Sentenza n. 96 del 2011

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SENTENZA N. 96

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                     Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                     Giudice

-           Alfio                           FINOCCHIARO                                           "

-           Alfonso                       QUARANTA                                                "

-           Franco                         GALLO                                                         "

-           Gaetano                      SILVESTRI                                                   "

-           Sabino                         CASSESE                                                      "

-           Maria Rita                   SAULLE                                                       "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                    "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                                             "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                           "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                                "

-           Paolo                           GROSSI                                                        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 19 febbraio 2009, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse da Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all’epoca dei fatti, nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso dal Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, con ricorso notificato il 23 novembre 2009, depositato in cancelleria il 10 dicembre 2009 ed iscritto al n. 9 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di merito.

Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica;

udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

udito l’avvocato Giovanni Pitruzzella per il Senato della Repubblica.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con ricorso depositato il 1° giugno 2009, il Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica per sentir dichiarare da questa Corte che non spetta al Senato medesimo affermare che i fatti per cui è in corso procedimento penale, pendente dinanzi ad esso Tribunale, a carico di Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all’epoca dei fatti, concernono opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, con conseguente annullamento della relativa deliberazione adottata il 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 10).

Il ricorrente premette che lo Iannuzzi è imputato del reato di diffamazione aggravata, punito dagli artt. 595, 61, n. 10, cod. pen., nonché 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), giacché, alla stregua di quanto contestato con il capo di imputazione (integralmente riportato nell’atto introduttivo del presente giudizio), quale autore dell’articolo dal titolo «Il boss e la verità che nessuno volle sapere. La storia di Badalamenti, il “nemico” di Buscetta», apparso sul quotidiano “Il Giornale” del 3 maggio 2004, avrebbe offeso la reputazione di Gian Carlo Caselli, in qualità, all’epoca dei fatti, di Procuratore della Repubblica di Palermo.

In sintesi, lo Iannuzzi, tramite l’anzidetto articolo giornalistico, avrebbe indotto i lettori a giungere ad erronee conclusioni intorno alle vicende del mancato interrogatorio dibattimentale di «Gaetano Badalamenti nel processo che lo vedeva coimputato con il senatore Giulio Andreotti per l’omicidio di Nino Pecorelli» e del «suicidio del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo».

Ad avviso del Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, non sussisterebbe, nella specie, il “nesso funzionale” che, in base all’elaborazione della giurisprudenza costituzionale, deve necessariamente individuarsi tra le dichiarazioni rese extra moenia da un membro del Parlamento e l’esercizio delle funzioni parlamentari.

A tale riguardo, il ricorrente rileva che le conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari – che provvedeva all’audizione del senatore Iannuzzi in data 16 dicembre 2008 – erano state «nel senso che mancassero tutti i presupposti per l’applicazione dell'art. 68 Cost.».

Inoltre, soggiunge il giudice confliggente, andrebbe esclusa qualsiasi connessione tra l’articolo giornalistico e l’atto parlamentare costituito dal disegno di legge n. 2292 (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia), il quale risulta presentato il 29 maggio 2003 ed assegnato alla Commissione giustizia il 25 giugno 2003, mentre l’articolo dello Iannuzzi «è stato pubblicato il 3 maggio 2004, cioè esattamente un anno dopo», con conseguente carenza del “legame temporale” che deve «essere tale da far considerare la manifestazione di opinione resa extra moenia come mera divulgazione di quanto svolto nella sede propria nell’esercizio della funzione parlamentare».

Peraltro, prosegue il ricorrente, non vi sarebbe neppure una generica comunanza di contenuti, poiché «l’articolo di stampa […] è tutto dedicato al processo Andreotti, al suicidio del maresciallo dei carabinieri Lombardo, alle dichiarazioni che avrebbe reso Tano Badalamenti in USA e che avrebbe potuto rendere in Italia – secondo l’Autore – se il comportamento di alcuni politici (Leoluca Orlando) e soprattutto di alcuni magistrati della Procura di Palermo (Caselli ed altri) non avessero fatto di tutto per impedire che fosse sentito»; mentre la richiesta di una commissione d’inchiesta «avrebbe dovuto riguardare soprattutto la gestione (amministrativa) dei collaboratori di giustizia».

Quanto all’argomento rappresentato dalla «anomala figura del giornalista–parlamentare a cui tutto sarebbe permesso e i cui scritti sarebbero sempre insindacabili», si tratterebbe, secondo il Tribunale, di assunto già smentito dalla giurisprudenza costituzionale in altri conflitti, nel senso che «se lo si accettasse si violerebbe l’art. 68 della Costituzione e si trasformerebbe una garanzia in un inammissibile privilegio, anche in violazione del principio di uguaglianza».

Il ricorrente sostiene, dunque, che «le dichiarazioni contenute nello scritto di Iannuzzi siano del tutto svincolate dall’attività funzionale dello stesso e che pertanto la decisione del Senato della Repubblica che ha ritenuto le stesse coperte dall’insindacabilità ex art. 68 Cost. sia venuta a ledere le prerogative dell’ordine giurisdizionale».

2. ¾ Il conflitto è stato dichiarato ammissibile da questa Corte con ordinanza n. 289 del 6 novembre 2009.

A seguito di essa, il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha notificato il ricorso e l’ordinanza al Senato della Repubblica in data 23 novembre 2009 ed il successivo 10 dicembre 2009 ha depositato tali atti, con la prova dell’avvenuta notificazione.

3. ¾ Si è costituito in giudizio il Senato della Repubblica, chiedendo la reiezione del ricorso, con conseguente dichiarazione di spettanza allo stesso Senato di dichiarare insindacabili le opinioni espresse dal senatore Iannuzzi, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.

Si sostiene che legittimamente il Senato ha ritenuto che la vicenda e le opinioni espresse dall’allora senatore Iannuzzi sono riconducibili alla situazione di non sindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost., in quanto l’intervento che lo stesso fece con gli articoli di denunzia politica pubblicati da “Il Giornale” presentava quel nesso funzionale con le attività svolte nella qualità di senatore, presupposto dell’insindacabilità.

Il collegamento alla attività di parlamentare sarebbe dimostrato dalla circostanza che il senatore Iannuzzi fu il primo firmatario della proposta di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la giustizia, atto comunicato alla Presidenza del Senato il 19 febbraio 2004, la cui relazione di accompagnamento recava la menzione di vari episodi di un uso se non distorto quanto meno dubbio del ruolo dei collaboratori di giustizia.

Ad avviso del Senato della Repubblica, il conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato che si articoli intorno alla previsione di cui all’art. 68, primo comma, Cost. postula che il confine tra i due distinti valori confliggenti – l’autonomia delle Camere e la legalità della giurisdizione – sia posto sotto il controllo della Corte costituzionale, la quale può essere adita dal potere che si ritenga leso o menomato dall’attività dell’altro, in quanto garante di un equilibrio razionale e misurato tra le istanze dello Stato di diritto, che tendono ad esaltare i valori connessi all’esercizio della giurisdizione, e la salvaguardia di ambiti di autonomia parlamentare sottratti al diritto comune che valgono a conservare alla rappresentanza politica un suo indefettibile spazio di libertà (sono citate le sentenze di questa Corte n. 379 del 1996 e n. 329 del 1999).

Considerato in diritto

1. ¾ Il Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, contesta che spettasse al Senato della Repubblica deliberare, nella seduta del 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 10), che i fatti per i quali è in corso il processo penale nei confronti di Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all’epoca dei fatti, imputato del reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa in danno del magistrato Giancarlo Caselli, riguardavano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle funzioni parlamentari ed erano pertanto insindacabili ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione.

2. ¾ Deve, preliminarmente, essere ribadita l’ammissibilità del conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già deciso da questa Corte con l’ordinanza n. 289 del 2009.

Sempre in via preliminare, questa Corte riconosce che l’odierno ricorrente ha assolto all’onere di una enunciazione esaustiva della condotta contestata all’imputato, consentendo in tal modo la valutazione circa la sussistenza, nel caso di specie, delle condizioni per l’operatività della prerogativa di cui all’art. 68, primo comma, Cost.

3. ¾ Nel merito, il ricorso è fondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per l’esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni di membro del Parlamento – al quale è subordinata la prerogativa dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. – è necessario che tali dichiarazioni possano essere identificate come espressione dell’esercizio di attività parlamentare (tra le molte, sentenze n. 301 del 2010, n. 420, n. 410, n. 134 e n. 171 del 2008, n. 11 e n. 10 del 2000).

Nel caso in esame, il solo atto parlamentare riferibile al senatore, e richiamato dalla difesa del Senato della Repubblica, è la proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dei collaboratori di giustizia, comunicata alla Presidenza del Senato il 19 febbraio 2004.

Occorre, tuttavia, rilevare l’assoluta mancanza di corrispondenza di significato tra le dichiarazioni esterne e le opinioni espresse nella sede parlamentare – in specie, nella relazione all’atto richiamato – ove si consideri che in quest’ultima i parlamentari, primo firmatario lo Iannuzzi, nell’esporre le ragioni della proposta, non menzionano in alcun modo né la vicenda relativa al mancato interrogatorio dibattimentale di Gaetano Badalamenti, nel processo che lo vedeva coimputato con il senatore Giulio Andreotti, né l’episodio del suicidio del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo. Più precisamente, nella relazione che accompagna l’atto parlamentare manca qualsiasi riferimento all’accusa, rivolta con l’articolo di stampa alla Procura di Palermo e a chi la dirigeva, di avere, «con una serie di cavilli, impedito a Gaetano Badalamenti di essere sottoposto ad interrogatorio dibattimentale», né vi è alcun interrogativo «intorno alla tragica vicenda del suicidio del maresciallo dei carabinieri Antonio Lombardo».

In definitiva, fa difetto, nella presente fattispecie, il nesso funzionale tra le affermazioni formulate dal parlamentare nell’articolo di stampa e l’atto, compiuto nella sede parlamentare, richiamato dalla difesa del Senato a sostegno della legittimità della impugnata deliberazione di insindacabilità.

Il mero riferimento all’attività parlamentare o comunque all’inerenza a temi di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le dichiarazioni si possano collocare, non vale in sé a connotarle quali espressive della funzione. Esse infatti, non costituendo la sostanziale riproduzione di specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, sono non già il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apportano alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto dall’insindacabilità, a garanzia delle prerogative delle Camere e non di un «privilegio personale [...] conseguente alla mera “qualità” di parlamentare»: sentenza n. 120 del 2004), bensì un’ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 Cost. (sentenze n. 301 del 2010, n. 330 e n. 135 del 2008, n. 302, n. 166 e n. 152 del 2007).

Conclusivamente, la delibera del Senato della Repubblica ha violato l’art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente, e deve essere pertanto annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare che le dichiarazioni rese da Raffaele Lino Iannuzzi, senatore all’epoca dei fatti, per le quali pende un processo penale dinanzi al Tribunale ordinario di Monza, sezione distaccata di Desio, di cui al ricorso in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 19 febbraio 2009 (doc. IV-ter, n. 10).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2011.