SENTENZA N. 278
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 83, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010); in via subordinata dell’art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), dell’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222, e dell’art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, promosso, con ordinanza del 5 dicembre 2013, dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise nel procedimento vertente tra V.G. in proprio e nella qualità di Presidente e legale rappresentante del “Comitato SS. Rosario Venafro” e il Commissario ad acta nonché Sub-Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise ed altri, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 novembre 2014 il Giudice relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto in fatto
1.– Nel corso di un giudizio amministrativo promosso per l’annullamento di atti e provvedimenti dell’azienda sanitaria regionale del Molise e di decreti emessi dal commissario ad acta della medesima regione, il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con ordinanza del 5 dicembre 2013, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2014 ha sollevato, in riferimento agli artt. 5, 114, secondo comma, 117, terzo e sesto comma, 121, secondo comma, 120, secondo comma, 70, primo comma, 77, primo e secondo comma, ed 1, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 83, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), nella parte in cui attribuirebbe al commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario un potere di sostituzione di natura legislativa o, in ogni caso, normativa con forza di legge.
Detta disposizione è censurata nella parte in cui prevede, tra l’altro, che: «[…] Il commissario ad acta adotta tutte le misure indicate nel piano, nonchè gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali da esso implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del piano […]».
1.1.– In punto di fatto, il tribunale rimettente espone che il ricorrente, in proprio e nella qualità di Presidente e legale rappresentante del “Comitato SS. Rosario di Venafro”, ha lamentato la illogicità della decisione di disporre, sostanzialmente, la chiusura dell’ospedale “SS. Rosario” di Venafro – struttura idonea a coprire i costi di gestione grazie alla mobilità dalle limitrofe Regioni della Campania e del Lazio – alla quale ha fatto seguito la sproporzionata ed irragionevole lesione del diritto alla salute (in quanto le misure adottate hanno il solo fine della riduzione dei costi delle prestazioni sanitarie non incidendo sugli assetti organizzativi inefficienti e sugli sprechi).
Il giudice rimettente premette, in fatto: a) che la Regione Molise, a causa del mancato rispetto degli obiettivi organizzativi e di spesa fissati previa intesa con lo Stato, aveva dovuto sottoscrivere l’accordo di approvazione del Piano di rientro recante l’individuazione degli interventi per il perseguimento degli equilibri economici e l’allegato piano operativo triennale 2007-2009, nel quale era prevista anche l’adozione di provvedimenti di razionalizzazione della rete ospedaliera; b) che, con delibera del Consiglio regionale del 9 luglio 2008, n. 190, la Regione Molise aveva approvato il Piano sanitario regionale per il triennio 2008-2010, prevedendo una riduzione dei posti letto dell’ospedale “SS. Rosario” di Venafro; c) che, preso atto dell’aumento dell’entità del deficit, con delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009, il Presidente della Regione Molise era stato nominato Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario; d) che con decreto n. 17 del 10 maggio 2010, il Commissario ad acta aveva approvato il Programma operativo per il 2010, con il quale era stata prevista, tra l’altro, la dismissione dell’ospedale “SS. Rosario” e la sua conversione in residenza sanitaria assistenziale, ribadita con successivi decreti, ed il suo sostanziale accorpamento ad altro ospedale di Isernia.
1.2.– In punto di diritto, il giudice rimettente, facendo proprie le argomentazioni del ricorrente, espone che: a) gli atti adottati dal Commissario ad acta sarebbero illegittimi perché lesivi del diritto alla salute ex art. 32 Cost., assunti in assenza di motivazione e di istruttoria, e comunque contrastanti con gli obiettivi posti dal Piano di rientro avendo, tra l’altro, il Commissario ad acta operato tagli verticali con la chiusura diretta dei presidi ospedalieri; b) la riduzione dei posti letto avrebbe causato il sovraffollamento del vicino ospedale di Isernia, in difformità dalle prescrizioni del Patto per la salute e del Piano di rientro; c) il Commissario ad acta avrebbe travalicato le proprie competenze invadendo, in tal modo, la sfera di competenza regionale in materia di programmazione sanitaria, in contrasto con le previsioni del Piano sanitario regionale approvato con delibera del Consiglio regionale del 9 luglio 2008, n. 190 e, poi, con l’art. 11 della legge della Regione Molise 26 novembre 2008, n. 34, recante «Modifiche alla legge regionale 1° aprile 2005, n. 9 ad oggetto: “Riordino del Servizio sanitario regionale”», che non contemplano la chiusura dell’ospedale.
1.3.– Poste tali premesse, in punto di rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, con particolare riguardo alla censura relativa alla prospettata illegittimità dei decreti commissariali impugnati, asseritamente lesivi della competenza legislativa regionale in materia di programmazione sanitaria, l’art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009 costituisce la “base normativa”, richiamata nella motivazione dei provvedimenti impugnati, che legittimerebbe, in applicazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., il commissario ad acta a modificare il Piano sanitario regionale. In assenza di questa disposizione di legge, al potere esercitato dal commissario ad acta dovrebbe riconoscersi natura esclusivamente amministrativa (sentenza n. 361 del 2010); in quanto tale, esso non potrebbe introdurre modifiche o deroghe ad una fonte legislativa che recepisce il piano sanitario regionale. La delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009, che ha natura di atto amministrativo, non può essere assunta a base del potere normativo del commissario ad acta; trattasi di atto meramente ricognitivo delle disposizioni di legge che disciplinano lo statuto e, per il settore dei disavanzi del settore sanitario, dell’art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009. Ne discende, attesa l’infondatezza delle questioni preliminari sollevate dalle amministrazioni resistenti ed esclusa la possibilità di definizione in rito della controversia, la sicura rilevanza della contestazione sulla competenza del commissario ad acta ad adottare atti sostitutivi normativi, derogatori di disposizioni legislative regionali.
1.4.– Secondo il giudice a quo, la questione di legittimità costituzionale della norma statale censurata sarebbe, altresì, non manifestamente infondata.
Osserva il rimettente, che la norma censurata attribuisce un ampio potere di adozione delle misure attuative del piano di rientro e di tutti gli altri «atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali»: il duplice riferimento “ad atti e provvedimenti normativi” implica il riconoscimento, in favore del commissario ad acta, del potere regolamentare e legislativo, unitamente al potere di adottare atti amministrativi, oltre a misure gestionali. Attraverso la disposizione in esame si attua il conferimento al commissario di tutti i poteri, senza esclusione alcuna, necessari all’attuazione del piano di rientro.
L’impossibilità di una interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione in parola, sarebbe comprovata dall’intervento del legislatore, che, con l’art. 17, comma 4, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 25 luglio 2011, n. 111, è intervenuto per novellare il disposto dell’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, inserendo un procedimento articolato volto alla salvaguardia dell’autonomia regionale, per evitare che il potere sostitutivo legislativo attribuito al commissario ad acta possa essere esercitato in contrasto con la legislazione regionale.
Il giudice rimettente richiama i principi espressi dalla Corte costituzionale in merito ai rapporti tra potere sostitutivo ex art. 120, secondo comma, Cost. e legislazione regionale (sentenze n. 104, n. 79 e n. 78 del 2013; n. 2 del 2010), ed, in particolare, la sentenza n. 361 del 2010, con la quale la Corte ha escluso, perché non conforme a Costituzione, la possibilità che attraverso atti del commissario ad acta possano essere abrogate o derogate disposizioni legislative regionali preesistenti. Ritiene, alla luce delle motivazioni della citata sentenza n. 361 del 2010, che la questione sia non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 120, secondo comma, 5, 114, secondo comma, 117, terzo e sesto comma, 121, secondo comma, 70, primo comma, 77, primo e secondo comma, ed 1, secondo comma, Cost., richiamando anche le osservazioni della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 141 del 2010, nella quale erano stati espressi dubbi circa la «legittimità costituzionale della scelta legislativa di affidare ad un decreto del Presidente della Regione la capacità di incidere su un atto legislativo adottato dal Consiglio regionale» (nella specie il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario, aveva ritenuto, con proprio decreto, di poter differire l’entrata in vigore di una legge regionale che si assumeva contenere previsioni in contrasto con gli obiettivi di risanamento indicati nel piano di rientro sottoscritto dalla Regione).
1.5.– Quanto al merito del prospettato contrasto, il TAR Molise rileva che l’art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009 violerebbe l’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto prevede un intervento sostitutivo di tipo legislativo, o comunque normativo, non previsto dalla norma costituzionale, che autorizza l’adozione di atti sostitutivi di natura esclusivamente amministrativa. Invero, il Governo, cui l’art. 120, secondo comma, Cost., attribuisce il potere di intervento sostitutivo, è ordinariamente privo della competenza normativa primaria e può adottare atti sostanzialmente legislativi nei soli casi e nel rispetto dei presupposti previsti dall’art. 77 Cost., che però non ne ammette la delega in favore di un commissario ad acta. E, comunque, la possibilità di un intervento sostitutivo di natura legislativa dovrebbe essere espressamente contemplata, trattandosi di deroga all’ordinario sistema di riparto della funzione legislativa tra organi costituzionali: una tale deroga espressa non è, tuttavia, menzionata nell’art. 120, secondo comma, Cost.; sicché il potere sostitutivo ivi disciplinato dovrebbe ritenersi riferito alla sola funzione amministrativa.
Sotto altro profilo, i principi di autonomia statutaria, legislativa e regolamentare enunciati dagli artt. 5, 114, secondo comma, 117, terzo e sesto comma, Cost., e la riserva al Consiglio regionale della funzione legislativa nelle materie di competenza concorrente e residuale, di cui all’art. 121, secondo comma, Cost., legittimano la sostituzione di leggi regionali da parte dello Stato solo attraverso i poteri straordinari della decretazione di urgenza ed esclusivamente da parte del Governo nella sua collegialità (l’esercizio del potere sostitutivo normativo da parte del Governo è confermato dall’art. 8, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione», che ha sostituito l’art. 127 della Costituzione). Ne consegue che, secondo la prospettazione del TAR rimettente, l’art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009 si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 5, 114, secondo comma, 117, terzo e sesto comma, e 121, secondo comma, Cost. in quanto, attribuendo al commissario ad acta un potere sostitutivo di tipo legislativo o comunque in senso lato normativo, violerebbe, al contempo, l’autonomia statutaria della Regione Molise, ex art. 114, secondo comma, Cost.; violerebbe l’autonomia legislativa e regolamentare regionale facoltizzando il commissario ad acta ad adottare disposizioni di dettaglio (quali sono quelle derogatorie del piano sanitario regionale), nella materia concorrente della «tutela della salute», riservata, ex art. 117, terzo e sesto comma, Cost., alla disciplina legislativa di dettaglio nonché regolamentare della Regione; violerebbe l’art. 121, secondo comma, Cost. che riserva al Consiglio regionale l’esercizio della potestà legislativa nelle materie di competenza regionale concorrente e residuale.
Osserva ancora il collegio che la limitazione dell’autonomia regionale non potrebbe farsi discendere dalla sottoscrizione, nel 2007, di accordi collegati al piano di rientro, la cui attuazione è rimessa al commissario ad acta in caso di inerzia della Regione (nella specie il riferimento è all’art.1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007»). Vi sarebbe, dunque, contrasto con i parametri costituzionali di salvaguardia dell’autonomia regionale, nella misura in cui il commissario ad acta è autorizzato all’adozione di atti normativi che implicano scelte organizzative non espressamente previste dal piano di rientro, idonee a modificare in modo significativo le scelte fondamentali del Consiglio regionale operate in materia di organizzazione del Servizio sanitario regionale.
Viene dedotto il contrasto anche in riferimento ad altri parametri costituzionali, ovvero gli artt. 70, primo comma, 77, primo e secondo comma, e 121, secondo comma, Cost. che riservano la funzione legislativa dello Stato alle Camere, consentendone l’esercizio da parte del Governo solo nelle forme del decreto legislativo e del decreto-legge, e quella delle Regioni al Consiglio regionale. L’art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009 attribuirebbe al commissario ad acta un potere normativo atipico, con forza di legge e, come tale, idoneo ad innovare la legislazione regionale, introducendo così una fonte primaria di produzione normativa la cui istituzione è, tuttavia, riservata alle fonti costituzionali. Inoltre, in ragione del collegamento tra il sistema delle fonti primarie ed il principio di rappresentanza, si imporrebbe la lettura dei richiamati parametri costituzionali in combinato disposto anche con l’art. 1, secondo comma, Cost. perchè il potere normativo previsto dalla norma impugnata non potrebbe ritenersi espressione della sovranità popolare.
Si rappresenta, quindi, che l’assetto della rete ospedaliera della Regione Molise, che qualifica l’effettività del diritto fondamentale alla salute ex art. 32 Cost., verrebbe ad essere deciso da un organo amministrativo monocratico straordinario, nell’esercizio di un potere normativo atipico, non previsto in Costituzione, che tuttavia riveste attitudine a modificare una legge regionale, espressione massima del principio della rappresentanza politica.
1.6.– Il TAR rimettente, in via subordinata, dubita della compatibilità con l’art. 120, secondo comma, Cost. – nella parte in cui individua nel «Governo» l’organo incaricato della sostituzione – dell’art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), dell’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222 e dell’art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge n. 191 del 2009, richiamati nelle premesse giustificative dei decreti commissariali impugnati, nella parte in cui consentono di attribuire ad un commissario ad acta – organo amministrativo monocratico straordinario – l’esercizio della funzione sostitutiva in parola. E ciò, con particolare riferimento all’ipotesi in cui, venendo in rilievo la necessità di abrogare, modificare, derogare o in altro modo sostituire norme di legge regionali, espressione di una autonomia costituzionale rafforzata (rispetto agli enti locali), occorre garantire l’intervento del Governo, nella sua collegialità, ex art. 92, primo comma, Cost., al fine di rispettare il dettato costituzionale e rendere al contempo possibile un vulnus temporaneo all’autonomia regionale.
2.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, nel merito, infondata.
Nell’atto di intervento, l’Avvocatura dello Stato osserva che il sistema dei rapporti Stato-Regioni-Autonomie, rimodulato con la riforma del Titolo V della Costituzione presuppone l’unità della Repubblica, in base agli artt. 1, 5, 114 e 139 Cost., e che per garantirne l’effettività sarebbe previsto l’intervento di cui all’art. 120, secondo comma, Cost., attraverso il quale il Governo può sostituirsi agli organi degli enti locali in caso di «mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica ed in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali». Inoltre, già l’art. 8, comma l, della legge n. 131 del 2003 richiamato dal giudice a quo prevede che il Governo, nell’esercizio del potere sostitutivo in questione, possa scegliere tra il ricorso alla figura del commissario ad acta e l’esercizio diretto del potere sostitutivo adottando i «provvedimenti necessari, anche normativi». L’Avvocatura generale dello Stato alla luce delle osservazioni richiamate, ritiene che possano essere disattese anche le censure di illegittimità costituzionale sollevate in via subordinata.
Considerato in diritto
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 dicembre 2014.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2014.