disposizione si porrebbe dunque in contrasto, in primo luogo, con l’art. 120, secondo comma,
Cost., alla luce della giurisprudenza costituzionale secondo cui anche
qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario,
ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni
commissariali, tale situazione sarebbe di per sé idonea ad integrare la
violazione del parametro invocato.
La
disposizione in esame, inoltre, non rispettando i vincoli posti dal piano per
il rientro dal disavanzo sanitario, violerebbe comunque l’art. 117, terzo comma,
Cost., eludendo un principio fondamentale della legislazione statale in
materia di« coordinamento della finanza pubblica».
1.4.– Anche l’art. 6, comma 1, si porrebbe
in contrasto con gli artt.
117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost.,
in quanto, disponendo che «le economie di stanziamento relative agli importi
iscritti in bilancio per il rimborso dell’anticipazione di liquidità di cui
all’art. 2, comma 98, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010),
sono destinate al finanziamento delle spese relative al servizio di trasporto
pubblico locale regionale», in sostanza non farebbe altro che destinare a
finalità diverse da quelle sanitarie le anticipazioni di liquidità autorizzate
dallo Stato per la copertura dei debiti sanitari pregressi, in violazione del
principio di contenimento della spesa pubblica espresso dal citato art. 2,
comma 98, della legge n. 191 del 2009.
Il
contrasto in questione sarebbe ancora più evidente alla luce dei verbali dei
tavoli tecnici per la verifica del piano di rientro dai deficit sanitari (del 14 dicembre 2011, del 20 luglio 2011 e del 7
aprile 2011), dai quali risulterebbe che proprio la destinazione di tale
anticipazione di liquidità alla copertura di debiti sanitari ha consentito alla
Regione di essere valutata positivamente e di avere pertanto accesso ad una
quota di spettanze residue.
La
disposizione impugnata, inoltre, interferirebbe con l’attuazione del piano,
affidata al Commissario ad acta, menomandone le attribuzioni di cui al punto 9 del
mandato commissariale, il quale demanda a tale organo straordinario l’adozione
dei provvedimenti per l’individuazione sul bilancio regionale delle somme per
il ripristino del finanziamento del Servizio sanitario regionale, in violazione
dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Infine,
tale norma contrasterebbe con i principi fondamentali
della legislazione statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica»
anche in quanto comprometterebbe la funzione di valutazione e di monitoraggio
attribuita ai menzionati tavoli tecnici dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2007), ledendo i principi fondamentali contenuti nel
medesimo art. 1, comma 796, lettera b),
della legge
n. 296 del 2006 e nell’art. 2, commi 80 e 95, della legge
n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di piano di rientro è preclusa
alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena
attuazione del piano.
1.5.– Con analoghe motivazioni il ricorrente
assume che anche l’art. 6, comma 2, della legge regionale Abruzzo n. 1 del
2012, violerebbe l’art.
117, terzo comma, Cost.
L’abrogazione
del comma 2 dell’art. 83 della legge regionale n. 15 del 2004, il quale
prevedeva che l’introito derivante dalla maggiorazione della tassa
automobilistica regionale fosse destinato alla copertura dei disavanzi
sanitari, e la riprogrammazione dell’importo di tali maggiorazioni al fine del
pagamento delle rate di rimborso dei mutui e dei prestiti relativi al comparto
sanitario, inciderebbero sulla copertura del disavanzo sanitario attraverso le
entrate fiscali e contrasterebbero sia con la stima delle coperture regionali
da entrate fiscali, risultante dal Programma Operativo 2011-2012, sia con le valutazioni effettuate dai tavoli tecnici.
Anche
in questo caso sarebbero dunque violati i principi fondamentali diretti al
contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95,
della legge
n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di piano di rientro è preclusa
alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena
attuazione del piano, e di cui all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge
n. 296 del 2006, risultando compromessa la funzione di valutazione e di
monitoraggio attribuita ai tavoli tecnici.
1.6.– Viene, poi, impugnato l’art. 42, comma
2, per violazione degli artt. 117, terzo comma,
e 120, secondo comma,
Cost.
La
norma aggiunge l’art. 12-bis all’art.
12 della legge regionale n. 6 del 2011, demandando alla Giunta regionale la
definizione delle linee di indirizzo per le aziende del Servizio sanitario
regionale volte all’implementazione del sistema di misurazione e di valutazione
della performance del personale sanitario regionale.
Tale
disposizione comporterebbe, a giudizio del ricorrente, un contemperamento del
nuovo sistema di valutazione delle prestazioni con la metodologia della
negoziazione per budget già implementata presso le A.S.L.
regionali. Essa si porrebbe in contrasto con il primo punto del mandato
commissariale del 12 dicembre 2009 che affida al Commissario ad acta la
razionalizzazione e il contenimento del personale sanitario, determinando,
anche in questo caso, una violazione dei principi fondamentali diretti al
contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui al citato art. 2, commi 80 e
95, della legge n. 191 del 2009 e, pertanto, dell’art. 117, terzo comma, Cost.
La
medesima norma, inoltre, intervenendo in materia di organizzazione sanitaria in
costanza di piano di rientro dal disavanzo sanitario, interferirebbe altresì
con l’attuazione del piano, affidata al Commissario ad acta, in violazione dell’art. 120,
secondo comma, Cost.
1.7.– Il
Presidente del Consiglio dei ministri dubita, inoltre, della legittimità
costituzionale dell’art. 44 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2012, il quale stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli
assistiti per le prestazioni di assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa comunque
superare il costo della prestazione previsto dal tariffario nazionale.
Tale
disposizione contrasterebbe, a suo giudizio, con i principi fondamentali in
materia di «coordinamento della finanza pubblica» contenuti nell’art. 1, comma
796, lettere p) e p-bis) della legge
n. 296 del 2006 e nell’art. 17, comma 6, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio
2011, n. 111, i quali non prevedono la fissazione di alcuna soglia massima
di compartecipazione e dispongono che le Regioni possono applicare ticket differenti rispetto a quelli
stabiliti dalla norma statale, purché dichiarati finanziariamente equivalenti a
seguito di certificazione di equivalenza del competente tavolo tecnico per la
verifica degli adempimenti di cui all’art. 12 dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
La
norma si porrebbe quindi in contrasto con i menzionati principi fondamentali
della legislazione statale in materia di «coordinamento della finanza
pubblica», nonché con l’art. 81, Cost. in
quanto determinerebbe un minore livello di entrate rispetto a quelle ritenute
congrue per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, senza prevedere la
corrispondente copertura delle spese necessarie per compensare le minori
entrate.
Inoltre,
siffatta disciplina garantirebbe un livello di assistenza «ulteriore»,
incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal suddetto piano di
rientro ed in grado di interferire con l’attuazione del piano di rientro,
affidata al Commissario ad acta, in violazione dell’art. 120, secondo comma,
Cost.
Infine,
sarebbero lesi i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa
pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge
n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di piano di rientro è preclusa
alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena
attuazione del piano, in violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost.
1.8.– Il ricorrente censura, poi, l’art. 45,
comma 2, della legge regionale in esame, il quale modifica l’art. 3, comma 5,
lettera b), della legge regionale n.
32 del 2007, e prevede che gli studi professionali singoli e associati, mono e polispecialistici, di cui al comma 2 dell’art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, possono
ottenere da parte del Comune territorialmente competente il rilascio
dell’autorizzazione, e il contestuale permesso di costruzione, realizzazione,
ampliamento, trasformazione o trasferimento della struttura sanitaria o socio-sanitaria, senza la preventiva
acquisizione del nulla-osta di
compatibilità, da esprimersi con parere obbligatorio e vincolante, da parte
della Direzione Sanità.
Tale
disposizione esentando gli studi medici indicati dall’acquisizione del
prescritto nulla-osta regionale,
contrasterebbe con i principi fondamentali in materia di «tutela della salute»
di cui all’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs.
n. 502 del 1992, a norma del quale: «Per la realizzazione di strutture
sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell’esercizio delle proprie
competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all’art. 4 del
decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive
modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della
regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e
alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale,
anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le
aree di insediamento prioritario di nuove strutture».
La
disposizione statale, applicabile a tutte le strutture che necessitano di
autorizzazione, consente sia di garantire livelli essenziali di sicurezza delle
strutture, sia di poter disporre di uno strumento di governo della domanda e
dell’offerta di prestazioni sanitarie a livello locale.
La
norma impugnata, dunque, violerebbe tali principi e si porrebbe in contrasto
con l’art. 117, terzo
comma, Cost., integrando un
contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di
«tutela della salute» (sentenza n. 245 del
2010, resa proprio su una legge regionale dell’Abruzzo; sentenza n. 150 del
2010, resa sulla legge reg. Puglia n. 45 del 2008; sentenza n. 19 del 2009).
La
menzionata disciplina, inoltre, interferendo con l’attuazione del piano di
rientro e con il mandato commissariale, contenenti specifiche indicazioni circa
l’adeguamento della normativa regionale alle norme nazionali in tema di
accreditamento e autorizzazione, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 120, secondo comma,
Cost., ledendo peraltro anche i principi fondamentali di cui all’art. 2,
commi 80 e 95, della legge
n. 191 del 2009 in materia di «coordinamento della finanza pubblica», in
violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost.
1.9.– Infine, il Presidente del Consiglio
dei ministri impugna anche l’art. 46 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2012, il
quale prevede che, fermo restando il budget assegnato, la struttura privata
accreditata che eroga prestazioni di riabilitazione ai sensi dell’art. 26 della
legge n. 833 del 1978 possa trasferire, nell’ambito della stessa A.U.S.L., parte di tali prestazioni in sedi presenti
all’interno della A.U.S.L., già autorizzate ma non
accreditate.
La
disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma,
Cost., in quanto violerebbe i principi fondamentali in materia di «tutela
della salute» ed in particolare l’art. 8-bis
del d.lgs.
n. 502 del 1992, secondo il quale «La realizzazione di strutture sanitarie
e l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per
conto del Servizio sanitario nazionale e l’esercizio di attività sanitarie a
carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al
rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater, nonchè
alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies».
A giudizio
del ricorrente, consentire lo svolgimento di attività sanitarie presso
strutture autorizzate, ma non accreditate, non garantirebbe che la struttura
sia in possesso anche dei requisiti ulteriori previsti per l’accreditamento e
che, quindi, sia in grado di poter erogare prestazioni per conto del Servizio
sanitario nazionale.
Anche
tale norma, inoltre, interferendo con l’attuazione del piano di rientro e con
il mandato commissariale del 12 dicembre 2009, che prevedono l’adozione di un
piano della rete territoriale e della rete residenziale e semiresidenziale dopo
aver provveduto a determinare il fabbisogno della Regione, violerebbe l’art. 120, secondo comma,
Cost., ponendosi peraltro anche in contrasto con i richiamati principi
fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui
all’art. 2, commi 80 e 95, della legge
n. 191 del 2009, e, dunque con l’art. 117, terzo comma,
Cost.
2.– Si è costituita nel giudizio la
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, con atto depositato il 24
aprile 2012, deducendo l’infondatezza delle censure e chiedendone il rigetto.
2.1.– Quanto alla questione relativa
all’art. 16, in materia di determinazione del canone per le derivazioni
idroelettriche, si contesta l’esistenza stessa di una "riserva esclusiva
statale” in materia, in quanto, come sarebbe stato confermato da recenti
decisioni della Corte di cassazione, la potestà regionale si fonderebbe sul
trasferimento ad esse delle funzioni afferenti, fra l’altro, alla
determinazione dei canoni di concessione relativi alle derivazioni di acqua
pubblica, in virtù dell’art. 89, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo
1997, n. 59). Inoltre, sarebbe del tutto
erronea la riconduzione della modifica dei canoni nell’ambito materiale della
«tutela dell’ambiente».
2.2.– In merito alle censure relative all’art.
1, comma 1, poi, la difesa regionale precisa che la disposizione costituirebbe
un rifinanziamento dell’originaria disposizione della legge regionale 21 giugno
1996, n. 39 (Contributo ai cittadini abruzzesi portatori di handicap
psicofisici che applicano il "Metodo Doman”) e che
tale disposto sarebbe riconducibile all’attuazione del dettato normativo della
legge statale 23 ottobre 1985, n. 595 (Norme per la programmazione sanitaria e
per il piano sanitario triennale 1986-88), che all’art. 3, comma 5 aveva
disposto che, con decreto del Ministro della sanità, sono determinati i criteri
di fruizione di prestazioni assistenziali presso centri di altissima
specializzazione all’estero, per prestazioni che non siano ottenibili
tempestivamente in Italia.
Emanati
i relativi decreti ministeriali, le successive direttive del Ministero della
sanità (prot. n. 500.6 AG 13/1371/900 e n.
100.IX/2868) avevano richiesto alle autorità regionali di procedere al rimborso
per sostenere l’utilizzazione del "Metodo Doman”, «in
attesa del parere richiesto ad apposita commissione ministeriale».
In
tale contesto, quindi, anche alla luce delle numerose sentenze del giudice
amministrativo che aveva sanzionato i dinieghi di autorizzazione per
prestazioni all’estero relative al "Metodo Doman”, e
«nelle more del riconoscimento statale», la Regione aveva deciso di assecondare
le richieste assistenziali per le gravi patologie interessate, evitando
ulteriori aggravi economici riconducibili alle pronunce giurisdizionali.
2.3.– La Regione
Abruzzo, poi, con riferimento all’asserita illegittimità costituzionale
dell’art. 6, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2012, assume che non
avrebbe fatto ricorso all’anticipazione di liquidità di cui all’art. 2, comma
98, della legge n. 191 del 2009, essendo stata prevista dal Commissario ad acta una
«possibile diminuzione del pregresso debito sanitario». Pertanto, non avendo
goduto dell’anticipazione e non avendo assunto il mutuo triennale previsto
dall’art. 9 della legge regionale 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013
della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011), per il rimborso delle
anticipazioni statali, le risorse destinate al pagamento delle rate, ed a tale
scopo iscritte in bilancio, sarebbero rientrate nella disponibilità della
Regione, con conseguente possibilità di riprogrammazione.
2.4.– Con riguardo all’art. 6, comma 2, poi,
vengono respinte le censure relative sia all’abrogazione del vincolo di destinazione
alla copertura dei disavanzi finanziari sanitari della maggiorazione delle
tasse automobilistiche, sia alla riprogrammazione per il pagamento delle rate
di rimborso dei mutui e prestiti relativi al comparto sanitario.
Secondo
la resistente, dal tenore letterale della norma emergerebbe, infatti, che
soltanto le somme "non utilizzate” sarebbero oggetto della menzionata
riprogrammazione, con conseguente insussistenza della paventata diminuzione
delle somme disponibili per il ripianamento del disavanzo sanitario.
Inoltre,
si rileva come nei verbali dei tavoli tecnici emergano risultati positivi che
avrebbero consentito al Commissario di richiedere la possibilità di svincolare
i proventi delle maggiorazioni fiscali relative all’esercizio 2012.
2.5.– In ordine all’asserita illegittimità
costituzionale dell’art. 42, comma 2, relativa alla definizione delle linee di
indirizzo per la valutazione della performance del personale sanitario
regionale, la difesa regionale sottolinea come l’intervento debba iscriversi
nell’ambito di un modello di organizzazione e funzionamento della struttura
sanitaria diretto a ridurre gli eccessi dei costi per la gestione del
personale. In tale contesto, quindi, essendo la norma diretta al contenimento
della spesa ed operando in un ambito diverso rispetto al mandato commissariale,
le censure sarebbero infondate, anche con riferimento all’art. 120 Cost.
2.6.– Quanto alle censure riguardanti l’art.
44, relativo alla quota di compartecipazione ed al ticket, la Regione Abruzzo sottolinea che il ricorso muoverebbe
dall’erroneo presupposto che il tetto alla quota riguardi la quota dovuta
"dagli assistiti”, nel mentre la lettera della norma indicherebbe chiaramente
che è il contributo dovuto "agli assistiti” ad essere limitato nell’ambito
dell’intero costo della prestazione. Conseguentemente, non risulterebbero
introdotti nuovi oneri, ma piuttosto un limite alla spesa.
2.7.– In riferimento all’art. 45, comma 2,
invece la difesa regionale specifica in primo luogo che il richiamato art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992
riguarderebbe soltanto le strutture sanitarie e non anche l’apertura di studi
medici e di altre professioni sanitarie, per i quali la norma di riferimento
andrebbe ravvisata nel successivo comma 2, a mente del quale sarebbe necessaria
la sola autorizzazione all’esercizio della professione sanitaria.
La
norma impugnata, quindi, non solo non sarebbe affetta dai vizi denunciati, ma
addirittura sarebbe stata imposta dalla necessità di superare il regime autorizzatorio di natura edilizia operante unicamente nella
Regione Abruzzo. Del resto lo stesso Commissario ad acta avrebbe disposto la sospensione
dell’art. 3, comma 5, lettera b),
della legge regionale 31 luglio 2007, limitatamente alla frase «per gli studi
professionali singoli e associati, mono o polispecialistici,
di cui al comma 2 dell’art. 8-ter del
d.lgs n. 502 del 1992». A conforto di tale tesi vi
sarebbe inoltre un parere del Ministero della salute (del 2 marzo 2012) che
qualificherebbe come «provvedimento necessario ai fini del rispetto delle
scadenze previste» l’abrogazione dell’art. 3, comma 5, lettera b), della legge regionale n. 32 del
2007.
2.8.– Infine, con riguardo all’art. 46,
relativo alla possibilità di trasferire le prestazioni assistenziali di riabilitazione
verso strutture autorizzate ma non accreditate, la Regione sottolinea che la
norma sarebbe giustificata dalla necessità di «tutelare adeguatamente la
concreta domanda assistenziale della popolazione regionale» e che essa
troverebbe applicazione nelle more del riordino del fabbisogno sanitario
attuato e diretto dal Commissario ad acta. Inoltre la norma consentirebbe alle strutture
provvisoriamente accreditate, secondo provvedimenti rilasciati dalla Giunta
regionale, di erogare prestazioni, purché nel medesimo territorio della ASL e
fermo restando il budget in sede
contrattuale.
3.– In data 19 ottobre 2012, la Regione Abruzzo ha depositato memoria difensiva, ribadendo tutte le argomentazioni già svolte nell’atto di costituzione. In particolare viene segnalato che, successivamente alla proposizione del ricorso, con legge regionale 17 luglio 2012, n. 34 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 25 recante: "Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze di acque pubbliche”, integrazione alla legge regionale 17 aprile 2003, n. 7 recante: "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2003 e pluriennale 2003-2005 della Regione Abruzzo – legge finanziaria regionale 2003”, modifiche alla legge regionale 12 aprile 2011, n. 9 recante "Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo” e modifica all’art. 63 della L.R. n. 1/2012 recante: Legge finanziaria regionale 2012), risulta introdotta una ulteriore modifica dell’art. 12 della legge regionale n. 25 del 2011, già oggetto di modifica da parte dell’impugnato art. 16 della legge regionale n. 1 del 2012. La difesa sottolinea, a tal proposito, che il nuovo disposto normativo non risulta oggetto di impugnazione, e, laddove la Corte ritenesse permanere una residua attualità dell’impugnazione, ribadisce comunque le difese già contenute nella precedente memoria.
4.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha depositato ulteriore memoria, in data 20 novembre 2012, ribadendo
le argomentazioni già sviluppate nel ricorso.
5.–
All’udienza del 20 novembre 2012 veniva disposto il rinvio della causa a nuovo
ruolo.
6.–
Nelle more della nuova fissazione, il Presidente del Consiglio dei ministri,
con ricorso notificato il 2-8 gennaio 2013, depositato il successivo 11
gennaio, ha promosso questione di legittimità costituzionale della legge della
Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51 (Sospensione disposizioni di cui alla
legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1 "Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – Legge finanziaria regionale 2012” in
applicazione dell’art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), in
riferimento agli artt. 3, 97, 81, 117, terzo comma, e 120 Cost.
6.1.–
La legge in questione, adottata su proposta del Commissario ad acta, in
applicazione dell’art. 17, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, ha disposto che le
norme impugnate con il primo ricorso, di cui agli artt. 1, comma 1, 42, comma
2, 44 e 46, sono sospese «sino alla conclusione del piano di rientro», in
conseguenza della previsione della citata norma statale, la quale prevede che,
al fine di garantire l’effettivo rispetto dei piani di rientro, gli organi
responsabili dell’attuazione, in presenza di provvedimenti legislativi
regionali che siano di ostacolo, li trasmettono al Consiglio regionale che, nei
successivi sessanta giorni, «apporta le necessarie modifiche alle leggi
regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga».
6.2.–
A giudizio del ricorrente questa disposizione, nel sospendere, l’applicazione
di talune disposizioni della legge finanziaria regionale per il 2012 avrebbe in
realtà nuovamente inciso sulle competenze statali in materia, disciplinando una
materia che, sospettata di incostituzionalità, era stata già oggetto di
impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il
legislatore regionale avrebbe sostanzialmente riaffermato la validità e vigenza
delle norme impugnate, differendone unicamente gli effetti, così incorrendo nei
medesimi vizi di costituzionalità che erano stati ravvisati e che avevano
indotto alla loro impugnazione.
Pertanto,
il Presidente del Consiglio dei ministri, riproponendo nuovamente e
pedissequamente le censure formulate con riferimento agli artt. 16, 1, comma 1,
6, commi 1 e 2, 42, comma 2, 44, 45, comma 2, e 46 della legge della Regione
Abruzzo n. 1 del 2012, chiede dunque che l’art. 1 della legge regionale n. 51
del 2012, sia dichiarato illegittimo sulla base delle stesse censure a suo
tempo sviluppate nel ricorso n. 61 del 2012.
6.3.–
Ciò posto, a giudizio del ricorrente la legge impugnata violerebbe autonomamente
l’art. 117, terzo comma, Cost., ponendosi in contrasto con i commi 80 e 95
dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 che imporrebbero al legislatore
regionale l’obbligo di «rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non
adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano di
rientro».
Infine,
le disposizioni in parola violerebbero anche gli artt. 3 e 97 Cost. incidendo
sui fondamentali canoni di ragionevolezza e di buon andamento dell’azione
amministrativa, in quanto non solo creerebbe incertezza e confusione sulle
disposizioni effettivamente vigenti, ma, finirebbe col regolamentare la materia
al momento attuale, senza tener conto (non potendo tener conto) della
situazione normativa e organizzativa che si sarà consolidata nel momento in cui
sarà finalmente realizzato il Piano di rientro.
6.4.–
Successivamente, in data 8 maggio 2013, il Presidente del Consiglio dei
ministri, in considerazione del fatto che l’art. 38, comma l, della legge
regionale 10 gennaio 2013, n. 2 (Disposizioni finanziarie per la redazione del
bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015
della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2013), ha sostituito l’art.
6, comma 2, della legge regionale n. l del 2012, ha depositato un atto di
rinuncia, limitatamente a tale disposizione.
7.–
La Regione Abruzzo si è costituita anche in questo giudizio, contestando le
ragioni dell’impugnazione, richiamando in particolare la norma statale di cui
all’art. 17, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011 e ribadendo nel merito le difese
relative alle singole disposizioni impugnate di cui alla legge regionale n. 1
del 2012.
La
Regione ha poi depositato, in data 10 dicembre 2013, memorie difensive distinte
in relazione ad entrambi i ricorsi, ribadendo le argomentazioni già sottoposte
alla Corte in sede di costituzione.
8.– Nelle more è intervenuta la legge regionale 16 luglio 2013, n. 21 (Abrogazione della L.R. 29 ottobre 2012, n. 51 «Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1
"Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e
pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012”
in applicazione dell'art. 17, comma 4,
del D.L. 6 luglio 2011, n. 98» e abrogazione di disposizioni di cui alla
L.R. 10 gennaio 2012, n. 1 "Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012- 2014
della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012”), pubblicata, nel Bollettino Ufficiale della Regione
Abruzzo 24 luglio 2013, n. 27, la quale ha disposto l’abrogazione della legge
di sospensione n. 51 del 2012, nonché l’abrogazione degli artt. 1, comma 1; 42,
comma 2; 44; 45, comma 2; e 46 della legge regionale n. 1 del 2012,
originariamente impugnati con il ricorso n. 61 del 2012.
9.–
Successivamente il Presidente del Consiglio dei ministri notificava il 30
dicembre 2013 e depositava atto di rinuncia parziale in riferimento agli artt.
1, comma 1, 42, comma 2, 44, 45, comma 2, e 46 (reg. ric. n. 61 del 2012),
nonché, con atto notificato il 27 dicembre 2013, atto di rinuncia
all’impugnazione della legge regionale n. 51 del 2012 (reg. ric. n. 4 del
2013). Le rinunce sono poi state accettate dalla Regione con atti depositati
successivamente all’udienza pubblica del 14 gennaio 2014, e precisamente in
data 5 febbraio 2014.
Considerato
in diritto
1.–
Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità
costituzionale degli artt. 16, 1, comma 1, 6, commi 1 e 2, 42, comma 2, 44, 45,
comma 2, e 46 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e
pluriennale 2012-2014 della Regione
Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012), in riferimento agli artt. 81, 117,
secondo comma, lettere e) ed s), terzo comma, e 120 della
Costituzione; nonché della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51
(Sospensione disposizioni di cui alla legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1
"Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e
pluriennale 2012-2014 della Regione
Abruzzo – Legge finanziaria regionale
2012”, in applicazione dell’art. 17, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98),
in riferimento agli artt. 3, 97, 81, 117, terzo comma, e 120 Cost.
2.–
Preliminarmente, va disposta la riunione dei suddetti giudizi in ragione della
sostanziale identità delle questioni di costituzionalità promosse.
2.1.– Ancora in via preliminare occorre
considerare che il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato all’impugnazione,
prima dell’art. 6, comma 2, e, poi, degli artt. 1, comma 1, 42, comma 2, 44,
45, comma 2, e 46, in relazione al ricorso iscritto al reg. ric. n. 61 del
2012, nonché, successivamente, all’impugnazione della legge regionale n. 51 del
2012 (reg. ric. n. 4 del 2013). Le rinunce sono state accettate dalla Regione
Abruzzo con atti depositati ritualmente, sicché è necessario dichiarare, in
relazione a tali norme, l’intervenuta estinzione del processo.
3.–
Ciò posto, le restanti disposizioni, ossia l’art. 16 e l’art. 6, comma 1, della
legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2012, possono essere scrutinate secondo
l’ordine ad esse attribuito dal ricorrente.
4.–
Il Presidente del Consiglio dei ministri assume in primo luogo che l’art. 16
della citata legge regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), e terzo comma, Cost.
La
norma impugnata, infatti, determinando i canoni di concessione di acque
pubbliche in 35 euro, non più attraverso il riferimento alla potenza nominale
concessa o riconosciuta, ma alla potenza efficiente, si porrebbe in contrasto
innanzitutto con l’art. 35 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo
unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), il quale
prevede che le utenze di acqua pubblica siano sottoposte al pagamento di un
canone annuo regolato sulla media della forza motrice nominale disponibile
nell’anno. L’art. 6 del medesimo testo unico prevedrebbe, altresì, una
bipartizione delle utenze di acqua pubblica per la produzione di forza motrice
in piccole e grandi derivazioni, a seconda della potenza nominale media annua
superiore o inferiore a 3 Megawatt.
In
tale contesto normativo sarebbe evidente che la determinazione dei criteri
relativi ai canoni di derivazione di acqua sia atto riconducibile alla «tutela
dell’ambiente», poiché il citato regio decreto, in quanto relativo alla
uniforme disciplina delle acque pubbliche, sarebbe riconducibile appunto a
detta competenza esclusiva statale.
Inoltre,
la norma in esame violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto determinerebbe «uno
svantaggio concorrenziale a danno degli operatori insediati nel territorio
della Regione Abruzzo», essendo palese che una disciplina dei canoni non
omogenea da parte delle Regioni sarebbe in grado di alterare l’equilibrio
concorrenziale fra i vari impianti di generazione, posto che gli operatori
verrebbero a sostenere oneri e costi diversi a seconda del territorio sul quale
insistono.
Infine,
la fissazione del diverso criterio di determinazione del canone violerebbe
l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto «con i
principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione di
energia, fissati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore
energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di energia), in particolare per quanto concerne gli aspetti
di funzionamento unitario dei mercati dell’energia, di non discriminazione
nell’accesso alle fonti energetiche e alle relative modalità di fruizione, di
economicità dell’energia offerta ai clienti finali e di non discriminazione
degli operatori nel territorio nazionale».
4.1.–
La questione è in parte inammissibile, in parte infondata.
4.2.–
L’art. 16 in esame è stato modificato dalla legge regionale 17 luglio 2012, n.
34 (Modifiche ed integrazioni alla legge
regionale 3 agosto 2011, n. 25
recante: "Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo
speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le
azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze di
acque pubbliche”, integrazione alla legge regionale 17 aprile
2003, n. 7 recante:
"Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2003 e
pluriennale 2003-2005 della Regione Abruzzo – legge finanziaria regionale
2003”, modifiche alla legge regionale 12 aprile 2011, n. 9 recante "Norme in materia di Servizio
Idrico Integrato della Regione Abruzzo” e modifica all’art.
63 della L.R. n. 1/2012 recante: Legge finanziaria regionale
2012), che all’art. 3, a modifica ed integrazione dell’art. 12 della
legge regionale 3 agosto 2011, n. 25 (Disposizioni in materia di acque con
istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio
montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi
alle utenze di acque pubbliche), ha così riscritto i commi 1 e 1-bis: «1. Fatto salvo quanto previsto dal
comma 1-bis il costo unitario per l’uso idroelettrico, di cui alla lettera c) del comma 5 dell’art. 93 della L.R. n. 7/2003, è stabilito per le utenze con potenza
nominale superiore a 220 kw, per ogni kw di potenza efficiente, riportata nei rapporti annuali
dell’anno precedente, dal GSE, in euro 35,00 a far data dal 1° gennaio
dell’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della presente legge. 1-bis. Per il triennio successivo
all’entrata in vigore della presente legge, di vigenza del Fondo speciale di
cui al comma 1 dell’articolo 1, per le utenze con potenza nominale superiore a
220 kw, il costo unitario per l’uso idroelettrico di
cui al comma 1 è stabilito per ogni kw di potenza
nominale concessa o riconosciuta».
Il
contenuto normativo risultante appare prima
facie
sostanzialmente immodificato, dal momento che il
nucleo delle censure attiene alle modalità di determinazione del canone, legate
alla potenza efficiente, e tale riferimento permane anche nella nuova
formulazione. Questa Corte ha costantemente affermato che, qualora dalla
disposizione legislativa sopravvenuta sia desumibile una norma sostanzialmente
coincidente con quella impugnata, la questione – in forza del principio di
effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via d’azione
– deve intendersi trasferita sulla nuova norma (tra le molte, sentenza n. 40 del
2010). Conseguentemente la questione è trasferita sulla norma così come
modificata.
4.3.– Ciò posto, va ricordato che, fin dalla
sentenza n. 133
del 2005, questa Corte ha ricostruito il quadro normativo in materia di
derivazioni di acqua a scopo idroelettrico nel seguente modo.
Fino
al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), relativamente alle
derivazioni site nel territorio delle Regioni a statuto ordinario, la
competenza in materia apparteneva allo Stato, al quale spettavano, a titolo
dominicale, i canoni di concessione, quando le grandi derivazioni afferivano al
demanio idrico statale.
L’art.
86 del d.lgs. n. 112 del 1998 ha conferito alle Regioni competenti per
territorio l’intera gestione del demanio idrico e il successivo art. 88 ha poi
specificato che detta gestione comprende tutte le funzioni amministrative
relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e
utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico
sotterraneo, nonché alla determinazione dei canoni di concessione e
all’introito dei relativi proventi.
Nel conferire tali funzioni, il citato decreto ha
peraltro fatto temporaneamente salva (art. 29, comma 3) la competenza dello Stato
in materia di grandi derivazioni, prevedendo che, fino all’entrata in vigore
delle norme di recepimento della direttiva 19 dicembre 1996 n. 96/92/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), le
concessioni sono rilasciate dallo Stato d’intesa con la Regione interessata
ovvero, in caso di mancata intesa nel termine di sessanta giorni, dal Ministro
dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Successivamente, con decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione
della direttiva 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) è stata data attuazione
alla direttiva 96/92/CE e si è pertanto realizzata la condizione cui l’art. 29,
comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 subordinava il trasferimento delle
competenze alle Regioni.
Con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2000 (Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane,
strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per
l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di demanio
idrico), si è infine provveduto a dare definitiva attuazione al disegno prefigurato
dal legislatore del 1997, prevedendosi il trasferimento alle Regioni, a
decorrere dal 1° gennaio 2001, del personale, dei mezzi strumentali e di tutti
gli atti relativi agli affari pendenti in materia di derivazioni di acque
pubbliche.
La
giurisprudenza citata dal ricorrente, con riferimento all’asserita competenza
statale, fa sostanzialmente riferimento al servizio idrico integrato, che, a
norma dell’art. 61 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), consiste nell’insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione
delle acque reflue, ambito questo ben diverso da quello afferente alle
derivazioni a scopo idroelettrico, rispetto al quale non può ritenersi che si
verta in materia di tutela dell’ambiente, quanto piuttosto prevalentemente in
materia di energia.
In
riferimento a tale ambito competenziale, peraltro, la
misura dei canoni secondo il criterio di cui all’art. 35 del regio decreto n. 1775
del 1933 (importo fisso per ogni cavallo nominale di forza motrice), neppure
potrebbe costituire principio fondamentale, trattandosi invece di disposizione
dettata per l’esercizio di una funzione di spettanza dello Stato, che non può
limitare l’autonomia legislativa regionale e provinciale acquisita in materia.
Inoltre, l’unico principio fondamentale della materia è quello della onerosità
della concessione e della proporzionalità del canone alla entità dello
sfruttamento della risorsa pubblica e all’utilità economica che il
concessionario ne ricava.
4.4.– Va rilevato, quanto alle censure
proposte con riferimento alla materia della «tutela della concorrenza» ed alla
violazione dei principi fondamentali in materia di produzione di energia
elettrica, che esse sono evidentemente inammissibili, in quanto non risulta in
alcun modo specificato nel ricorso, come il riferimento alla potenza efficiente
influisca sui costi e quale sia il "verso economico” di tale effetto. Inoltre,
posto il trasferimento alle Regioni delle funzioni relative alla determinazione
dei canoni di concessioni idroelettriche (di cui innanzi), la questione risulta
connotata da un’indubbia astrattezza in quanto nulla viene riferito sui
presupposti di fatto della lamentata violazione delle regole della concorrenza,
se non il generico riferimento al t.u. n. 1775 del 1933.
Quanto,
poi, all’asserito contrasto «con i principi fondamentali in materia di
produzione, trasporto e distribuzione di energia, fissati dalla legge n. 239
del 2004», risulta altresì generica la censura di violazione dei principi di
non discriminazione nell’accesso alle fonti energetiche e alle relative
modalità di fruizione, di economicità dell’energia offerta ai clienti finali e
di non discriminazione degli operatori nel territorio nazionale, senza
ulteriore specificazione delle singole disposizioni violate.
5.–
Il Presidente del Consiglio dei ministri censura anche l’art. 6, comma 1, della
medesima legge regionale n. 1 del 2012. Siffatta norma, disponendo che «le
economie di stanziamento relative agli importi iscritti in bilancio per il
rimborso dell’anticipazione di liquidità di cui all’art. 2, comma 98, della
legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), sono destinate al finanziamento
delle spese relative al servizio di trasporto pubblico locale regionale», si
porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., perché destinerebbe a
finalità diverse da quelle sanitarie le anticipazioni di liquidità autorizzate
dallo Stato per la copertura dei debiti sanitari pregressi, in violazione del
principio di contenimento della spesa pubblica espresso dall’art. 2, comma 98,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), in
violazione dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di
«coordinamento della finanza pubblica» contenuti nell’art. 1, comma 796,
lettera b), della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2007), e nell’art. 2, commi 80 e 95, della
legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di piano di rientro è
preclusa alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo
alla piena attuazione del piano, compromettendo peraltro anche la funzione di
valutazione e di monitoraggio attribuita ai tavoli tecnici dall’art. 1, comma
796, lettera b), della l. n. 296 del
2006 .
La
disposizione violerebbe altresì l’art. 120, secondo comma, Cost., perché
interferirebbe con l’attuazione del piano, affidata al Commissario ad acta,
menomandone le attribuzioni di cui al punto 9 del mandato commissariale, il
quale demanda a tale organo straordinario l’adozione dei provvedimenti per
l’individuazione sul bilancio regionale delle somme per il ripristino del
finanziamento del Servizio sanitario regionale.
5.1.– La questione è fondata.
5.2.–
Questa Corte ha ripetutamente affermato che «l’autonomia legislativa concorrente
delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’
ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce
degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», in un
«quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta
necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 193 del
2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle
Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della
finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi
nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012,
n. 163 del 2011
e n. 52 del 2010).
Su
queste premesse, è stato anche più volte ribadito che la norma di cui all’art.
1, comma 796, lettera b), della legge
n. 296 del 2006 «può essere qualificata come espressione di un principio
fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque,
espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica»
(sentenze n. 163
e n. 123 del
2011, n. 141
e n. 100 del
2010). Tale norma ha, infatti, reso vincolanti – al pari dell’art. 2, commi
80 e 95, della legge n. 191 del 2009 – per le Regioni che li abbiano
sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma
180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005),
finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i
debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello
Stato.
In
tale contesto, la norma impugnata, destinando a finalità diverse da quelle
sanitarie le anticipazioni di liquidità autorizzate dallo Stato per la
copertura dei debiti sanitari pregressi, si pone in aperta violazione del
principio di contenimento della spesa pubblica espresso dall’art. 2, comma 98,
della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), nonché dei principi
fondamentali della legislazione statale in materia di «coordinamento della
finanza pubblica» contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 e
nell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali, in
costanza di piano di rientro, è preclusa alla Regione l’adozione di nuovi
provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, anche in
vista della funzione di valutazione e di monitoraggio attribuita ai tavoli
tecnici dall’art. 1, comma 796, lettera b),
della legge n. 296 del 2006. L’interferenza con il piano di rientro è evidente,
mentre le difese regionali sono smentite dalle dichiarazioni stesse del
Commissario ad acta
nella riunione del 14 dicembre 2011, il quale sulla premessa di non aver
terminato la ricognizione delle partite debitorie, afferma che «la Regione si
riserva di ricorrere a tale anticipazione una volta terminata tale
ricognizione».
Risulta
pertanto evidente che la norma impugnata incide negativamente, modificandolo,
sull’impegno delle somme destinate a coprire il ricorso all’anticipazione di
liquidità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 6, comma 1, della legge della Regione Abruzzo del 10
gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio
annuale 2012 e pluriennale 2012-2014
della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2012);
2) dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione
Abruzzo n. 1 del 2012, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo n. 1
del 2012, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera e),
e terzo comma, della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
4) dichiara l’estinzione del processo
relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma
1, 6, comma 2, 42, comma 2, 44, 45, comma 2 e 46, della legge della Regione
Abruzzo n. 1 del 2012, nonché alla questione di legittimità costituzionale
della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2012, n. 51 (Sospensione
disposizioni di cui alla legge regionale 10 gennaio 2012, n. 1 "Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Abruzzo – Legge
Finanziaria Regionale 2012” in applicazione dell’art. 17, comma 4, del D.L. 6
luglio 2011, n. 98), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con i
ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 aprile 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014.